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Autore: Tomoe_Akatsuki    13/05/2022    0 recensioni
La speranza in Aizawa che Shirakumo non fosse veramente morto, era rimasta vivida per lunghi dieci anni, nonostante Hizashi continuasse a dirgli che non era possibile. Eppure lui lo sentiva, come un sottile filo - non più spesso di un capello fino - sentiva che c'era ancora vita nell'altro.
Quella speranza, fu la fine di tutto.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: All for One, Present Mic, Shōta Aizawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ricordava uno scontro. Sì, uno scontro in cui era nettamente in svantaggio.
Ricordava di essere stato ferito alla gamba - ecco perché il suo cervello collegò il combattimento a un dolore lancinante, che gli rendeva alquanto complicati i movimenti.
Ricordava anche che ad un certo punto un tizio formato da una nube gassosa viola si era divertito a complicargli le cose formando con sé stesso dei warp gate - ricordò che diverse volte si trovò la sua stessa mano puntata alla gola, per questo.
Ricordava che ad un certo punto erano troppi, e non riusciva ad annullare il Quirk di tutti.
Ricordava di essere stato sorpreso alle spalle come un novellino, steso a terra.
Ricordava, nell'incoscienza in cui stava cadendo, di essere stato inglobato da un warp gate.
E poi si era svegliato, lì, bloccato a quella sedia.

«Eraserhead! Ben tornato tra noi.»
Quel tono beffardo, quella voce piena di sé. L'aveva sentita una sola volta - l'unica volta che il suo essere un Hero era stato reso pubblico, giusto perché aveva fatto parte della squadra di supporto ad All Might in un'operazione che avrebbe dovuto fermare il male che stava dilagando per la città, e che a quanto realizzava in quel momento non era riuscita -, una volta sola, ma era una di quelle voci che si incastrano nell'ippocampo e rimangono a giacere lì a lungo, provocandoti i brividi nel risentirle - quando hai sperato a lungo di non sentirla più.
«All for One.» la voce gli uscì impastata, roca, non aiutata dal labbro spaccato.
«Mi scuso per il trattamento che hai subito, ma Kurogiri voleva assicurarsi che non creassi danni una volta giunto qui.» Quella che avrebbe dovuto suonare come una scusa all'orecchio di Aizawa suonò più come una battuta, di pessimo gusto oltretutto.
Alzando lo sguardo dalle sue ginocchia - in un gesto in cui sentì il collo farsi a pezzi - vide All for One voltarsi verso di lui, in un rumore sinistro di tubi di diverse dimensioni, tutti collegati a quella maschera che portava sul volto e che a quanto pareva era ciò che lo teneva in vita.
«Cosa vuoi da me?» chiese, mettendo tutto il veleno che riuscì in quelle quattro parole, nonostante la sua voce non fosse molto d'aiuto al momento.
All for One rise - una risata, grassa, falsa.
«Quanto odio, per un Hero.» commentò l'uomo, e Aizawa percepì chiaramente - come un pizzicotto sulla pelle fredda - il suo sorriso coperto.
«Cosa vuoi da me?» ripeté, inflessibile, con voce più chiara rispetto a prima.
«No, non è cosa voglio io, è quello che vuoi tu, Shota Aizawa.»
All for One congiunse le mani sotto il mento, e la sensazione di essere osservato da un sorriso beffardo non svanì dalla pelle del moro.
Sollevò di poco il capo, giusto quel poco per rivelare un'occhio arrossato ed irritato dal prolungato uso del suo Quirk tra le ciocche di capelli.
Cosa stava dicendo quel dannato vecchio fastidioso? Lui non voleva niente - non da lui, almeno.
«Avverto chiaramente e senza uso di Quirk le tue sinapsi lavorare, alla ricerca di una spiegazione alla mia risposta. Erro?»
Prese la contrazione della palpebra inferiore di Aizawa per un sì.
«Ti darò la risposta tanto agognata, andando subito dritto al punto.» allargò le braccia, come se fosse uno di quegli adoratori pazzi di qualche divinità del male.
«Oboro Shirakumo!»
Il capo, l'intero busto di Aizawa scattò in posizione eretta a sentire quel nome. Prima stupore, poi rabbia, si succedettero sul suo volto.
«Non usare pronunciare quel nome.» ringhiò, sentendo montare la rabbia dentro di lui, come un cavallo al galoppo, una bufera all'orizzonte che diventava sempre più scura man mano che si avvicinava.
«Ma io ho la soluzione al tuo problema, Eraserhead.» commentò All for One come un bimbo deluso che l'adulto sapesse già quello che lui voleva raccontargli - e questo fece solo aumentare l'irritazione nel moro.
«Shirakumo è morto.» ringhiò nuovamente Aizawa - nonostante per anni fosse stato convinto che non fosse così, che quella voce che sentì quando sconfisse il primo Villan della sua carriera - che lo incitava a continuare, lo spronava a dare il meglio di sé - fosse vera, e non una mera illusione creata dall'adrenalina, come gli avevano raccontato tutti - anche i medici, spiegandoli che Shirakumo era morto nell'istante dell'impatto con le macerie dell'edificio.
«L'hai mai cercato, dopo che è stato portato in ospedale?» chiese All for One, posando il capo sulla mano, a sua volta poggiata al bracciolo della sedia, con curiosità nella voce, mentre il sorriso tornò a formarsi.
«Hanno dato le ceneri alla famiglia, per il funerale. Ovvio che io non l'abbia visto prima!» anche perché il dolore era troppo forte nei giorni successivi, a tal punto che Hizashi aveva dovuto trascinarlo di peso - nonostante anche lui fosse distrutto, ma non lo dava a vedere per non far crollare ulteriormente l'amico - al funerale di Shirakumo.
«E se le ceneri non fossero state quelle giuste?» continuò l'uomo, altamente divertito.
«Certo che erano quelle giust-» Aizawa lo guardò, fisso nelle due cavità in cui in teoria avrebbero dovuto trovarsi gli occhi, guidato dal dolore che lo stava invadendo, pari alla rabbia che conteneva precedentemente. Poi la parte razionale - era questa la sua peculiarità, la capacità di riuscire a sopprimere le emozioni in un picosecondo - prese il controllo, e assottigliò lo sguardo, affilato come una lama e troppo simile a quello di un felino. «Cosa hai fatto a Shirakumo?»
«Gli ho solo dato un'altra possibilità.» ridacchiò All for One.
«Kurogiri.» chiamò poi, e l'uomo formato di nube violacea dal completo elegante si fece avanti, al fianco del padrone. «Mostra il tuo corpo al nostro ospite.»
Gli occhi gialli di Kurogiri guardarono prima All for One, poi Aizawa e nuovamente All for One. Si chiusero, e la gran parte della nebbia violacea si dissolse come una colpita da una folata di vento, andando a posizionarsi al lato del vero corpo, rivelando il volto di un ragazzo dai capelli sbarazzini azzurri, con un cerotto sul naso e dagli occhi bianchi, vitrei.

Fu una pugnalata allo stomaco per Aizawa. Si ripiegò, gli occhi - normalmente secchi - si riempirono di lacrime e provò un forte istinto di vomitare, di urlare, di buttare fuori tutto quello che gli era rimasto dentro per tutti quegli anni - dolore, rabbia, abbandono, incomprensione. E il centro del suo malumore, che l'aveva seguito per anni, era lì, davanti a lui, incurante del passare degli anni.
«Oboro!» chiamò, tra le lacrime e i singhiozzi.
«S.... Sho..... Shota...» implorò il corpo di Kurogiri, il terrore e il dolore dipinti su quel volto giovanile.
«Sei vivo....» singhiozzò il moro, un piccolo sorriso, - per niente spaventoso come erano di consuetudine, da quando aveva dimenticato cosa volesse dire sorridere -, la fiammella della speranza che era tornata di nuovo in vita, fino a quel momento ridotta ad una brace.
«Mi dispiace contraddirti, ma non è vivo. I medici avevano ragione a dire che Oboro Shirakumo era morto nell'impatto con le macerie.» disse All for One, interrompendo il momento di sollievo - la parola felicità non era adatta alla situazione, perché felicità avrebbe dovuto significare che Shirakumo non fosse sotto il controllo del più grande Villain della storia, ma libero di essere stretto tra le sue braccia.
«Come fa a non essere vivo? Mi ha appena parlato!» chiese Aizawa - le lacrime che si arrestarono -, iniziando a non seguire più il filo del discorso - e iniziando sentirsi poco alla volta, sempre più un bambino, ignorante della realtà dei grandi.
«Solo il suo cervello è vivo, il suo cuore non batte.» spiegò All for One, alquanto divertito della confusione che traspariva dal volto dell'Hero.
«Non... non è realmente possibile!»
«Doctor è in grado di fare prodigi, con i suoi studi di bioingegneria e il mio Quirk. E Kurogiri è uno di questi.»
«Qual'è il vero motivo per cui mi hai portato qui?» ringhiò Aizawa, tornando all'ostilità iniziale. C'era un trucco dietro tutto quello, un obbiettivo a cui puntava tutto quel gioco, solo che non riusciva a trovarlo - e questa cosa lo stava facendo incazzare.
«Allora è vero quello che si dice di te e della tua capacità di controllare estremamente bene le tue emozioni.» All for One ridacchiò, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia, per poi guardarlo spudoratamente dall'alto al basso.
«Voglio che tu diventi il mio erede.» disse a bruciapelo.
«Non abbraccerei mai i tuoi ideali.» sputò il moro, disgustato da quello che aveva appena sentito.
«Questo lo so bene.» e ridacchio nuovamente - cosa ci trovava di così dannatamente divertente in quella situazione? -. «L'averti fatto vedere che Oboro Shirakumo non è cenere è cruciale nel convertirti.»
Si alzò in piedi, con una scioltezza che non ci si aspettava normalmente da una persona che era tenuta in vita da delle macchine, e gli si avvicinò, mantenendo un passo di distanza.
«Tu diventerai il mio erede, e io in cambio farò in modo che Shirakumo viva, essendo sé stesso, e non un Nomu che obbedisce solamente agli ordini.»
Per un attimo - un infinitesimo di secondo, che però nella sua percezione sembrò molto di più - Aizawa pensò di cedere a quella proposta, all'idea di poter stringere quel corpo, goderne del suo calore - amarlo come aveva desiderato e immaginato da quando si era accorto di quella cotta adolescenziale, che di cotta adolescenziale aveva più un bel niente.
Ma no, non poteva permettersi di cedere a quel desiderio che era riuscito a sopprimere per lunghi dieci anni.
«Non accetto comunque.» disse, fissandolo dritto nelle cavità oculari, con sfida, scatenando una risata in All for One.
«Non hai proprio capito, allora. Non hai alcun potere decisionale in questo.» gli posò la mano sulla fronte - il moro percepì solo gelo al contatto, che si espanse come un brivido per la schiena. «Tu sei il mio erede.»
Un dolore tremendo si propagò per il suo corpo dal punto di contatto con la mano di All for One, dandogli la sensazione che un qualcosa di estraneo si stesse introducendo a forza nel suo corpo - lo sapeva, lo sapeva che avrebbe potuto imporgli a forza un Quirk, ma ci aveva messo quel mezzo secondo in più che si ritrovò ad urlare prima ancora di avere compreso.

Quello fu l'ultimo giorno di Aizawa Shouta, l'hero Eraserhead.

*

La sua attenzione - momentaneamente distolta dal freddo che stava straziando la sua pelle secca intorno agli occhi, rossi e secchi - venne attirata dalla neve che cadeva, più fitta rispetto a qualche secondo prima. Si fermò e alzò il volto verso l'alto, lasciando che i fiocchi bianchi gli arrossassero il viso al contatto, placandoli il bruciore intorno agli occhi e sul collo, introfulandosi nella sciarpa lasciata apposta con gli anelli larghi.
La sua attenzione però venne di nuovo distolta, questa volta da canti allegri, provenienti dalla via poco più avanti.
Ah, già. Era la sera della vigilia di Natale, come gli aveva ricordato quella mattina Hizashi quando gli aveva telefonato - «Sho!» aveva esclamato il biondo, dopo neanche mezzo squillo «Dove sei finito? Sono due mesi che non ti fai vivo! Nessuno sa cosa ti è successo, nemmeno il preside Nezu!» e aveva continuato così, sommergendolo di domande, fastidioso come sempre.
«Missione.» aveva risposto lui semplicemente, fermando quella valanga di parole preoccupate - e seguendo gli ordini ricevuti da All for One.
«Oh, okay.» aveva detto il biondo, quasi con tono deluso. Poi improvvisamente si era illuminato :«Oggi torni vero? È la vigilia!»
Shota ci aveva pensato un attimo, ma non aveva capito cosa intendesse l'Hero.
«La vigilia di cosa?» aveva chiesto, mentre una mano grattava sotto la mandibola - si stava irritando?
«Ma come "la vigilia di cosa"! It's Christmas Eve today!»
«Ah.»
C'era stato un attimo di silenzio da entrambi le parti.
«No non tornerò. Ma devo parlarti faccia a faccia.» aveva detto Aizawa, continuando la conversazione lasciata in sospeso.
«Okay, then. Dove vuoi che ci incontriamo?»
«Ti mando l'indirizzo tra poco.» e poi Shota aveva chiuso la chiamata, senza neanche salutare -.
Era buffo come il biondo fosse rimasto tra i suoi ricordi - della sua "vita passata", come la chiamava All for One -, quando tutto il resto era diventato nebbia indistinta, macchie colore senza un contorno - tutto tranne Hizashi, Oboro e un odio costantemente presente. Aveva ipotizzato che era per il fatto che anche lui era legato ad Oboro - ma non ne aveva parlato con All for One.

Quando giunse il vicolo malamente illuminato da un lampione sulla strada principale in cui si dovevano incontrare, il biondo era già lì, a cercare di scaldarsi, camminando avanti e indietro, soffiando sulle mani sprovviste di guanti.
Appena sentì i suoi passi e avvertì la sua presenza, il suo sguardo e il suo volto si illuminò, felice di vederlo - perché Aizawa provava sia irritazione che contentezza?
«Sho!» esclamò Hizashi, andandogli in contro con la chiara intenzione di abbracciarlo, che puntualmente Shota evitò. Il biondo si sistemò gli occhiali con un gesto un po' secco, forse deluso dalla reazione del moro - sapeva che detestava qualunque contatto fisico e dimostrazione d'affetto, ma pensava che avrebbe accettato dopo tutto quel tempo.
Dunque incrociò le braccia, aspettandosi la spiegazione di quell'incontro, in un posto così nascosto.
«Oboro è ancora vivo.» disse Aizawa, diritto, a bruciapelo, togliendo il fiato ad Hizashi come un pugno dritto nel plesso solare.
«Non è possibile Sho, stai vaneggiando.» rispose con calma il biondo , dopo aver compresso e buttato giù, nel buio più totale, quella bufera di dolore e rabbia e tristezza che sentiva alla bocca dello stomaco.
Il moro lo guardò finalmente in faccia, da sotto i capelli che gli coprivano il volto, sorpreso dal fatto che fosse rimasto così calmo.
«Non sto vaneggiando.» ribatté, trattenendosi dal chiudere a pugno la mano nella tasca.
«E dovrei crederti? Abbiamo visto il suo cadavere, abbiamo visto le sue ceneri, abbiamo partecipato al suo funerale! E tu - dopo essere scomparso per due mesi, neanche un messaggio, neanche un minimo di dimostrazione di affetto - mi dici una cazzata del genere?» finì urlando Hizashi, piantando un dito nel costato del moro, volutamente in maniera dolorosa.
Se l'era ripromesso quella mattina, dopo che Aizawa gli aveva chiuso la telefonata in faccia, se l'era ripromesso mentre chiacchierava e rideva a pranzo con Kayama, se l'era ripromesso mentre camminava per strada, diretto a dove si trovava, se l'era ripromesso quando aveva visto la sagoma di Shota.
Se l'era ripromesso di non sperare in qualcosa, di non lasciare uscire tutta la sua preoccupazione, tutto il suo affetto, e anche il dolore che periodicamente lo tormentava. Ma l'aver sentito il nome di Oboro collegato alla parola vivo aveva rotto quella promessa - quelle due parole avrebbero rotto anche un patto di sangue con il Dio degli Inferi.
Perché Shota continuava a sperarci? Perché non se lo lasciava alle spalle? Perché non andava avanti? Hizashi era da dieci anni che lo aspettava pazientemente, sapendo che per il moro non era per niente facile da superare, ma in quel momento, nel sentire quelle quattro parole - Oboro è ancora vivo, Oboro è ancora vivo, Oboro è ancora vivo, Oboro è ancora vivo - aveva capito che Aizawa non si sarebbe mai lasciato questo alle spalle, non sarebbe mai andato da lui. E, damn, se faceva male.
«Non è una cazzata, l'ho visto con i miei occhi!» urlò a sua volta Shota, guardandolo dritto in faccia, in quegli occhi verdi spiralici ammalianti, rivelandogli chi era diventato in quei due mesi «È vivo, Hizashi! Ha l'aspetto di un uomo di fumo viola e nero, il suo cuore non batte, ma è vivo, 'Zashi!» il suo tono si addolcì sull'ultima parola, mentre le sue labbra secche si piegarono in un sorriso quasi dolce.
«Al momento non è totalmente cosciente, ma All for One ha promesso che se diventerò il suo erede, se porterò avanti la sua volontà, Doctor farà in maniera che Kurogiri non esisti più e che rimanga solamente Oboro!»
Gli occhi di Hizashi si dilatarono, seguiti dal terrore che poco alla volta di dipingeva sul suo volto, mentre scuoteva la testa e indietreggiava, rendendosi conto che Aizawa Shota, l'uomo che amava, non c'era più. Lo sguardo, il volto che amava erano stati sostituiti da pelle secca, irritata a tal punto di poter sanguinare al minimo strofinamento e occhi rossi, iniettati di sangue. Anche la sua abituale barba incolta non c'era più.
Aizawa era diventato semplicemente rabbia e dolore, alimentati costantemente da All for One con la promessa che avrebbe riportato Shirakumo al suo stato originario.
«No...no, no....» mormorò, tra le lacrime che erano iniziate a scendere, con un enorme senso di colpa che lo stava schiacciando togliendogli il respiro.
«Hizashi....» chiamò il moro, prendendolo per un braccio.
«Tu stai delirando, Shota. Non è possibile nulla di quello che mi hai raccontato.» disse il biondo scuotendo la testa, un sorriso falso e pieno di dolore sulle labbra, mentre indietreggiava, trascinando Aizawa con sé.
«Invece è vero, Zashi, l'ho visto!» insisté Shota, troppo intenzionato ad avere dalla sua Hizashi - erano sempre stati insieme e d'accordo, perché adesso non capiva?
«Non chiamarmi 'Zashi!» urlò il biondo, strattonando il braccio trattenuto.
No, Hizashi non sarebbe stato dalla sua parte adesso. Ma perché? Perché anche lui lo abbandonava? Cosa aveva fatto di male?
Il prurito al collo si fece più forte, e non poté trattenersi dal grattarsi.
«Hizashi..» riprovò, sconvolto, non sapendo cosa dire.
«Taci!» ordinò il biondo, senza neanche guardarlo in faccia.
Una scossa attraversò il braccio di Aizawa, arrivando fino alle dita.
Hizashi si accorse solo dopo del dolore fisico - il dolore interno annullava il resto. Quando si voltò all'imput nervoso, il moro stava fissando ad occhi spalancati il punto di contatto tra la sua mano e il braccio trasformarsi in polvere, salendo lungo il suo braccio, mentre i suoi capelli cambiavano colore, diventando di un azzurro chiaro.
Di riflesso, Hizashi prese dalla cintura un coltello dall'aspetto poco rassicurante - che in tutta la sua vita da Hero non aveva mai usato - e tagliò prima i vestiti, poi i muscoli e infine l'osso del braccio -mordendosi il labbro a sangue per evitare di urlare -, ormai contaminato dalla degenerazione.
Il suo braccio diventò tutto polvere, per poi cadere a terra in un lago di sangue e pezzi di carne.
Si lasciò andare contro il muro, la mano restante a stringere il moncherino sanguinante, mentre guardava il moro ormai azzurrino - che a sua volta si guardava la mano artefice, confuso e spaventato - terrorizzato.
«Ti.... ti ha dato uno dei suoi Quirk...» balbettò Hizashi.
A sentire la sua voce Shota alzò lo sguardo spaventato verso di lui, chiedendogli scusa, cercando di fargli comprendere che non ne sapeva niente neanche lui - All for One gli aveva dato un Quirk, ma non gli aveva mai detto quale.
Vedendo che non otteneva nessuna reazione dal biondo, si buttò verso di lui con l'intento di abbracciarlo, ma Hizashi scartò di lato ed uscì dal vicolo correndo, lasciandolo lì, confuso, con le lacrime agli occhi, triste, ma con il prurito placato.

*

«Hai fatto un'ottima scelta.» disse Doctor, osservando la scena che era appena avvenuta dal tetto di fronte.
«Quale scelta migliore se non trasformare un Hero nel suo più acerrimo nemico?» rise All for One al suo fianco «Lui resisterà al tuo esperimento Doctor. Ha tanto di quell'odio in sé a tal punto che ne è fatto della stessa materia. Ma dobbiamo aspettare che raggiunga la quantità giusta, prima di sottoporlo.»
«Machia sarà onorato di aiutarti.»
«Sì.... Non faremo lo stesso errore che abbiamo fatto con Shimura Tenko.»

*

Aizawa - o meglio, quello che ne rimaneva - vagava distrattamente per le vie, le lacrime che non accennavano a ridursi e il prurito che nuovamente aumentava.
Le persone lo guardavano terrorizzate, male, si allontanavano. Ma non gli importava. Lui voleva solo liberarsi di quel qualcosa che gli si era bloccato in gola, facendolo annaspare continuamente alla ricerca d'aria.
La faccia che aveva visto di Hizashi - quegli occhi che lo guardavano sempre pieni di amore, anche se il biondo cercava continuamente di negarlo - era il terrore puro per lui. E questo gli stava scavando il petto, poco alla volta dolorosamente.
Si accorse di essere tornato sulla strada giusta solo quando sentì nuovamente le voci allegre cantare.
Si fermò ad osservarle. Perché erano così felici? Perché lui non poteva avere quella felicità? Cosa aveva fatto di male?
«This day is born a Savior
Of a pure Virgin bright
To free all those who trust in Him
From Satan's pow'r and might» cantarono, incuranti della reazione che avrebbero fatto scatenare.
Capiva. Capiva. Lui era un frutto, un figlio del Demonio, per questo non poteva avere quello che voleva. Doveva solo passare su tutto, distruggerlo e usarlo a suo vantaggio per raggiungere il suo obbiettivo. E a quel punto, avrebbe finalmente ottenuto quello che voleva.
Un sorriso si formò sul suo volto e la contrazione muscolare strappò la pelle secca, lasciando un taglio verticale sanguinante. Ma non ci fece caso, troppo soddisfatto di aver finalmente compreso.
Ringraziò a modo suo i cantanti - al loro posto rimase un lago di sangue e pezzi di carne.

*

«Ho un regalo per te.» disse All for One affacciandosi alla camera.
Shota, seduto sul letto, staccò la mano dalla pelle sanguinante del collo, e si voltò a guardarlo, tra le ciocche azzurre che gli nascondevano il volto.
All for One entrò, seguito da Doctor, che spingeva un carrello con sopra delle mani.
Nel vederle, Shota si alzò, e facendo attenzione a non toccarle con tutte e cinque le dita, accarezzò le mani, quasi con nostralgia.
«Sono le mani di chi hai ucciso. E questa» ne prese una che Shota aveva riconosciuto subito, dalle lunghe dite sinuose, quasi femminili, anche se dalla costituzione maschile «è quella di Hizashi Yamada.»
Shota la afferrò e la strinse a sé, sentendo il prurito salire, ma lo ignorò altamente.
«Bravo, stringile a te. Tienile addosso, e ti ricorderanno dell'odio che provi, lo manterranno vivo. Così potrai liberare Shirakumo.» disse All for One.
Shota si rigirò la mano tra le mani. Quella di Hizashi aveva bisogno di un posto d'onore.
«Da oggi cambierai nome. Diventerai Tomura Shigaraki.»
«Cosa significa?» chiese Shota, quasi distrattamente.
«Tomura significa compiangere. Shigaraki è il mio cognome.»
Shota non fece attenzione all'ultima parte della frase.
Sì, Tomura era perfetto per lui, pensò mentre portava la mano di Hizashi a coprire il proprio volto.

 

   
 
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