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Autore: Breathless    17/05/2022    0 recensioni
[…] Italia si chiese da quanti anni avesse quelle fattezze.
«Hey Germania, quando sei nato?»
Stavolta il tedesco girò tutta la testa verso di lui.
Il significato della parola “nascita” per le nazioni, era un po’ diverso rispetto a quello convenzionale.
«Nel 1814, con la fondazione della Confederazione Germanica» disse meccanicamente.
«E che aspetto avevi quando sei nato?»
Un’ occhiata interrogativa tardò di qualche secondo la risposta; non si sarebbe mai del tutto abituato alle stranezze altrui. […]

________
[GerIta]
Il rapporto fra Italia e Germania raccontato durante gli eventi storici dell’ultimo secolo.
Genere: Romantico, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Norimberga – 1 Ottobre 1946
 
Era la prima volta che Germania lo vedeva da quando la guerra era finita. L’ultima era stata più di un anno prima, il giorno in cui la Repubblica di Salò cadde e lui fu richiamato in una Berlino in procinto di essere invasa dai russi. Una settimana dopo fu costretto ad arrendersi.
Venne catturato, separato dal fratello e tenuto in custodia per lungo tempo. Non poté fare altro che assistere in silenzio all’occupazione degli Alleati, che spartirono i suoi i territori e ridisegnarono i propri confini.
Erano circolate voci su dei piani fatti quando la guerra era ancora in corso, che prevedevano di smembrare la Germania per evitare che riacquisisse potenza bellica in futuro.
Ma né lui né Prussia erano ancora scomparsi.
E ora si trovavano seduti l’uno accanto all’altro in un’aula di tribunale a Norimberga, in attesa del termine del processo. La gravità della situazione aveva imposto perfino a Prussia un’espressione seria, sebbene il suo sguardo scarlatto guizzasse più vivo che mai verso il posto in cui era sistemato Russia. Non aveva potuto chiedergli come se la stesse passando, ma immaginava non troppo bene. Dal canto suo Russia sedeva rilassato, le labbra leggermente ricurve verso l’alto in quella espressione infantile che lo caratterizzava, avulsa da ciò che succedeva in aula. Ma sapeva bene cosa celava quel viso apparentemente innocuo. Accanto a lui Francia e Inghilterra ascoltavano assorti, il secondo con le braccia incrociate davanti al petto. America era l’unico a non riuscire a trattenere la soddisfazione, essa trapelava nello sguardo e nella maniera in cui sorrideva. I giudici appartenevano alle nazioni vincitrici, e quello che stava emettendo il verdetto aveva un forte accento britannico.
Ma, da quando aveva visto Italia seduto in disparte assieme a suo fratello maggiore, Germania non era più riuscito a focalizzarsi sul processo. Quando si vive per secoli, un anno non sembra poi così lungo. Eppure gli pareva fosse passata una vita.
 
Veneziano e Romano -così i due si appellavano reciprocamente- erano entrambi di bell’aspetto; cosa che valeva loro una certa popolarità fra le ragazze che solevano approcciare. Erano della stessa altezza e si somigliavano al punto che, in molti, li scambiavano per gemelli. Ma, anche da quella distanza, a lui sembravano evidenti le loro differenze: Veneziano aveva i capelli di un castano chiaro e caldo, mentre quelli di Romano erano di una tonalità più scura e profonda; gli occhi di Veneziano avevano venature ambrate, mentre quelli di Romano viravano al verde; il viso di Veneziano era ovale e aveva una forma più morbida rispetto a quello di Romano, dagli zigomi più pronunciati. E quel ciuffo ribelle che si arricciava verso l’alto, Veneziano lo aveva di lato, mentre quello di Romano ricadeva sulla fronte.
Ciò in cui erano all’esatto opposto, erano le espressioni. Romano non tentava neanche di mascherare l’astio nei suoi confronti, non lo aveva mai fatto fin da quando si erano conosciuti. L’ostilità che provava verso di lui si era sfogata quando aveva deciso di collaborare con gli Alleati, firmando l’armistizio e aiutandoli a sbarcare in Sicilia. Il Patto d’Acciaio era venuto meno e le cose erano cominciate a precipitare.
Dalla parte opposta invece c’era Italia –l’Italia che gli era stata accanto in quegli anni– che lo fissava affranto e preoccupato.
Germania si sorprese a sorridere internamente, seppur in maniera amara. Poteva indovinare con assoluta certezza, cosa gli stesse passando per la testa in quel momento.
Dopo che gli orrori perpetrati dal suo governo erano venuti a galla, dopo che a causa della loro amicizia si era trovato a combattere contro il suo stesso fratello, quell’idiota si preoccupava che potesse avercela con lui.
Sarebbe dovuto essere il contrario, semmai.
Le spalle si curvarono e lo sconforto lo pervase, ripensando a tutto ciò che era successo. La voce del giudice che dettava la sentenza gli sembrava lontana, come se si trovasse in un'altra stanza. Nomi tedeschi pronunciati con accento inglese a cui si alternava, a cadenza regolare, la parola “morte”.
 
Era una bella giornata, un tiepido sole autunnale scaldava la pelle mentre usciva dal Palazzo di Giustizia. Il processo era terminato. Germania si muoveva in maniera lenta, quasi il peso delle proprie preoccupazioni fosse reale e gli gravasse come un fardello addosso. Ebbe solo pochi momenti per salutare Prussia, prima che Russia gli intimasse di allontanarsi assieme a lui. Il fratello lo congedò con uno dei suoi sorrisi sicuri, mostrandosi incoraggiante nonostante il destino incerto a cui andavano incontro.
E poi colse la voce di Romano sul piazzale. Si stava lamentando ad alta voce con Francia, del fatto che suo fratello si fosse allontanato con la scusa di andare al bagno e poi non fosse più tornato.
«…se è sgattaiolato via per andare da quel crucco bastardo giuro che…» non ci provava neanche a non farsi sentire. Ma non gli diede fastidio, anzi. All’idea che Italia lo stesse cercando, sentì alleviarsi un po’ quel grumo di malumore che aveva incastrato in gola.
Senza dare troppo nell’occhio prese a guardarsi attorno, passeggiando in tutta calma e sorpassando i cancelli di ingresso. Uscì in strada, proseguendo lungo le mura che delimitavano l’edificio. Una testa castana sbirciò da dietro l’angolo, in un tentativo piuttosto mal riuscito di essere circospetto.
«Germa-»
Il tedesco lo interruppe portandosi fugacemente un dito davanti alla bocca e intimandogli silenzio. Fece un cenno in direzione della via che costeggiava il lato del Palazzo di Giustizia e mimò con le labbra la parola “fiume”. Italia rispose con un saluto militare, come era abituato a fare quando Germania gli impartiva un ordine.
 
Proprio dietro all’edificio in cui si era tenuto il processo, scorreva il fiume che attraversava Norimberga. La sponda degradava verso il basso e vi crescevano diversi alberi e cespugli, offrendo una discreta copertura alla stradina sterrata utilizzata per le passeggiate.
Si fermò dopo poco nei pressi di una panchina. Ma rimase in piedi, le mani affondate nel cappotto beige che aveva indosso. Non passò molto tempo che udì ancora la voce di Italia.
«Germania!»
Lo chiamò mentre si avvicinava di gran carriera, come gli aveva visto fare decine di volte in passato. Solitamente si buttava addosso, ma questa volta sembrò rendersi conto di ciò che stava per fare. Rallentò il passo fino ad arrestarsi, più o meno a un paio di metri da lui.
L’espressione era titubante, lo sguardo deviò in un punto indefinito della staccionata che correva lungo il greto del fiume, come se non avesse il coraggio di guardarlo in faccia.
«Sei… sei arrabbiato con me?» anche il tono tradiva l’incertezza. Il peso dondolò da un piede all’altro sottolineando il conflitto interiore fra la voglia di avanzare e il timore del rifiuto. Il tedesco scosse il capo.
«No»
Gli rivolse una prima timida occhiata.
«Davvero?»
«Davvero» confermò quietamente.
«Posso… abbracciarti?» decise di osare.
La risposta fu un semplice cenno affermativo. E in un battito di ciglia Italia coprì la distanza che li separava, andando a circondargli il petto con le braccia e stringendosi a lui con forza. Accolse il suo peso spostando un piede all’indietro e mantenendo l’equilibrio per entrambi. Il capo del castano si incastrò fra la spalla e il collo e poté sentire la sensazione soffice dei capelli contro la propria guancia.
«Scusami» il mugolio altrui uscì soffocato dalla stoffa del cappotto.
Italia aveva addosso un odore piacevole, estivo. Si concesse di sollevare le braccia a sua volta, di avvolgergli le spalle e rimanere così per qualche secondo, a occhi chiusi. Curioso come quel contatto a cui aveva faticato ad abituarsi, ora gli stesse facendo bene.
Avrebbe voluto dirgli che era contento di vederlo, che non avrebbe dovuto scusarsi per come erano andate le cose. Ma le parole rimasero impigliate in fondo alla gola, bloccate dalle sue innumerevoli inibizioni.
«Va bene così» riuscì solo a mormorare. C’erano state tante, troppe cose sbagliate in quel conflitto.
«Quando ho saputo che il tuo territorio era stato diviso, ho avuto paura che saresti scomparso» colse una nota rotta nella sua voce. Quando l’abbraccio si sciolse, Italia sollevò la testa e lo guardò con occhi liquidi. Per un singolo istante scorse in lui un dispiacere profondo, che non seppe spiegarsi. Le lacrime si stavano lentamente accumulando e presto sarebbero traboccate oltre le ciglia.
«Sono ancora qua. E non ho nessuna intenzione di sparire» Non era sicuro che la propria volontà contasse qualcosa nelle decisioni degli umani, ma voleva fosse chiaro che non aveva perso la voglia di vivere. Sentiva il desiderio di cancellare quell’ombra di disperazione dall’espressione di Italia.
Sembrò accorgersi solo in quel momento, di quanto si fosse lasciato andare rispetto al solito. Distolse lo sguardo sentendosi un po’ imbarazzato. «perciò non metterti a piangere come il tuo solito» borbottò tastandosi goffamente le tasche alla ricerca del fazzoletto di stoffa che soleva portare con sé.
Italia fece un sorriso agrodolce, che sapeva di tristezza e sollievo allo stesso tempo. Le palpebre, socchiudendosi, spinsero fuori le lacrime prima che il tedesco potesse impedirlo. Su entrambi aleggiò la consapevolezza che non tutto era andato perduto.
Germania si affrettò a tamponargli le guance.
«Quindi mi verrai a trovare?» domandò l’italiano.
«Non penso che America e gli altri abbiano qualcosa in contrario» del resto avevano fatto in modo di renderlo innocuo, ed entrambe le loro nazioni erano logorate dalla guerra. L’unica cosa che volevano fare era riprendersi, tirare un po’ il fiato.
«E anche io posso venire da te?»
«Si, anche se d’ora in poi non sarò più a Berlino» lo avvertì. «Li rimarrà solo Prussia, i miei superiori vogliono che mi trasferisca a Bonn.»
Italia parve un po’ perplesso da quel cambiamento, ma gli rivolse nuovamente un sorriso, stavolta più allegro.
«Meglio, Bonn è più vicina,» trovò il lato positivo «anche se mi toccherà tagliare da casa di Svizz-»
«Lo sapevo!!! Ti ho beccato dannato Veneziano» l’urlo di Romano lo interruppe bruscamente. Proveniva dalla strada, lo intravide da uno spiraglio in mezzo alla vegetazione.
Italia sobbalzò ed emise un verso impaurito.
«Avevi promesso che non lo avresti fatto! Se ti prendo giuro che ti picchio!» inveì ancora il più grande dei due italiani, apprestandosi a scendere la corta scalinata che portava al sentiero.
«Germania, devo scappare. Ci vediamo presto!» lo salutò frettolosamente, cominciando a correre di gran carriera per sfuggire alle ire del fratello. Germania rimise le mani in tasca mentre lo guardava allontanarsi. Italia si voltò per qualche secondo lanciandogli un’occhiata, ed il tedesco colse fugacemente il suo sorriso. Si sentì scaldare.
Romano interruppe momentaneamente l’inseguimento quando raggiunse Germania. Il rancore oramai ben radicato da anni di guerra, traspariva sul volto.
«Tu. Vedi di girare alla larga dal mio stupido fratellino» ringhiò. «Non sai quanto ha frignato per colpa tua» Sapeva che Romano non amava combattere esattamente quanto Veneziano, e che le sue minacce il più delle volte erano tutto fumo e niente arrosto. Ma non sarebbe mai riuscito a capacitarsi di quanto fosse aggressivo e riottoso rispetto a Italia. Tuttavia, che lo volesse o no, nei suoi modi bruschi trapelava quanto tenesse al fratello; e Germania non riusciva ad avercela con lui.
«Non credo di volerlo fare» si limitò a rispondergli quieto, ma con tono fermo.
Romano lo fissò torvamente, dopodiché riprese a correre senza dire una parola.
 
Riferimenti Storici:
 
  • La Repubblica Sociale Italiana (o Repubblica di Salò) venne proclamata da Mussolini nel 1943 in risposta all’armistizio con gli Alleati firmato dal Generale Badoglio e approvato dal re Vittorio Emanuele. Essa comprendeva i territori del nord e centro Italia ancora sotto il controllo tedesco, che combatterono contro l’avanzata alleata. Si ridusse gradualmente fino alla sua caduta nell’Aprile del 1945.
  • Il processo di Norimberga si svolse dal 20 Novembre 1945 al 1 Ottobre 1946. Ventiquattro fra i più importanti capi nazisti furono giudicati per crimini di guerra e contro l’umanità. La metà di essi furono condannati a morte e impiccati.
  • Al termine dell’occupazione Alleata, Bonn fu scelta come capitale della Repubblica Federale Tedesca (o Germania Ovest), mentre Berlino rimase la capitale della Repubblica Democratica Tedesca (o Germania Est).  
  
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