S.O.S. dal futuro
*
Capitolo
9
*
Tuoni,
fulmini, lampi, e saette di ogni tinta, coloravano la stanza circostante.
La
famigerata ‘Ruota del Tempo’ era quasi pronta, e il Signor Ratto stava
per mettere a punto gli ultimi dettagli che gli avrebbe permesso il suo
utilizzo.
Aveva
costruito quella che sembrava una ruota da criceto gigante, dotandola di
poltrone comode e una consolle di comando, a cui era attaccato il motore a
propulsione che gli avrebbe permesso di raggiungere la velocità necessaria per
tornare indietro nel tempo.
Con
una leva, riusciva anche a farla volare, così da utilizzarla come mezzo di
trasporto.
Il
Signor Ratto sollevò la visiera della maschera da saldatore e si asciugò il
sudore della fronte con uno straccio passato da uno dei topolini, perché lo
scienziato non stava lavorando da solo al progetto, ma era aiutato dai suoi
fedeli adepti.
Si
sporcò la faccia di olio, perché il panno che gli avevano allungato, era quello
che serviva per lucidare i pistoni del motore, quando si specchiò per puro caso
sul lucido del tavolo d’acciaio dov’erano appoggiati i suoi strumenti, inveì.
“RAZZA
DI STUPIDI IDIOTI!” Berciò in direzione dei topolini indaffarati nel sistemare
la stanza come meglio potevano, liberandola dai pezzi di ferraglia che il
Signor Ratto gettava dietro di sé.
I
mammiferi trattennero una risata per due motivi: il primo, il loro capo si
sarebbe arrabbiato; secondo, non sapevano se erano in grado di poterlo fare.
“Non
conoscete la differenza tra un canovaccio e un fazzoletto?”
Nessuno
ebbe il coraggio di rispondere, ma si limitarono a continuare il loro lavoro,
bulloni, viti e altra minuteria, erano sparsi in tutta la stanza, col rischio
che se qualcuno ci avesse camminato sopra, sarebbe sicuramente scivolato, e
allora lì sarebbero stati cavoli amari.
E
per qualcuno, s’intendeva proprio lo scienziato.
Provvidenziale
fu l’intervento di uno dei ratti, che riuscì a togliere un cilindro dal
pavimento prima che il Signor Ratto ci inciampasse sopra mentre raggiungeva
quel luogo angusto chiamato bagno.
Sporco,
lercio e nauseabondo.
Nemmeno
i topolini osavano entrarci.
L’ex
Signor Ramier accese la luce posta sopra lo specchio
arrugginito, la colpì un paio di volte con la mano finchè
questa non smise di produrre luce ad intermittenza.
“Dannata
lampadina!” Esclamò aprendo l’acqua corrente gettandosela poi sulla faccia, per
pulire l’olio dal suo pelo.
*
Era
passata quasi una settimana da quando aveva iniziato a lavorare al suo
progetto, e con sua somma sorpresa, stava rispettando tutti i tempi.
Se
avesse continuato di questo passo, nel giro di qualche giorno, si sarebbe
ritrovato nell’ufficio del sindaco, col il suo aspetto originario e con un
plico di documenti scandalistici che avrebbero costretto il primo cittadino a
stralciare la diffida nei suoi confronti ed incoronarlo Cittadino Onorario.
Il
Signor Ratto si vedeva già sorseggiare Champagne costoso alle feste più
sfarzose della città, insieme ad illustri ospiti, mentre disquisisce con loro
dell’importanza dei piccioni parigini.
“Non
è troppo azzardato come piano?” La nuvoletta del sogno sparì non appena
il solito, saccente topolino intervenne a riportarlo con i piedi per terra.
Il Signor
Ratto poggiò la chiave inglese a terra e sbuffò.
“Ma
tu devi sempre rovinare tutto?” Lo guardò in cagnesco.
“No,
ti sto solo riportando alla realtà!”
“Questa
è la realtà…” Sottolineò indispettito “… presto il sindaco avrà quello che si
merita e io attuerò finalmente la mia vendetta. Gli lascerò decidere se marcire
in galera, oppure di insabbiare la cosa rendendomi la mia libertà. Guarda come
sono ridotto ora… ero un cittadino del tutto rispetto e adesso? Sono costretto
in questo corpo da fenomeno da baraccone, obbligato a mangiare spazzatura e
parlare con dei TOPI DI FOGNA!” Si alzò ed iniziò a prendere a calci il tavolo
d’acciaio, gettandolo a ridosso del muro, facendo cadere tutti gli strumenti
che c’erano sopra.
Il
Signor Ratto tremava, proprio come la sua voce, pentendosi subito di come aveva
reagito, anche se quelli con cui aveva a che fare in questo preciso momento
erano solo insignificanti topi, quegli animaletti gli ricordarono subito i suoi
adorati piccioni.
“Perdonate
per la sfuriata… è tutto nuovo anche per me.” Si scusò cambiando subito
atteggiamento.
“E
noi è la prima volta che abbiamo un leader della tua portata!”
Sul
volto del Signor Ratto si materializzò un sorriso caldo e amorevole,
s’inginocchiò ed aprì le braccia.
“Venite
qui, amori miei!” E come una mamma fa con i propri figli, li abbracciò e baciò
uno ad uno, ringraziandoli per il lavoro svolto fino ad ora.
*
Dopo
una pausa durata circa un’ora, il tempo necessario per distrarsi un attimo e
racimolare le idee finali, il Signor Ratto, attorniato dai suoi adepti, si
rimise al lavoro.
Non
mancava poi molto al collaudo finale, giusto due o tre dettagli, i più
importanti, ed infine avrebbe messo in funzione quella sua strabiliante
invenzione.
“E’ finita!” Esclamò
quando poggiò la chiave dinamometrica nella cassetta degli attrezzi.
Si
asciugò la fronte imperlata di sudore con l’avambraccio e si allontanò di
qualche passo per ammirare in tutto il suo splendore la sua creazione.
Al
centro di quello stanzone contaminato troneggiava l’enorme palla trasparente
con all’interno una poltrona e consolle di comando collegata ad un monitor di
dimensioni stratosferiche.
Grossi
cavi neri uscivano dalla scatola d’acciaio del vano motore, uniti a decine e
decine di piccoli tapis roulant, posti dietro la poltrona atta ad ospitare il
Signor Ratto.
“La
mia bambina” Sussurrò quasi commosso davanti a cotanta bellezza.
Ma
per il Signor Ratto non c’era tempo da perdere in inutili venerazioni, aveva
necessità di collaudare al più presto la sua invenzione e fare le opportune
modifiche, se ne avesse avuto bisogno.
Aprì
una piccola porticina posta sul lato ed entrò, seguito da un centinaio di
topolini che si piazzarono al loro posto, ritti sulle zampe posteriori e pronti
a ricevere gli ordini del loro superiore.
Il
Signor Ratto si posizionò sopra il naso gli occhiali neri da saldatore ed avviò
la macchina premendo il pulsante rosso di accensione con una pressione decisa
della mano.
Il
motore si avviò in men che non si dica facendo tremare il sottosuolo, tant’è
che i parigini in superficie credettero ci fosse stata una scossa di terremoto.
L’enorme
palla si sollevò appena e il suo comandante prese il timone per manovrarlo, lo
tirò verso di sé con forza spingendo la nave più in alto, ancora di più, finchè non bucò il soffitto ed uscì dal buio della rete
fognaria, sradicando alberi, tirando su terriccio e porfidi dalla strada.
Alcuni idranti spararono acqua in alto.
I
parigini che si trovavano in quella zona scappavano da ogni direzione
spaventati a morte, altri si abbracciarono credendo che il giorno del giudizio
fosse già arrivato.
“Ho
paura, mamma!” Urlò un bambino di sette anni attaccandosi ancora di più alla
gamba della donna, stringendo con la mano libera il lecca lecca
color arcobaleno che le aveva appena comprato per la buona condotta.
“Finirà
tutto presto, tesoro!” Gli disse osservando l’enorme palla trasparente
sovrapponendosi tra loro e il sole.
Strabuzzò
gli occhi quando vide l’individuo che manovrava quel veicolo, per poi
richiuderli subito dopo presa dal panico, o per non credere di essere pazza.
Un
enorme topo gigante che guidava una palla gigantesca da criceti.
Robe
da pazzi!
Stava
sognando. Era chiaro, ma allora perché sembrò tutto così reale e nitido?
Non
fece tempo a darsi una spiegazione che, appena aprì nuovamente gli occhi,
quello strano mezzo di trasporto era sparito dalla sua vista, lasciando solo un
enorme buco da dov’era uscito fuori.
*
“FORZA
MIEI PRODI TOPOLINI! CORRETE! CORRETE PIU’ FORTE!” Li incitò il Signor Ratto.
Il
suo marchingegno per riavvolgere il tempo stava funzionando alla grande,
infatti tutto attorno a lui stava assumendo forme e colori indefiniti, fino a
formare un tunnel che attraversarono ad una velocità supersonica; presto,
avrebbero raggiunto la luce bianca alla fine che s’intravedeva.
I
topolini continuavano imperterriti a correre e così ad alimentare il meccanismo
apposita, sotto lo sguardo austero del suo creatore, il quale controllava
meticolosamente gli aghi dei sensori.
Una
luce bianca li investì poco dopo, e il Signor Ratto diede l’ordine ai topolini
di fermarsi.
Portò
la ‘Ruota del Tempo’ a terra e non preoccupandosi minimamente di
nasconderla da qualche parte, stava troppo bene lì dov’era e poi nessuno sarebbe
stato in grado di manovrarla anche se fosse riuscito ad aprirla. La lasciò al
centro del parco piantumato d’alberi, vicino al municipio.
Il
Signor Ratto si avviò con ampie falcate alla porta principale, stringendo tra
le braccia i documenti incriminati, convinto di schiaffarglieli in faccia a
quell’inietto del sindaco, dimostrando che cosa gli avesse fatto.
Salì
le scale a grande velocità, non facendo caso alle persone all’interno
dell’edificio che non si accorgevano della sua presenza; in una colonna aveva
letto che l’ufficio del sindaco si trovava al terzo piano.
Bene,
non gli bastava altro che seguire le indicazioni per raggiungere il suo
obiettivo.
Il
cuore del Signor Ratto batteva come un tamburo all’interno del suo petto, e il
respiro iniziava a farsi più affannoso mano a mano che
si avvicinava a quella porta di legno immensa intarsiata.
Non
bussò, perché quell’abietto non meritava nessuna cortesia da parte sua.
Spalancò
la porta volgendo agli inquilini, ovvero al sindaco e all’agente Roger, uno
sguardo assassino.
Il
rosso alzò lo sguardo dalla tastiera del pc e si guardò attorno con aria
interrogativa.
“Tutto
bene, agente?” Aveva chiesto il sindaco notando la sua perplessità.
“Mmm… credo di sì.” L’agente di polizia aveva sentito un
alito di vento percorrergli la spina dorsale.
“Bene,
allora andiamo avanti” Il sindaco riprese a camminare in lungo e in largo con
le mani incrociate dietro la schiena, con sguardo fiero ed altezzoso. “… e alla
luce di ciò, io, Andrè Bourgeois, sindaco di Parigi,
ti espello dalla città” Recitò, mentre l’agente Roger batteva freneticamente la
tastiera sotto dettatura.
Il
Signor Ratto sbiancò ricordando perfettamente le parole apposte in quella
raccomandata, facevano ancora male, ma mai quanto ne avrebbe fatto lui a loro.
“FERMATEVI!”
Urlò entrando prepotentemente nella stanza per poi poggiare i documenti sulla
scrivania di mogano.
Il
sindaco e l’agente Roger continuarono nel loro lavoro senza dare alcun peso
alla presenza dell’uomo dalle sembianze di ratto.
“EHI!
EHI! SONO QUI!!” Urlò sgolandosi e sbracciando, ma anche quel tentativo non
mutò la situazione, facendolo risultare invisibile ai loro occhi.
“Agente
Roger, stampi pure la lettera e la porti all’ufficio postale.” Gli ordinò il
sindaco con noncuranza.
“Subito,
signor Sindaco!” Asserì con il capo rimettendosi il cappello blu di servizio.
Il
poliziotto, dopo essersi alzato dalla sedia, si sistemò sopra il pancione il
cinturone nero e partì per la sua missione attraversando il corpo del Signor
Ratto.
“Ma
che…?” Si chiese il viaggiatore del tempo vedendolo andare via come se niente
fosse, fischiettando un motivetto odioso.
Rimasto
solo, il sindaco si lasciò cadere sulla poltrona con un sorrisetto soddisfatto,
finalmente si sarebbe liberato del Signor Ramier e
non avrebbe più dovuto affrontare i cittadini sull’orlo del piede di guerra.
“BRUTTO
BASTARDO!” Gli urlò inutilmente digrignando i denti e stringendo i pugni con
l’intento di sferrarglieli, ed è quello che provò a fare, ma più colpiva e più
si rendeva conto che i suoi movimenti non avevano alcun effetto sul suo
acerrimo nemico.
“Padrone…
non può interagire!”
Mormorò il topolino Edgar cercando di farlo rinsavire in qualche modo.
“Che
cosa ho sbagliato?” Piagnucolò raggomitolandosi in un angolo della stanza con
le mani sulla testa “… il mio piano era perfetto, e poi la ‘Ruota del tempo’
ha compiuto al suo dovere, non capisco perché non posso interagire con loro.”
“Perché
non può cambiare il passato o il futuro, si vede che il suo potere si limita
solo al semplice telespettatore.”
“Devo
assolutamente trovare il modo per cambiare il mio destino…”
“E
come farà?”
Chiese curioso.
Il
Signor Ratto ci pensò un attimo, alzò poi il volto emergendo dalle ginocchia
con un ghigno sadico ed iniziò a ridere istericamente, facendo venire i brividi
al suo piccolo amico.
“Grazie
al miraculous del coniglio.”
*
Marinette se ne stava in
piedi, difronte ad un Adrien sull’orlo di una crisi di nervi.
Il
biondo, si stava rendendo sempre più conto di iniziare a trattare la sua
adorata figlia Emma, proprio come aveva fatto suo padre alla sua età.
E
questo non poteva permetterlo, in quanto conosceva bene la sofferenza provata
quando si è rinchiusi in una prigione senza alcuna possibilità di uscita.
Amava
sua figlia più qualsiasi cosa al mondo, ma la sua smania di protezione gli
stava facendo commettere errori su errori.
Ma
non solo quella, anche la sua gelosia lo stava accecando, mandandolo
letteralmente fuori di testa, al punto che sarebbe andato da qual ragazzino per
dirgli di stare lontano da sua figlia.
“Che
cosa sono diventato?” Si stava chiedendo e nel mentre domandava la stessa cosa
alla moglie.
Marinette, d’altro canto,
si avvicinò a lui stringendogli le spalle.
“Sei
un uomo meraviglioso, Adrien. Tua figlia ti ama molto.”
“Non
ne sono poi così sicuro… mi odia invece.” Fece una breve pausa riprendendo
fiato “… mi sto comportando proprio come mio padre faceva con me.”
“Vai
a parlarle, ti ascolterà.”
Adrien
stava per dire qualcosa, o meglio avviarsi con convinzione verso la camera di
Emma, quando all’improvviso un boato assordante squarciò il silenzio della casa
e la fece tremare.
A Plagg andò quasi di traverso il formaggio che stava
ingurgitando.
“Che
sta succedendo?” Chiese avvicinandosi al suo portatore mentre controllava la
colonna di fumo nero che si ergeva alta nel cielo.
*
continua