Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PerseoeAndromeda    24/05/2022    0 recensioni
Tre bambini soli, profughi di una tragedia che ha sconvolto le loro esistenze. Non hanno nessuno al mondo e trovare il necessario per sopravvivere è complicato. Ma sono insieme, pronti a dividere qualunque cosa.
[Fanfic scritta per il gruppo facebook "Prompts are the way"]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’ULTIMO PEZZO DI PANE 

 

 

“Uff, è l’ultimo” borbottò Eren, osservando con aria depressa il pane che stringeva tra le mani. 

“Dobbiamo farcelo bastare” sentenziò Mikasa, senza che la sua espressione mutasse di una minima sfumatura. Lei avrebbe potuto trovarsi davanti una singola briciola o la cena più sontuosa, senza che la sua maschera facciale ne venisse intaccata. 

La sua pancia brontolava come quella di tutti, ma all’esterno non avrebbe mostrato nulla. 

Intorno a loro, nella penombra della sera, qualcuno si mosse. 

I profughi di Shiganshina erano tutti assembrati in quel dormitorio improvvisato ed era difficile trovarsi un angolino dove poter stare tranquilli o anche solo riposare. 

Mikasa si avvicinò ad Eren, pronta ad affilare gli artigli se qualcuno avesse provato ad infastidirli. 

“Fai attenzione. Qui hanno tutti fame, te lo potrebbero rubare senza che neanche tu te ne accorga”. 

Eren sospirò. 

Nessuno di loro aveva mangiato abbastanza da affrontare la fame quel giorno, come quasi mai d’altronde: solo pezzi di pane racimolati con fatica e pochissimo a testa. 

Cercò lo sguardo dei due amici e mise quel piccolo pezzo in mano a Mikasa: 

“Dividilo in tre, tu sei più precisa. Non c’è molto altro che possiamo fare”. 

La bambina abbassò lo sguardo sul pane, il suo stomaco rumoreggiò, ma lei non ci fece caso. 

“Io credo che dovremmo darlo tutto ad Armin”. 

Il piccolo accanto a loro, che da tempo era immerso nel proprio silenzio, in apparenza distante dai loro discorsi e da ciò che gli accadeva intorno, sollevò il capo nell’udire il proprio nome e sembrò ridestarsi da un sogno. 

Gli era difficile affrontare la tristezza da quando suo nonno non era più tornato, lasciando a suo unico ricordo quell’enorme cappello da cui Armin non si separava mai. 

“Hai ragione, Mikasa. Lui ha mangiato meno di tutti”. 

Davvero? Pensò Armin. 

Lui non se ne era reso conto, anche se glielo dicevano sempre che avrebbe dovuto mangiare di più. Ma ce n’era già talmente poco e Eren e Mikasa sembravano avere sempre fame, molto più di lui.  

Forse ne avevano più bisogno. 

Il braccio di Mikasa si mosse e il pezzo di pane comparve sotto il naso di Armin. Era talmente secco ormai che non profumava neanche più, ma il suo stomaco reagì quasi subito: era uno strano miscuglio di desiderio e repulsione. 

Distolse lo sguardo e riaffondò il naso nella falda del grande cappello. 

“Mangiatelo voi. Io non ne ho voglia adesso”. 

Mikasa corrugò le sopracciglia, lasciò ricadere la mano in grembo e guardò Eren, non meno corrucciato di lei. 

Il ragazzo si mise carponi e strisciò verso Armin: 

“Non è possibile che tu non abbia fame”. 

Ottenne solo una scrollata di spalle e un abbracciarsi ancor più stretto al cappello, quasi scomparendo tra esso e il muro. 

“Non puoi fare così” sbottò Eren.  

Strappò il pane dal grembo di Mikasa e lo spinse contro il bozzolo minuscolo in cui Armin si era trasformato. Non ottenne alcuna reazione fisica, solo una flebile risposta, che uscì soffocata dal viso nascosto: 

“Ho molto sonno... vorrei dormire”. 

Eren si immobilizzò, accentuò la propria espressione di disappunto e seguì con gli occhi i movimenti del piccolo amico, che si fece un po’ di spazio a terra, per rannicchiarsi su un fianco dando loro le spalle. 

Eren allungò una mano, deciso a scrollarlo e a impedirgli di dormire senza mangiare nulla, ma Mikasa lo prevenne, la mano della bambina sollevò un poco la frangia bionda, per sfiorare la fronte. 

“Mi sembra che abbia di nuovo la febbre. Forse dormire gli farà bene, in fondo”. 

“Merda!” ringhiò Eren, quasi gettandole addosso il pane. “Io non lo mangio, non gliela do questa soddisfazione! Mangialo tu!”. 

“Lo mangerà lui o nessuno” ribatté Mikasa, assorta. “Se non lo mangia adesso, lo mangerà domani”. 

Strisciò intorno al corpicino di Armin scosso dai brividi e lo osservò per qualche istante. 

“Si è già addormentato” sussurrò. Con delicatezza, facendo attenzione a non svegliarlo, sollevò una falda del cappello che Armin teneva stretto al petto e vi fece scivolare sotto il pane.  

Eren osservò la scena per qualche istante e la sua espressione stupita si mutò in un sorriso: 

“Noi veglieremo affinché nessuno glielo rubi. Lo terremo in mezzo a noi e nessuno oserà avvicinarsi”. 

Mikasa annuì, quell’entusiasmo che finalmente ritrovò in Eren strappò persino a lei un piccolo sorriso. 

Dopo pochi istanti, entrambi erano accoccolati accanto ad Armin, abbracciandolo e scaldandolo con i loro corpi. 

Nonostante i loro propositi, finirono per addormentarsi. 

Quando si svegliarono, il mattino dopo, la prima cosa che videro fu Armin seduto in mezzo a loro, che li guardava con occhi lucidi e grati, sbocconcellando il pane a piccoli morsi. 

Non disse nulla, ma il suo sguardo e il suo sorriso parlavano: 

“Lo sto mangiando per voi, perché so che volete che io lo faccia... e per voi farei qualunque cosa”.  

 

 

   
 
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