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Autore: Viking86    29/05/2022    1 recensioni
Rachel è entrata nella vita di Chloe nel suo momento più buio. Chloe è entrata in quella di Rachel giusto in tempo per sostenerla quando il suo mondo è crollato. Il loro rapporto è forte, intenso, forgiato nel fuoco della sofferenza e potrebbe davvero salvare entrambe, o condannarle. Rachel è stato l'angelo di Chloe, ma anche il suo diavolo, così come Chloe è stata l'ancora di salvezza per Rachel e il suo più grande limite.
Life is Strange: Untold racconta la storia di Chloe e Rachel a partire dalla morte di William fino agli eventi di Life is Strange. Inizia subito dopo gli eventi di Before the Storm (con salti temporali indietro e avanti), ma ho fatto un lavoro di adattamento perché tutto corrispondesse il più possibile al canone originale.
Immersa nel contesto vitale di Arcadia Bay, la storia racconterà com'è nato il loro rapporto, come si è sviluppato e come la città e il mondo intorno a loro (sotto forma di coincidenze e altri personaggi, alcuni dei quali originali) abbia condotto a ciò che sappiamo (Dark Room).
Rachel e Chloe hanno avuto scelta o era destino?
Necessario aver giocato a BtS e LiS per poter cogliere i riferimenti (e i cambiamenti rispetto a BtS)
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Chloe Price, Mark Jefferson, Nathan Prescott, Rachel Amber
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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And no man is an island

 
Con un fuoco, l’uomo
non si sente mai solo.

Oswald Spengler
 
Per Chloe era una novità.
Essere cercata da qualcuno.
Non che nessuno la chiamasse mai. Si era solo abituata a ignorare il cellulare, lasciarlo vibrare senza risposta finché la pressione sociale non si faceva troppo forte. Allora dava un’occhiata ai vari messaggi accumulati e rispondeva. Non a tutti, solo a quelle pochissime relazioni che aveva bisogno di tenere in vita. Come quella con Justin e Trevor, o con Frank. Eliot poteva essere ignorato senza conseguenze. Tanto il ragazzo non avrebbe mai mollato l’osso.
Chloe ammirava e detestava la sua tenacia con la stessa intensità. Di tanto in tanto lo degnava di una risposta, perché in fondo l’idea che là fuori ci fosse qualcuno che teneva a lei, che la desiderava, le faceva piacere.
In generale, però, non aveva nessun motivo per dare attenzione al telefono. Nessun messaggio era mai davvero importante.
Almeno, così era prima di Rachel.
Dopo quella serata trascorsa a parlare in spiaggia e poi a trangugiare hamburger all’ACFC, qualcosa era cambiato. No… in realtà il cambio radicale avvenne la mattina successiva, quando Chloe si svegliò sulle le note di One In The Million, provenienti dalla radiosveglia.
Notò la spia del vecchio cellulare lampeggiare e decise di controllare chi le avesse scritto.
 
Rachel
  • Buongiorno rockstar!
  • Ho passato davvero una bella serata ieri! Dovremo rifarlo!
  • A proposito… com’è andato il ritorno a casa??
 
Chloe rimase diversi minuti a fissare il cellulare, mentre sentimenti confusi si agitavano dentro di lei, come scimmie ubriache. Rachel le aveva scritto. Ok…
Quindi era tutto vero. Siamo amiche adesso?
Chloe si grattò la testa e poi fissò la foto di suo padre e Max, attaccata accanto al letto.
Il loro sorriso sembrava incoraggiante, anche quello di Max… Sembravano dire qualcosa come “Vai! Che aspetti?? Rispondi!!”
 
Chloe
  • Hey!
  • Vedo che la bettola per camionisti ha funzionato!
  • Ho subìto un’estensione della pena di una settimana…
  • Ma sono viva e illesa! Non hanno neanche urlato, mi hanno solo informata. Strano ma ok!
 
La risposta di Rachel non si fece attendere.
 
Rachel
  • Uhm… mi dispiace.
  • Che ne pensi di fare colazione insieme?
 
Chloe avrebbe potuto abituarsi molto facilmente a qualcuno che rispondeva immediatamente ai suoi messaggi. Anche ad avere qualcuno cui inviarne regolarmente…
 
 
Chloe
  • Va bene!
  • Mia madre fa il turno pomeridiano, possiamo andare al Two Whales.
Rachel
  • I migliori pancake di Arcadia Bay o forse dello Stato!
Chloe
  • Vorrai dire del mondo!
  • Vediamoci lì tra mezz’ora.
Rachel
  • A dopo! xoxo! (e non è un’emoji!!)
Chloe
  • È un po’ borderline, ma posso tollerarla!
 
Da quel giorno, le colazioni al Two Whales divennero una specie di abitudine di questo nuovo e strano sodalizio ChloRachel.
 
-
 
Megan era in caffetteria da almeno quaranta minuti. Aspettava Rachel.
In realtà non avevano nessun appuntamento, ma supponeva che sarebbe venuta a fare colazione lì. Anche se in realtà non lo sapeva con certezza. Da qualche tempo Rachel si era decisamente eclissata e non riusciva a togliersi dalla testa che fosse a causa di Halloween. Già... Quella fottuta serata...
Due ragazze le passarono accanto dirigendosi al bancone, un paio di metri dietro di lei. Non poté evitare di notare lo sguardo che le lanciarono, seduta da sola al tavolo a guardare il cellulare con disperata aspettativa. Le sentì bisbigliare. Ridacchiare...
Ma che cazzo di problemi aveva la gente?
Si sentiva di colpo gettata in una specie di soap opera.
 
Prese un sorso del suo caffè, ormai quasi esaurito e praticamente freddo. Forse era la caffeina ad innervosirla... o forse era perché Rachel non rispondeva ai suoi messaggi.
 
Megan
  • Hey Rachel, sono in caffetteria. Facciamo colazione insieme?
  • Rachel?
  • Scusa se insisto, ma ho davvero bisogno di parlare con te di quello che è successo. Non so cosa fare.
  • Rachel...
 
Fino a quel momento non era mai successo che l'amica non le rispondesse. Nemmeno visualizzava in effetti.
E pensare che al 90% Halloween era stata una serata perfetta...
 
Prima serata: sosta a casa Amber per trucco e parrucco. Sua madre era stata così gentile da aiutarle nella vestizione, mentre per il trucco si erano rinchiuse in bagno. In effetti Doctor Who e Rose Tyler non erano proprio in tema Halloween, ma non gliene fregava niente. Era cosplay!
In effetti era il primo cosplay della sua vita.
La festa era stata organizzata nella palestra della Blackwell e il piano originale era di andare a piedi. Si incamminarono lungo il viale che portava verso il "centro" di Arcadia Bay da cui avrebbero preso il grande rettilineo che conduceva dritto alla Blackwell.
Rachel, però, appena voltato l'angolo le disse di fermarsi e prese il cellulare. Alle sue richieste di spiegazioni rispose solo con un sorrisetto furbo. Rachel chiamò qualcuno e prima di appendere disse solo due parole: "Ci siamo!"
Di lì a trenta secondi una grossa jeep svoltò l'angolo a sinistra, proveniente da Arcadia Bay Ave. Si fermò proprio davanti a loro, dall'interno suonava una musica di qualche cantante pop di cui Megan ignorava felicemente il nome, ma che probabilmente era molto famoso.
"Yo Rach!" disse il ragazzo al volante. Megan lo conosceva in effetti, era Joel Brown. Rachel le aveva parlato di lui. Non era solo in macchina, sul sedile passeggero c'era un altro ragazzo biondo e palestrato, che non si degnò di salutarle se non con una strizzata d'occhio.
Megan iniziò di colpo a sentirsi a disagio, ma guardando Rachel sembrava che tutto fosse perfetto.
"Abbiamo un passaggio!" annunciò lei indicando con entrambe le mani la jeep.
Megan finse entusiasmo e salì a bordo sul sedile posteriore insieme a Rachel. Joel si presentò a Megan e fece lo stesso per l'amico, Brian Grey, che sembrava troppo importante per parlare da solo.
Il viaggio in macchina fu brevissimo, ma sufficiente per i convenevoli, in cui Rachel era un'esperta.
"Come mai non vi siete vestiti?!" chiese lei con un tono decisamente troppo infantile e petulante.
"Ma siamo vestiti!" scherzò Brian, pronunciando le prime parole da quando Megan era salita in macchina. Probabilmente avrebbe dovuto far ridere.
"Per ora!" ammiccò Joel guardando nello specchietto centrale, evidentemente alludendo a qualcosa che riguardava lui e Rachel. La reazione di lei fu una risata compiacente, ma incredibilmente naturale rivolta ad entrambe le battute. Megan tentò di accodarsi a lei, ma sentì che la sola cosa che era in grado di concedere era un sorriso. E pure stentato!
 
Il resto del viaggio di pochissimi minuti trascorse accompagnato dal brusio di Rachel che parlava coi due ragazzi, mentre Megan sentiva il disagio aumentare. Sperava che fossero due "toy boy" dell'amica e che sarebbero stati sbolognati appena parcheggiato.
Per un fugace momento Megan ci sperò davvero, perché appena scese nel parcheggio della Blackwell, Rachel iniziò a condurla verso la palestra.
"Ci vediamo dopo!" disse Brian. Quelle parole spensero un po' l'entusiasmo di Megan e al tempo stesso la preoccuparono. A chi diceva? A lei? A Rachel?
 
"Cosa intendeva?" si azzardò a chiedere all'amica mentre percorrevano rapidamente le poche decine di metri che le separavano dalla loro meta.
"Niente di importante!" ammiccò Rachel.
Decisamente qualcosa non andava.
Di lì a poco varcarono la soglia della palestra, solitamente così famigliare, ora irriconoscibile, piena di stelle filanti, finte ragnatele, pipistrelli, lo scheletro dell'aula di scienze probabilmente trafugato da qualcuno e posto subito dopo l'ingresso. Anche lui era diverso dal solito! Gli era stata messa una barba bianca e lunga ed un cartello appeso al collo con scritto: "Ce ne hai messo di tempo!"
Quello strappò un sorriso spontaneo a Meg.
Una volta ricevuto il timbro sul dorso della mano dal ragazzo che si occupava degli ingressi (un'altro di cui Megan non ricordava il nome... forse era davvero un bene che fosse andata a quella festa! Era più asociale di quel che credeva!) Rachel la accompagnò all'interno della palestra, totalmente trasformata dalle decorazioni e dalle luci colorate e stroboscopiche. Musica pop rimbombava ovunque, in lontananza Megan vedeva la postazione del DJ, i ragazzi più grandi del Vortex Club se ne stavano nel loro angoletto a osservare il frutto del loro lavoro e degli "schiavi" del primo anno impiegati per sistemare le decorazioni!
Rachel fu assalita da conoscenti e amici, facendo il giro dei saluti. Con alcuni che conosceva, anche Megan riuscì a scambiare due parole, ma con gli altri... niente di niente!
Si sentiva travolta da un mondo alieno, incapace di esprimersi se non a monosillabi. Rachel se ne accorse e le mise le mani sulle spalle fissandola negli occhi.
"Meg? Ci sei?"
"Non proprio... forse col corpo." disse lei.
"L'impatto con luci e musica a palla è sempre un po' strano, ma è giusto così! Serve a portarti in un altro mondo!" disse lei con allegria.
"In effetti è così che mi sento, solo che è il mondo sbagliato!" replicò Megan.
"Non fare la guastafeste! Avevamo detto che lo scopo della serata era sperimentare giusto?" la rimproverò giocosamente Rachel.
"G-giusto..."
"Allora andiamo!"
 
E fu così che Rachel e Megan sfilarono letteralmente tra la folla interpretando scherzosamente i rispettivi ruoli. Fu lei a cominciare ovviamente.
"Siamo in cosplay no? Interpretiamo!" disse. Sembrava che recitare una parte fosse la cosa che la emozionava di più... forse troppo.
Ma Megan ormai era stata assorbita dal flusso. Incontrò Steph, che le disse qualcosa, ma fu impossibile capirla per il frastuono.
Bevve la sua prima birra. Fece il suo primo tiro di sigaretta, che certamente fu anche l'ultimo. Piano piano, inesorabilmente, Megan iniziò a sciogliersi, a entrare nel flusso di quella bizzarra festa in cui tutti sembravano divertirsi un mondo. Lei e Rachel finirono in pista a ballare. Megan non si rese nemmeno conto di come ci era arrivata.
Eppure, qualche tempo dopo, si trovò a ballare da sola.
Guardandosi intorno alla ricerca di Rachel la vide abbracciata a Joel, le loro lingue saldamente ancorate l'una all'altra.
Prima che potesse registrare ciò che stava guardando, sentì battere sulla sua spalla. Un tocco rude, ma in qualche modo educato.
Megan si voltò e si trovò faccia a faccia con Brian, solo... un po' diverso!
Vestiva un rendigote color crema, pantaloni a righe e scarpe da ginnastica, con un cappello panama con fascia rossa a completare il tutto. Nella mano sinistra teneva una palla da cricket, che rigirava tra le dita con sorprendente abilità.
Megan sentì avvampare le guance, mentre una morsa la afferrava allo stomaco. Quello era il costume del Quinto Dottore!!!!
Quello di Peter Davison!!
 
"Mi sta male?" chiese lui urlando per farsi sentire.
Megan balbettò qualcosa, ma poi scosse semplicemente la testa.
Lui la fissò e le sorrise. Mise in tasca la palla da cricket e dall'altra estrasse qualcosa. Megan era nel pallone, quasi catatonica mentre lui le scostava i capelli dalle orecchie e vi inseriva dentro qualcosa. Erano dei tappi, ma i suoi polpastrelli un po' ruvidi sfiorarono i bordi dei padiglioni auricolari. I loro volti erano così improvvisamente vicini. Nessun ragazzo si era mai avvicinato tanto a lei. Se prima in jeep lui le era sembrato il solito coglione fissato con lo sport e pieno di sé, ora era diventato sorprendentemente interessante.
E bello...
 
"Mi senti meglio ora?" disse lui, sempre più vicino di quanto normalmente Megan si sarebbe sentita a suo agio. Eppure non la disturbava. I tappi ebbero il magico potere di attutire ogni rumore ambientale tranne le loro voci.
"Si ti sento!" disse lei.
"Bene! Non ho capito se ti piace il mio costume!"
"Si è perfetto! Ma come..."
"Steph... e Rachel!" rispose lui anticipando la domanda.
"Ma sei un fan del Doctor Who?"
"Più o meno!" rispose lui "Mi spiace solo che Rachel abbia fatto tutti questi sotterfugi... se ci fossimo messi d'accordo tu avresti potuto vestirti da Nyssa!"
Megan era incredula, per tanti motivi diversi.
Quindi Rachel aveva organizzato una specie di serata a quattro senza dirle niente?
Voleva accoppiarla con un tizio a caso?
Però in effetti questo tizio a caso era praticamente un dio greco vestito da Quinto Dottore e aveva appena pronunciato il nome di Nyssa, una dei vari assistenti del Dottore e casualmente una di quelle che le somigliava di più e di cui aveva sempre apprezzato il look aristocratico ottocentesco...
Megan sentiva accavallarsi troppi sospetti nella sua mente, ma furono tutti spazzati via nel momento in cui lui le prese la mano sinistra nella sua destra e le chiese: "Balliamo?"
 
Da quel momento fu un susseguirsi di gioia spontanea. Ballò con Brian, incappò in Rachel e Joel, per un momento si trovò a ballare con Joel, poi con Rachel, infine ancora con Brian. Tutto accadeva, quel poco alcol che aveva bevuto era stato sufficiente a disinibirla e portarla sulla giusta lunghezza d'onda.
Senza che se ne rendesse conto, si trovò a ballare abbracciata a Brian, sentendo il suo alito sul viso non proprio piacevole, ma caldo e in qualche strano modo invitante.
Si baciarono.
Fu strano, ma bellissimo.
Stava baciando il Quinto Dottore e da fuori doveva sembrare una scena fantastica. Forse più fantastica, perché in quel momento il Quinto Dottore stava baciando l'Undicesimo! Sembrava l'inizio di uno yaoi...
 
Alla fine della serata fu lui a riportarla a casa, da vero gentiluomo. Rachel e Joel erano spariti a metà serata e Steph probabilmente era fuggita o si era isolata. Ma per una volta Megan non aveva sentito la mancanza di nessuno. Trascinata dagli eventi, si sentiva incredibilmente felice. Stordita ma felice.
Brian le regalò un ultimo bacio sulle labbra prima di farla scendere dalla Jeep, che evidentemente era sua... o aveva rubato a Joel!
Quella notte Megan fece sogni colorati di rosa...
Peccato che il giorno dopo fu un incubo.
 
Iniziò quasi normalmente, Megan si preparò e andò a scuola prendendo l'autobus alla solita fermata. Capì che qualcosa non andava appena entrata in Caffetteria, quando tutti iniziarono a fissarla e sghignazzare. Non sapendo come reagire, fece finta di nulla e andò a prendersi il solito caffé. Vide Brian ad una decina di metri, seduto al tavolo con i suoi amici. Anche lui la notò. Megan gli fece un timido cenno di saluto e un sorriso festoso. Brian distolse lo sguardo come niente fosse.
Tum...
Il cuore di Megan saltò un battito.
Fece un passo in avanti per andare da lui e chiedere spiegazioni, poi ci ripensò e andò a sedersi al suo solito posto, al solito tavolo, dove rimase sola.
Quando Steph varcò la soglia della caffetteria e si diresse verso di lei, Megan esultò interiormente. Finalmente una faccia amica!
Eppure anche sul volto di Steph c'era una specie di ombra.
Si salutarono e la prima cosa che Megan sentì il bisogno di dire fu:
"Ma che hanno tutti?"
Steph sospirò: "Non lo sai?"
Megan scrollò le spalle, sempre più inquieta.
Steph allora prese il cellulare e le mostrò alcune foto. Erano lei e Brian vestiti da Doctor Who che si baciavano sulla pista da ballo. Poi che bevevano dalla stessa bottiglia di birra, e poi lui le offriva una sigaretta. Qualcuno aveva fatto un servizio fotografico della sua serata di Halloween.
"Come mai hai queste foto?" chiese Megan.
"Non solo io. Tutta la scuola... Marisa le ha condivise con tutti."
Megan si sentiva strana, la testa leggera e confusa.
Troppe emozioni e pensieri disorganizzati. Si sentiva violata da quello spiattellamento della sua vita privata davanti a tutti, ma in effetti non era così. Chiunque fosse stato presente alla festa avrebbe potuto assistere a quelle scene. Perché allora la cosa sembrava sempre più sbagliata di minuto in minuto?
Lo capì meglio quando vide i commenti sotto le foto pubblicate su Facebook.
  • Brian Gay
  • Ma quella è Megan Weaver? Sta meglio da uomo che da donna!
  • Ha cambiato sesso?
  • Mi sa che qualcuno non ha capito lo spirito di Halloween
  • Shemale Weaver
  • Non capite che era uno scherzo? Coglioni
 
E così via. Dozzine di commenti di persone praticamente ignote che giudicavano, prendevano in giro, sputavano sulla sua serata. Megan comprese il significato della parola "shitstorm".
 
Più tardi, quello stesso giorno, Megan tentò più volte di avvicinare Brian per chiedergli spiegazioni. Sapeva che li avrebbero fotografati e condivisi? Era stato tutto uno scherzo per lei? Ma soprattutto... Rachel lo sapeva?
L'aveva organizzato lei?
Durante l'intervallo riuscì finalmente a fermarlo in corridoio. Di nuovo, sotto gli occhi di tutti. Brian era tornato nel suo personaggio consueto, lo stesso che gli aveva visto interpretare appena salita sulla jeep.
"Perché mi eviti?" chiese Megan
"Perché mi cerchi?" chiese lui.
Megan sentì la rabbia avvamparle nello stomaco: "Beh... per quelle foto! Non capisco, pensavo che avessimo passato una bella serata. Ci siamo baciati."
Brian sbuffò, guardandosi intorno preoccupato mentre alcuni studenti li fissavano, palesemente origliando. Tra loro anche Marisa e Sarah.
"Non hai capito che ti ho presa per il culo?" disse lui a voce sufficientemente alta perché tutti lo sentissero "E' stato uno scherzo, un gioco. Una cosa di una sera che non si ripeterà, mi sta creando fin troppi problemi. Ora ho da fare..." e prima che Megan potesse replicare, lui se ne andò ad ampie falcate, lasciandola sola nel brusio degli spettatori.
 
"Sembra che qualcuna sia stata scaricata... o scaricato... come preferisci che ti chiamiamo Meg?" la voce di Marisa raggiunse le orecchie di Megan come un coltello.
"Perché l'hai fatto?"
"Mi esercitavo col reportage"
Megan non seppe cosa replicare. Sentiva qualcosa gonfiarsi dentro di lei, qualcosa che minacciava di farla implodere. Semplicemente fuggì, ignorando qualsiasi cosa Marisa avesse aggiunto. Sicuramente una cattiveria.
 
Quel giorno lei e Rachel non avevano corsi insieme e per qualche motivo non si incrociarono. Megan non riuscì a concentrarsi durante le lezioni, ancora non riusciva a comprendere bene cosa fosse successo. Scrisse un messaggio:
 
Megan
  • Hey Rachel. Hai visto le foto? Non capisco cosa sta succedendo. Brian ha detto che era tutto uno scherzo... dimmi che non sei stata tu ad organizzarlo.
 
Di lì a poco il telefono vibrò.
 
Rachel
  • Si ho visto e sono incazzata. Non doveva andare così. Brian è uno stronzo e anche Joel.
 
Megan
  • Quindi hai organizzato tutto tu?
 
Questa volta Rachel ci mise un po' a rispondere.
 
Rachel
  • È tutto un fottuto casino...
 
Megan
  • Sei stata tu o no?
 
Rachel
  • Volevo che passassi una bella serata, così ti ho presentato Brian. Volevo che stessi bene e ti divertissi. Marisa ha rovinato tutto come al solito.
 
Megan
  • Il costume e le cose che sapeva sul Doctor Who erano roba tua?
 
Rachel
  • Volevo che ti divertissi.
 
E di colpo, tutto ciò che Megan pensava di Rachel crollò.
Tuttavia il 1 Novembre non aveva finito con le sorprese. Megan fu chiamata nell'ufficio del Preside, il quale le fece diverse domande su quelle foto in cui era ritratta a consumare alcolici, fumare e baciare un ragazzo. Megan rispose con sincerità. Del resto perché mentire al preside? Lei in quella situazione era la vittima di Brian e Marisa. Rachel sembrava solo aver compiuto un errore di valutazione. Peccato che nessuno avesse fotografato lei e Joel...
Il colloquio si concluse con una frase che raggelò Megan:
"Data la situazione è prassi che vengano avvertiti i genitori o i tutori degli studenti in caso di comportamenti scorretti. Anche se si trattava di una festa al di fuori dell'ambito scolastico, lei in quanto minore ha comunque violato la legge sugli alcolici. Non ci saranno altre conseguenze, ma i suoi nonni sono stati avvisati."
 
Al suo ritorno a casa Megan fu accolta da due estranei. Erano sempre nonno Stanley e nonna Grace, almeno fisicamente, eppure le loro espressioni erano contorte dalla rabbia e dalla delusione.
"Che cosa hai combinato?! Ti rendi conto di ciò che hai fatto?! Bere alcolici, fumare, andare coi ragazzi!! Sei come tua madre!"
Spalle al muro, Megan si trovò sua nonna che le sventolava una confezione di carta: "Devi fare un test di gravidanza! Ora!"
"Ma non abbiamo fatto niente..."
"Bugiarda! Sei come tua madre! Hai idea di quanti anni ci sono voluti a ripulire la reputazione dei Weaver da queste parti?! No che non lo sai! Fai il test di gravidanza ORA!"
 
E Megan fece il test di gravidanza. Con la nonna che la fissava per assicurarsi che facesse davvero pipì e non tentasse di falsificarlo con acqua o altro...
Ovviamente fu negativo, ma da quel giorno tutto cambiò.
A scuola iniziarono a chiamarla Shemale, i nonni divennero freddi e silenziosi, limitandosi a interazioni necessarie e formali. Sua nonna era diventata incredibilmente invadente e fissata sul controllo delle sue mestruazioni. Aveva insistito per sapere esattamente i suoi giorni, per controllare se le venivano...
 
Megan incrociava Rachel a scuola nei corridoi o durante i corsi, ma per qualche motivo non riuscivano più a incontrarsi né prima né dopo la scuola. Rachel era sempre impegnata. Certo, rispondeva ai messaggi... avevano parlato al telefono. Megan si era sfogata e Rachel le aveva assicurato che avrebbe parlato con Brian e l'avrebbe costretto a scusarsi. Se l'aveva fatto, non aveva funzionato.
 

Col passare dei giorni l'episodio di Halloween sparì dalle "prime pagine" dei microcefali della Blackwell, ma le conseguenze rimasero. E, novità del momento, Rachel quel giorno di novembre inoltrato non rispondeva ai suoi messaggi. Aveva bisogno dell'amica che era sempre stata da quando la conosceva. Aveva bisogno che fosse presente... eppure a pensarci bene era tutto scaturito da lei. Se Rachel non avesse voluto presentarle Brian, se avessero semplicemente fatto ciò che si erano dette, cioè andare loro due alla festa e divertirsi tra ragazze. Niente sarebbe successo. Lo sgradevole pensiero che tutti i suoi guai fossero colpa di Rachel strisciava nella sua mente, costringendola a ricacciarlo.
Non era sua intenzione farle del male.
Era solo stato un terribile sbaglio.
Un terribile sbaglio...
 
Megan tentò una mossa disperata.
Digitò il numero e chiamò Rachel.
Suonò libero.
Tuuuuuuuu
Tuuuuuuuu
Tuuuuuuuu
Tuuuuuuuu
A vuoto...
Ciao! Questa è la segreteria di Rachel Amber! Se hai qualcosa di importante da dire dilla dopo il beep!
BEEEEEEP
 
Megan rimase lì, in silenzio.
"Se avete qualcosa di importante da dire"
Importante per chi? Si chiese Megan.
 
Alla fine non disse nulla e appese. Prese lo zaino, abbandonò il caffè finito sul tavolo (cosa che mai avrebbe fatto, ordinata com'era sempre stata) e si diresse verso l'aula di scienze. Era in larghissimo anticipo per la lezione, ma non aveva assolutamente niente da fare e nessuno da incontrare. Fece quello che avrebbe fatto se fosse stata sola al mondo. Si sedette nel suo angolino in classe e si immerse nella lettura di Orgoglio e Pregiudizio.

-
 
"Quindi lo Stronzo si è arreso?? Non ti farà più altri test??" chiese Rachel dopo aver controllato il cellulare che vibrava. Era Megan, come per tutti i messaggi precedenti, ma non poteva risponderle in quel momento. Mise il cellulare in tasca e lasciò che partisse la segreteria. Ci avrebbe pensato dopo.
"Così pare... deve avergli parlato Joyce... anche lei sembra meno fredda da quando si sono fidanzati." commentò Chloe parlando con la bocca piena di uova e bacon. Apprezzò parecchio il fatto che da diversi minuti Rachel stava ricevendo messaggi da qualcuno di insistente e non stesse rispondendo. Si sentiva ascoltata.
Novembre si inoltrava verso temperature sempre più invernali. Aveva anche nevicato un po’ durante la seconda settimana, ma non abbastanza perché attecchisse. Rachel odiava il freddo, odiava doversi vestire a strati, ma assistere alla neve che scivolava soffice sulla spiaggia e l'oceano era sempre poetico.
Per Chloe invece era indifferente. Era abituata a quello spettacolo da sempre e come spesso accade, la consuetudine è nemica della meraviglia. Un tempo aveva amato i piccoli piaceri offerti da Arcadia Bay, ora nulla sembrava più incantarla.
Eccetto Rachel.
Sedute l'una di fronte all'altra ai loro posti mattutini al Two Whales, a metà strada fra la porta d'ingresso e l'area jukebox, gustavano una sana colazione a base di uova, bacon, caffè e succo d'arancia. Si sarebbero concesse anche una fetta di cheesecake o qualche altra porcata. Era un giorno speciale.
Chloe era risultata negativa al test del capello!
 
"Forse ha qualcosa a che fare con la tua sbronza epica?" insinuò Rachel con un sogghigno.
"Può darsi... Alcol: causa e soluzione di ogni problema!" annunciò Chloe prima di buttar giù un lungo sorso di caffè.
Rachel ridacchiò "Era un meme questo?"
"Può darsi..." replicò Chloe, non completamente sicura se dietro la domanda di Rachel ci fosse divertimento o biasimo.
Rachel sembrò capirlo: "Mi piacciono i meme!" le sorrise rassicurante e Chloe glielo restituì. Si sentiva quasi strana a sorridere... Quando era in presenza di Rachel si scopriva a farlo in continuazione.
"Sono contenta che tu sia libera! Mi spiace solo che ad Halloween fossi in punizione e non sei potuta venire al ballo di Blackhellaween!" commentò Rachel.
"Non ci sarei venuta comunque..."
"Ti avrei convinta!"
"Naaah... troppe persone tutte in una volta."
"Penso solo che sarebbe stato divertente appartarsi in un angolo e commentare i costumi delle persone. Marisa era vestita da Trilly..."
Il bacon imboccò la strada sbagliata e Chloe cominciò a tossire. Appena riuscì a mandarlo giù con un sorso di caffè, offrì a Rachel un'espressione stupita e ghignante: "Cosa???"
"Eh si... Trilly... parrucca bionda coi capelli corti, corsetto verde, tutù cortissimo, ali glitterate e pure la bacchetta. Si è impegnata! Penso che tutti i ragazzi abbiano dato almeno uno sguardo al suo culo!"
"Pff... e le due scagnozze?" chiese Chloe fra le risate.
"LA scagnozza. Kelly è uscita dalla sua cerchia, è rimasta solo Sarah..."
Ecco come si chiamavano!! pensò Chloe. Ovviamente Rachel le conosceva. Rachel sembrava conoscere tutti.
"E tu da cosa ti sei vestita?"
"Da Rose Tyler, l’assistente del Doctor Who. Joel non era molto contento, ma mi sono rotta le palle di vestirmi da vampira..." spiegò Rachel.
"Chi è Joel?" chiese Chloe, ignorando la faccenda di Rose Tyler e tutto ciò che poteva significare.
Rachel ha un lato nerd, appunto preso.
Rachel sbuffò e distolse lo sguardo pensierosa.
"Scusa non sono affari miei..." i meccanismi difensivi di Chloe scattarono in automatico.
"No, non è quello... è che... uffh... non so bene come definirlo!" disse Rachel.
"Amico? Fidanzato?" propose Chloe. Perché le interessava poi? Si sentiva strana a chiedere, ma le parole uscivano da sole.
"Né l'uno né l'altro..." sogghignò Rachel un po' imbarazzata "Diciamo che mi serviva un individuo di sesso maschile per il ballo di Halloween! È carino, bacia bene... è anche abbastanza affidabile perché mi ha coperto un paio di volte quando non volevo che i miei sapessero dove andavo." fece spallucce.
"Toyboy??" offrì Chloe divertita e intrigata, soprattutto dalla parte in cui Rachel nascondeva qualcosa ai suoi genitori.
"Ecco! Toyboy! Lo descrive bene?"
"Ci hai scopato?" chiese candidamente Chloe.
Rachel scoppiò a ridere. Una risata prolungata che dopo un po' trascinò anche Chloe in una risatina solidale.
"No..." riuscì a dire Rachel tentando di ricomporsi "Non ancora almeno."
“È interessante scoprire questo lato di Rachel Amber!" commentò Chloe, protendendosi in avanti sul tavolo con il mento incastrato fra i palmi delle mani.
"Il lato zoccola?" offrì lei ridacchiando.
"Non zoccola... direi più sciupauomini!" precisò Chloe.
Rachel sorrise: "Mi piace! E tu invece? Ti vedi con qualcuno?"
Chloe praticamente rimbalzò indietro, appoggiandosi allo schienale e incrociando le braccia. Rachel lo notò: "Non sei obbligata a dirmelo se non ti va..." precisò con gentilezza.
Chloe guardò fuori dalla finestra cercando le parole da qualche parte nel grigio paesaggio esterno: "No, al momento non esco con nessuno... avevo un ragazzo l'anno scorso ma..." scrollò le spalle "Non ha funzionato!"
"Lo conosco?" chiese Rachel.
"Probabilmente sì. Tu conosci tutti!" scherzò Chloe, raccogliendo il divertimento di Rachel "Eliot Hampden."
Rachel si massaggiò il mento: "Si ho presente chi è. Non ci siamo mai parlati, ma condividiamo alcune classi. Ecco perché quel giorno che ci siamo scambiate i bigliettini era così interessato!"
"Pffh... si beh... è finita da mesi, ma forse non l'ha ancora capito. Continua a provarci, mi scrive tutti i giorni, mi chiama, mi invita a concerti o a studiare insieme... a volte non so come dirgli di no senza ferirlo, quindi non dico niente!" Chloe si rilassò e riprese a mangiare, alternando un boccone ad una parte del racconto.
"Come mai non ha funzionato?" adesso era Rachel ad essere appoggiata al tavolo.
"Ufffh... non lo so... è che non me ne fregava un cazzo!" sputò Chloe, scatenando di nuovo le risate di Rachel.
"Ti adoro quando fai così!"
"Così come?"
e… ‘ti adoro’??
"Dici quello che pensi esattamente come lo pensi. È una cosa così rara... così..."
"Da stronzi?"
"Direi ‘speciale’! Sei la persona più schietta che conosco!" il volto di Rachel era il ritratto della gentilezza e Chloe ne era sopraffatta. Era capace di disinnescare tutti i suoi tentativi di gettarsi merda addosso e lo faceva con grazia disarmante. Chloe sentiva il cuore scaldarsi ad ogni minuto trascorso in compagnia di Rachel.
Distolse lo sguardo, prese un sorso di caffè e proseguì: "Comunque... per un po' di tempo è stato l'unico con cui potessi parlare. Sembrava così ansioso di aiutarmi a superare i miei problemi, così felice di farlo... ma in realtà non mi è mai interessato granché" spiegò Chloe "è un bravo ragazzo, ci conosciamo da quando eravamo piccoli... ma penso di essermi fatta scopare solo per... gratitudine? Ricompensa? Non lo so... è triste..."
"Non penso che sia triste. Penso sia quel genere di cazzate che si fanno da adolescenti e da cui si spera di imparare qualche lezione." commentò Rachel.
"Come con Joel?" chiese Chloe che intanto stava ripulendo il piatto e si preparava ad aggredire la spremuta.
"Naah... ma l'anno scorso ho avuto una storia quasi seria con un ragazzo. Armond Fisher, hai presente?"
"Chi??"
Rachel sorrise: "Uno della squadra di nuoto, due anni in più di me.”
“Aspetta… ti sei fatta una Lontra??” chiese Chloe incredula.
“Un gran bel pezzo di Lontra in effetti!” rivendicò Rachel inarcando un sopracciglio divertita.
“E’ un vero peccato… se fosse stato un Bigfoot avrei avuto un sacco di battute… così invece…” piagnucolò Chloe.
“C’è sempre tempo!” ammiccò Rachel “All'inizio mi piaceva davvero” riprese “era così gentile, bello, cavalleresco... poi ci siamo baciati e la magia è finita. Ho pensato che forse stessi sbagliando qualcosa, era il mio primo vero ragazzo dopotutto. Così sono andata alle feste con lui, siamo usciti a cena, abbiamo fatto i fidanzati ai concerti, abbiamo fatto sesso... per un po’ è stato divertente… ma non c'era niente. Era tutto così… superficiale. Ovviamente a mio padre lui piaceva tantissimo ed era contento che mi stessi 'inserendo'..."
"Forse era più Armond che si 'inseriva' in qualcosa..." commentò Chloe. Rachel fu colta alla sprovvista da quell'improvvisa affermazione, esitò alcuni secondi prima di scoppiare in un’altra canticchiante risata e rifilare un destro sulla spalla di Chloe.
"Ahia!!" si lamentò lei.
"Scema!" disse ancora sghignazzando Rachel.
"Me l'hai offerta su un piatto di platino Cappuccetto Rosso!" si difese Chloe, massaggiandosi la spalla.
"Comunque... alla fine mi sono stufata e l'ho mollato." concluse facendo spallucce.
"I ragazzi sono un problema..." commentò Chloe.
"Non lo so. Ho fatto solo un tentativo!"
Chloe fece spallucce e lasciò cadere l'argomento. Per alcuni istanti fra loro calò un silenzio confortevole. Rachel ne approfittò per finire il suo caffè, ormai tiepido.
Era bello parlare con Chloe. Più la frequentava, più capiva che con lei poteva esprimersi più liberamente che con chiunque altro. Chloe non aveva filtri e questo atteggiamento era contagioso. Non le era sfuggito che anche Chloe era diversa quando stava con lei. Era come se indossasse finalmente la sua faccia felice, una che non le aveva mai visto prima di cominciare a frequentarla. E questo rendeva felice anche Rachel. Se solo le avesse parlato prima...
"Cheesecake??"
"Eh??" Rachel si scosse.
"Non so tu, ma io devo festeggiare la possibilità di ricominciare a drogarmi!" spiegò Chloe.
"Ah! Certo! Ma dovrai condividere la prossima volta!"
"Fumi erba??" chiese Chloe stupita, anche se ormai stava imparando che tutto quello che pensava di sapere su Rachel era sbagliato!
"Certo! Mi hai preso per Miss Perfettina??"
Chloe scoppiò a ridere: "No no... ho capito che quella persona non esiste realmente!"
Da qualche parte nel suo petto, Rachel sentì una puntura di spillo. Quell'affermazione di Chloe punse qualcosa dentro di lei, fastidiosamente. Non seppe dire cosa fosse o perché, ma come ogni puntura fece male. Rachel ammiccò e Chloe non si accorse di nulla.
Attirarono l'attenzione di Hannah, una delle colleghe di Joyce, cui ordinarono una fetta di cheesecake e un secondo giro di caffè.
Intanto, la canzone del jukebox cambiò automaticamente ed un mix di flauto e armonica dal sapore country risuonò con ostentata allegria nel diner, facendo da introduzione alle prime strofe di una canzone che Chloe aveva già sentito, suo malgrado...
 
When the train rolls by
I'm gonna be ready this time
When the boy gets that look in his eye
I'm gonna be ready this time
When my momma says I look good in white
I'm gonna be ready this time
 
"No... no no... anche qui no..." Chloe schiantò la testa sul tavolo e si abbassò disperatamente il berretto sulle orecchie.
Rachel sollevò un sopracciglio perplesso: "Che succede?"
"Niente... solo musica di merda..."
"Hey!! Ritiralo subito!" disse Rachel minacciosa.
Chloe alzò lo sguardo incredulo, incrociando un paio di occhi nocciola: "Ehm... sei seria?? Ti piace la musica country??"
"In realtà si! Parecchio! Adoro le Dixie Chicks!"
Chloe si coprì anche la faccia con il berretto, stirando fino alla massima estensione le fibre di lana: "Lo sapevo! Non potevi essere perfetta... dovevi avere qualcosa di sbagliato. Ed eccolo!!"
Rachel sghignazzò e cominciò a canticchiare in sincrono con la musica:
"Oh yeah
Ready, ready, ready, ready...ready to run
All I'm ready to do is have some fun
What's all this talk about looooove!"
 
"Oh mio Dio no!!!!!" si lamentò Chloe mentre Rachel rideva "Ritiro tutto quello che ho detto di buono sui tuoi gusti musicali!"
"Sono una persona eclettica Chloe!" si difese Rachel.
"Come cazzo fai a passare dai Firewalk a... QUESTO?"
"Dipende molto dai momenti... ma la vera domanda è come fa a non piacerti la musica country??"
"Non è che non mi piace in assoluto, ma prima di tutto le Dixie Chicks piacciono a David e questo le rende il male assoluto! E poi... in realtà una volta mi piaceva la country, ma poi... sono cambiate delle cose..."
Rachel vide un'ombra calare sul viso di Chloe, le sue spalle si contrassero e si tirò indietro. Aveva evocato qualcosa di spiacevole senza volerlo. Forse in un altro momento avrebbe spinto Chloe a parlargliene, ma non adesso. Né lei e sicuramente neanche Chloe volevano rovinare quella felice mattinata con brutti ricordi...
"Facciamo un gioco!" propose.
"Eh? Un gioco?" l'attenzione di Chloe fu catturata.
"Quella sfida sulla nostra cultura musicale... facciamola adesso!"
Chloe sogghignò: "Ma non c'è Justin ad assistere, nessuno potrà raccontare che ti ho stracciata!"
Rachel sorrise. Che Chloe avesse preso la sua esca consapevolmente oppure no, fu felice che la seguisse: "Se per qualche assurda, misteriosa ragione dovessi perdere, ammetterò la sconfitta. Ma ti chiederò la rivincita!"
"Giura!"
"Giuro sul Necronomicon!" disse Rachel in tono solenne, mano destra sul cuore e sinistra alzata.
"Wow! Prima ti vesti da Rose Tyler e ora citi Lovecraft... sei anche nerd!" sghignazzò Chloe.
"E' così tenero che tu continui a stupirti di quanto sono fantastica! E presto assaporerai la sconfitta!"
 
"Ecco qui la vostra torta e il vostro caffè!" Hannah arrivò finalmente con l'ordinazione. Entrambe ringraziarono e attaccarono all'unisono il cibo.
"Bene... quindi... le regole..." disse Rachel tentando di parlare e masticare contemporaneamente in modo semi-educato.
"Come vogliamo fare?" chiese Chloe, anche lei a bocca piena.
"Una dice il titolo di una canzone e l'altra deve dire il gruppo e cantare il ritornello! La prima che sbaglia perde!" spiegò professionalmente Rachel, prendendo poi un sorso di caffè. Quella torta era buona, ma scendeva con lentezza esasperante nell'esofago!
"Però io non so cantare..." disse Chloe.
"Fa niente, basta che lo dici o che almeno mi fai un minimo di melodia. Tanto sono stonata anch'io!" incoraggiò Rachel.
"Va bene! Chi inizia??"
"Ovviamente io!" Rachel si impettì. Gli occhi di Chloe furono magneticamente attratti dai piccoli seni in crescita di Rachel, che gonfiavano dolcemente la maglietta nera che indossava sotto la flanella rossa. Sbatté ripetutamente le palpebre cercando di dissimulare quella sbirciatina...
Chloe allargò le braccia e si appoggiò allo schienale, invitando Rachel a sparare le sue cartucce. Lei si massaggiò il mento e spostò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, giocherellando un po' con una delle due piume blu prima di parlare: "Cigarettes And Valentines!"
Chloe le lanciò uno sguardo stupito: "Così è troppo facile! Green Day..." poi bevve un sorso di caffè.
"Non mi canti il ritornello?" Rachel si imbronciò incrociando le braccia.
"Uff... ok...
I-I don't wanna go back home
I don't wanna kiss goodnight
Let us paralyze this moment
'til it dies
 
To the end of the earth
Under the valley of the stars
There's a car crashing
Deep inside my heart
 
Take a ride to the avenues
Across the Great Divide
There's a siren screaming
"I'm alive", it cries"
 
"Wow! Anche le prime due strofe!" si complimentò Rachel.
"Che dire... sono ispiranti!" si vantò Chloe "Ora tocca a me..."
Rachel ricominciò a mangiare la cheesecake in attesa, mentre Chloe scandagliava la sua mente in cerca della canzone giusta. Come approcciarla? Partire subito a razzo con una canzone difficile o mantenere il livello leggero per riscaldarsi un po'?
"Come Out And Play!"
"Pffh... scelta interessante!" disse Rachel soffiando una risatina.
"La conosci vero?" chiese Chloe.
"Ovvio! Offspring!..." Rachel si schiarì la voce:
"You gotta keep 'em separated
 
Like the latest fashion
Like a spreading disease
The kids are strappin' on their way to the classroom
Getting weapons with the greatest of ease
 
The gangs stake their own campus locale
And if they catch you slippin' then it's all over pal
If one guy's colors and the other's don't mix
They're gonna bash it up, bash it up, bash it up, bash it up
 
Hey man you talkin' back to me?
Take him out
You gotta keep 'em separated
Hey man you disrespecting me?
Take him out
You gotta keep 'em separated
Hey don't pay no mind
You're under 18 you won't be doing any time
Hey come out and play!"
 
"Anche tu le prime strofe! Uno pari!" si complimentò Chloe, alzando il bicchiere di caffè come per brindare.
"Mi piace la canzone che hai scelto, parla del tuo amore per la Blackwell e i suoi abitanti!" sghignazzò Rachel.
"Cazzo, puoi dirlo!" rise Chloe.
"Tocca a me!" Rachel depositò la forchetta, massaggiandosi poi il mento mentre pensava.
"A questo gioco manca qualcosa comunque..." disse Chloe seria. Rachel inarcò un sopracciglio:
"Cosa??"
"L'alcol!"
Scoppiarono entrambe a ridere.
"Dai si presta perfettamente! Solo che se sbagli, invece di perdere devi bere e si va avanti a oltranza!" continuò Chloe.
"La prossima volta lo giocheremo così!" ammiccò Rachel "Comunque... Doll..."
Chloe accusò il colpo per un attimo: "Hah!" esclamò battendo un palmo sul tavolo, facendo voltare alcuni camionisti seduti al bancone. Rachel sogghignò compiaciuta:
"Eh già..."
"E' molto ambigua questa... ci sono dozzine di 'Doll'..."
"Ma solo una è DOLL..." ghignò Rachel, sentendosi ebbra di potere nel mettere in difficoltà Chloe, che bevve un sorso di caffè, imprecando sommessamente per il fatto che stesse già per finire.
"Allora? Ti arrendi già?" chiese Rachel.
"Foo Fighters!" esclamò Chloe in un lampo di intuizione.
"Giusto, ma devi anche cantarla..." sfidò Rachel.
"Merda... come cazzo faceva???" Chloe iniziò a spremersi le tempie, come se potesse far uscire le parole.
"Ti arrendi??" incalzò Rachel.
"Y-you know in all... of the time that we've shared
...I've never been so scared...
poi... com'era... com'era...
Doll me up in my bad luck
I'll meet you there...
e poi non me la ricordo cazzo!"
Rachel applaudì: "Complimenti! Molti non sanno nemmeno dell'esistenza di questa canzone!"
"Cazzo, certo! È del '94! Ha la mia stessa età!"
"E adoro il fatto che tu la conosca!"
"Bene... hai voluto andare sul pesante? Ora mi vendicherò sappilo!" minacciò Chloe con un ghigno.
"Sono più che pronta!" la sfidò Rachel.
Chloe rifletté alcuni momenti, aprì tutti gli archivi della sua mente alla ricerca di una canzone sufficientemente ignota da consentirle la vittoria.
"Romeo and Rebecca!"
Rachel si bloccò. Avvolse la mano destra sulla sua guancia in una posa riflessiva, mentre con gli occhi esaminava il vuoto alla sua sinistra. Prese nervosamente un sorso di caffè: "Cazzo... la so..."
"Non si direbbe!" la schernì Chloe.
"Zitta tu!" sghignazzò Rachel "Mi deconcentri!"
"Scusi Regina del Rock... prego!" Chloe si appoggiò allo schienale e la guardò contorcersi nel tentativo di recuperare antichi file sepolti nella sua mente. Apparentemente senza successo.
"I-I don't want to live alone
I don't want to live in
My broken dreams of you...
Ehm...
I don't want to live along with
My broken dreams of you
I don't want to live along with
My broken dreams of you..."
Rachel canticchiò timidamente e Chloe annuì: "Molto bene, queste sono le strofe finali, ma di chi è?"
Rachel ringhiò di frustrazione mentre si massaggiava il centro della fronte come se volesse aprirsi fisicamente il famoso terzo occhio.
"System of a Down?" disse timidamente Rachel.
"No! Haaa!! Ho vinto!" esultò Chloe "Erano i Blink 182!!"
"Cazzooooo!!!" Rachel accasciandosi sul tavolo e battendo ripetutamente il pugno su di esso facendo tintinnare piatti e bicchieri, mentre Chloe gongolava!
Hannah si avvicinò a loro pregandole di abbassare il tono ed entrambe si zittirono subito tentando di ricomporsi. Nel silenzio, mentre Hannah si allontanava, si fissarono negli occhi. Uno sguardo complice, come quelli che Chloe ricordava di essersi scambiata con Max e come Rachel invece... non aveva mai scambiato con nessuno. L'ambra si perse nel blu e viceversa.
E poi liberarono una risata grugnante come due cretine.
Soffocarono l’ilarità nel vano tentativo di mantenere la compostezza. Chloe fu la prima a recuperare un po' di serietà, ansimando con delle lacrime agli angoli degli occhi.
"Comunque ho vinto!"
"Ammetto la sconfitta... anche se in effetti ricordavo il testo, ma non il gruppo... in un certo senso non ho proprio sbagliato!" precisò Rachel.
"Diciamo che la tua risposta vale mezzo punto... ho vinto Due a Uno e mezzo!" insistette Chloe, tutta esaltata.
"Ok ok... fortuna che non ho scommesso niente!" disse Rachel allargando le braccia in segno di pace.
"A parte la tua reputazione! Irrimediabilmente persa!"
"Eh no Rockstar! Avevo detto che avrei ammesso la sconfitta, ma che avrei anche preteso una rivincita!" precisò Rachel puntando l'indice minaccioso.
“È vero l'hai detto... e l'avrai. Purché ci sia anche dell'alcol!"
"Sono d'accordo. Alla fine speriamo di ricordarci chi vincerà..."
Scoppiarono a ridere.
 
-
 
Il giorno dei provini, infine, arrivò.
Rachel, Kelly e talvolta anche Nathan avevano lavorato moltissimo insieme per questo momento. Si sentiva quasi come l'anno prima, quando aveva dovuto preparare il suo monologo per l'esame finale, solo che la paura aveva perso terreno sull'euforia. Rachel non vedeva l'ora di sfoggiare la sua Miranda al professor Keaton e al resto della classe. In parte, questo desiderio era accresciuto dal fatto che anche Marisa era candidata per lo stesso ruolo. Un confronto diretto con lei, con giudizio da parte di Keaton, era qualcosa che una parte di lei aspettava da tempo. L'opportunità di mettere Marisa al suo posto senza usarle violenza!
Certe volte pensava a quanto per Chloe queste cose fossero più facili. Se qualcuno le stava sulle ovaie, non aveva problemi a dirglielo nel modo più colorito che conosceva. Rachel non ci riusciva. Non ancora. C'era quella cosa chiamata "immagine" che doveva per forza mantenere. Non sapeva nemmeno lei perché fosse importante. O forse non importava nulla a lei, ma a qualcun'altro. Tipo suo padre.
Giunta in classe, Rachel si rese conto che il numero di studenti era particolarmente ridotto. Notò immediatamente e con curiosità l'assenza di Steph, Gina e Jason. Rachel si avvicinò a Kelly e, quando Nathan giunse in classe, gli fece cenno di unirsi a loro. Il trio si appostò nei pressi di una delle ampie finestre, in attesa di Keaton.
Marisa sorprendentemente non si avvicinò nemmeno. Rimase con Sarah e si limitò a lanciare loro uno sguardo laser. Rachel poteva vedere quanto Kelly soffrisse per il litigio con Marisa e una parte di lei avrebbe voluto aiutarle a riappacificarsi. Una piccolissima parte, sepolta sotto un grande "chissene frega". In effetti, pensava che allontanarsi da Marisa fosse soltanto un bene per Kelly, come per chiunque altro.
Infine, Keaton entrò in classe fischiettando come suo solito. Dopo aver sbrigato l'appello spiegò che gli studenti assenti erano coloro che avevano scelto il percorso scenografico, quindi invece di rimanere in aula con loro a fissarli mentre facevano i provini avevano una speciale lezione con il professor Cole, con cui avrebbero elaborato progetti per La Tempesta.
"Per voi invece..." continuò Keaton "...è il momento di mostrare cosa sapete fare. Come vi ho detto i provini saranno improvvisati, spero che abbiate studiato bene i vostri personaggi e non abbiate imparato a memoria una parte. Perché non vi servirà! Oggi uscirete tutti da qui con un ruolo assegnato e non sarà necessariamente quello per cui vi siete preparati."
Keaton fece una pausa d'effetto mentre passeggiava nell'area palco come sempre: "Chi vuole fare una scommessa?" chiese Keaton.
Si fermò in silenzio e gli studenti, dopo un po', cominciarono a fissarsi tra loro confusi. Rachel sghignazzò tra sé. Era sempre bello assistere alle performance di Keaton.
"Su... io ci metto 20 dollari!" incoraggiò Keaton.
Kelly diede una lieve gomitata a Nathan, che sobbalzò: "Dai scommetti!" lo incoraggiò sottovoce.
"Ma non so nemmeno su cosa..." bisbigliò lui.
"Che ti frega, tanto sei ricco!" insistette Kel.
"Non è che cago soldi... me li da mio padre..." replicò un po' piccato Nathan.
 
"Mister Prescott! Vuoi scommettere con me?" si intromise Keaton "Stavate discutendo su quanto puntare?"
Nathan si paralizzò come congelato.
"Ehm... io... no..." balbettò.
"Si che vuole scommettere!" si intromise Rachel, fulminata dallo sguardo di Nathan cui rispose con una linguaccia e un ammiccamento.
"Ovviamente il piccolo Rockfeller..." bofonchiò Marisa alla cui battuta seguì una piccola onda di risate.
"Ottimo! Ho capito bene Miss Rogers? Hai detto che punti 100 dollari??" disse Keaton.
La sua faccia tornò istantaneamente seria.
"Ehm... no..." rispose.
"Oh... peccato. Avrò sentito male!" scherzò Keaton.
"Ok ok... punto 20 dollari anch'io!" disse Nathan rassegnato.
"Molto bene! Allora... quanti siamo... uno, due, tre... cinque ragazzi e sei ragazze! Scommetto i miei 20 dollari che avremo due Prospero e tre Ferdinando tra i ragazzi e sei Miranda fra le ragazze."
Un silenzio imbarazzato e un po' colpevole calò sulla classe.
Nathan sogghignò. Lui sapeva che Kelly aveva preparato Ariel, quindi almeno su quello andava sul sicuro.
"Io invece scommetto che avremo cinque Miranda e una Ariel." disse Nathan.
"Interessante... allora i Ferdinando alzino la mano!"
Nathan e altri due ragazzi alzarono la mano titubanti, fissandosi con imbarazzo.
"Alzino la mano i Prospero!"
Un altro paio di mani maschili si alzarono confermando la previsione di Keaton. Delle risatine risuonarono nell'aula.
"Vediamo le Miranda ora!" esclamò Keaton e tutte le ragazze tranne Kelly alzarono la mano, sghignazzando divertite.
"Oh... Miss Davis! Non porti Miranda?" caricando il suo atteggiamento sorpreso.
"No! Ho preparato Ariel..." disse lei.
"Molto bene! Credo di doverti 20 dollari Mister Prescott, anche se hai fatto un po' di insider trading!" scherzò Keaton.
"Qualche trucco imparato da papà immagino!" replicò Nathan, con una prontezza di spirito che colpì Rachel. L’intera classe rise alla sua battuta e un sorriso compiaciuto apparve sul viso di Nathan.
"Ovviamente..." Keaton tornò al tema principale "Molti di voi oggi non otterranno il ruolo per cui si sono preparati, ma siate certi che troveremo insieme quello più adatto a voi."
Detto questo, Keaton uscì dall'area palco, prese una sedia e come di consueto si posizionò in mezzo agli studenti. Si mise comodo e batté le mani:
"Bene! Da chi cominciamo??"
 
-
 
L'impostazione dei provini era semplice: Keaton interpretava un personaggio e dava degli input improvvisati e gli studenti rispondevano a seconda del loro ruolo. Spiegò che questo era simile al metodo usato nei casting per il cinema, inoltre per lui saper improvvisare era la base del teatro. Chiunque può imparare a memoria delle battute, ma solo un vero attore sa calarsi nel ruolo abbastanza da esprimere naturalmente la personalità del suo personaggio. Fu questo il motivo per cui ai primi Ferdinando e Miranda furono fatti sperimentare anche altri ruoli. Keaton si dedicava a ciascuno studente, incalzando finché non riusciva a far emergere il ruolo giusto. Sarah presentò la sua Miranda, ma Keaton la fermò quasi subito, facendole provare lo spiritello Ariel. Nella commedia originale Ariel era un maschio, ma in quanto essere fatato si prestava ad essere interpretato anche da una ragazza.
Arrivò quindi il turno di Kelly, un po' intimidita dal fatto che la sua amica Sarah fosse presa in considerazione per il suo stesso ruolo.
Rachel le rivolse un silenzioso incoraggiamento, cui Kel rispose con un sorriso prima di sospirare profondamente e recarsi nell'area palco.
"Non temere Miss Davis, non stai andando al patibolo. È solo un provino!" scherzò Keaton. Kelly ridacchiò, scaricando un po' di tensione. Solo un po’. Sentiva gli occhi di Marisa su di lei, accusatori e risentiti. Evitò il suo sguardo.
"Visto che ti sei preparata specificamente su Ariel, dicci chi è il personaggio che interpreti."
Kelly prese un profondo respiro e cominciò: "Ariel è il capo degli spiriti dell'isola su cui vivono Prospero e sua figlia Miranda. Prima del loro arrivo l'isola era abitata dalla strega Sicorace, che teneva Ariel e gli altri spiriti soggiogati. Poi la strega fu sconfitta da Prospero, che liberò Ariel e tutti gli spiriti, che per gratitudine decisero di servirlo."
"Molto bene! Come mai hai scelto di preparare Ariel?" chiese Keaton.
Kelly sorrise: "Ho sempre amato Sogno di Una Notte di Mezz'Estate, Puk è uno dei miei personaggi preferiti e Ariel in questa commedia è quello che gli somiglia di più."
"Buona risposta. Ottimo anche che tu abbia trovato un parallelo tra questi due personaggi che, effettivamente, hanno dei punti in comune. Cominciamo allora... io sono Prospero..." Keaton si schiarì la voce "Ariel! Rispondi ai miei comandi!" la voce del professore divenne improvvisamente più profonda e vibrante, di puro diaframma. Kel si voltò e non rispose.
"Ariel? Perché non rispondi spirito?" insistette Keaton.
Kel emise una risatina e Keaton sogghignò.
"Ordunque Ariel! Hai o non hai giurato di servirmi? Dove ti sei cacciata?!" Keaton recitò un Prospero prossimo all'ira, fu allora che Kelly si voltò di scatto e con un piccolo balzo si 'manifestò': "Eccomi padrone! Non siate così scontroso! Uno spirito ha i suoi impegni quotidiani tra cui districarsi!"
Rachel sorrise e lanciò uno sguardo complice a Nathan. Entrambi si sentivano partecipi della performance di Kelly, dopo i pomeriggi passati a improvvisare, discutere e ragionare sui loro personaggi. Era gratificante vederla all'opera, come se la sua prestazione fosse frutto di un lavoro collettivo. In un certo senso lo era.
"Ricorda i tuoi giuramenti spiritello! Non puoi lasciarmi a sgolare così in spiaggia come un qualsiasi marinaio! Io sono Prospero! Ero il Duca di Milano e sono un potente stregone! Porta rispetto!" Keaton si infervorò nel suo ruolo, accompagnandolo con gestualità plateali che tuttavia gli davano un tono grottesco e comico. Era la linea che Kelly aveva pensato per la sua Ariel e il professore la assecondava.
Kelly balzò indietro, alzando platealmente le braccia come per scusarsi: "Ohi Ohi Maestro! Vi siete alzato col piede sbagliato oggi?? Cos'è che vi turba tanto da prendervela col vostro più fidato e amichevole servitore?"
Keaton sospirò e si massaggiò la fronte: "Vuoi farmi sentire in colpa Ariel? Beh un po' ci riesci. Ho avuto la visione di un vascello che tra pochi giorni si avvicinerà all'isola e su di esso c'era mio fratello Antonio, ma non solo lui. Anche il suo amico cospiratore il Re di Napoli e niente meno che suo figlio Ferdinando!"
"E questa visione vi ha turbato? Pensate ad una premonizione?" disse Kelly.
"Non lo penso! Lo so. E ovviamente mi servirà il tuo aiuto... ho elaborato un piano per ottenere al contempo vendetta e riparazione!" disse Keaton.
"Ariel è al vostro servizio, padron Prospero! Volete che scateni le potenze degli elementi contro quell'infido vascello carico di serpi?? Desiderate che crei un gorgo che li inghiotta negli abissi marini??"
"No! Quella sarebbe solo vendetta, ma non ci sarebbe riparazione. E io e Miranda saremmo ancora bloccati qui. Ma mi piace come ragioni!" esclamò Keaton, ricevendo in risposta un profondo inchino da parte di Kelly.
Keaton alzò la mano destra e schioccò ripetutamente le dita dando lo 'stop'.
Kelly tirò un profondo sospiro di sollievo e sbatté le palpebre mentre usciva dal personaggio.
"Mi piace molto come hai interpretato Ariel. Decisamente ben studiato, si vede che ami il personaggio e ti ci rivedi. Questo è un ottimo punto di partenza." Commentò il professore.
Il volto di Kelly si illuminò "Grazie professore!"
Keaton la congedò e Kelly tornò verso il suo posto. Questa volta non poté evitare di guardare verso Marisa e Sarah. La prima era intenta a digitare qualcosa sul cellulare, come se la ignorasse volutamente. La delusione nello sguardo di Sarah, invece, guastò in parte la gioia del momento. Quando raggiunse Rachel fu accolta con un sorrisone e le braccia tese per un abbraccio.
"Sei stata fantastica!" le disse sottovoce.
"Non so nemmeno cos'è successo..." replicò Kel "Mi gira la testa..."
"Sei stata davvero brava, il ruolo è tuo!" disse Nathan.
"Grazie! Lo spero..."
"Sarah non può competere Kelly. Tu ci hai messo l'anima." disse Rachel.
Kelly non rispose. Guardò ancora verso le sue vecchie amiche e stavolta Marisa sollevò lo sguardo dal cellulare e si voltò. Per un istante si fissarono, qualcosa di spiacevole passò tra di loro. Rachel lo notò e le appoggiò una mano sulla spalla: "Tutto ok?"
"Si..." disse lei "Mi spiace per come si sono messe le cose..." indicò Sarah con un cenno del viso.
"Se siete davvero amiche, si risolverà tutto." tentò di confortarla Rachel.
Kelly fece spallucce: "E' quel 'SE' che mi preoccupa..."
"Ma che cazzo è successo di preciso tra voi??" chiese Nathan sottovoce, mentre Keaton spiegava alla classe alcuni metodi per approfondire lo studio dei personaggi.
"Semplicemente mi sono stufata di farmi trattare come una subalterna da Marisa, che ha detto a Sarah di scegliere tra l'essere amica mia o sua. Sarah ha scelto Marisa..." spiegò Kelly.
"Ma... è una stronzata!" disse lui.
"Si lo è..." convenne Kelly "Mi ferisce che Sarah si sia comportata in modo così superficiale. Ci conosciamo dalle medie."
"Se è così idiota non merita di essere tua amica." concluse Rachel.
"Queste stronzate da ragazze non le capisco..." borbottò Nathan.
"Oggi sei molto sgargante Nate! Sei già nella parte di Ferdinando?" lo pungolò Rachel, effettivamente colpita da quella strafottenza decisamente insolita per il ragazzo.
Lui sghignazzò ma non rispose.
"Miss Amber??" la voce di Keaton risuonò nell'aula e Rachel raddrizzò la schiena di colpo, colta in flagrante.
"Ehm... si prof??"
"Mi spiace disturbarti! Volevo smaltire in fretta tutte le Miranda, quindi ho chiesto di salire sul palco tutte insieme."
"Certo! Mi dispiace..." Rachel si alzò, mentre Nathan e Kelly sghignazzavano alle sue spalle.
Nell'area palco si ritrovarono quindi Rachel, Marisa e una matricola di nome Dana. Rachel non aveva avuto occasione di scambiare molte parole con lei. Sembrava una ragazza timida, anche se durante gli esercizi di teatro riusciva ad aprirsi più di molti altri. Era anche molto bella! Decisamente più alta e formosa di lei nonostante avesse un anno in meno.
"Chi vuole introdurre il personaggio di Miranda?" chiese Keaton.
Dana alzò la mano.
"Miss Ward!"
"Miranda è la figlia di Prospero, esiliata insieme a lui quando era piccola. Non ricorda niente del mondo, tutto quello che conosce è l'isola e l'unico essere umano che ha mai visto oltre sé stessa è suo padre. Quando incontra Ferdinando si innamora di lui e grazie alle prove cui Prospero li sottopone il loro amore si rafforza sempre di più e sarà la chiave per riparare i torti subiti e lasciare finalmente l'isola." spiegò Dana.
"Quindi secondo te ciò che caratterizza Miranda è l'amore?" chiese Keaton.
"Si, più la scoperta dell'amore. Lei non sa niente del mondo e guarda tutto con meraviglia. Forse è ingenua ad innamorarsi di Ferdinando a prima vista, ma penso che sia fatta così, che il suo cuore sia... puro... quindi vede il bello nelle persone, nonostante le raccomandazioni di Prospero o la semplice paura del nuovo."
"Interessante ragionamento... iniziamo con te allora."
Dana deglutì: "O-ok!" si portò le mani al viso per centrarsi sul personaggio.
Keaton prese un profondo respiro, chiuse gli occhi per un momento e poi parlò: "Figlia mia... dovresti stare alla larga da quel ragazzo!" disse con la voce di Prospero "Tu non sai niente del mondo, io invece ho visto così tanti inverni. Conosco la doppiezza degli uomini e i loro turpi desideri!"
"Padre perché dite così?? Volete forse spaventarmi con cupe parole e insinuazioni?? Non siete mai stato così, perché l'arrivo di questo straniero vi turba tanto?" replicò Dana.
"Come ho detto, io conosco il mondo e tu no, figlia mia. Gli uomini sanno essere furbi e crudeli per ottenere la loro soddisfazione! Non esitano a mentire per i loro scopi. Il tuo Ferdinando non è diverso dagli altri!" sentenziò Keaton.
"Invece vi sbagliate padre!" disse Dana caricando la sua voce di tensione.
"Ah si? Pensi di conoscere meglio di me le cose della vita? Tu che sei solo una bambina?"
"Si, perché io guardo le cose con occhi limpidi padre. Voi siete turbato dai vostri molti ricordi, io invece ho un carico più leggero. I miei occhi hanno visto meno, non sono stanchi come i vostri che hanno visto così tanto e forse troppo. Io non vedo la coltre di minacce che vedete voi. Vedo solo un ragazzo che ha perso i suoi compagni e suo padre, un cuore coraggioso e buono, disposto a sopportare le vostre punizioni pur di rimanermi accanto. Io vedo la sincerità del suo animo là dove voi vedete turpi desideri. Sono solo una bambina, è vero, ma a volte i bambini sanno cose che gli adulti hanno dimenticato!"
La classe piombò nel silenzio. La voce di Dana rimbombò decisa fra le pareti per alcuni istanti per poi sparire. La ragazza aveva i pugni chiusi e le vene del collo sporgenti, totalmente coinvolta dalla parte. Perfino Keaton sembrava sorpreso da quell'interpretazione e Rachel lo vide annuire.
Dopo alcuni momenti riprese a parlare "Forse hai ragione figlia mia. I miei occhi sono stanchi e hanno perso la luce che tu invece conservi. Come posso non concederti di stare accanto a quel ragazzo dopo simili parole?"
Il volto di Dana si illuminò: "Grazie padre! Grazie! Grazie!"
Keaton schioccò le dita, concludendo la performance.
"Ottima interpretazione Dana!" disse il professore applaudendo. Anche Rachel si unì all'applauso e infine tutto il resto della classe, mentre Dana arrossiva vistosamente.
"Pensate di poter fare di meglio?" disse Keaton rivolto a Rachel e Marisa.
"Certo che sì!" esclamò Marisa.
"Farò del mio meglio!" rispose Rachel.
"Molto bene..." Keaton sorrise compiaciuto.
 
-
 
"Oh, sei tu forse uno spirito? Non ho mai visto creatura più bella e aggraziata di voi..." il tono di Marisa era particolarmente aulico, così come i suoi gesti.
"Non uno spirito mia signora, ma un uomo in carne e ossa. Sconvolto dalla perdita dei miei compagni di viaggio..." Keaton improvvisava la parte di Ferdinando, seguendo la linea tracciata da Marisa, che ripercorreva con precisione una scena della commedia. Rachel, che era in piedi al lato dell'area palco in attesa del suo turno, ipotizzò che si fosse preparata specificamente su quella. Anche senza imparare a memoria delle battute, lo trovava comunque limitante.
"Oh, povero! Esistono dunque altre persone come te! Vieni con me, ti porterò in un posto sicuro dove potrai riposare e rifocillarti e dove potrai raccontarmi cos'è successo!" continuò Marisa.
Keaton schioccò ripetutamente le dita, fermando la scena.
"Ho una domanda per te Miss Rogers..." esordì Keaton, mentre Marisa aveva già assunto la sua posa da battaglia, con il peso del corpo sulla gamba destra e il braccio destro saldamente piantato sul fianco.
"Sei mai stata innamorata?"
La domanda la colse evidentemente impreparata. Marisa sgranò gli occhi e si ritrasse in una posizione meno baldanzosa, un passo indietro e braccia incrociate.
"Beh... chi non lo è stato?" rispose lei senza riuscire a nascondere una certa titubanza.
"Più persone di quel che credi." disse Keaton con un sorriso gentile.
Anche Rachel fu colpita da quella domanda così a bruciapelo e si trovò senza volerlo a cercare una risposta. Era mai stata innamorata?
No...
L'amara realtà era che non le era successo.
L'unica persona per cui aveva creduto di provare qualcosa era Armond, e aveva presto scoperto che non era così. Il cuore iniziò a batterle forte, una strana agitazione la colse insieme alla consapevolezza. Non conosceva l'amore.
Dopo alcuni prolungati momenti di silenzio, Keaton parlò di nuovo:
"Approfondiremo il discorso più tardi. Prima vediamo la performance della tua compagna. Miss Amber?"
Rachel si scosse dai suoi pensieri, ma ormai il suo stato di concentrazione era turbato. Doveva ricentrarsi. Prese alcuni respiri profondi e si coprì il volto.
"Quando sei pronta..." disse Keaton, dando a lei come a Marisa l'opportunità di dettare la scena. Rimase ferma, immobile, nel buio dei suoi occhi chiusi, alla ricerca del luogo giusto, dello stato d'animo.
Aveva programmato tutto un altro approccio a quel provino, ma quella semplice domanda di Keaton l'aveva sconvolto. Così seguì una nuova intuizione, che le balenò nella mente come un breve lampo.
"Ariel?" Rachel rimosse le mani dal viso e guardò con occhi incuriositi e perplessi Keaton "Devi essere tu. Mio padre mi ha parlato di te, ma non ti ho mai visto..."
Anche Keaton per un attimo sembrò perplesso da quell'input. In effetti, l'unico personaggio davvero in grado di vedere Ariel e gli altri spiriti in tutta la commedia era Prospero. Keaton, riprese subito le redini e sorrise:
"Si sono io! Curioso che tu riesca a vedermi! Solo padron Prospero ne è capace! Hai forse ereditato un po' della sua magia?"
"No. Non credo... O forse me ne è stato fatto un prestito per qualche scopo. Ora però ti vedo e nel momento più propizio forse. Ho proprio bisogno di una buona parola da parte di qualcuno che non sia mio padre e... oltre te non c'è nessun'altro!" Rachel non rifletteva, parlava a ruota libera con un atteggiamento incerto, una voce bassa e fragile, così inconsueta da sentir uscire dalle sue labbra.
"Beh, ho giurato di servire tuo padre e per estensione posso dire di essere anche tuo servo. Quindi, di cosa hai bisogno mia signora?" disse Keaton.
"Oggi mi sono recata nei pressi della spiaggia, dopo quella terribile tempesta della scorsa notte. Pensavo di trovare solo conchiglie e altri tesori che il mare restituisce alla riva... invece c'era qualc-qualcosa di diverso. Qualcuno forse..."
"Qualcuno?"
"Si una creatura in tutto simile a me e mio padre ma... diversa, giovane... bella... quell'essere era svenuto sulla riva e ho provato ad avvicinarmi per vederlo meglio. Tuttavia si è mosso, mi sono spaventata e sono fuggita... Tu che sei uno spirito sapiente sai dirmi di cosa si tratta?"
Keaton sorrise, si massaggiò il mento pensieroso: "Mmmmh... quel che hai visto è un essere umano, come te e tuo padre. Un naufrago probabilmente. Un uomo da come ne parli e dal rossore che vedo salire alle tue guance!"
Rachel assunse un atteggiamento incredibilmente timido, afferrandosi il braccio sinistro come e incurvandosi lievemente in avanti: "Un uomo? Non ne ho mai visto uno prima. Continuo a pensarci, il suo viso mi è davanti continuamente e il mio cuore palpita se penso a lui. Che significa tutto ciò?" Rachel fece appello alle sensazioni che conosceva, a ciò che ricordava di aver provato per Armond, quell'ingenuo desiderio che annebbia la mente e la percezione.
"Potresti esserti infatuata di lui!" Keaton scoppiò in una risata furba "Comprensibile per una ragazza vissuta sola su un'isola per tutta la vita!"
“È possibile innamorarsi di qualcuno senza sapere neppure chi è?" chiese d'istinto Rachel.
Keaton spalancò gli occhi e alzò le braccia schioccando le dita.
Rachel uscì dal personaggio scuotendo lievemente la testa.
"Beh Miss Amber, hai posto una delle domande su cui si fonda l'intera letteratura e penso gran parte delle migliori esperienze umane! Rivolgo a te la stessa domanda che ho fatto a Miss Rogers: sei mai stata innamorata?"
Rachel sospirò: "In effetti credo di no..."
Keaton annuì, poi si alzò in piedi e si rivolse alla classe: "Abbiamo parlato molte volte di come sia fondamentale attingere alla propria esperienza per trovare il materiale per l'improvvisazione, ma soprattutto l'energia emotiva per comunicare al pubblico le emozioni dei nostri personaggi. I più grandi attori sanno attingere quest'energia da fonti apparentemente inadatte. Prendiamo proprio Miranda come esempio, il fulcro del suo personaggio è l'amore. Ma non un amore qualsiasi, quel tipo di amore ingenuo, totale e profondamente romantico che è tipico del primissimo amore. Quello in cui ci si getta a capofitto senza riflettere, senza pregiudizi. Quello che si sperimenta solo una volta nella vita, proprio perché è il primo. Può un attore che non ha sperimentato tutto questo recitare un ruolo del genere?"
Keaton si guardò intorno, aspettando risposte. Marisa era incredibilmente silenziosa, ritirata un paio di passi indietro rispetto a Rachel, felice di cederle la scena per una volta.
Kelly alzò la mano e Keaton le diete la parola con un cenno: "N-non può?" disse.
"E' una domanda o un'affermazione?" scherzò Keaton, alleggerendo l'argomento.
"Un po' tutt'e due..." ammise Kelly provocando alcune risatine. Sarah la guardò e sorrise.
"La risposta è... si e no!" sghignazzò Keaton "Un bravo attore può interpretare qualsiasi ruolo, ma se non ha un'esperienza del genere cui attingere deve trovarne una simile anche se proviene da un contesto diverso. Infatti, tutti nella vita abbiamo amato qualcosa, che sia un'attività, un'arte, uno sport o un cane... l'amore è amore, è un sentimento preciso. Per mostrare l'amore romantico possiamo attingere a qualunque tipo di amore abbiamo mai provato nella vita. C'è anche una terza via, quella di simulare solo sul piano fisico un'emozione, studiando accuratamente la mimica, l'intonazione, l'espressività. Ma questa tecnica è per chi non prova nulla, insomma... per gli psicopatici!"
Nella classe si diffuse il brusio delle risate. Marisa invece non rideva. Un'ombra nera le oscurava il viso.
"Tutto questo per dirvi..." Keaton tornò a parlare con Rachel e Marisa "...che Miranda è un personaggio che sprizza ingenuità e amore romantico, facile da interpretare per qualcuno che conosca bene quelle emozioni, più complesso per chi non ne ha famigliarità. Vale per ogni ruolo ovviamente, a seconda dei casi."
Rachel incrociò le braccia.
Le stava dicendo che non avrebbe avuto la parte?
Questo non era esattamente ciò che si aspettava.
Si sentiva perfettamente in grado di interpretare Miranda anche se non era un'ingenua ragazzina innamorata. Poteva fare perfettamente tutto quel lavoro di proiezione di cui aveva appena parlato Keaton, poteva anche fare il lavoro da psicopatici di pura imitazione. Se non Miranda, che ruolo le sarebbe toccato? Non c'erano molti personaggi in quella commedia...
Avrebbe fatto il marinaio? La comparsa? Lo spiritello delle retrovie??
"Miss Amber!"
Rachel si riscosse.
"Proviamo un'altra cosa, ti va?"
"Ehm... ok?" rispose lei incerta.
"Bene, tu ora interpreterai Prospero."
"Ma..." Marisa uscì dalla caverna in cui si era rifugiata "...quello è un ruolo maschile!"
"Anche quello di Ariel lo è, ma abbiamo già sdoganato la possibilità di affidarlo a Sarah o Kelly. Perché non farlo con Prospero?" spiegò Keaton.
Marisa alzò le spalle e tacque, stranamente arrendevole.
"Bene! Facciamo questo test. Iniziamo quando sei pronta..."
Rachel seguì il flusso.
Cavalcò l'onda, lasciò Miranda dietro di sé e si concentrò su Prospero.
Vecchio, canuto stregone un tempo Duca di Milano, esiliato su un'isola deserta con sua figlia... ma trasformato in donna per l'occasione.
Era una sfida improvvisare così su due piedi un simile personaggio, senza averlo nemmeno studiato a fondo.
Rachel sorrise.
Amava le sfide.
 
-
 
Arrivò il turno di una matricola, un ragazzo di nome Hayden Jones.
Nathan non prestò molta attenzione alla sua performance, troppo impegnato a mangiarsi le unghie e molleggiare istericamente le gambe. La paura aveva iniziato a mordere e ben presto lo aveva completamente posseduto.
Rachel aveva cercato di confortarlo, ma lui si era allontanato, andandosi a sedere da solo più in là. Ormai aveva imparato a lasciarlo stare quando era così. Si godette invece la sorprendente performance di Hayden, anche lui candidato al ruolo di Ferdinando.
"Tu sarai mio schiavo e prigioniero, perché sei venuto qui per rubare l'onore di mia figlia!" tuonò Keaton con la voce di Prospero.
"Giammai! Non accetterò simili trattamenti! Ho sopportato ogni vostra prova, ogni vostro cimento senza fiatare. Ora sono stanco di umiliazioni gratuite, quando non ho né agito né pensato in modo malvagio. Quello che desidero è soltanto poter amare vostra figlia, che mi ha rubato il cuore al primo sguardo!"
Rachel doveva ammetterlo, Hayden sembrava sapere il fatto suo.
Era molto sicuro di sé e aveva un atteggiamento strafottente che gli tornava particolarmente utile nell'interpretare Ferdinando.
Poteva capire la preoccupazione di Nathan, che si era proposto per quel ruolo unicamente per le pressioni di suo padre. Rachel sapeva che il terrore che provava Nathan in quel momento non era ansia da prestazione, non era incertezza sull'esito del provino. Era praticamente certo che Keaton, come tutti gli altri, avesse ricevuto precise istruzioni dall'alto di assegnare a lui quel ruolo. Lo terrorizzava l’idea di avere un ruolo per cui non si sentiva all’altezza, di vedere il disprezzo negli occhi degli altri, consapevoli dei suoi privilegi, di trovarsi infine su un palco e deludere suo padre. Quella era la prospettiva peggiore, per le conseguenze che comportava. Conseguenze che Rachel poteva solo immaginare.
Infine, Hayden fu rimandato al posto e il momento tanto temuto arrivò:
"Mister Prescott. Tocca a te!" disse Keaton.
Nathan si alzò e si diresse verso l'area palco a passo di formica, curvo sotto il peso della sua mente iperattiva e crudele. Rachel avrebbe voluto abbracciarlo, ma sapeva che anche se l'avesse fatto lui l'avrebbe respinta. Nemmeno Nathan sapeva di cosa avesse bisogno in quei momenti.
"Anche tu porti Ferdinando giusto?" chiese Keaton.
"S-si..." fu la risposta tremante.
"Bene. Io ti darò gli input e tu seguimi ok?" la voce del professore era gentile e bassa, un chiaro tentativo di rassicurare il ragazzo.
Tentativo infruttuoso.
"Dimmi quando sei pronto." offrì Keaton.
Nathan si produsse in uno sforzo titanico per recuperare il controllo della sua mente. Rachel lo osservò mentre si raddrizzava quasi a fatica, si impettiva goffamente e prendeva una serie di lunghi e profondi respiri ad occhi chiusi.
"Sono pronto..." disse con voce malferma.
Keaton annuì e cominciò sfoderando nuovamente il suo Prospero: "Chi sei tu, marrano, che osi avvicinarti a mia figlia?!"
Nathan rimase in silenzio.
Rachel si protese in avanti, stringendo i pugni e tentando di trasmettergli telepaticamente tutta la sicurezza di cui aveva bisogno. Avevano provato così tanto, Nathan aveva fatto un ottimo lavoro, era stato tranquillo per tutta la lezione. Poi di colpo, era arrivato l'attacco.
"Dunque?! Non hai nulla da dire? Sai che ho il potere di trasformarti in bestia e lasciarti a vivere nel fango nei boschi?? Perché non dovrei farlo immediatamente stolta creatura?!" Keaton insistette, ma Nathan si piegò in avanti, nuovamente in preda al panico.
Una risatina sommessa si udì nell'aula, seguita da un brusio fra gli studenti.
Rachel e Kelly guardarono nella stessa direzione.
Marisa stava bisbigliando qualcosa di apparentemente divertente, visto che Sarah e altri studenti intorno a lei sghignazzavano indicando Nathan.
Rachel avrebbe voluto strangolarla. Era un desiderio che si manifestava sempre più spesso ultimamente.
Keaton, infine, si alzò in piedi e schioccò le dita ripetutamente, avvicinandosi a Nathan.
Lui alzò lo sguardo e si ritrasse indietro, come di fronte a un mostro.
Keaton non si scompose.
"Mi dispiace..." disse con voce tremante Nathan.
"Non preoccuparti..." replicò Keaton con gentilezza "...ma è arrivato il momento di affrontare questo problema Mister Prescott."
"Non posso." disse lui sempre piegato in avanti, con le mani appoggiate sulle ginocchia.
"Intanto raddrizzati e rallenta il respiro." lo incoraggiò il professore, mimando il gesto come per consolare un bambino. Nathan lo seguì, si concentrò, sforzandosi di respirare lentamente. Dopo qualche momento riuscì a centrarsi.
"Era paura di sbagliare?" Chiese Keaton.
Nathan scosse la testa.
"Forse il personaggio non ti va a genio?" offrì il professore.
Nathan annuì.
"Perché allora hai portato Ferdinando se non ti piace?"
"Lo sa benissimo..." sibilò Nathan.
"Anche se pensiamo di non essere liberi di scegliere, siamo sempre liberi di scegliere."
"Forse vale per quelli che non si chiamano Prescott..."
"Vale soprattutto per quelli che si chiamano Prescott, specialmente se sono miei studenti!" replicò Keaton con un sorriso caldo.
"Senta... io..." iniziò Nathan ma fu subito interrotto.
"Tu hai un grande potenziale Mister Prescott. Un enorme potenziale. Sei intelligente, sensibile, acuto... ma non sai incanalare i tuoi sentimenti in qualcosa di costruttivo. Essi ti possiedono, tu cerchi di bloccarli invece di farli fluire e alla fine succede questo."
Nathan si raddrizzò, punto nel vivo.
Sul suo volto regnava l'imbarazzo, come se fosse completamente nudo di fronte alla classe.
"Devi prendere tutto quello che provi e usarlo come carburante per recitare, o per fare qualsiasi cosa ami. Se hai paura, abbi paura. Se provi rabbia, incazzati a morte e usa quell'energia per nutrire l'arte. Le emozioni devono essere al nostro servizio, non dobbiamo lasciarci governare da esse."
"Si certo, è facile da dire... ma sappiamo entrambi che io devo avere questo ruolo..." replicò amaramente Nathan.
"No. Tu non devi avere questo ruolo. Facciamo una prova. Ci manca un personaggio importante in cui nessuno si è ancora cimentato: Calibano. Proviamo con lui."
Nathan lo guardò stranito e anche Rachel fu colpita da quella scelta. Non perché fosse fuori luogo, ma per l'esatto contrario.
"Calibano? Lo schiavo?" chiese Nathan quasi incredulo.
"Esatto, cosa sai di lui?"
"Calibano è... il figlio della strega Sicorace, di aspetto mostruoso. Prospero l'ha trovato che viveva come un animale sull'isola, lo ha allevato e gli ha insegnato a parlare, ma siccome aveva un'indole malvagia lo ha tenuto soggiogato come schiavo."
"Tutto giusto. Proviamo a improvvisare lui. Io sarò Prospero ok?"
Nathan non rispose, ondeggiando mentre spostava il peso nervosamente da un piede all'altro.
"Calibano!" tuonò Keaton senza preavviso, facendo sobbalzare tutti, Nathan compreso.
Fece un passo indietro.
"Calibano! Fatti vedere!" Nathan indietreggiò ancora.
Un altro passo indietro, ormai era quasi con le spalle contro il fondale nero dell'area palco. I suoi occhi guardavano Keaton, ma non vedevano lui.
Vedevano qualcun altro...
"Avanti schiavo! Il tuo padrone esige il tuo servizio!" urlò ancora Keaton e Nathan impattò contro i pannelli scuri.
"Avanti Nathan!" lo incoraggiò Keaton uscendo dal personaggio per un attimo "Sei una creatura odiata, schiavizzato per tutta la vita, trattato come una bestia... il tuo padrone ti sta chiamando... cosa rispondi?!"
Nathan iniziò a chinarsi in avanti, sempre più gobbo, il volto contorto in un'espressione di indecifrabile tensione.
"Calibano!" tuonò Keaton.
"Rrraaaaaarghhh!!" Nathan proruppe in un ringhio e avanzò quasi di scatto, aiutandosi con le mani come una scimmia. Arrivato al bordo dell'area palco si bloccò, scatenando un'onda di sorpresa e spavento negli studenti più vicini, che si allontanarono da lui.
"Il padrone caro ha chiamato?!" ringhiò sarcasticamente Nathan sempre mantenendo una postura bestiale.
Keaton sorrise: "Alla buon'ora bestia! Hai compiuto le tue faccende? Tolto le muffe dalla grotta e procurato del cibo per la sera?"
"Certo certo! Calibano fa questo! Calibano fa quello! Certo che il beneamato padrone potrebbe muovere il suo vecchio culo e fare da solo qualche faccenda ogni tanto! È un mago così potente, ma sa solo dare ordini!" ogni traccia di paura era svanita, ora Nathan era completamente nel personaggio e ogni parola era accompagnata da gesti plateali e grotteschi, goffi come quelli che ci si aspetterebbe da un individuo deforme come Calibano.
"Come osi immondo essere! Devo ricordarti che se non fosse per me vivresti selvaggio come un animale?! Ricorda qual è il tuo posto, comportati civilmente, allora sarai trattato civilmente!" pungolò Keaton.
"Oh si! Salamelecchi al padrone che è tanto onnipotente. Parla da solo quando nessuno lo guarda..." schernì Calibano
"Io dialogo con gli spiriti. Ho a che fare con poteri che tu nemmeno immagini. I miei poteri sono ben più estesi di quelli della tua orribile madre, che ho sconfitto!"
"E questo è forse il solo motivo che ho per ringraziarti, caro, carissimo padrone! Quella megera sapeva essere anche più sgradevole di te!"
Keaton sollevò le mani e schioccò ripetutamente le dita.
Nathan ci mise qualche secondo ad accorgersi che il professore aveva chiamato lo stop. Rimase in ginocchio, ansimante, tenendosi una mano sul petto mentre il cuore batteva così forte che sembrava volergli esplodere dallo sterno. Guardandosi intorno, si trovò osservato dagli occhi stupefatti e in gran parte intimiditi del resto della classe.
Anche Rachel lo fissava sbalordita.
Non aveva mai visto Nathan esternare così le sue emozioni in pubblico. Perché lei lo sapeva, non stava parlando con Keaton. Ogni parola, ogni gesto, ogni emozione. Tutto era autentico, tutto era rivolto a suo padre. Rachel sospettava che anche Keaton lo sapesse.
Il professore batté le mani, iniziando un applauso cui poi si unì anche Rachel, una sbalordita Kelly ed infine il resto della classe. Nathan era immobile, in ginocchio, ancora scosso dall'esperienza.
Mentre l'applauso iniziava ad esaurirsi, Keaton si avvicinò a lui tendendogli una mano: "Direi che il ruolo di Calibano è tuo!"
Nathan, ancora confuso afferrò la mano e si rialzò.
"O-ok..." fu l'unico suono che riuscì a emettere.
 
-
 
Il fuoco nel camino degli Amber era acceso. Rachel si godeva il tepore avvolta in una coperta, rannicchiata sul divano con Chi ha Paura di Virginia Woolf tra le mani. Rose era a Portland per organizzare una retrospettiva di Edward Hopper e lo scoppiettio del fuoco era l'unico suono in tutta la casa, a parte il picchiettare sui tasti dall'interno dello studio di James Amber. La porta era chiusa. Era sempre chiusa da un paio di mesi. Suo padre si era organizzato per poter lavorare maggiormente da casa e quindi avere più tempo da trascorrere in famiglia, ma a metà ottobre aveva installato un allarme nel suo ufficio e una serratura elettrica con codice di sicurezza. Tutto questo comunicava a Rachel un certo disagio. James aveva sempre lavorato ai casi nel suo studio, ma mai la porta era stata chiusa e mai era accaduto qualcosa che giustificasse un codice di sicurezza sulla serratura. Ma ora lui era Procuratore Distrettuale della Contea, probabilmente aveva per le mani questioni molto più rilevanti rispetto a prima.
 
Il cellulare di Rachel vibrò sul tavolino, distogliendola dalle pagine del libro. Lanciò un'occhiata allo schermo illuminato. C'era il nome di Chloe. Era un segnale che doveva prendersi una pausa, inserì il segnalibro a forma di cerva tra le pagine e prese il telefono.
 
Chloe
  • Hey Rach! Com'è andato il casting?
 
Le dita di Rachel si mossero rapide.
 
  • Alla grande! Cioè... in realtà non ho avuto la parte di Miranda, ma Keaton mi ha dato quella di Prospero, quindi in pratica sono la protagonista!
 
Chloe
  • Prospero è il mago giusto? Quindi ti travestirai da uomo! Voglio proprio vederlo!
 
Rachel
  • Prospero ha fatto la transizione, ora è Prospera! Solo per me!
 
Chloe
  • Wow! Keaton ti ama, ormai è un fatto.
 
Rachel
  • Ovviamente mi ama! Come si può non amarmi?!
 
A quel messaggio seguì una pausa nelle risposte di Chloe. Rachel rimase in attesa qualche momento, poi appoggiò il telefono sul tavolino e gettò un'occhiata al camino. Il fuoco si era parecchio ridotto e i ceppi all'interno erano consumati quasi del tutto. Si alzò dal divano ed estrasse da sotto il camino la cassa con la legna da ardere, aprì lo schermo di vetro che impediva alle scintille di incendiare il salotto, gettò un paio di pezzi nel fuoco, rigirando le braci con l'attizzatoio. Chiuse lo schermo e aprì lo sfogo dell'aria, osservando affascinata le fiamme stuzzicate farsi sempre più intense, fino ad avvolgere completamente i ceppi. Quando furono abbastanza alte chiuse lo sfogo e le lingue di fuoco si placarono, tornando a danzare lentamente, come carezze sul legno. Il fuoco era meraviglioso, fin da bambina a Rachel piaceva stare seduta davanti al camino a guardare i movimenti delle fiamme. Era ipnotico, profondamente rilassante. Vedere il legno seccarsi, rimpicciolirsi nel balletto infuocato, annerirsi e infine consumarsi... Rachel immaginava che il fuoco fosse vivo e che buttare legno nel camino fosse come nutrire un animale domestico, che ricambiava con luce, calore e danze. Quei pensieri la facevano sorridere, la riportavano a quando era bambina e si stava ancora abituando a quella casa...
 
Rrrrmmmmmmmmm
 
Messaggio! Rachel si allungò verso il tavolo per recuperare il telefono.
 
Chloe
  • Dobbiamo festeggiare! Stai facendo qualcosa??
 
Rachel
  • Adesso sto studiando, ma più tardi mi posso liberare.
 
Chloe
  • Se hai da fare non ti preoccupare.
 
Rachel sospirò con un sorriso. Prima o poi quei meccanismi di chiusura di Chloe sarebbero spariti! Almeno con lei!
 
Rachel
  • Per te questo ed altro Chlo!
 
La risposta ci mise qualche secondo in più ad arrivare.
 
Chloe
  • Lo so! Sono troppo figa per dirmi di no!
 
Rachel
  • Infatti lo sei! xoxo
 
Poté immaginare nitidamente l'espressione di Chloe in quel momento: sguardo distolto, guance arrossate, la mano sinistra che correva alla nuca per grattare un prurito nervoso. Rachel l'aveva osservata bene e stava iniziando a notare tutti i suoi atteggiamenti e tic. Provava un leggero, sadico piacere nel metterla in imbarazzo con quelle affermazioni! Del resto erano la verità!
 
BEEP!
TCHA-CLACK!
 
James Amber emerse dalla porta del suo studio, rigirando distrattamente un bicchiere di Sherry nella mano destra. Le guance e il naso rubizzi testimoniavano che quello era l'ultimo di una serie.
"Oh... Rachel... non sapevo fossi qui!" disse bloccandosi sulla soglia.
"Stavo studiando!" gli sorrise Rachel, nascondendo la perplessità. Osservò suo padre raggiungere la sua poltrona in salotto con una cautela eccessiva, assicurandosi di non urtare nulla nel tentativo di apparire normale. Ma non lo era.
"Fai una pausa?" chiese lui appoggiando il bicchiere sul tavolino "Chi ha paura di Virginia Woolf..." lesse ad alta voce dalla copertina del libro "Te l'hanno dato per scuola?"
"Si papà!" rispose Rachel rialzandosi dal tappeto e tornando al divano, rannicchiandosi sotto la coperta vicino alla poltrona di suo padre.
"L'ho letto anch'io al liceo... non mi è piaciuto!" disse James.
"Come mai?" chiese Rachel appoggiandosi sul bracciolo.
"Troppo realistico!" rispose l'uomo mentre recuperava il bicchiere dal tavolo.
"In che senso?" indagò Rachel. Non aveva mai visto suo padre così brillo, la cosa le provocava un misto di disagio e curiosità.
"Martha e George hanno un matrimonio perfetto all'apparenza, ma mentono a sé stessi e tra di loro. Quando le menzogne cadono il matrimonio va in pezzi..." sospirò profondamente e prese un lungo sorso di Sherry "Come dicevo... troppo realistico!"
Rachel inarcò un sopracciglio: "Pensi che il matrimonio sia così?" Quei discorsi erano davvero molto strani, qualcosa nello stomaco di Rachel iniziò a contrarsi.
"Tutte le relazioni sono così."
"Pensi che non ci siano relazioni sincere? Autentiche?" chiese Rachel.
"Ci puoi provare, ma prima o poi qualcuno mentirà. Tu mentirai, con ottime ragioni, ma comunque lo farai. E da quel momento non si tratterà più di sincerità o meno, si tratterà solo di far andare avanti le cose..."
Wow...
Che cazzo stai dicendo papà? Cosa stai cercando di dire? O di NON dire?
"Tra te e la mamma è così?" chiese Rachel, che non riuscì a dissimulare la preoccupazione.
James le lanciò uno sguardo. Gli occhi grigi di suo padre, lucidi e vagamente arrossati, erano più caldi che mai. Rachel non ricordava che suo padre l'avesse mai guardata in quel modo. C'era amore? Disperazione? Cos'era quello sguardo?
Rimase in silenzio per alcuni momenti prima di rispondere:
"Tua madre e io abbiamo un rapporto meraviglioso." disse prima di prendere un altro sorso di Sherry.
"Ma?" offrì Rachel.
"Ma... non sono affari tuoi!" ridacchiò James allungando la mano sui capelli di Rachel, accarezzandola dolcemente "Tra moglie e marito non mettere il dito, si dice così!"
"E tra me e te?" insistette Rachel.
"Cosa?"
"Tu mi menti su qualcosa papà?"
James corrugò istintivamente la fronte e sospirò profondamente.
"Non essere ridicola tesoro..." Allontanò la mano dai suoi capelli.
Rachel rimase in silenzio per alcuni momenti.
Di colpo il suo cellulare sul tavolo vibrò di nuovo.
James e Rachel si voltarono all'unisono, lei allungò una mano e recuperò il telefono:
 
Chloe
  • Davanti al Two Whales alle 18??
 
"Chi è?" chiese James svuotando il bicchiere.
"Chloe, un'amica di scuola."
"Chloe Price?" chiese lui appoggiando sconsolato il bicchiere vuoto.
"La conosci?"
"Io no, la polizia si!" commentò James con un tono piuttosto tagliente.
"Cosa intendi?" Rachel inarcò un sopracciglio.
"In che rapporti siete?" replicò James con un tono molto più deciso di prima. Di colpo la sua espressione si era indurita, come se avesse cambiato personaggio. Chi era ora? Il padre premuroso o il Procuratore Distrettuale?
"Frequentiamo alcune classi insieme, niente di che..." mentì Rachel "Perché?"
"Non è una buona compagnia. Dovresti starle alla larga!" ammonì James cercando di nuovo il bicchiere, esibendo un volto deluso quando si ricordò che ormai era vuoto.
"Perché dici così?" Rachel iniziava a innervosirsi. Un istinto protettivo nei confronti di Chloe risvegliò una fiammella nel suo stomaco.
"E' una teppista, una cattiva compagnia. Non sto ad elencarti le sue varie infrazioni, fidati di me. Non è la persona giusta da frequentare."
"Al suo posto chiunque sarebbe problematica! Ha perso suo padre l'anno scorso..." la difese Rachel.
"Tutti hanno perdite. Non tutti diventano delinquenti!" disse perentoriamente James.
Rachel avrebbe voluto replicare, la fiammella stava già divampando in un fuoco che le bruciava il petto. Ma tacque...
Rimase in silenzio, appoggiandosi al divano con un sospiro.
"Tesoro..." la chiamò James "Ti andrebbe di prepararmi un tè?"
"Certo papà!" Rachel colse l'occasione per balzare via dal divano e allontanarsi il più possibile. Raccolse il cellulare mentre si alzava e quando fu in cucina rispose a Chloe.
 
Rachel
- Ok! Ci vediamo lì!
 
Riempì il bollitore, lo mise sul fuoco e rimase in cucina appoggiandosi leggermente al lavandino. Rimase a fissare suo padre a distanza di sicurezza, mentre recuperava un giornale e cominciava a leggerlo. Quella conversazione era stata davvero molto strana. Tutto era stato strano. Rachel avrebbe voluto indagare oltre, chiedere a suo padre come mai aveva bevuto, se qualcosa lo preoccupasse e che cosa. Rifiutava di vederlo così, doveva esserci una spiegazione perché il suo papà non si era mai fatto turbare da nulla in passato. Niente che giustificasse il bere in eccesso o fare discorsi amari sul matrimonio e le relazioni con sua figlia. Ma forse erano solo le pressioni del suo nuovo lavoro. Era responsabile di tutta la Contea ora, aveva tutti gli occhi puntati addosso e responsabilità che lei poteva solo immaginare. Probabilmente stava solo affrontando un caso molto difficile o qualcosa del genere. Comunque non gliene avrebbe parlato.
"Non sono affari tuoi!" aveva detto.
Il fischio del bollitore arrivò provvidenziale per distoglierla da quei pensieri. Non voleva rimuginare. Quello che voleva era servire il tè a suo padre, finire di leggere le pagine quotidiane del suo libro e poi fiondarsi davanti al Two Whales per incontrare Chloe.
Fanculo i discorsi di suo padre! Lei era l'unica con cui riusciva davvero a sgombrare la mente. Con lei non aveva nulla da dimostrare. Con lei sentiva di respirare davvero.
Versò l'acqua in una tazza che recava la scritta 'Papà dell'Anno 2007'. Vi mise in infusione una bustina di tè al limone e si diresse verso il salotto.
 
************************
 
I've got ways to make you talk
And I got fireguns in my rearview mirror
Oh yeah man
Hallelujah, I saw his name
I'm talking to the walls again
 
Le note di una canzone di Sarah Gillespie risuonavano attraverso le cuffie nelle orecchie di Chloe. Quella canzone faceva parte, insieme a molte altre, del programma di rieducazione al country cui Rachel la stava sottoponendo. Chloe aveva mugugnato un po', ma alla fine aveva consegnato il suo Ipod e Rachel vi aveva caricato un paio di playlist. Chloe doveva ammetterlo, non le dispiaceva. Ma non l'avrebbe ammesso con Rachel! A meno che non l'avesse obbligata! Rachel aveva un modo tutto suo di farle abbassare la guardia. Un modo piacevole, divertente...
 
Sure I am
Look down, do it again
We're where, where we'll be then
Close your eyes and count to ten
I'm out of here
 
Chloe era piegata all'indietro sulla sedia, i piedi appoggiati sulla scrivania ingombra di libri e compiti che stava volutamente ignorando. Fingere di fare i compiti era un modo economico per chiudersi in camera ed essere lasciata in pace senza dare spiegazioni a nessuno. Se fosse stata a casa da sola in quel momento sarebbe stata distesa sul divano con una birra rubata in mano, ma purtroppo Joyce aveva il turno di mattina quella settimana, il che significava due cose spiacevoli: niente colazioni con Rachel al Two Whales (Chloe evitava di andarci se c'era sua madre) e niente solitudine pomeridiana. Almeno David era al lavoro fuori dalle palle.
In quel momento Joyce era da qualche parte in casa, organizzando i preparativi per il matrimonio.
Fottuto matrimonio...
 
Oh ho
You made me ride out of line
Cold and unkind but
Oh ho I got nothing but you on my mind
 
Chloe si sorprese a sentire la mancanza di Rachel. Si vedevano regolarmente a scuola, quando Chloe decideva di andare, ma quei rapidi scambi non erano sufficienti. Quando Rachel era immersa nel flusso sociale della Blackwell somigliava ad una farfalla. Si posava di fiore in fiore, di persona in persona, concedeva un po' di sé qui e là, ma spiccava presto il volo. Non come quando erano sole. A parte le colazioni insieme e poche uscite isolate, Chloe non aveva avuto molte occasioni di passare del tempo sola con lei. E ne sentiva spesso il desiderio! Il rapporto con Rachel le sembrava il più saldo che avesse da... da quando c'era Max.
Strano!
Era la prima volta da qualche giorno che pensava a Max...
Spense la sigaretta nel posacenere e si alzò dalla scrivania. Tutto quel far finta di studiare l’aveva un po’ stufata… e il fatto che le fosse tornata in mente Max significava che doveva distrarsi. Urgentemente. Si stiracchiò ed uscì dalla stanza, imboccando le scale, facendo rotta per il frigo.
 
I just about had enough of all of yo colonial bluffin
Hurray
I don't think of me but her instead
And I remember every word you
Ever said
Well damn it, I should have known
That ya can never find you a home
When your concerns are not yo own
I'm out of here
 
Con gesti automatici superò la soglia della cucina. Intravide soltanto sua madre seduta al tavolo con una rubrica davanti e altri fogli sparsi davanti a sé. Nelle orecchie Sarah Gillespie continuava a cantare del suo pensiero ossessivo verso qualcuno che amava. Chloe aprì la porta del frigo e scrutò ondeggiando i vari scomparti in cerca di qualcosa da bere. La bottiglia del latte era lì, vuota a metà, con il suo candido contenuto che prometteva frescura e dolcezza. La afferrò, svitò il tappo e prese un lungo sorso direttamente dalla bottiglia. Un paio di goccioline sfuggirono alla sua bocca, colandole lungo le guance e rigandole il collo, facendole un fresco solletico, finché una non finì con l’essere assorbita dalla canottiera bianca. Su di essa campeggiava il disegno dell’occhio onniveggente.
Un suono distante la distrasse, mentre richiudeva il latte e lo riponeva nel frigo. Chiudendo la porta sentì come una forza magnetica che la attirava verso destra, come un richiamo. Guardò in direzione del tavolo e si accorse che sua madre era voltata verso di lei, con sguardo severo e stava evidentemente dicendo qualcosa che non riusciva a sentire. Si tolse le cuffie.
“Eh?”
Joyce sbuffò: “Santo Cielo Chloe, perché non puoi prendere un bicchiere??”
Chloe fece la connessione e non riuscì a evitare un’alzata di occhi al cielo: “Oook… scusa…”
“E poi smettila di tenere le cuffie! Per farmi sentire devo chiamarti dieci volte!” continuò Joyce.
“Se tengo la musica alta non va bene… se metto le cuffie non va bene… magari tu e Sergente Pepper mettetevi d’accordo su cosa volete e poi fatemelo sapere ok?” e su queste dolci note, Chloe si voltò per tornare da dov’era venuta.
“Aspetta Chloe…” la voce di Joyce la bloccò. Si voltò verso di lei con le braccia incrociate. “Ho bisogno di parlarti, vieni qui?”
Che cosa vuole ancora? Se mi chiede aiuto con gli inviti o puttanate simili…
Chloe si avvicinò al tavolo e si sedette al suo solito posto, notando che alcuni dei fogli sparsi sul tavolo non c’entravano col matrimonio ma erano bollette. Perlopiù con il bollo rosso del ritardo. Bestemmiò interiormente pensando al fatto che gran parte dei loro problemi economici erano dovuti alla presenza molesta di David e alla sua mancanza di contributi per mesi interi… quella doveva essere l’unica spiegazione.
"Che ho fatto stavolta?" disse Chloe rassegnata.
La fronte di Joyce si corrugò: "Non riguarda sempre te lo sai? Non sei il centro del mondo."
"Tranquilla, l'ho già imparata quella lezione..." rispose Chloe amaramente.
Joyce incrociò le braccia e le lanciò uno sguardo severo.
"Stavo facendo i compiti, puoi dirmi quello che devi così torno su e ricomincio?" disse stancamente Chloe.
Joyce sospirò e si alzò in piedi. Fece alcuni passi in tondo per poi affacciarsi alla finestra dietro di lei, dandole le spalle. Chloe rimase in silenzio, in attesa.
“Era così fiero di te…”
Chloe inarcò un sopracciglio: “Cosa??”
“William…”
“Oh…” fu l’unica cosa che uscì dalla bocca di Chloe.
Joyce fece il giro del tavolo e Chloe la seguì con lo sguardo. La vide avvicinarsi al divano in salotto e recuperare da esso un grosso e inconfondibile tomo. L’album con le foto di famiglia. Lo prese e lo portò al tavolo. Il cuore di Chloe iniziò a battere forte, la direzione che questa conversazione stava prendendo era molto pericolosa e non aveva nessuna intenzione di affrontarla.
Indietreggiò: “Scusa Mà… davvero devo studiare… io…”
“Chloe, non parliamo mai. Sei sempre sulle tue. Concedimi qualche minuto ok?”
“Ma non… voglio vedere quell’album…” Chloe si bloccò contro il banco della cucina e Joyce la guardò con triste stupore.
“Ok…” lo appoggiò sul tavolo, rimanendo di fronte a sua figlia. “Prima lo stavo guardando, sistemavo alcune foto e mi sono accorta che ne mancava una. Quella del tuo concorso di scienze in seconda media. Ce l’hai tu in camera vero?” spiegò Joyce.
“Si. È di questo che volevi parlarmi? Te la porto se vuoi…”
“Ve l’ho scattata io. Quella e molte altre…”
Chloe non rispose.
"Dopo la premiazione abbiamo recuperato Max e siamo andati a festeggiare al Luna Park di Portland. Penso che tu ti sia mangiata almeno un chilo di zucchero filato..." continuò Joyce.
"Che poi ho vomitato sulle montagne russe..." aggiunse Chloe con un mezzo sorriso.
"Già... Max era inorridita, ma rideva lo stesso. William si sentiva così in colpa. L'ho rimproverato per tutto il pomeriggio per avervi fatte mangiare così tanto..."
A Chloe sfuggì una risatina soffiata: "Mi manca così tanto..." commentò.
"Anche a me..." disse Joyce.
Quelle parole.
Chloe e Joyce non avevano mai parlato veramente di William da quando era morto. Certo, ne avevano parlato qualche volta, ma Chloe non l’aveva mai trovato utile. Non si erano mai capite e dopo un po’ aveva perso la voglia di farlo, soprattutto da quando David era entrato nelle loro vite.
Le mancava papà?
La malinconia fece spazio alla rabbia...
"Ti manca così tanto che sposi un altro giusto?" sibilò, rovistando nelle tasche. Tirò fuori il pacchetto di sigarette e se ne accese una con noncuranza.
Joyce la fissò incredula, sia per le sue parole, sia per la naturalezza con cui fumava davanti a lei con chiaro intento di sfida. A questo punto lo schema era consolidato: Chloe diceva qualcosa di sconveniente, Joyce si arrabbiava e rispondeva a tono, e così via di botta e risposta si finiva con urla, porte sbattute e un silenzio pesante.
Ma questa volta, Joyce non rispose. Cercò un istante nella tasca del vestito azzurro decorato con motivi floreali che indossava, ed estrasse un pacchetto di Winston Blue. Ne strinse una fra le labbra e la accese, sotto lo sguardo sbigottito di Chloe.
"Non pensare che diventi un'abitudine..." la avvertì Joyce notando quegli occhi blu che la fissavano confusi “E comunque andiamo in cortile…” le fece un cenno del capo e si avviò verso la porta a vetri. L’aria era fredda, quindi Chloe si premunì con un cappotto e, in uno slancio di altruismo, portò anche quello di sua madre.
“Grazie” disse la donna mentre lo indossava. L’aria fredda di novembre si fece largo nei loro polmoni mista al fumo. Il cielo plumbeo prometteva pioggia, forse neve.
"Credi davvero che possa dimenticare tuo padre?" disse Joyce rompendo il silenzio.
La fronte di Chloe si corrugò: "Beh... le tue azioni dicono esattamente questo..."
"Non potrei mai dimenticare William. Lui è... era tutto il mio mondo. Insieme a te..."
"E' per questo che hai adottato un veterano traumatizzato? Che hai nascosto o donato tutte le cose di papà? Che mi tratti come se fossi un peso o un fastidio?!" Chloe si allontanò di qualche passo, dando le spalle a sua madre. L’erba umidiccia le solleticava i lati dei piedi, mentre il resto era protetto da un paio di ciabatte di plastica blu con disegnato un Bulbasaur.
Forse grazie alla Fluoxetina, Joyce mantenne ancora la calma: "Ho paura di averti persa Chloe..."
Chloe si voltò di scatto, la rabbia si mescolò al rimorso.
"Non mi hai persa..." disse lei.
"Ti ho vista romperti, giorno dopo giorno, da quando William... non c'è più... Non so più come comportarmi con te Chloe. Te l’ho detto tante volte, ho bisogno che torniamo ad essere una famiglia..."
"Siamo una famiglia... io e te!" sottolineò Chloe avvicinandosi a Joyce.
"Se è così ho bisogno che tu sia al mio fianco Chloe. Io..." la donna prese un profondo respiro, arrivando finalmente al dunque "...so che non vuoi che io e David ci sposiamo..." Chloe alzò gli occhi al cielo e prese un profondo tiro di tossine che sparse nervosamente nell’aria "Capisco che sia difficile per te rapportarti con David e lui... spesso non aiuta..."
Chloe la guardò severamente: "Questo è un eufemismo."
"Lui ha dei problemi, ci sta lavorando. Ma anch'io ne ho... e anche tu! Siamo tre persone che hanno passato l'inferno, ciascuna a modo proprio. Riesci a capirlo?"
"Questo non lo autorizza a buttare la sua merda addosso a tutti gli altri!" sbottò Chloe spalancando le braccia aggressivamente.
Joyce prese un tiro di sigaretta: "Vale anche per te!"
"Cosa?!"
"Hai capito benissimo. Pensi di non gettare la tua merda addosso agli altri? Non fai altro da un anno!"
Sua madre che diceva le parolacce era ancora più insolita di sua madre che non la bacchetta per il fumo e addirittura fuma insieme a lei: "Questo... non puoi dire così! Papà è morto, cosa ti aspetti che io..." la voce di Chloe si ruppe.
"Mio marito è morto! L'uomo con cui ho passato vent’anni di matrimonio, che amavo fin dal college... la persona più importante della mia vita insieme a te è morto! Hai idea di quanto sia stato difficile per me? Ti è mai importato? Hai mai chiesto Chloe?!"
Silenzio.
Joyce sospirò stancamente e lasciò cadere il mozzicone sporco di rossetto nell’erba, spegnendolo con il piede.
Chloe non riusciva a parlare. Troppe risposte si accavallavano nella mente, facevano a pugni per raggiungere la punta della lingua, ma si incastrarono nella sua gola. Repliche argute, sarcastiche, rabbiose, tristi, patetiche...
"Dobbiamo andare avanti Chloe... William non c'è più..." concluse Joyce.
"E nemmeno Max..." commentò Chloe con un sussurro.
"Cosa?"
"Non ci sentiamo più... non mi risponde più da quasi un anno..."
"Oh Chloe...io non pensavo…" Joyce si avvicinò a lei protendendo le braccia, ma Chloe si ritrasse.
"Papà è morto, Max è sparita... non tutti sono bravi come te a trovare rimpiazzi!" ringhiò Chloe.
"David non è un rimpiazzo... è l'uomo che amo." affermò Joyce con decisione. Una decisione che colpì Chloe.
"Sei seria?"
"Si!"
Chloe gettò la sigaretta nell’erba e rientrò in casa, lasciandosi cadere sul divano, curva e con la testa fra le mani. Una lacrima sfuggì senza permesso, rigandole la guancia. Joyce la seguì.
"David mi è stato accanto nel momento peggiore e io sono stata accanto a lui. Ha passato cose molto peggiori di quello che immagini Chloe, la guerra lo ha spezzato, ma è una brava persona. Se gli darai un po’ di tregua forse te ne parlerà. Spero che allora capirai quello che intendo. Fino ad allora, ti prego... sii al mio fianco Chloe. Abbi fiducia in me. Ho bisogno di mia figlia."
Chloe stava tentando di assorbire quelle parole. Faceva fatica anche solo ad ascoltarle, ma non aveva la forza di allontanare Joyce. Nemmeno voleva. In qualche modo, quello era il momento più intimo con sua madre da quando era morto suo padre. Non voleva che finisse, nonostante le sue parole agrodolci.
"E io ho bisogno di te..." sussurrò Chloe.
Joyce si chinò davanti a lei e i loro sguardi blu si incrociarono. Anche Joyce aveva gli occhi carichi di lacrime a stento trattenute. Appoggiò una mano sulla spalla della figlia, che stavolta non si ritrasse.
"Ci sarai alla cerimonia vero?" chiese Joyce.
Chloe espirò rumorosamente e distolse lo sguardo.
"Quando sarebbe?" disse rassegnata.
"Il venti dicembre."
Chloe si massaggiò selvaggiamente la fronte e gli occhi.
"Allora?" incalzò con dolce impazienza Joyce.
"Si... si, ok..." sbuffò Chloe.
La mano materna sulla sua spalla si strinse affettuosamente, ma non fu davvero piacevole. Fu una sensazione molto più ruvida di quel che avrebbe dovuto.
"Bene... ti chiederei di farmi da damigella, ma non voglio darti altre occasioni per essere scurrile!" il tentativo di leggerezza di Joyce si infranse contro un muro di sconforto. Chloe, però, le rispose con un sorriso di circostanza.
Non odiava sua madre.
La amava più profondamente di quanto volesse ammettere.
E le mancava così tanto.
Joyce la trascinò in un abbraccio e Chloe lo restituì goffamente. Era un gesto divenuto così poco abituale ormai... era triste. Ma ne aveva bisogno…
"E mi dispiace che tu e Max vi siate allontanate. Mi avevi detto che vi sentivate di meno, ma… non pensavo…" sussurrò Joyce nel suo orecchio.
"Sembra che tutti riescano ad andare avanti con le loro vite tranne me..." replicò lei amaramente.
"Chloe..." disse Joyce rompendo l'abbraccio, con quell'inflessione delusa nella voce.
Chloe si limitò a fare spallucce.
"Se vuoi parlarne..." si offrì la donna.
"Lo farò... se ne avrò bisogno lo farò..." mentì Chloe. Joyce sembrò soddisfatta.
"Ti lascio ai tuoi compiti... la lista degli invitati è..." Joyce si alzò in piedi e indietreggiò di alcuni passi, il suo tono improvvisamente incerto.
“Per non parlare delle bollette…” replicò Chloe.
“Già… Andrà meglio!”
Chloe emise un distratto "Mh-Hm"
Joyce tornò al tavolo, lasciando Chloe seduta sul divano, le narici ancora piene di un incoerente miscuglio tra l'aroma floreale di sua madre e fumo di sigaretta.
Immobile.
Tutto si sedimentava dentro di lei.
Faticosamente.
Dopo quella che le parve un’eternità, Chloe si alzò in piedi e tornò nella sua stanza. Fu un percorso lento, appesantito da uno zaino di cupi pensieri. Rientrando in stanza si avvicinò alla scrivania, preparando una nuova sigaretta. Notò allora la luce lampeggiante del suo cellulare.
Un messaggio.
 
Rachel
  • Hey gurl! Mi manchi!
 
Gli occhi di Chloe si spalancarono e una sensazione di calore si unì al bizzarro miscuglio che le riempiva il petto. Rachel... sentiva la sua mancanza?
Cosa doveva rispondere?
"Anch'io?"
Troppo scontato? Però era la verità.
Aveva davvero voglia di vedere Rachel!
Era una specie di velato invito a uscire? A proporre qualcosa?
Fanculo! Perché deve essere tutto così difficile!
Qualcosa di acuto... qualcosa di acuto...
 
Chloe
  • Lo so! Sono così figa! A volte mi manco da sola!
 
Premuto invio.
Che cazzata!
Merda perché non si possono cancellare gli SMS inviati?!
 
Rrrrmmmmmmmmmmm
 
Rachel
  • LOL! Sto andando al Two Whales. Tua mamma non è di turno giusto? Mi fai compagnia?
 
Chloe
  •  Vediamoci lì davanti ma ti porto in un posto migliore.
 
Rachel.
  • Ooooh! Suona interessante!
  • Dove dove??
 
Chloe
  •  Sorpresa!
 
Rachel
  •  :'(
 
Chloe
  •  NO EMOJI!!!
 
Rachel
  •  <3
 
Chloe sghignazzò fra sé.
Bene.
Come sempre, Rachel appariva nel momento del bisogno! Almeno aveva una scusa per allontanarsi da casa, che era diventata anche meno accogliente del solito.
 
-
 
"Quindi sei una stalker!" replicò Chloe combattuta fra sentirsi lusingata o inquietata. Rachel le aveva appena detto di aver visto una foto di Bongo nel suo armadietto.
"Ma no! Ho solo un buon occhio!" si giustificò Rachel sorridendo "E' normale passare davanti agli armadietti delle persone in una scuola!"
"Anche guardarci dentro?" pungolò Chloe.
"Mi piacciono i gatti, che posso farci!" concluse Rachel.
"Dopotutto sei Leone."
"Già! Tu che segno sei?"
Chloe estrasse il pacchetto di sigarette e se ne accese una. Camminavano in salita, fianco a fianco, lungo il sentiero boschivo che le avrebbe condotte al faro. Il cielo era ancora plumbeo e si stava alzando un po' di vento, ma questo non le scoraggiava. Durante il tragitto avevano giocato a Due Verità e Una Bugia ed erano uscite informazioni interessanti!
"Non ne ho idea!" ammise Chloe.
"Quando sei nata?"
"L'undici marzo"
"Mmmmmh..." per spirito di emulazione Rachel prese dalla tasca dei jeans il pacchetto di Lucky Strike e se ne accese una "Pesci! Molto interessante!"
"Perché?" chiese Chloe sbuffando fumo.
"Diciamo che vista da fuori non si direbbe!" commentò Rachel.
Chloe sghignazzò: "Sentiamo, come dovrei essere?"
"Vedi, tu in genere passi per una persona chiusa, dura e indipendente. I Pesci sono l'esatto contrario. Sono aperti, sensibili e hanno un gran bisogno degli altri!"
"Vedi? L'ho sempre detto che l'astrologia è una cazzata!" sghignazzò Chloe.
"Ora che ci conosciamo un po' meglio penso che abbia perfettamente senso invece!" replicò Rachel.
"Ah si? Quindi sono una mollacciona?"
"Al contrario! L'astrologia non è semplice, penso che tu abbia almeno una componente di Fuoco nel tuo oroscopo, altrimenti non andremmo così d'accordo. Ma sei molto più sensibile di quel che vuoi dare a vedere." spiegò Rachel.
"E capisci tutto questo dalla mia data di nascita?"
"No, lo capisco dal fatto che siamo diventate amiche." Rachel le regalò un sorriso e Chloe sentì un vago calore riempirle le guance. Distolse lo sguardo.
Amiche...
Migliori amiche per sempre...
Max...
"E poi solo una persona sognatrice e sensibile vorrebbe diventare un pirata!" aggiunse Rachel.
"Ti piacciono i Pirati dei Caraibi?" chiese Chloe.
Rachel appoggiò una mano sulla spalla di Chloe e si avvicinò di un passo: "Che cos'è il mare?" chiese con uno strano accento britannico. Le due si fermarono e Rachel guardò un immaginario orizzonte verso cui protese il braccio "Che cos'è la Perla Nera?" La mano sulla spalla scivolò in un abbraccio laterale, mentre Chloe era troppo confusa per reagire "E' libertà!" concluse Rachel con enfasi.
"Pfff... questo è il tuo miglior Jack Sparrow?" chiese Chloe.
Rachel si allontanò, lasciando dietro di sé una certa delusione.
"Ma perché hai bruciato il rum?!" replicò Chloe.
Le loro risate riempirono il sentiero mentre ripresero a camminare.
Inevitabilmente la memoria di Chloe la portò indietro nel tempo, in un cinema di Portland, seduta tra suo padre a sinistra e Max alla sua destra mentre sullo schermo veniva proiettata la Maledizione della Prima Luna. Sembravano passati cent'anni.
Proseguirono lungo il sentiero finché gli alberi cominciarono a diradarsi, lasciando più spazio al cielo. Il faro emerse in tutta la sua altezza e una folata di vento scompigliò la chioma dorata di Rachel appena emersero dal sentiero.
Spensero le sigarette quasi all'unisono, lasciandole cadere per terra e schiacciandole distrattamente. Rachel non veniva spesso da quelle parti, ma riconosceva il fascino di quel luogo. Il faro era come un mondo a parte, dalla cima della scogliera tutto sembrava diverso. L'oceano Pacifico si dispiegava in tutta la sua vastità, così come il cielo. Arcadia Bay sembrava improvvisamente così lontana e minuscola, così come i problemi e i drammi che ospitava. Era esattamente per questo che Chloe ci veniva spesso, non solo per i ricordi di tempi più felici.
"Hai un vero talento per scegliere le location!" disse Rachel.
"Ci eri già venuta?" chiese lei prendendo un'altra sigaretta.
"Un paio di volte."
"Io vengo qui spesso, quando ho voglia di stare un po' da sola e pensare."
"Quindi è il tuo luogo speciale?" propose Rachel.
"Mmmh... diciamo di sì!" replicò Chloe prendendo una boccata di fumo.
"Sono felice che tu lo condivida con me!" disse Rachel regalandole un sorriso, che Chloe restituì senza aggiungere altro.
Mentre si avvicinavano alla panchina vicino al bordo della scogliera, Rachel intravide i resti di quello che un tempo era un abete secolare. Sul ceppo spezzato erano incise delle iscrizioni:
Max & Chloe
BFF Pirates
2008
 
Rachel sorrise.
Chloe aveva nominato una volta questo Max, forse la prima volta in cui si erano parlate alla Blackwell. Quella volta non aveva voluto indagare, ma ora la curiosità era troppa.
"Questa sei tu vero?" chiese Rachel.
Chloe si voltò e la vide accanto al ceppo mentre indicava le incisioni. Il cuore le balzò in gola. Merda, tra tutte le cose cui non aveva pensato c'era proprio quella scritta! Scattò in avanti come per frapporsi fra Rachel e il tronco, ma si bloccò subito e abbassò lo sguardo con rassegnazione.
"Si..." rispose.
"A proposito di pirati giusto?" scherzò Rachel avvicinandosi ancora un po' al ceppo "Quando avrò la storia dietro questo?"
Chloe si grattò la testa a disagio: "Sarebbe troppo lunga..."
"Avanti, chi è questo Max? L'hai già nominato una volta." insistette Rachel.
"L'ho fatto?"
"Non oggi, ma si!"
Chloe si tappò la bocca con la sigaretta e si allontanò, cercando di sfuggire a quella situazione.
Dannazione Rachel! Esco con te per non pensare a Max...
"Un ex fidanzato?" ipotizzò Rachel "Aspetta... 2008... eravate alle medie giusto?"
"Già..." confermò piattamente Chloe.
Perché cazzo insiste così tanto?
"Avanti Chloe. Non vuoi darmi proprio niente? Nemmeno un indizio?" stuzzicò allegramente Rachel raggiungendo Chloe nei pressi della panchina.
"Non era un fidanzato, era... è una ragazza!" spiegò Chloe.
"Una cosa non esclude l'altra!"
"Si beh... non in questo caso. Era la mia migliore amica. Siamo cresciute insieme..." spiegò Chloe prima zittirsi nuovamente con un lunghissimo tiro di sigaretta. Sbuffò una nuvola di fumo senza continuare il discorso, lasciando Rachel a pendere dalle sue labbra per un po'.
"Poi?" la incalzò.
"Poi se n'è andata. Ha traslocato a Seattle lo stesso giorno del funerale di mio padre. Aveva detto che saremmo rimaste in contatto, che la distanza non avrebbe cambiato nulla. Invece è sparita."
Solo allora Rachel si rese conto dell'espressione cupa sul viso di Chloe. Spinta dalla curiosità l'aveva costretta a parlare di qualcosa che la faceva soffrire:
"Mi dispiace, non volevo renderti triste."
"Non preoccuparti. Dovrò farci i conti prima o poi giusto? Le cose cambiano, le persone vanno e vengono... il cerchio della vita e merda così giusto?" riecco la maschera cinica di Chloe.
"Il fatto che le cose cambino non vuol dire che debba andarci bene." commentò Rachel "O che non ci faccia soffrire."
"Già..." convenne Chloe. Andò a sedersi in silenzio sulla panchina e Rachel la seguì in silenzio. Forse aveva esagerato.
“Max se n'è andata, mio padre è morto e adesso mia madre si sposa Dick-David.” Continuò Chloe “Oggi era tutta sentimentale e merda, ha tirato fuori l'album di fotografie e mi ha implorata di esserci al suo matrimonio..."
"E cosa le hai detto?"
"Si..."
"Ma in realtà non vuoi andarci."
"Esatto! Lei non capisce come mi sento. Prima dice che le manca mio padre, che nessuno potrà mai sostituirlo e cazzate varie, poi mi dice che David è l'uomo che ama e che dobbiamo essere una famiglia. Non ha nessun senso. Io le voglio bene, voglio che sia felice, ma così... non credo davvero che lo sia. Non posso nemmeno dirle quello che penso senza passare per stronza." Chloe si fermò e sospirò profondamente.
"Che situazione di merda." commentò Rachel.
"La merda delle merde..." aggiunse Chloe "Non so nemmeno che cazzo mettermi per il matrimonio..."
"Ci andrai davvero allora?" chiese Rachel, Chloe si voltò verso di lei e si sistemò sulla panchina per guardarla direttamente.
"Non ho scelta. Mia madre me l'ha chiesto e le ho detto sì... ci rimarrebbe male se cambiassi idea."
"Chloe, tua madre sta consapevolmente sposando contro la tua volontà un uomo che odi e che ti tratta come fossi merda. Penso che tu sia libera di fare il cazzo che vuoi!" Lo sguardo serio e deciso di Rachel colpì profondamente Chloe. Era bello sentire quelle parole, sapere che qualcuno era dalla sua parte.
"Comunque..." continuò Rachel con un sorriso furbo "Se decidi di non andare allora ci vedremo e organizzeremo qualcosa di alternativo! Se decidi di andare, invece, ti aiuterò a scegliere il vestito!”
"Ah si?" Chloe non riuscì a mascherare un'espressione sbigottita.
"Si! È a questo che servono gli amici giusto?" continuò Rachel. Chloe avrebbe potuto perdersi in quello sguardo che brillava nonostante il sole fosse coperto “Potrei venire a casa tua per fartene provare qualcuno, così conoscerò finalmente lo Stronzo Adottivo!"
“Non sarebbe una buona idea…” disse Chloe amaramente.
“Perché?”
“Casa mia non… non è davvero il posto migliore. Una situazione di merda… Casa tua invece?”
Rachel sospirò e distolse lo sguardo: “Ti dico una cosa ma prometti di non fraintendere…”
Il cuore di Chloe saltò un battito: “Come faccio a prometterlo se non so nemmeno cosa vuoi dire?”
“Buon punto…” Rachel si sistemò nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio
“Che succede Rach?” incalzò Chloe.
“Mio padre ha detto che non sei una buona compagnia, quindi… insomma…”
Ecco! Bentornata nel mondo reale Chloe! Si vergogna di te! Lo sapevi fin dall’inizio che era tutta una stronzata…
“Non vuoi che sappia che ci vediamo?” il tono di Chloe fu più piccato di quanto volesse.
“Lo sa già e non me ne frega un cazzo di quel che pensa!” esclamò Rachel recuperando il contatto visivo con Chloe “Io esco con chi mi pare. Mio padre non può decidere chi sono i miei amici, anche se vorrebbe!” I suoi occhi fiammeggiavano.
Chloe fu momentaneamente sopraffatta da quello sfogo: “Ho capito comunque. Sono la prima ad avere una situazione di merda a casa e poi essere la pecora nera è un po’ una mia cosa, quindi non preoccuparti…” scherzò Chloe.
In realtà non aveva molta intenzione di scherzare. Rachel le stava apertamente dicendo che non la voleva in casa sua perché non stava bene a suo padre…
Del resto lei le aveva appena detto che non la voleva in casa sua perché… perché?
Per paura di cosa avrebbe detto David?
Fosse stato solo per quello avrebbe steso un tappeto rosso per Rachel e chiunque altro. Avrebbe fatto un rave party in casa se fosse stato solo per il suo parere contrario.
Forse la verità era un’altra.
Si vergognava…
Rachel era così diversa da lei, un altro gradino sociale. Immaginava la casa di Rachel come una specie di reggia, mentre la sua sembrava sicuramente una catapecchia in confronto.
Ma c’era dell’altro.
Qualcosa che riguardava Max e suo padre…
Se Rachel avesse visto dove viveva, la sua stanza, avrebbe visto dove era stata felice. Avrebbe visto frammenti del suo passato, avrebbe visto come si era ridotta. O forse no? Non voleva scoprirlo. Non voleva che la giudicasse. Probabilmente non l’avrebbe fatto, ma Chloe non voleva rischiare.
Più facile dare la colpa a David e alla situazione casalinga…
“Invece mi preoccupo!” disse Rachel “Non voglio che pensi che mi vergogno di te o cazzate del genere! Solo… io… non riesco a fregarmene come fai tu.”
Le aveva letto nel pensiero?
“In che senso?” chiese Chloe.
“Tu fai come ti pare, dici a tutti in faccia quello che pensi, sei quello che sei. Io non ci riesco… è come se dovessi dimostrare sempre qualcosa. Soprattutto a mio padre. Quando mi ha detto che non dovrei frequentarti avrei voluto urlargli contro che si sbaglia, che non ti conosce, che non ha il diritto di controllare la mia vita… ma non ci sono riuscita. Davanti a lui è come se mi bloccassi…”
Chloe la fissò sbigottita.
Sono tutte stronzate, lo sai vero?
Non gliene frega un cazzo di te, sei solo un passatempo.

Eppure, Rachel sembrava davvero credere a ciò che diceva. Sembrava totalmente sincera, completamente coinvolta.
“Anch’io mi trattengo molto…” disse Chloe. Rachel si voltò a fissarla incuriosita. Chloe lasciò trascorrere alcuni istanti di silenzio prima di proseguire “Cioè… se non lo facessi, probabilmente sarei in galera per omicidio o per aver dato fuoco alla Blackwell!”
Rachel scoppiò in una risatina leggera. Ogni volta che sentiva quel suono, Chloe lo apprezzava di più. La risata di Rachel faceva sorridere anche lei.
“Mi piacerebbe vederlo!” disse Rachel.
“Cosa, gli omicidi o la Blackwell che va a fuoco?”
“Dipende da chi vuoi vedere morto! Ma la Blackwell in fiamme potrebbe essere uno spettacolo interessante!”
“Davvero? Pensavo adorassi quel posto…” commentò Chloe un po’ stupita.
“È complicato…” Rachel spostò lo sguardo oltre la scogliera, chinandosi in avanti con i gomiti sulle ginocchia.
“Come mai?”
“Tu perché hai scelto di frequentare la Blackwell?” replicò Rachel.
“Non si risponde a una domanda con una domanda!” bacchettò scherzosamente Chloe.
“Assecondami!” fu la risposta ammiccante.
Chloe sbuffò. Quello era un cassetto della memoria che non apriva da tempo. Ragnatele e muffa lo avevano ricoperto e forse il contenuto era marcito, insieme a tanti altri ricordi della persona che era. E di quella che voleva diventare.
“Non so…” esordì dopo un po’ “Non lo so più. Era un’altra vita quella… immagino che allora trovassi un’ottima idea frequentare una scuola prestigiosa vicino a casa, smanettare nel laboratorio di Chimica, mescolare composti e far esplodere le cose, soprattutto quando anche Max si sarebbe iscritta…” si interruppe, lasciandosi cadere all’indietro contro lo schienale della panchina, inarcando la testa all’indietro per fissare il cielo grigio “Ma non era così figo come pensavo e poi… niente ha avuto più senso…”
Rachel annuì: “Io non ci volevo nemmeno venire. È stata un’idea di mio padre, l’ha fatto perché avrebbe fatto comodo alla sua immagine. A volte tratta me e mia madre come se fossimo personaggi del suo show politico personale. E poi la maggior parte degli studenti sono degli snob che non hanno mai dovuto guadagnarsi niente in vita loro… con poche eccezioni!”
“Ma se è così allora perché li frequenti? Sembra che tu conosca tutti a scuola, prima che ci frequentassimo pensavo fossi nel giro di Marisa…”
“Mio padre mi disse di esserle amica. La famiglia di Marisa è una delle più ricche dell’Oregon e gli servivano donazioni per la campagna elettorale… anche adesso i nostri genitori sono in buoni rapporti e per questo anch’io devo mantenere un minimo di… neutralità.”
“Non le capisco queste cazzate.” disse Chloe incrociando le braccia.
“Uno di motivi per cui mi piaci!” replicò Rachel con un sorriso, dandole un colpetto con il gomito. Chloe sentì le guance improvvisamente calde. Quel genere di affermazioni e contatti fisici sembravano così naturali per Rachel, ma per lei era strano.
“Cioè… voglio dire…” aggiunse Chloe incespicando “Che cazzo c’entra chi frequenti tu con tuo padre e i suoi cazzi da Procuratore?”
“Io purtroppo lo capisco… e lo detesto. È uno dei motivi per cui me ne voglio andare da qui!”
Quelle parole erano musica per le orecchie di Chloe. Non immaginava che Rachel si sentisse così scomoda ad Arcadia Bay, ma era bello sapere che avevano anche quello in comune “Siamo in due! Arcadia Bay può andare a fanculo anche subito!”
“A volte non riesco a trovare nessun motivo per rimanere…” la voce di Rachel si fece cupa, come il suo sguardo, che si perse da qualche parte all’orizzonte “Non sorprenderti se un giorno non mi vedrai più, Chloe…”
Quella frase colpì Chloe, non tanto per le parole in sé quanto per il tono. Fu come se un pensiero remoto, profondo, nascosto, fosse evaso ed avesse trovato la strada per esprimersi ad alta voce. Chloe ormai aveva imparato che Rachel era molto più di ciò che mostrava al mondo, ma forse il suo universo era ancora più vasto e profondo di quel che immaginava. E in qualche modo, sentì di poterla capire e poter essere capita come non le succedeva da tempo.
“Beh, fammi sapere se hai bisogno di una complice!” rispose Chloe con un sorriso.  
Rachel si voltò verso di lei e le sorrise, un sorriso timido che non era certa di averle mai visto fare.
“Ho in mente un piano!” disse Rachel con improvviso entusiasmo.
“Eh?”
Un piano? Per la fuga??
“Sono sicura che ti piacerà…” l’espressione felina di Rachel divenne cospiratoria, in un modo molto divertente.
Chloe era intrigata: "Ah davvero? Sentiamo!"
“Che tu vada o no al matrimonio, David non otterrà quello che vuole senza resistenza. Ha una macchina sportiva giusto?"
Ah ok… Rachel aveva cambiato argomento!
Chloe ridacchiò dentro di sé. Non era così facile starle dietro a volte!
"Esatto!"
"E tempo fa mi hai detto che è la cosa cui tiene di più..."
"Proprio così!" la conversazione aveva fatto una curva a gomito vertiginosa e a Chloe piaceva molto la direzione che aveva preso.
"Bene! Per la buona riuscita di questo piano ci serviranno il favore delle tenebre, farina e delle uova... tante uova..."
Gli occhi di Chloe si illuminarono, mentre Rachel iniziava a spiegarle il suo diabolico piano.
 
-
 
Il mattino seguente le grida di David echeggiarono in tutto l'isolato e forse in tutta Arcadia Bay. Chloe assistette alla crisi di nervi dell'uomo a distanza di sicurezza, appostata dietro la siepe degli Hamilton dopo aver finto di andare a scuola in anticipo.
La macchina sportiva di David era ricoperta da uno strato incoerente di polvere bianca e colava albumi e tuorli in più punti, che mescolandosi con la farina avevano creato una specie di pasta. Chloe trattenne a stento le risate mentre contemplava David prendersela con i nipoti dei Robertson, che abitavano una delle case adiacenti, per poi dirottare la sua ira su fantomatici giovani drogati che infestavano Arcadia Bay, fino ad arrivare anche all'ovvia conclusione. Era per forza colpa di Chloe! Era stata sicuramente lei e per una volta aveva ragione. Joyce uscì in cortile per calmarlo, ma l'uomo pareva inconsolabile.
"Come cazzo faccio ad andare al lavoro con la macchina conciata così?! È stata tua figlia! Lo sai che è stata lei!" gridò David mentre Joyce lo trascinava in casa. Pochi momenti più tardi Chloe, ancora nascosta dietro la siepe, ricevette un messaggio.
Joyce
  • Chloe. Sai niente di quello che è successo alla macchina di David?
Chloe sospirò fra sé e digitò una risposta.
 
Chloe
  • Di che parli?
Joyce
  • Lo sai benissimo.
Chloe
  • No non lo so!
Joyce
  • Qualcuno stanotte l'ha vandalizzata.
Chloe
  • E ovviamente sono stata io giusto? Grazie...
Joyce
  • Non l'ho detto. Comunque mi sembra strano che tu non l'abbia notata uscendo di casa visto che era parcheggiata nel vialetto.
Chloe
  • L'ultima cosa di cui mi frega è la macchina di David. Senti ora devo andare.
Joyce
  • Ne parliamo quando torni a casa.
Chloe
  • Certo certo
 
Infine, Chloe si avviò effettivamente verso la fermata dello scuolabus. Aveva appuntamento in Caffetteria con Rachel.
Il cellulare vibrò.
Rachel
  • Allora?? Non posso aspettare di vederci!!
 
Chloe sghignazzò fra sé e rispose senza smettere di camminare.
 
Chloe
  • È andato totalmente fuori di testa! Prima ha accusato i vicini, poi i drogati e poi ovviamente me! Mia madre mi ha già scritto accusandomi velatamente della cosa quindi stasera mi aspettano rotture di palle...
Rachel
  • Vorrà dire che lavoreremo ad un alibi inattaccabile!
Chloe
  • Comunque vada ne è valsa la pena!
Rachel
  • Sono d'accordo.
 
Chloe rimise in tasca il cellulare, raggiungendo l'incrocio in fondo a Cedar Avenue dove raggiunse la fermata dell'autobus. Prese l'Ipod e fece per sistemarsi le cuffie nelle orecchie quando una voce maschile la interruppe:
"Hey Chloe!"
"H-Hey... Eliot..." fu l'imbarazzata risposta "Ma che ci fai qui?" In effetti era piuttosto strano, lui viveva al Dormitorio della Blackwell e non aveva senso che fosse da quelle parti.
"Ehm... io... non mi andava di fare colazione in caffetteria e stavo andando ad Up All Nite Donuts..." spiegò il ragazzo grattandosi la testa.
"Mmmmh... ok!" A Chloe non risultava che dalla Blackwell la sua via fosse di strada per andare in quel locale, ma fece spallucce.
"Vieni con me?" offrì lui.
"No grazie Eliot. Ho già un appuntamento in Caffetteria..." ammise Chloe sperando che quella conversazione finisse presto.
"Oh... con chi??" chiese lui deluso.
"Rachel Amber."
"Ah... wow! Non sapevo che foste amiche..."
"Si beh, ogni tanto usciamo insieme, niente di ché..." mentì Chloe.
“È strano." commentò lui incrociando le braccia.
"Perché scusa??" replicò Chloe un po' più aggressiva del previsto.
"Non è proprio il tuo genere..." spiegò Eliot
"Cioè uscire con persone popolari e cool non è il mio genere? Grazie!" ora Chloe iniziava ad offendersi. Eliot alzò le braccia e tentò di tamponare:
"No... cioè... non intendevo questo. Intendevo che Rachel mi sembra una fighetta snob e di solito non frequenta... si insomma... persone di ceto diverso..." il tentativo di aggiustare peggiorò solo le cose.
"Non sai proprio un cazzo di lei!" sbottò Chloe.
Eliot fece un passo indietro, sgomento:
"Scusami, non volevo offendere nessuno... ho detto delle cazzate. Perdonami..."
"Va bene. Ci vediamo più tardi..." disse Chloe infilandosi le cuffie.
"O-ok... ci vediamo..." mugugnò Eliot.
Rimase immobile dove si trovava, osservando Chloe che faceva partire la musica e chiudeva gli occhi tirando un sospiro di sollievo. Avrebbe voluto maggiori rassicurazioni che fosse tutto a posto fra loro, che fosse stato perdonato e magari ricevere un sorriso. Ma Chloe si limitò a ignorarlo, concentrandosi sulla musica. Eliot vide l'autobus svoltare l'angolo in fondo alla strada e dirigersi verso di loro.
Con riluttanza, decise di andare davvero a far colazione da Up All Nite Donuts...
 
-
 
Rachel si sentiva felice. Camminava nei corridoi della Blackwell diretta al Drama Club e ripensava alla sera precedente, quando lei e Chloe avevano messo in atto il suo piano. L'auto di David era rimasta parcheggiata nel vialetto perché la porta del garage si era 'accidentalmente' bloccata. Rachel era rimasta ad aspettare in strada, a distanza di sicurezza, avvolta in un abbondante cappotto per sopravvivere al freddo, ma soprattutto per trasportare uova e farina nelle tasche interne. Quando le arrivò l'sms di Chloe che tutti erano a letto, iniziò l'operazione "Fuck The Dick-tator"! Mentre Rachel si avvicinava alla casa, Chloe uscì dalla finestra della sua stanza, anche lei avvolta in un cappotto pesante, e si calò nel vialetto lungo la grondaia in modo così esperto che Rachel comprese che non era la prima vola che lo faceva. Si avvicinarono l'una all'altra ridacchiando e rimproverandosi con ripetuti "Shhhh!!", mentre Rachel consegnava una scatola di 12 uova a Chloe e un pacco di farina. Poi cominciò il tiro al bersaglio!
TUNK!
TUNK! TUNK!
TU-TUNK!
TUNK! TUNK! TU-TU-TUNK!
Dozzine di uova si infransero contro la fiancata, i finestrini, il parabrezza dell'auto di David, accompagnate da sommessi "Fanculo!" e risate soffocate. Rachel ad un certo punto si spostò sul lato opposto della macchina e usò il cofano come se fosse un tavolo, mimando un tutorial di cucina:
"Prendete delle uova e FRANTUMATELE sul cofano della vostra macchina di merda..." sussurrò mentre Chloe la fissava estasiata "Poi prendete un pacco di farina e..."
... e nuvole bianche si sollevarono in aria. Gettarono con furiosa ilarità manciate di farina contro la macchina, soprattutto Chloe. Farina e resti di uova si mescolarono in una pasta informe che cominciò a colare, rapprendersi e in certi punti a congelarsi per le temperature polari della notte.
Quando ebbero finito le munizioni, Chloe e Rachel fuggirono via insieme. Scoppiando in una risata liberatoria una volta lontane da casa Price.
"Cazzo! Finirò nella merda per questo!" continuava a ripetere Chloe senza smettere di ridere.
"Ti stai pentendo?" chiese Rachel
"Neanche per il cazzo! Benvenuto in famiglia stronzo!" gridò nella notte Chloe rifilando un doppio dito medio in direzione di casa sua, cui si aggregò anche Rachel con un "Whoooohoooo!!!"
Quella notte passeggiarono fianco a fianco, raggiunsero la spiaggia, fumarono una canna insieme e quando finì si separarono con riluttanza per tornare ciascuna a casa propria. Rachel come sempre si era premunita di una valida scusa e con la collaborazione di Joel, anche stavolta avrebbe evitato troppe domande, mentre Chloe non aveva bisogno di niente del genere. Lei era una ninja!
 
Rachel superò le macchinette e imboccò l'ultimo corridoio prima del Drama Lab. Non aveva mai fatto niente del genere prima di quella notte, non aveva mai fatto niente di illegale a parte bere e fumare delle canne. Eppure si era sentita più viva quella notte con Chloe a trasformare l'auto di David in una torta che in tutta la sua vita... almeno quella che riusciva a ricordare con chiarezza. Quella ad Arcadia Bay.
 
Forse, però, il teatro arrivava a pari merito con il vandalismo. Proprio mentre lo pensava oltrepassò le doppie porte in fondo al corridoio e si trovò di fronte all'ingresso del Drama Club. Sentì l'inconfondibile voce di Keaton all'interno. Doveva essere arrivato in anticipo come talvolta faceva. Si affacciò sull'uscio e lo vide di spalle, rivolto verso una delle ampie finestre della classe, con il cellulare all'orecchio.
"Comprendo il suo punto di vista..." disse Keaton con voce pacata.
Rachel si fermò dove si trovava.
"Penso che stia esagerando ora..." continuò Keaton senza perdere la calma. Sembrava una conversazione non particolarmente amichevole. Rachel sostò immobile ancora per un momento poi, cautamente, fece alcuni passi indietro, abbastanza per essere fuori vista ma sufficienti a poter origliare.
"Con tutto il rispetto, il professore sono io e assegno i ruoli in base alle capacità di ogni studente." Rachel sentì i passi di Keaton spostarsi dalla finestra ed echeggiare tra le pareti dell'aula. Qualche genitore era scontento del ruolo assegnato nella Tempesta?
"Suo figlio si è dimostrato perfetto per il ruolo di Calibano, è semplice. Non ci sono secondi fini nella mia decisione. È per il bene di Nathan e per il bene della commedia. Semplice."
Rachel sbiancò e il suo cuore le balzò improvvisamente in gola. Keaton era al telefono con Sean Prescott?!
"Non... come le ho spiegato... parli lei allora..." una leggerissima perdita di pazienza attraversò la voce altrimenti lineare di Keaton.
Merda...
Uno scenario iniziò a crearsi nella mente di Rachel, uno in cui come previsto da Nathan, suo padre non aveva accettato che suo figlio recitasse in un ruolo diverso da quello che lui aveva scelto. Così aveva chiamato il professor Keaton per chiedere conto e a quanto pare Keaton non sembrava intenzionato a cambiare idea.
"So benissimo quanto ha donato alla Blackwell e in particolare al Drama Club. Le sono personalmente grato e con me tutti gli studenti. Ma fare una donazione non significa averci comprati. Non è lei a pagarmi lo stipendio..."
Rachel era sgomenta.
Cosa cazzo stava dicendo Keaton a Sean Prescott?!
"Ha capito bene Signor Prescott."
Rachel era incredula e indecisa se Keaton avesse due palle colossali o fosse semplicemente impazzito.
"La devo salutare. Tra poco arriveranno i miei studenti, compreso suo figlio... per me non c'è altro da aggiungere... Come vuole. Buona giornata..."
Rachel sentì il suono del cellulare che veniva richiuso seguito da un lungo sospiro.
Rachel si avvicinò cautamente all'ingresso e sbirciò.
Vide Keaton seduto sulla cattedra, con il telefono ancora in mano. Fissava un punto indefinito davanti a sé. Improvvisamente la notò e balzò in piedi.
"Miss Amber! Sei lì da molto?" chiese vagamente imbarazzato. Era la prima volta che Rachel lo vedeva fuori dal ruolo. Fu solo qualche momento, poi sul volto ricomparve l'espressione del prof che conosceva. Ma per un momento vide Travis Keaton con il suo volto, puro e semplice, colmo di preoccupazione e con rughe d'espressione molto più evidenti del solito. Fu strano...
"No sono appena arrivata..." mentì Rachel.
Keaton le sorrise.
Aveva capito?
"Vai a cambiarti, oggi si inizia a fare sul serio!" le ammiccò.
Rachel sparì nei camerini, indossando una tuta da ginnastica nera. Doveva sentire Nathan. Lui non le aveva detto niente, ma evidentemente qualcosa doveva essere successo... doveva dirglielo.
O forse no?
Non avrebbe peggiorato le cose dirgli che suo padre aveva chiamato e magari minacciato il professor Keaton per colpa del suo ruolo?
Sapeva benissimo che quell'informazione l'avrebbe mandato in crisi...
No.
Non ne avrebbe parlato, a meno che non lo sapesse già.
 
Quel giorno la lezione al Drama Club coinvolse tutti gli studenti coinvolti nel progetto Tempesta, fu una riunione organizzativa, furono presentate le bozze di scenografia e costumi, organizzati i gruppi di lavoro e stabilite le giornate di prova e le successive riunioni.
 
Nathan non sapeva niente.
Rachel non disse nulla...
 
-
 
Dopo il Ringraziamento iniziò ufficialmente il clima natalizio. A casa Price si respirava un'aria elettrica di festa, che contribuì a far smaltire molto rapidamente la furia per la macchina vandalizzata. Chloe non ebbe conseguenze, raccontò di non saperne niente e che durante il misfatto era profondamente addormentata.
"Peccato però! Avrei voluto che venisse in mente a me!" disse Chloe su consiglio di Rachel. Sarebbe stato sospetto se Chloe non avesse cercato lo scontro con David, ma se avesse fatto la stronza tutto sarebbe risultato nella norma. E così fu. Litigio, "Chloe! Vai in camera tua!", porta sbattuta e BOOM! Fine della faccenda!
David impiegò una settimana a scrostare lo schifo dalla macchina, il colore risultò danneggiato in diversi punti a causa del ghiaccio e dovette riverniciarla! Un lato di Chloe, molto remoto, ne fu dispiaciuta. Uno molto più grande ne fu entusiasta, scatenando un rave nella sua mente. Rave in cui coinvolse Rachel, che nel frattempo continuava con la sua vita.
Ringraziamento con ospiti illustri, compiti, lavoro nell'ufficio del Preside e socialità Blackwelliana. Riuscì finalmente a dedicarsi a Megan, ma si accorse che qualcosa era cambiato. La ragazza era più fredda con lei, quasi come se la tenesse a distanza. Le ripropose di organizzare le LostNIght di cui avevano parlato tempo prima, ma Megan rifiutò. Non aveva tempo, aveva molto da studiare e altre evidenti scuse. Rachel comprese che la faccenda di Halloween aveva incrinato il loro rapporto, forse irrimediabilmente. Rachel aveva tentato di spiegarle che non aveva intenzione di crearle problemi e meno che mai era stato uno scherzo organizzato. Megan a parole le credeva, ma Rachel non riusciva più a fare breccia. Da un certo punto di vista, Rachel la capiva. Aveva saputo dei test di gravidanza, dei controlli sulle mestruazioni, delle battute e dei soprannomi. In tutto quel tempo Rachel non c'era stata per lei, non come prima e Megan doveva essersi sentita tradita. Però, non era un valido motivo per tenerle il broncio o tentare di punirla in quel modo. Anche se poteva capirla, Rachel non aveva tempo per quelle stronzate infantili. Se Megan non voleva vederla o la voleva allontanare, Rachel non avrebbe certo insistito.
Incontrò varie volte Steph con la scusa del costume. Quella ragazza aveva davvero un gran talento artistico e Rachel adorò totalmente l'idea di una maschera da drago per il suo costume da Prospera. Joel fu ricompensato per la sua complicità nei misfatti di Rachel con del buon sesso, ma la storia finì verso metà Dicembre, serenamente e senza nessun risentimento.
Intanto, Drew ancora non le parlava. Rachel avrebbe voluto contattarlo, fargli sapere che era solidale con lui e disposta a perdonare le sue parole per essergli accanto. Ma non fece nulla. Drew si era comportato da perfetto stronzo con Nathan e Chloe, le aveva detto cose orribili e per il poco che lo vedeva a scuola, era diventato una specie di bullo dei più ignoranti. Quello che Rachel aveva da dirgli l'aveva già detto. Lui sapeva dove trovarla.
Più Natale si avvicinava e più tutti sembravano più nervosi. Suo padre passava sempre più tempo chiuso nel suo studio, contrariamente al passato evitava i discorsi di lavoro. Sembrava preoccupato, ma ogni domanda riceveva sempre la stessa risposta: “Va tutto bene tesoro. Non preoccuparti!”
Rachel e Rose sapevano solo che era alle prese con un grosso caso che riguardava lo spaccio di droga ad Arcadia Bay.
Anche Nathan era più nervoso e chiuso. Se Rachel lo cercava, lui tagliava corto e quando era lui a cercare lei lo faceva con una tale disperazione da diventare snervante. Grazie al lavoro nell'ufficio di Wells, Rachel scoprì che si erano moltiplicati gli episodi di bullismo contro di lui, durante uno dei quali si era ribellato fracassando una sedia sulla schiena di un suo compagno di squadra. Una letterina di papà Prescott accompagnata da un assegno gli aveva evitato la sospensione. Rachel immaginò un collegamento tra il comportamento di Nathan e la telefonata di Keaton che aveva origliato.
Per fortuna c'era Chloe!
Anche lei aveva motivi per essere nervosa, visto l’imminente matrimonio di sua madre, ma quando stavano insieme i rispettivi turbamenti sembravano svanire nel nulla. Per Rachel i momenti in cui riuscivano a stare solo loro due erano i migliori. In spiaggia, al faro, al Two Whales. Iniziarono a frequentare il diner anche quando Joyce era di turno e finalmente Rachel conobbe la madre di Chloe. Si rese conto di conoscerla già e di essere stata servita da lei diverse volte in passato. Sembrava così gentile e aveva uno sguardo pieno d’amore e… rammarico quando guardava Chloe. Vedere Chloe insieme ad un’amica sembrava renderla felice!
Un giorno presero un autobus per Bay City con la scusa di comprare un vestito a Chloe per il matrimonio, passarono invece la giornata a cazzeggiare, per finire a bere in una bettola sfruttando il documento falso di Chloe! Le raccontò che gliel'aveva procurato il suo spacciatore, un tizio di nome Frank che Rachel aveva sentito nominare di sfuggita dagli amici di Ruth. Quella ragazza era sempre in grado di sorprenderla, si sentiva ammirata e intimidita al tempo stesso. Chloe aveva sofferto come a Rachel non era mai accaduto ed era ancora in piedi, si era fatta più dura, ma anche più forte. Più libera, in un modo che Rachel non conosceva. Vandalizzare l'auto di David, per lei, era stato il primo vero passo nel mondo di Chloe Price, fuori dalla sua zona di comfort. Certo l'aveva fatto per Chloe, per darle un'occasione di sfogarsi e di rivalersi, ma anche per sé stessa. Quella fottuta immagine che il mondo aveva di lei... che suo padre l'aveva costretta a nutrire, Rachel doveva distruggerla. Se non poteva farlo apertamente, almeno l'avrebbe fatto in segreto. Lei avrebbe saputo la verità su chi era davvero.
Lei e Chloe.
 
-
 
Esistono giorni che vorresti saltare completamente, eliminarli dal calendario. Chloe avrebbe voluto non svegliarsi, rimanere in coma solo per quel giorno. Eppure in un altro momento, in un altro tempo, l'avrebbe apprezzato. Mancavano cinque giorni a Natale e nevicava. Arcadia Bay era spolverata di bianco. Dal suo letto, Chloe sentì le risate di qualche ragazzino in strada e ricordò. In giornate come quella, lei e Max correvano su e giù per Cedar Avenue, lanciandosi palle di neve, scrivendo cazzate col dito su cofani e finestrini delle macchine, progettando il loro pupazzo di neve.
Invece, quel giorno Chloe si alzò dal letto e iniziò pigramente a prepararsi. Quella notte David aveva dormito fuori casa, ma non perché Joyce l'avesse cacciato come Chloe sperava. La sera precedente era stata quella degli addii al celibato e nubilato, ma secondo il programma di Joyce, gli sposi si sarebbero incontrati direttamente in chiesa, così David aveva dormito da amici.
Chloe era stupita che ne avesse.
Quando uscì dalla sua stanza trascinando i piedi e le occhiaie, sua madre era già sveglia da ore e dalla sua stanza provenivano voci e gridolini eccitati.
Bleah!
Amiche di sua madre di cui Chloe avrebbe dovuto ricordare i nomi, con l'aggiunta di zia Dorothy e nonna Clem erano tutte ammassate in camera da letto, aiutando Joyce nella vestizione dell'abito bianco.
"Sposarsi sotto la neve! È così romantico!" disse qualcuno.
Chloe coprì quei suoni fastidiosi infilando gli auricolari dell'Ipod profondamente nelle orecchie, lasciando che una playlist metal a caso le rintronasse i timpani.
Cazzo, quanto le serviva una canna!
E una cassa di birre! Forse una bottiglia di JD.
Dopo la routine del risveglio tornò in camera per vestirsi. Insieme a Rachel avevano fatto un giro a Bay City, esplorando qualche negozio in cerca di un vestito adatto. Alla fine, però, tutto era andato a monte quando erano incappate in un Irish Pub lungo la strada.
Niente vestito, ma era meglio così.
Rachel ci aveva provato con tutta sé stessa. Una parte di Chloe avrebbe voluto essere carina per sua madre, ma ad una più grande non fregava assolutamente un cazzo! Chloe optò per un look aggressivo: canotta nera con la stampa di un teschio coronato di spine e rose (così magari avrebbe preso fuoco appena entrata in chiesa e si sarebbe risparmiata la cerimonia), jeans strappati, stivali anfibi logori ma cazzuti, con bracciali borchiati e un paio di anelli con teschi. Concluse il look con un berretto di lana blu. Guardandosi allo specchio approvò ciò che vide, ma mancava ancora qualcosa...
Fece per tornare a rovistare nel guardaroba, ma lo sguardo fu attirato da una giacca di pelle marrone appesa accanto alla porta. Chloe rimase immobile a fissarla.
La giacca di papà.
Ecco cosa mancava.
La indossò e si guardò allo specchio.
Stonava completamente con il suo look, era anche un po' troppo larga per lei. Era così calda. Chiuse la cerniera fino in cima, godendo la sensazione di morbidezza del tessuto e della leggera imbottitura. L'odore della giacca accompagnato da un vago residuo, forse immaginario, del dopobarba di suo padre. Era come abbracciarlo di nuovo. Era un po' strano come pensiero, ma nel giorno in cui sua madre sposava un altro, aveva bisogno che William le fosse accanto. Aveva bisogno del suo abbraccio, di sentirsi nuovamente al sicuro e amata come quando era ancora vivo. Inoltre, nessuno doveva dimenticarsi di lui. Sua madre non doveva dimenticare, anche se stava facendo di tutto per lasciarselo alle spalle. Chloe non l'avrebbe permesso.
Mai.
 
Qualcuno bussò alla sua porta mentre ancora si fissava allo specchio.
"Chloe? Sei pronta? Dobbiamo andare!" era la voce di zia Dorothy.
Senza aprire bocca aprì la porta. La sua prozia era sempre stata una signora curatissima, soprattutto quando si trattava di cerimonie ufficiali. Di poco più giovane di sua nonna, i capelli cotonati e innaturalmente biondi, sembrava un confetto rosa. La squadrò dalla testa ai piedi, rivolgendole uno sguardo a metà fra disappunto e imbarazzo: "Ehm... Chloe, ma non mi sembra il modo giusto di vestire per un matrimonio..."
Lei fece spallucce e la superò senza dire niente. In quel momento Joyce fece capolino dalla sua stanza, con le damigelle al seguito. Si videro ed entrambe rimasero immobili, lo sguardo fisso l'una sull'altra, per motivi molto diversi.
La prima cosa che Joyce vide fu la giacca. Il sorriso che aveva stampato fino a poco prima le morì sul viso, gli occhi si spensero, le sopracciglia si incurvarono. Fu come in quei giorni di sole, quando tutto è caldo e radioso, finché non arriva una nube solitaria. La luce diventa di colpo ovattata, il calore svanisce e cominci a domandarti se non pioverà presto. E alcune lacrime iniziarono ad accumularsi negli occhi celesti di Joyce, minacciando di straripare e rovinare il suo trucco perfetto.
Chloe invece ebbe come un'apparizione. Il vestito bianco avvolgeva sua madre, lasciandole scoperte le spalle. Era un vestito semplice, ma elegante e sembrava addirittura comodo. Come una perfetta cornice per l'animo pratico, materno e amorevole di sua madre. Nonostante tutto, Chloe non poté evitare di trovarla bellissima.
Mentre zia Dorothy, nonna Clem e la combriccola delle damigelle imboccavano le scale commentando fra loro quanto Chloe fosse fuori luogo, Joyce si avvicinò lentamente a sua figlia.
"Ti sta bene..." le parole uscirono in un sussurro dalle labbra di Joyce, mentre sistemava distrattamente la giacca indosso a sua figlia.
"G-grazie..." rispose Chloe distogliendo lo sguardo. In quell'istante si pentì di aver indossato la giacca di William "Anche... anche tu stai bene..." aggiunse come per rimediare.
"Grazie..." disse Joyce, superando sua figlia e scendendo cautamente le scale, per non inciampare nella gonna "Andiamo o faremo tardi..."
Chloe rimase dove si trovava, fissando sua madre allontanarsi. Istintivamente chiuse le braccia intorno a sé, afferrando lembi di pelle delle maniche come faceva da bambina, quando si aggrappava alle forti braccia di suo padre.
"Non vogliamo fare tardi..." sussurrò fra sé.
 
-
 
Chloe si sentiva come un buco nero, solo che invece di risucchiare tutta la materia per spararla chissà dove nel continuum spaziotemporale, lei risucchiava il buonumore. Non ci volle molto perché tutti iniziassero a starle alla larga, sia i suoi parenti che quelli di David. Non erano poi molti né da una parte né dall'altra, ma comunque troppi per i suoi gusti. Un tempo era stata un piccolo terremoto pieno di gioia e speranze. Tutti la ricordavano così, nessuno la riconosceva più. Molti non la vedevano da anni, la ricordavano con i capelli lunghi e un sorriso stampato sul volto, sempre a correre in giro con Max. Ora la trovavano capelli corti, faccia incazzata e il teschio di Gesù Cristo stampato sulla maglietta. In chiesa. Inutile accennare agli sguardi terrificati dei genitori di David, gente del sud come la famiglia di Joyce, ma forse ancora più a sud e molto più semplici.
Chloe vide il paggetto, un ragazzino brufoloso con capelli neri corti, tutto fiero di vestire una sottospecie di smoking e di portare gli anelli agli sposi. Doveva essere un suo nuovo cugino acquisito… non che le fregasse un cazzo comunque. Dalla sua postazione in piedi, in fondo alla chiesa, meditò di rubargli le fedi, fuggire dalla chiesa e gettarle nel primo tombino che avesse trovato.
Non lo fece.
"Se qualcuno ha qualcosa da dire contro questa unione, parli ora o taccia per sempre!"
E Chloe avrebbe avuto così tanto da dire!
Avrebbe voluto gridare il suo "Io mio oppongo!" dal fondo della chiesa, per proseguire elencando tutte le ragioni per cui quel matrimonio era una fottutissima pessima idea.
Non aprì bocca.
C'erano così tanti modi in cui avrebbe voluto rovinare quella cazzo di cerimonia.
Eppure lo sguardo di sua madre...
Quegli occhi celesti, così pieni di devozione e di amore, sentimenti che le aveva sempre visto rivolgere a suo padre, ora erano puntati su David. E lui ricambiava quello sguardo. Joyce sembrava così autenticamente felice...
Tutti là dentro sembravano così felici.
Quando si scambiarono le promesse, Chloe uscì dalla chiesa tentando di non fare rumore mentre apriva la porta. La temperatura all'esterno era drasticamente più bassa, ma non nevicava più e il mondo era così piacevolmente silenzioso. Niente brusii commossi dei parenti, niente organo che suonava, niente chiacchiere altisonanti del Pastore. Solo un clacson lontano, il rombo di una macchina che passava nella strada davanti, il sibilo del vento e il suono delle onde dell'oceano oltre la strada. Fumò una sigaretta.
Quando gli invitati iniziarono ad accumularsi fuori, Chloe si fece nuovamente in disparte. Lo stesso paggetto di prima passò a distribuire manciate di riso a tutti. Quando la raggiunse, Chloe ringhiò e lui passò oltre, accelerando il passo. Di lì a poco Joyce e David uscirono dalla chiesa, dalle cui porte spalancate proruppe il frastuono dell'organo ingiustificatamente festoso. Furono bersagliati di riso mentre trotterellavano verso la macchina per recarsi al ricevimento, che si sarebbe tenuto a Rue Altimore, l'unico ristorante di Arcadia Bay a potersi definire di lusso.
Tutti iniziarono a correre verso le macchine per recarvisi, mentre una cacofonia di clacson e strilli eccitati sottolineava la partenza dell'auto degli sposi.
Chloe rimase in silenzio.
Mentre tutti piano piano se ne andavano, ignorandola, prese un'altra sigaretta. Si accorse con disappunto che era l'ultima. La accese ugualmente e la sua testa fu avvolta da una nuvola di fumo.
Non aveva nessuna fottuta voglia di andare a quel ricevimento. Doveva sparire, ma per andare dove? Rachel sarebbe stata la sua prima scelta, ma era partita per una fottuta vacanza con i suoi! Casa era fuori questione! L’ultima cosa di cui aveva bisogno era rimanere sola in compagnia della sua mente. Justin e Trevor… cazzo no! Se solo avesse avuto un po’ d’erba…
Erba…
Erba!!
Si rese improvvisamente conto che la chiesa distava solo pochi minuti dalla spiaggia in cui parcheggiava Frank. Stringendosi nella giacca di suo padre per ripararsi dalle stilettate di aria gelida, si incamminò.
 
-
 
Non era così scontato che Frank fosse lì, ma dopotutto era uno dei ‘suoi’ posti. Chloe ne conosceva solo due, la spiaggia e il parcheggio del Two Whales, dove per ovvi motivi non faceva affari. Frank odiava le improvvisate, ma a Chloe non fregava un cazzo. Frank abbaiava ma non mordeva. Almeno, non Chloe. Sperava!
La sigaretta finì troppo in fretta, così Chloe accelerò il passo. Stava davvero congelando là fuori, soprattutto le gambe. Le orecchie non avevano più sensibilità, probabilmente dovevano essere diventate viola o di qualche altro colore affine. Per fortuna, Chloe avvistò l’RV esattamente là dove sperava di trovarlo. Ora la questione era se Frank fosse solo e soprattutto se l’avrebbe fatta entrare!
A giudicare dalla musica metal che proveniva dall’interno, probabilmente Frank era in casa. Chloe rabbrividì mentre camminava, abbracciandosi da sola nel tentativo di aumentare il calore. L’aria gelida che proveniva dall’oceano alla sua destra si mescolava con gli odori del bosco di abeti, con un puzzo di spazzatura proveniente dai cassonetti e da altri rifiuti sparsi qui e là per terra.
Perché ad Arcadia Bay rispettiamo l’ambiente!
 
Rrrrrrrmmmmmmmm
 
Un messaggio.
L’ennesimo.
Il cellulare aveva cominciato a vibrare una decina di minuti dopo che aveva lasciato la chiesa. Da allora ad intervalli regolari sentiva la chiappa sinistra tremarle per quelli che dovevano essere sms di sua madre.
Non avrebbe risposto.
Fanculo!

Chloe lanciò uno sguardo verso la spiaggia imbiancata di neve, il cielo altrettanto bianco e informe la sovrastava. Chloe aggirò il camper e raggiunse la porta. Sospirò battendo i denti, mentre allungava un pugno per bussare.
Merda… la giacca di papà era troppo leggera…
KNOCK! KNOCK! KNOCK!
Qualcosa si mosse all’interno. Qualcos’altro cadde. Un’imprecazione. Borbottii incazzati.
Chloe si fece indietro di qualche passo, quando la porta dell’RV si spalancò.
Frank era sulla soglia, avvolto in un pesante cappotto invernale che gli arrivava a metà delle cosce. Le gambe erano nude come i piedi che calzavano un paio di infradito con una microscopica bandiera del Brasile. I capelli scompigliati, una bottiglia di birra a metà nella mano destra.
“Price?!” esclamò stupito Frank “Hai i miei soldi?”
“Buongiorno anche a te Frank… e ovviamente non ho i tuoi soldi.” Rispose Chloe con un sorriso imbarazzato.
“Allora vaffanculo!” La porta si richiuse. Lasciando Chloe esterrefatta.
KNOCK! KNOCK! KNOCK! KNOCK!
“Dai Coso!! È una giornata di merda e si congela qui fuori!” disse Chloe implorante.
“Non sono cazzi miei!” fu la risposta dall’interno.
“Che per caso sei nudo sotto quel cappotto? O hai un accappatoio tipo Grande Lebowski??” lo sfotté.
“Gesù Cristo! Te ne vuoi andare? Non tornare senza i miei soldi!”
“Se non mi fai entrare morirò qui fuori e non ti ripagherò mai. Sento già l’ipotermia, temo che perderò le dita dei piedi!”
Un ringhio lamentoso giunse in risposta, rumore ovattato di passi e la porta si riaprì.
“Sei peggio delle piattole!” disse Frank senza nemmeno affacciarsi.
“Tu le conosci bene vero?” replicò Chloe superando la soglia, venendo investita dal calore insieme all’odore acre di sudore rancido, marijuana e chili.
“Chiudi quella cazzo di porta Price!”
“Ok ok… che cazzo…” bofonchiò Chloe mentre eseguiva.
Non che fosse un’assidua frequentatrice del camper di Frank, in realtà ci era entrata giusto un paio di volte prima di allora, ma faceva più schifo del solito. L’aria era pesante, quasi densa. Sui fornelli sporchi c’era una marmitta piena di chili, piatti sporchi accumulati da giorni nel lavandino, riviste, tovaglioli sporchi per terra, e la musica a tutto volume era davvero assordante. Frank fortunatamente non era né nudo, né indossava un accappatoio. Dopo aver depositato il giaccone invernale, l’uomo rivelò un paio di bermuda arancioni con palme gialle e una maglietta di Joe Satriani. Era seduto al posto di guida, una canna accesa appoggiata sul cruscotto.
“Quindi che vuoi? Se cerchi erba scordatela! Prima mi paghi gli arretrati! Mi devi ancora i soldi del documento falso!” ringhiò Frank prendendo un sorso dalla bottiglia.
“Lo sai che sono povera!” disse Chloe cercando un posto meno sporco dove sedersi “Sei un ospite di merda comunque. Una fanciulla bisognosa bussa alla tua porta e neanche le offri niente…”
“Non faccio beneficenza…” grugnì Frank “Ed ero impegnato comunque.”
“A farti le seghe?” Chloe si sedette sul sedile passeggero spostando col piede un cartone della pizza risalente a chissà quando.
“Fottiti!” Frank appoggiò la birra.
“Fai come i dodicenni? Metti la musica a palla per non far sentire che te lo stai menando??” continuò a provocare Chloe sghignazzante.
Frank ringhiò e senza dire nulla afferrò la canna dal cruscotto e fece un lungo e soddisfacente tiro, soffiando poi la nuvola di fumo verso l’alto.
Chloe guardò lo spinello colma di desiderio. Il fumo passivo non era sufficiente, doveva convincerlo a condividerlo con lei.
“Sei proprio una tossica del cazzo.” Disse Frank accorgendosi di quello sguardo.
“Dai amico, l’erba è fatta per essere condivisa!” disse Chloe.
“E pagata” Frank prese un altro tiro, sbuffando un paio di anelli di fumo imperfetti.
“Ti ripagherò, lo giuro!”
“Sempre la stessa storia vero Price?”
“Dai Frank, è stata una giornata davvero di merda. Ne ho bisogno…”
“Voi marmocchi vi credete tutti di essere i più sfigati dell’universo vero? Non vi manca un cazzo ma state sempre a lamentarvi di qualcosa…” borbottò Frank.
“Mia madre si è risposata…” sbottò Chloe, improvvisamente seria.
L’uomo rimase in silenzio per un attimo con un sopracciglio inarcato: “Joyce?”
“L’ultima volta che ho controllato era quello il nome di mia madre…”
“Oh merda…” sghignazzò Frank “Con quel cazzone coi baffi?!”
Chloe annuì “E tu che ne sai?”
“L’ho visto bazzicare al Two Whales…”
“Giusto…”
“Beh… falle gli auguri da parte mia!” disse Frank sollevando la bottiglia di birra.
“Frank, ho mollato quel cazzo di matrimonio perché ero lì lì per dare fuoco alla chiesa e sacrificare il paggio sull’altare. Questa cazzata mi sta mandando fuori di testa, per favore… condivideresti un po’ della tua fantastica erba con me?” Chloe era stanca, l’ultima cosa che voleva era implorare, ma se necessario l’avrebbe fatto. Voleva svanire!
Frank la fissò senza dire nulla per una decina di lunghissimi secondi, poi afferrò la canna e gliela porse: “Tieni drogata del cazzo… ma te la metto in conto!”
“Come ti pare…” Chloe ebbe un sussulto di energia e si raddrizzò di colpo afferrando avidamente lo spinello e portandolo alla bocca senza esitazioni. Il fumo le fece effetto prima ancora di penetrarle nei polmoni, il solo fatto di stringere il suo premio fra le dita fu sufficiente.
Eccola lì.
Quella sensazione.
Il formicolio all’interno del cranio.
I muscoli che si rilassano di colpo.
Un fumoso sospiro di sollievo.
Rrrrrrrrrrmmmmmmmmmm
Un altro messaggio. Stavolta non provò fastidio.
L’erba aveva già avvolto la sua amigdala in una piacevole coperta di torpore.
Quel fottuto cellulare avrebbe potuto vibrare in eterno per quel che la riguardava.
Chloe non era in casa.
Chloe stava sulla rampa di lancio per un viaggio interstellare!
Prese un tiro troppo lungo che le bruciò in fondo alla gola. Restituì con un paio di colpi di tosse lo spinello e Frank prese una rapida boccata prima di restituirlo a Chloe.
“Birra? Chili?” offrì l’uomo, improvvisamente ospitale.
“Solo birra!” disse Chloe.
Frank si alzò e si diresse verso il frigorifero, da cui recuperò una bottiglia che aprì contro il bordo del lavandino prima di porgerla a Chloe.
“Sei proprio incasinata Price.” Le disse solennemente beffardo.
“E’ per questo che mi ami!” scherzò Chloe.
“Vaffanculo. Drogati e stai zitta!”
 
-
 
Joyce
  • Chloe dove sei finita?
  • Chloe per favore rispondi!
  • Ci risiamo?
  • Chloe?!
  • Non puoi fare così!
 
-
 
David
  • Chloe perché non rispondi a tua madre?
  • Dove sei finita?!
  • Stai rovinando il matrimonio di tua madre.
  • Se non rispondi subito chiamerò la polizia.
Chloe
  • Che palle! Sono viva e sto bene!
David
  • Dove sei?
Chloe
  • A casa!
David
  • Bene, se non ti troveremo lì al nostro ritorno sarai in punizione!
  • Se io o tua madre chiamiamo tu rispondi. È molto semplice soldato.
Chloe
  • Non mi risulta di essermi arruolata. Ora lasciatemi in pace tutti e due.
David
  • Non ti permettere di parlarmi così
  • Non è finita.
Chloe
  • Come ti pare
 
***********************
 
Quel Natale, Arcadia Bay rimase senza neve.
Le temperature scesero così tanto che le strade si ghiacciarono. Un giorno Chloe scese in cortile e si rese conto che l'erba si spezzava sotto i suoi piedi. Quella che sembrava brina era in realtà un sottile strato di ghiaccio vetroso. Tra alberi morti, erba ghiacciata e venti gelidi, Arcadia Bay sembrava fosse stata strappata dal mondo reale e trasportata in qualche altro posto. Narnia probabilmente.
Rachel non c'era, migrata in Nevada da alcuni parenti di cui Chloe sapeva poco o nulla. Certo, si scrivevano, ma non era la stessa cosa.
Le mancava...
 
Joyce e David partirono per una vacanza a Vancouver. Quella città era fondamentalmente un'estensione di Portland, con la differenza che si trovava oltre il confine di stato. Giusto per poter dire "non siamo più in Oregon!" e fingere di aver fatto un vero viaggio. I soldi non è che permettessero molto di più, comunque. Non fu una vera luna di miele, dissero che era un "primo assaggio" e che avrebbero recuperato in estate.
Tra il clima glaciale, l'assenza di Rachel e qualsiasi forma di stimolo, la partenza di sua madre e dell'ormai formalmente acquisito patrigno poteva essere la sola nota positiva. Se non fosse che nessuno si fidava a lasciare Chloe da sola! Dopo il matrimonio, Joyce chiese a zia Dorothy di rimanere a prendersi cura della casa. Che tradotto significava tenere d'occhio Chloe.
Chloe non conosceva bene Zia Dorothy, del resto si faceva vedere solo nelle occasioni speciali. Tipo matrimoni... o funerali. Fin da piccola aveva associato il suo nome al fortissimo e pungente odore alcolico di un profumo sottomarca. Non era mai riuscita a capire quale fosse l'aroma in cui si faceva la doccia, sapeva solo che era così dolce da essere nauseante. Però, Chloe scoprì in quei giorni, Dorothy cucinava piuttosto bene. Non quanto Joyce, ma il suo era un altro livello.
Comunque, Chloe passò la maggior parte del tempo fuori casa. I giorni tra il matrimonio e la Vigilia di Natale li trascorse tra il faro e la spiaggia, anche se Frank aveva spostato il suo camper e quindi non poté scroccargli altra erba. Justin e Trevor erano stati sequestrati dalle rispettive famiglie ed Eliot non faceva che proporle di passare una parte delle feste con lui, da sua madre. Chloe era così disperata che per alcuni momenti ci pensò seriamente. Era pur sempre un'occasione di lasciare Arcadia Bay per un po'. Alla fine optò per rubare una bottiglia di JD da Tony e scolarsela nel vecchio rifugio pirata. Questa volta riuscì a salire la scala senza precipitare, ma non ne valse la pena. Coperte e cuscini che lei e Max avevano lasciato erano marciti, come i disegni e le foto che avevano appeso dappertutto. L'umidità aveva imbarcato le pagine di alcuni vecchi libri conservati in un angolo. "Le Avventure del Corsaro Nero"... quello era tra i preferiti di Max. Delle numerose scritte e disegni con cui avevano decorato le pareti, solo una risultava ancora leggibile:
Yo Ho, Yo Ho, a pirate's life for me
We pillage, we plunder we rifle and loot
Drink up me hearties, yo ho
We kidnap and ravage and don't give a hoot
Drink up me hearties, yo ho
Yo Ho, Yo Ho, a pirate's life for me
We extort, we pilfer we filch and sack
Drink up me hearties, yo ho
 
Il Natale faceva schifo.
Dietro tutte quelle facce contente c'è solo nostalgia, rimpianto, la consapevolezza di un altro anno che se ne va, insieme a tutte quelle cose che non torneranno mai più.
Ognuno ha le sue.
Chloe ne aveva più degli altri.
 
Joyce e David tornarono la mattina della Vigilia e zia Dorothy si fermò quell'ultima notte per poter festeggiare il Natale con loro. Chloe ricevette cinquanta dollari in regalo, con grande disappunto di David e Joyce, timorosi che sarebbero stati spesi in droghe.
Ovviamente avevano ragione!
Joyce le regalò un set di trucchi. Chloe non riuscì a capire quale fosse il messaggio. "Fai cagare quindi meglio se ti trucchi" ?
David non le regalò un cazzo.
Meglio così!
 
Per cominciare a risparmiare per la vera luna di miele, David prese dei turni extra durante le feste, cosa che lo tenne gioiosamente fuori casa più tempo del previsto. Joyce invece si prese delle ferie, sotto pressioni di David. Chloe lo sentì dire "Sono ufficialmente l'uomo di casa ora!". Per poco non vomitò.
Continuò a stare lontana.
Da Tony sparirono un altro paio di bottiglie.
 
Finché venne il giorno tanto atteso.
 
Rachel
- Hey Price! Sono tornata dalle montagne e ho fottutamente bisogno di te!
 
Ricevere questo genere di messaggi era sempre bello per Chloe.
 
Chloe
- Hai incontrato il Bigfoot?
 
Rachel
- In Nevada sono estinti!
- Adesso però smetti di fare qualunque cosa e vieni davanti al Two Whales!
- Ho un piano!
 
Chloe
- Sono già lì!
- Che piano?!
 
Rachel
- Vedrai...
 
Quando si incontrarono di lì a poco, Rachel le balzò al collo avvolgendola in un abbraccio. Chloe impiegò qualche secondo a capacitarsene e restituirlo. "Mi sei mancata! La prossima volta andiamo insieme!"
Chloe amava quel modo così naturale di fare progetti, tipico di Rachel. Non importava se davvero avrebbero fatto tutto quello che dicevano. Chloe sapeva che in quei momenti Rachel era fermamente sincera. Le scaldava il cuore sentirsi così... desiderata. Tuttavia, rischiò l'infarto quando Rachel tirò fuori dalla borsa un pacco di carta blu infiocchettato con nastri argentati.
Un regalo!
Rachel le aveva fatto un regalo!
E Chloe invece no...
Era così presa a sentirne la mancanza e sbronzarsi che non aveva pensato neanche per un secondo di prenderle qualcosa! Che cosa poteva regalare comunque a Rachel Amber? Cosa poteva desiderare che non avesse già?
Di fronte ad una cioccolata calda, sedute nella loro postazione al Two Whales, Chloe scartò il regalo. Era una maglietta bianca con l'immagine di un corvo nero ad ali spiegate su un sole rosso.
"L'ho vista e mi sei venuta in mente tu." disse Rachel con il mento posato dolcemente fra i suoi palmi, mentre gustava la sua espressione di felice sconcerto.
"Come mai ti sono venuta in mente?" chiese Chloe mentre immaginava di indossare il suo regalo.
"Mmmmh... ho pensato che il corvo un po' ti rispecchia!" spiegò Rachel.
Chloe alzò lo sguardo con un'espressione perplessa.
"Perché mi vesto di nero, ho una voce fastidiosa e quando mi vede la gente pensa alla morte?" chiese Chloe ironica.
Rachel sghignazzò: "No! Perché sei uno spirito libero, elegante, intelligente e incredibilmente affascinante."
Chloe rimase un istante a bocca aperta prima di riuscire a parlare: "Pffh... devo ammetterlo, sai come adularmi!" scherzò.
"Non ti sto adulando. Sono totalmente sincera!" replicò Rachel con una strana solennità. Chloe si trovò a fissare in quegli occhi felini color nocciola. Rachel le sorrideva, con una calda e intima gentilezza. Un'espressione che Chloe non riusciva a decifrare e cui non sapeva come rispondere. Le sue guance arrossirono vistosamente.
"Ora muoviti a finire la tua cioccolata! Ho dei programmi per la nostra giornata!" esclamò Rachel.
 
Quei programmi comprendevano il furto di alcol, ma Chloe propose di evitare Tony. L'aveva svaligiato un po' troppo e il vecchio proprietario si stava insospettendo! Optarono per un piccolo emporio ai confini meridionali di Arcadia Bay, dove trovarono casualmente anche il secondo ingrediente per i piani di Rachel: fuochi d'artificio! Far saltare in aria la merda è una delle uniche forme di intrattenimento ad Arcadia Bay.
Un po' ne comprarono, un po' ne rubarono.
Trascorsero il pomeriggio al faro, Rachel le raccontò della bellezza dei monti del Nevada, di quanto fosse sorprendentemente viva Reno, dove abitavano i suoi nonni, e di una mezza dozzina di locali fighissimi in cui avrebbe voluto portarla. Guardarono l'oceano in burrasca sotto di loro, fumarono e divisero una bottiglia di birra.
Quella sera, quando Chloe tornò a casa, cominciò subito la ricerca di qualcosa da regalare a Rachel! Anche se lei l'aveva rassicurata in ogni modo che non doveva ricambiare, Chloe non poteva evitarlo. Ma che cazzo poteva regalarle? L'indomani si sarebbero riviste per festeggiare Capodanno... aveva i cinquanta dollari di Zia Dorothy... poteva effettivamente cercare Frank e comprarle una bella scorta di erba! No... era troppo triste.
Cosa fare, cosa fare??
Rachel si meritava qualcosa di bello, qualcosa di speciale...
Chloe si trovò a rovistare nel suo guardaroba senza nemmeno pensarci. Una parte subconscia di lei probabilmente pensava che fosse una buona idea ricambiare una maglietta con una maglietta.
Di colpo ne vide una. Era nera con la sagoma di una cerva e la scritta "JaneDoe" sul petto. Rachel le aveva detto che amava i cervi giusto? O l'aveva immaginato? Chloe non lo sapeva, ma sapeva che quella maglietta sarebbe stata molto meglio a Rachel che a lei! Un vago ricordo si insinuò tra i suoi pensieri, l'immagine di una maglietta identica a quella, ma rosa e con disegno e scritta bianchi. Quella maglietta un tempo era stata sua, ma la perse per scommessa. Ora si trovava da qualche parte a Seattle. Probabilmente...
Chloe decise!
Jane Doe sarebbe stata il regalo per Rachel.
Non aveva carta da regalo o nastri, così improvvisò con giornali vecchi e scotch. Sperò che Rachel apprezzasse il pensiero. Non era granché con gli art attack!
 
Il pomeriggio seguente, Chloe e Rachel si incontrarono di nuovo.
"Non dovevi Chloe!" fu l'ovvia reazione di fronte al regalo. Nessun commento sulla confezione. Lo sguardo felice di Rachel mentre la disfaceva era impagabile e divenne ancora più prezioso quando vide la maglietta.
"Chloe è bellissima!" esclamò portandosela al petto, tenendola all'altezza delle spalle.
"Davvero?"
"Certo! È adorabile! Dove l'hai trovata?"
Chloe distolse lo sguardo in imbarazzo.
"E' mia, siccome mi dici sempre che ti piace il mio stile... ho pensato di condividerne un pezzetto con te!" balbettò, rendendosi conto solo alla fine delle immense cazzate che aveva detto. Ma Rachel non la pensava così. Rachel sembrava quasi commossa.
"Penso sia il regalo più dolce che qualcuno mi abbia mai fatto!" le disse un istante prima di balzare in avanti e depositare un morbido e umido bacio sulla guancia di Chloe. Prima che potesse capacitarsene Rachel continuò:
"Stasera dobbiamo assolutamente indossare i nostri regali!"
"Saranno sepolti sotto una dozzina di strati di vestiti e cappotti lo sai?" scherzò Chloe.
"Non importa, noi sapremo che sono lì!"
 
E così fecero.
Quella sera si recarono in spiaggia, dove molti altri si erano radunati per festeggiare l'inizio del nuovo anno. Un momento per lasciarsi alle spalle il passato e abbracciare il futuro con speranza. Almeno per gli altri. Non per Chloe.
Chloe non guardava più al futuro con speranza. Non vedeva più un futuro da un bel po'. Eppure, forse, questa volta poteva azzardarsi a dare una sbirciatina. Rachel al suo fianco lo rendeva possibile. Lo rendeva desiderabile.
 
Alcuni falò erano stati accesi, gruppi di estranei si scaldavano nei loro pressi con birre e panini. Rachel e Chloe si mescolarono distrattamente a loro. Alcuni botti iniziarono a esplodere qui e là, echeggiando nell'oscurità notturna. Chloe e Rachel trovarono un secchiello abbandonato e lo usarono per fare un esperimento scientifico. Misero un piccolo candelotto sotto di esso e scapparono, per vedere se sarebbe finito in mille pezzi oppure sarebbe decollato nella notte come un razzo. Il secchiello fu dilaniato dall'interno, con grande soddisfazione di Chloe e Rachel, che andarono in cerca di altri "soggetti" per i loro esperimenti.
 
Infine arrivò il countdown.
Rachel si strinse a Chloe in un abbraccio laterale, mentre guardavano a distanza di sicurezza nella direzione in cui si sarebbero levati i fuochi d'artificio. Il corpo caldo e minuto di Rachel premuto contro il suo generava ambigue sensazioni in Chloe. Arrivò la mezzanotte, i razzi partirono fischiando, accompagnati da grida festanti.
Il volto di Rachel era il ritratto della felicità. Completamente spensierata. Chloe si trovò a fissarla con ammirazione, mentre le luci viola, verdi, rosse e gialle delle esplosioni nel cielo la illuminavano di toni cangianti. Riflettevano galassie nei suoi occhi, supernove nelle sue pupille. Fu quella sera, per la prima volta, che Chloe desiderò di baciarla.
Un pensiero fugace, come arrivò svanì e Chloe ironizzò con sé stessa su quanto fosse gay quel momemnto. E forse lo era, ma soprattutto era anche il momento più sereno da più di un anno. Tutto in lei vibrava di un'energia nuova.
Nei primi minuti del 2010, illuminata da esplosioni di luce colorata, Chloe si sorprese a sorridere di nuovo al futuro.
 
*********************************************
 
Rachel
  • Facciamo un gioco!
Chloe
  • Quando dici così mi sembri Saw l’Enigmista…
  • Un po’ inquietante!
Rachel
  • LOL
  • Non pensavo che qualcosa potesse inquietarti!
  • Indovina un po’ chi suonerà ad Arcadia Bay il mese prossimo???
Chloe
  • Mmmm…. Un indizio?
Rachel
  • Sarebbe troppo facile!
Chloe
  • Mezzo indizio?
Rachel
  • Lo usi per farti le canne!
Chloe
  • Bong? Suonano i Tenacious D col Bong del Destino???
Rachel
  • Cretina!!
  • Con cosa lo accendi il bong?
Chloe
  • L’accendino…
  • Fuoco…
  • FIREWALK???
Rachel
  • Lo dicevo che era troppo facile!
Chloe
  • Cazzo i Firewalk!!!!
  • Dove! Quando?!
Rachel
  • Non si sa ancora
  • Lo faranno sapere solo il giorno stesso perché sarà un evento molto underground
  • E io e te ci saremo!
Chloe
  • Ovvio che ci saremo!!
  • L’anno scorso mi sono persa il loro concerto a Salem… ho bestemmiato per mesi…
  • In realtà non ho ancora smesso!
Rachel
  • Non fermarti per colpa mia!
  • Ti farò sapere dove e quando sarà!
Chloe
  • Ma tu come fai a saperlo??
Rachel
  • Una ragazza ha i suoi segreti!
Chloe
  • Stronza!
Rachel
  • Tanto!!
 
-
 
Per tutto gennaio la neve era caduta con regolarità, fino a trasformarsi in pioggia verso la fine del mese. Questo è l'Oregon occidentale, pioggia, umidità e nebbia. Ma non quel giorno.
Era il primo venerdì di febbraio ed era stata la prima giornata di sole da settimane. Sembrava che anche il tempo sapesse. Quel giorno suonavano i Firewalk.
Chloe lesse il messaggio di Rachel che l'avvisava, indicandole il luogo in cui si sarebbero trovate con alcuni amici che avrebbero dato loro un passaggio fino al Vecchio Mulino. L'entusiasmo di vedere i Firewalk con Rachel superò di gran lunga la perplessità per la presenza di intrusi, seppur utili come taxi, e l'ansia di recarsi nel luogo più malfamato di Arcadia Bay. Non importava comunque, del resto già la gente la considerava una tossica e una delinquente, compresa sua madre. Forse era giunto il momento di cominciare a frequentare i suoi simili!
La cosa intrigante era che Rachel frequentasse quel luogo.
A sentir lei non era la prima volta che ci andava, cosa che la rendeva ancora più interessante. Si chiese come fosse possibile che non avessero legato prima. Forse perché era troppo impegnata a pensare a quello che aveva perso per potersi accorgere di ciò che poteva ancora avere...
Chloe si vestì adeguatamente per l'occasione: i jeans strappati della festa con fratture strategiche su cosce e ginocchia, maglietta rossa "City on Fire" perché ai concerti dei Firewalk il tema è il fuoco (ovviamente!), felpa nera con cappuccio sotto la giacca di pelle, berretto nero di lana per proteggere i neuroni rimasti dal freddo, un tot di braccialetti borchiati e collane aggressive.
Chloe sgattaiolò dalla finestra per non dare spiegazioni e raggiunse ad ampie falcate l'incrocio tra Maple Street e Pine Avenue. Qui avvistò il pick-up verde di cui le aveva scritto Rachel. Il colore era più tendente al grigio, la vernice scrostata in più punti e vetri che non vedevano un lavaggio da molto tempo. Chloe lo amò a prima vista!
Seduto al posto di guida c'era un tizio con baffi scuri a ferro di cavallo che le lanciò uno sguardo da "Che cazzo vuoi?". Pessima prima impressione: baffi e sguardo torvo? Troppo simile a David...
Solo avvicinandosi di più Chloe notò che Rachel era seduta sul pianale, chiacchierando e ridendo con altre due ragazze goth-punk.
“Chloe!” appena Rachel la vide le balzò al collo abbracciandola.
Woah!
Quell’abbraccio durò un po’ più del previsto. Rachel si allontanò e fece le presentazioni.
“Chloe, lei è Lily…” disse indicando la ragazza più alta e dai capelli di platino.
“Mi piace il tuo taglio!” disse Lily mentre le stringeva la mano.
“Grazie! Anche a me il tuo! Il colore non è naturale vero?” chiese ingenuamente Chloe.
“Direi di no!” sghignazzò Lily “Non sono tinti, sono solo molto schiariti!”
“E lei è Claudia!” Rachel proseguì indicando l'altra ragazza, leggermente più alta di Rachel, con capelli nerissimi e pelle vampirica.
“Molto piacere! Rachel ha parlato molto di te!” disse Claudia offrendo una salda stretta di mano.
“Davvero?” Chloe corrugò la fronte per lo stupore.
“In modo imbarazzante!” sottolineò Lily con un ghigno.
“Hey, delle cose belle non si parla mai abbastanza!” replicò Rachel.
Chloe sentì le guance avvampare.
Bella? Lei?
Rachel la trovava bella??
Anche Chloe, doveva ammetterlo, la trovava sempre più attraente.
A Chloe fu presentato anche Truman, il baffuto al volante, che le rivolse un sorriso abbozzato e un grugnito. A guardarlo meglio sembrava più una fusion tra David e Frank. Dopo le ripetute lamentele di Truman sulla lentezza delle donne e il ritardo apocalittico che avevano, il gruppo salì a bordo e il pick-up partì, brontolando dietro di sé una nuvola di fumo nero troppo densa per disperdersi nell'aria, così pesante da depositarsi sull'asfalto in una soffice discesa.
 
-
 
Contrariamente a ciò che Chloe sperava, non viaggiò accanto a Rachel. Si trovò sul sedile davanti stretta fra Truman e Lily, mentre Rachel e Claudia erano finite a viaggiare nel pianale, avvolte in pesanti coperte come sacchi di merce. Una finestrella aperta dietro la nuca di Chloe facilitava le comunicazioni, ma l'aria fredda le si abbatteva direttamente sul collo, costringendola a sollevare il cappuccio per proteggersi.
Il mezzo uscì rapidamente dalle stradine ortogonali di Arcadia Bay, immettendosi sulla Highway 101, seguendola per una ventina di minuti. Chloe ebbe una reminiscenza del suo tentativo di fuga, quando per percorrere quel tragitto ci aveva impiegato ore a causa dello zaino pesante sulle sue spalle e del suo fisico totalmente inadatto agli sforzi prolungati. Se avesse avuto una macchina allora…
Per alcuni minuti la conversazione fu un susseguirsi di "Da quanto conosci Rachel?", "Sei di Arcadia Bay?", "Adoro la tua maglietta!" e altre cazzate del genere. Chloe non era abituata ad essere un argomento di conversazione. Non in quel modo almeno!
Rachel la soccorse, raccontando di quel giorno al Two Whales in cui avevano sfidato la reciproca conoscenza musicale e Chloe l'aveva battuta. La conversazione si spostò quindi su territori più facili, come le band preferite, i concerti visti, quelli da vedere e così via. Se Chloe avesse potuto voltarsi avrebbe ringraziato Rachel per averla salvata da quella specie di interrogatorio, prima di strozzarla per averla messa in quella situazione.
I fari del pick-up illuminavano la strada senza lampioni, la Luna piena, circondata da un alone di foschia, splendeva in un cielo sgombro ma velato. Il distante gracchiare di un corvo era l’unico rumore al di sopra del vento. Truman svoltò a destra, immettendosi con sicurezza, forse troppa, in una strada sterrata che si inoltrava nei boschi. Il percorso era piuttosto accidentato, le sospensioni gemettero mentre il mezzo si inerpicava in salita.
“Dove cazzo stiamo andando a finire??” chiese retoricamente Chloe.
“Nel cuore malvagio di Arcadia Bay…” replicò Rachel molto vicino al suo orecchio. Il suo fiato mandò un brivido lungo la colonna vertebrale di Chloe. In modo piacevole...
Mentre Truman spiegava a Chloe di non guardare negli occhi nessuno e di non allontanarsi dal gruppo una volta arrivati, un lago apparve sulla destra della strada che ora lo costeggiava. Dall'altro lato era visibile un grande capannone di legno cadente, illuminato da luci colorate dall'interno e circondato da fari di macchine. Chloe posò lo sguardo sul Vecchio Mulino per la prima volta.
 
Trovare parcheggio non fu complicato, del resto ognuno metteva l'auto dove cazzo gli pareva. Per molti sarebbe stato difficile districare la macchina a fine serata, sempre che avesse avuto una fine.
Dall'interno del Mulino provenivano i suoni ovattati dei test tecnici, alcuni accordi di chitarra, "SA! SA! PROVA!", note di basso che facevano vibrare i vetri delle macchine nonostante la distanza e le mura. Il gruppo si mosse attraverso il labirinto formato dalle auto, passando accanto a piccoli gruppi di individui tatuati, vestiti perlopiù di pelle consunta e borchie, con i capelli dai tagli e colori più disparati.
"Terra chiama Chloe!"
Si rese conto che Lily la stava fissando con un cipiglio impaziente.
"Cosa?"
La ragazza sbuffò: “Abbiamo truccato Rachel ma non te…” disse Lily “Qui i minorenni non possono entrare.”
“Ho un documento falso” disse Chloe con una certa fierezza.
Truman si voltò verso di lei, improvvisamente interessato: “Fa un po’ vedere!”
Chloe lo squadrò un istante, poi tirò fuori la tessera d’identità. Truman la prese e gli diede uno sguardo attento.
“Wow… un lavoro di qualità! Ti sarà costato!” disse restituendola.
“Non così tanto…” disse Chloe sogghignando. Frank non sarebbe stato d’accordo…
“Quello dovrebbe funzionare anche con Thunder.” Disse Lily.
“Chi?” Chloe inarcò un sopracciglio.
“Il buttafuori del Mulino.” Spiegò Rachel.
“Che cazzo di nome…” ridacchiò Chloe.
“Abbastanza pretenzioso, ma non vorresti vederlo arrabbiato!” replicò Truman.
"Ma Ruth?" chiese Rachel "Non dovrebbe essere qui?"
"Penso sia nei paraggi. Oppure sarà già dentro. Ha detto che veniva con suo fratello che stasera sta al bar." spiegò Truman.
"La cerchiamo?" propose Claudia.
"Intanto avviciniamoci all'ingresso, la chiamo."
Mentre Truman portava il telefono all'orecchio, le ragazze lo precedevano. Uno spiazzo sgombro di macchine indicava l'area dell'ingresso, occupato da una folla frammentata che produceva un brusio di chiacchiere, risate e urla occasionali. Quella che sembrava l'entrata, una piccola porta che un tempo doveva essere un ingresso di servizio, era circondata da una calca di persone che aspettavano di entrare. Poco distante era parcheggiata una fila di Harley Davidson, ciascuna decorata con motivi personalizzati e unici. Un grande falò era circondato da persone che si avvicinavano ad esso come falene intorno ad un lampione. Falene che effettivamente volteggiavano a distanza di sicurezza, al sicuro dal fuoco ma non dai pipistrelli, che planavano fulminei, appena illuminati prima di rituffarsi nelle tenebre con la cena in bocca.
“Mamma impazzirebbe se sapesse che sono qui!” commentò Chloe perlopiù fra sé.
“E dove pensa che tu sia?” le chiese Rachel.
“Con Justin!” le ammiccò.
“E lui lo sa?” chiese Rachel.
“In realtà no, ma nessuno controllerà mai! E tu invece? Che scusa hai dato al signor Procuratore?”
“Pigiama Party in stanza da Kelly! Ormai è diventata la mia copertura ufficiale!” spiegò Rachel con un sorrisetto soddisfatto.
“Sei fottutamente metodica nell’infrangere le leggi!” scherzò Chloe.
“I migliori criminali lo sono!” replicò Rachel dandole un colpetto col gomito.
“Notizie di Ruth!” esclamò Truman per attirare l’attenzione “E’ già dentro e ci aspetta.”
Spostandosi dal falò, puntarono all’entrata sgomitando. L’enorme sagoma tatuata di Thunder bloccò loro l’ingresso. L’uomo era avvolto da un cappotto di pelle lungo che amplificava l’ampiezza delle spalle. Come se ce ne fosse stato bisogno. Salutò vigorosamente Truman e molto più gentilmente le ragazze.
“Ciao Jess!” fece un cenno in direzione di Rachel.
“Jess?” bisbigliò Chloe.
“E’ il mio nome!” ammiccò Rachel. Chloe emise un “Oh…” e annuì.
“E tu chi sei? Il suo ragazzo?” chiese incrociando le enormi braccia e socchiudendo gli occhi.
Lo sguardo di Chloe si indurì immediatamente: “Mi chiamo Chloe…” sibilò offesa.
“Oh scusa… il taglio di capelli mi ha ingannato…” commentò sarcasticamente Thunder “Hai un documento?”
“Che palle Thunder… ogni volta la stessa cazzo di storia…” bofonchiò Truman.
“Infatti! Sei tu quello che raccatta bambine e le porta qui, dove non dovrebbero stare!” replicò l’omone.
“Non sono una bambina, sono maggiorenne. Guarda!” disse Chloe facendosi avanti con il suo documento falso. Thunder la squadrò per un momento, prese il documento e lo osservò con attenzione. Lo sfregò un po’ tra le dita e poi si voltò, alzando la tessera verso la lampada sopra la porta per guardarla controluce.
“E’ fatto bene, te lo concedo!” esclamò mentre tornava a voltarsi “Ma come dicevo, questo non è posto per i bambini. Fatti un favore e sloggia…” disse gettando per terra il documento falso.
“Dai Thunder… falla finita. Ci conosci, perché devi fare sempre così?” protestò Rachel.
“Tu è meglio se non dici nulla ‘Jess’ o non faccio entrare neanche te…” ringhiò lui di rimando.
Chloe raccolse da terra la tessera e la rimise in tasca. Si fece ancora più vicina a Thunder, che inarcò un sopracciglio davanti al suo sguardo determinato.
“Che vuoi ancora?”
“Quella è la tua moto?” chiese Chloe indicando una Harley nera poco distante, il serbatoio decorato con un motivo floreale. Rachel inarcò un sopracciglio perplessa, esattamente come Thunder.
“Si…” rispose lui.
“E’… molto figa!” sorrise Chloe.
Thunder, sempre con le braccia incrociate, rimase silenzioso per un secondo ad elaborare la situazione prima di rispondere: “Wow… grazie! È tutto?”
E Chloe partì alla carica.
 
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Lo sbalzo sensoriale fu drastico quando entrarono. Il calore e l'umidità li investirono appena varcata la soglia, insieme al chiasso di dozzine di voci che parlavano contemporaneamente. Chloe sentì un’iniezione diretta di entusiasmo solo a contatto con l’atmosfera del nightclub. Pareti e pavimento erano di legno logoro, ovunque c'erano graffiti, vecchie bobine di legno erano usate come tavoli, insieme a veri tavolini di plastica da giardino e tanto altro 'arredamento' di seconda o anche terza mano. L'aria era pregna di un incoerente miscuglio di odori e una nebbiolina fumosa aleggiava sulla folla, trasportando l’aroma di tabacco ed erba. La testa di un cervo sorvegliava il salone come un totem, i suoi occhi illuminati da lucine azzurre gli davano tono ironicamente inquietante.
Un cane abbaiava vicino all'ingresso, un pitbull grigio dall'apparenza feroce, trattenuto al guinzaglio da un energumeno in giacca di pelle, apparentemente uscito da GTA.
Chloe si trovò a fissare il timbro a forma di fiamma sul dorso della mano destra, simbolo che era ufficialmente autorizzata ad essere lì, mentre Rachel guardava lei. Tutto il gruppo guardava lei!
“Penso che si sia innamorato di te!” urlò Lily. Già, in mezzo a quel casino l’unico modo per parlarsi era urlando.
“Non è il mio tipo!” sghignazzò Chloe.
“Ma tu lo sai per chi lavora??” chiese Truman, ancora incredulo per come si era comportata Chloe.
“No! Dovrei?” replicò lei candidamente.
L’uomo rimase basito a fissarla per alcuni secondi, poi scoppiò a ridere e si allontanò: “Beata ignoranza…”
Con una serie di botta e risposta impertinenti, Chloe aveva convinto Thunder a lasciarla entrare. Rachel si era goduta lo spettacolo dapprima preoccupata, poi intrigata e infine incredula. Vedere l'enorme omone ammorbidirsi mentre Chloe lo sfotteva senza ritegno era stato uno spettacolo indescrivibile.
“Sei stata fantastica Chloe! Gli hai fatto il culo a strisce!” le disse Rachel avvolgendole un braccio intorno alla vita.
“Ho imparato da te!”
“Da me?”
“Ti ho osservata come intorti tutti a scuola. Sei tu la maestra!” sghignazzò Chloe.
“Pfff! Vero! Ma stasera mi hai totalmente battuta! La prima volta che sono venuta qui Thunder non voleva farmi entrare, non sa neanche il mio vero nome! È stato Truman a convincerlo.”
“L’importante è essere qui!” concluse Chloe.
 
Con il fiato sospeso, Chloe fu trascinata attraverso la folla da Rachel, camminando a gomiti larghi. Per qualche motivo le persone si accalcano sempre nei pressi delle uscite, ma una volta superata la barriera umana riuscirono a raggiungere il centro della sala, dove la gente era più diradata. Chloe intravide alla sua destra una macchina con il bagagliaio aperto, in cui erano esposte disordinatamente delle magliette dei Firewalk. Prese mentalmente nota di dare un’occhiata più tardi…
“Ruth!” sentì chiamare Truman. La mano di Rachel si serrò di nuovo attorno alla sua, tirandola verso il bancone del bar, dove trovò ad attenderli una ragazza dai tratti esotici in giacca di pelle con spalline borchiate, più o meno della sua statura, lunghi capelli neri oltre le spalle con striature verdi in corrispondenza delle tempie. Una stellina era disegnata sotto l’occhio destro.
Rachel le lasciò la mano per abbracciare calorosamente la ragazza. Sembravano conoscersi bene! Quando l’abbraccio si spezzò, Rachel si fece di lato:
“Ruth, lei è Chloe! Chloe, Ruth!”
La sua stretta di mano era energica ma educata allo stesso tempo. Insistette per offrirle il primo giro e Chloe accettò di buon grado. Le offerte di alcol sono il modo più rapido per legare con qualcuno! Specialmente con lei! Presto si trovarono tutti con una birra in mano, i vetri si scontrarono e presero un lungo sorso. Chloe sbatté la sua bottiglia sul bancone, sentendo la bevanda fresca e frizzante scivolarle nello stomaco in contrasto con il caldo umido dell’ambiente. Era a tutti gli effetti la prima volta che Chloe frequentava un posto come quello, il rumore cominciava a spostarsi sullo sfondo della sua percezione, rendendole più facile interagire con gli altri. Si sentiva decisamente a casa.
“Cazzo… avrei voluto vederlo!!” commentò Ruth mentre Rachel finiva di raccontare della sua impresa con Thunder “Hai due grosse ovaie per prendertela con uno come lui!” aggiunse poi nella direzione di Chloe.
Il gruppo si era diviso in due, da un lato Chloe, Rachel e Ruth, dall’altro Claudia, Truman e Lily, le cui chiacchiere venivano inghiottite dal chiasso circostante.
“Non è stata una gran cosa. Sembra uno che abbaia ma non morde!” gridò Chloe.
“L’ho visto anche mordere…” replicò cripticamente Ruth.
“Com’è il Community College?” deviò Rachel.
“Popolare!” scherzò Ruth “E’ il mio ambiente! Hella incasinato, ma è metà del divertimento! E poi sono abbastanza vicina per non perdere i contatti con nessuno! Sto reclutando persone per una manifestazione al porto di Arcadia Bay, contro la chiusura delle attività da parte dei Prescott. A proposito!” Ruth rovistò nella tasca interna della sua giacca e ne estrasse un foglio spiegazzato che consegnò a Chloe. Si trattava di un volantino con grafiche basilari in cui si spiegavano le motivazioni della manifestazioni “Se ti interessa combattere la distruzione dell’ambiente e dell’economia di Arcadia Bay potresti partecipare!” aggiunse.
“Grazie!” disse Chloe per cortesia. In realtà quel genere di cose non le importava, anzi, Arcadia Bay poteva anche svanire nel nulla. Ne sarebbe stata felice.
“Perdonami, ormai sono Hella lanciata nell’attivismo!” aggiunse Ruth con una risatina, come se avesse intuito i suoi pensieri “Fare proseliti è diventato un lavoro a tempo pieno!”
“Ci tieni davvero a queste cose? Non è che lo fai per i crediti universitari?” scherzò Chloe.
“Pfft! Beh, i crediti non fanno schifo!” replicò Ruth “Ma ci tengo davvero. Sono cresciuta in una riserva e con mio padre impegnato con la NACAO, praticamente sono addestrata fin dall’infanzia a combattere battaglie perse!”
“Ma se sono perse perché combattere?” chiese Chloe.
Ruth fece spallucce: “Perché la vita è strana e spesso le cause perse sono anche quelle più giuste! E poi odio i prepotenti e da queste parti i Prescott sono l’emblema della prepotenza! Senza offesa Rachel, so che Nathan è tuo amico…”
“Nessuna offesa! Penso che se superasse le sue paure sarebbe in prima fila contro suo padre!”
“Beh, su questo posso sintonizzarmi, anch’io odio i bulli!” disse Chloe.
“Sarai dei nostri allora?” chiese Ruth con una vibrazione di speranza nella voce.
“Ehm… non credo. Tutta la questione dell’attivismo sociale… è un po’ troppo per me!”
“Tieni lo stesso il volantino, in caso cambiassi idea!” ammiccò Ruth. Chloe annuì e se lo mise distrattamente in tasca.
“Io ovviamente ci sono!” esclamò Rachel. La convinzione di Chloe vacillò per un istante. Lo stomaco si contrasse fastidiosamente mentre uno strano istinto di imitazione la portava a considerare l’idea di fare marcia indietro. Solo per non essere di meno da Rachel. Ma ormai aveva detto di no, non voleva apparire disperata o bisognosa di attenzione. Ingoiò quei pensieri con un lungo sorso di birra, svuotando la bottiglia.
“Tu eri già inclusa nella lista!” Ruth rifilò un pugnetto sulla spalla di Rachel che sorrise di rimando.
“Se avete finito con i discorsi impegnati, pare che il concerto stia per iniziare!” disse Lily affacciandosi da dietro la spalla di Ruth.
La gente, infatti, stava cominciando a confluire verso un corridoio oltre il bancone, accalcandosi per raggiungere il salone in cui si trovava il palco.
“Io aspetto prima di entrare! È Hella incasinato!” disse Ruth.
“Ma poi raggiungere il palco sarà un casino!” bofonchiò Claudia.
“È a questo che serve il pogo!” sghignazzò Ruth.
“Uff… come ti pare, noi proviamo a infilarci!” concluse Lily prendendo Claudia sotto braccio e unendosi al flusso umano.
“Ma cos’è quella parola??” chiese Rachel con fare divertito.
“Quale? Pogo?!” scherzò Ruth.
“Hella. Continui a dirla!”
“Oh! Boh, al College lo dicono tutti e mi hanno contagiata. È un rafforzativo che suona bene!” spiegò Ruth sghignazzando.
“Hella…” ripeté Rachel “Mi piace!”
Ruth si congedò con un sorriso e si voltò verso Truman, uno dei pochi ancora rimasti al bancone oltre loro. Se ne stava curvo sulla superficie di legno con un bicchiere di liquido ambrato in cui navigavano un paio di cubetti di ghiaccio. La mano di Ruth scivolò dolcemente sulla sua schiena fino alla spalla, e Truman si voltò verso di lei regalandole un sorriso grato. A Rachel non sfuggì quello scambio di sguardi. I due si spostarono, andando ad occupare un tavolo rimasto vuoto al centro della sala, lasciando Rachel e Chloe sole al bancone.
“Sei sicura che non ci convenga entrare adesso?” chiese Chloe. Nella sua esperienza di concerti valeva il ‘chi prima arriva meglio alloggia’.
“Prima hai detto a Thunder che questo posto ti sembra un fottuto parco giochi! Non vuoi giocare un po’ prima??” le disse Rachel con occhi felini. Con quello sguardo avrebbe potuto convincere chiunque a fare qualsiasi cosa! Chloe sorrise a trentadue denti.
“Vedi il tizio che vende le magliette?”
Rachel si sporse oltre Chloe e avvistò un uomo completamente rasato, impegnato in un’accesa telefonata accanto al bagagliaio aperto di una macchina, ingombro di magliette in vendita. Annuì.
“Penso che sarebbe Hella cool se ne prendessimo una!” disse Chloe con un sogghigno complice.
“Sono Hella d’accordo!” replicò Rachel.
 
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La sala del nightclub non era ancora abbastanza sgombra, davanti al bagagliaio del rivenditore c'era una piccola fila. Quando arrivò il loro turno Chloe puntò dritta al mucchio di magliette. Non aveva intenzioni ostili, almeno all'inizio, voleva solo prendere una maglietta per guardarla bene. Uno schiaffo le pizzicò la mano, facendola indietreggiare sorpresa. L'uomo rasato la fissava in cagnesco.
"Ma che cazzo..." sbottò Chloe, mentre Rachel si portò al suo fianco.
"Venti dollari!" ringhiò l'uomo, ancora al telefono.
"Come minimo dovresti farle uno sconto, stronzo!" sbottò Rachel fronteggiandolo. Chloe sgranò gli occhi. Certo, Rachel aveva anticipato di poco una sua reazione molto simile, ma non era comunque così che immaginava sarebbe andata.
"Giusto! Per voi due allora sono quaranta dollari! Ora via dal cazzo!"
"Senti..." Rachel stava per proseguire quando sentì la mano di Chloe afferrarle l'incavo del gomito e trattenerla. Si voltò e incrociare il suo sguardo la tranquillizzò. 'Non ne vale la pena' sembrava dirle. Si lasciò tirare indietro. Rachel notò solo in quel momento una pistola appoggiata sul tavolino accanto al venditore, insieme ad un bong e bicchieri di carta vuoti.
"Porca puttana Rach! Di solito sono io quella che va trattenuta!" scherzò Chloe. Si spostarono qualche metro più in là, nei pressi del muro dove un graffito intagliato nel legno recitava 'Non scherzare con Damon Merrick'.
"Certa gente mi fa proprio incazzare. In più, ora VOGLIO una di quelle magliette... gratis!" disse con voce bassa ma determinata.
Chloe sogghignò: "Mi hai letto nel pensiero..."
Le due si allontanarono, procurandosi un'altra birra a testa mentre studiavano la situazione. La macchina del rivenditore sembrava parcheggiata in modo instabile, su una rampa a metà di un ingresso che portava in un cortile esterno. Il freno a mano doveva essere tirato, ma se qualcuno l'avesse rimosso...
Fortunatamente il pelato sembrava troppo distratto dalle sue chiacchiere telefoniche e da sporadiche interazioni con i clienti per notare Rachel che aggirava la macchina, infilandosi nello spazio stretto fra il muro e la fiancata. Chloe era pronta. Rachel aprì la porta e si infilò sul sedile passeggero per rimuovere il freno a mano. Scivolò fuori rapidamente mentre la macchina iniziava a muoversi. Il venditore sentì il bagagliaio svanirgli da sotto il culo, la gravità lo tirò a sé violentemente, facendolo franare al suolo, mentre Rachel si allontanava non vista. Un orribile botto metallico e vetroso indicò che l'auto si era schiantata contro qualcosa. La macchina di qualcun'altro, i cui insulti sovrastarono il brusio del locale.
"E che cazzo!" sbotto il pelato mentre usciva per capire che cazzo fosse successo. Chloe scattò in avanti e furtivamente impugnò due magliette. L'occhio le cadde inevitabilmente su una scatola metallica alla sua sinistra. Una luminosa mazzetta di dollari era arrotolata all'interno.
Tornò di lì a poco da Rachel, si rifugiarono dall'altro lato della sala, in un incavo del muro che conduceva ad una porta bloccata da assi di legno. A terra in un angolo c'era un mucchietto di siringhe usate.
"Sei stata grandiosa!" sbottò Chloe tutta eccitata.
"Hella grandiosa!" scherzò Rachel "Anche tu comunque! Siamo un'ottima squadra criminale!"
"Rubare ai criminali è ancora un crimine?" chiese Chloe.
"Pfft probabilmente no! E comunque ci meritavamo le nostre magliette!" disse Rachel tendendo una mano in attesa. Chloe le porse la sua metà del bottino, poi con fare furbo infilò una mano nella tasca interna della giacca.
"C'è anche dell'altro..." disse con aria furba.
Rachel strinse gli occhi e inarcò un sopracciglio, regalandole un sorriso complice in attesa. Chloe estrasse la mazzetta e la porse a Rachel.
"Jackpot!"
"Porca puttana!!" esclamò Rachel "Saranno quattrocento dollari almeno!"
"Ci siamo meritate una gratifica! Metà e metà, da veri pirati!" disse Chloe.
Divisero in due la mazzetta senza contare i soldi. Non era così importante una divisione matematicamente corretta e comunque erano a poca distanza dal derubato. E dalla sua pistola!
"Penso che sia il momento giusto per confonderci tra la folla..." disse Chloe indicando l'ingresso al salone, dove una voce amplificata e vagamente distorta annunciava l'inizio imminente del concerto. Rachel annuì, infilarono le magliette rubate nei rispettivi pantaloni e con cautela uscirono dal loro nascondiglio. Accelerarono il passo aggirando il bancone, Rachel lanciò un'occhiata a Ruth ancora seduta al tavolo a chiacchierare con Truman. Evitò di chiamarla per non attirare l'attenzione. Quando voltarono l'angolo notarono che l'entrata era ingombra di persone. Ci sarebbe voluta una certa violenza per farsi largo! Chloe si fermò e allo sguardo interrogativo di Rachel rispose estraendo il suo indelebile dalla tasca e indicando con un cenno una sega circolare appesa al muro come un quadro. Rachel le sorrise e senza bisogno di parole le fece da palo, non tanto perché fare graffiti in quel posto fosse sbagliato, quanto per evitare che il pelato del cazzo le notasse!
"Che cazzo hai da guardare?!" disse Chloe. Rachel si voltò perplessa, ma scoppiò a ridere quando vide che la lama ora era stata trasformata in un occhio dal pennarello di Chloe. "Stai parlando con me? No dico, stai parlando con me?!" rispose Rachel imitando il suo miglior De Niro.
Chloe entrò nella sala, precedendola a gomiti larghi, mentre Rachel, più minuta, rimase dietro di lei aggrappata alla giacca. Non riuscirono a individuare Claudia e Lily, così si ricavarono uno spazio e quando il primo riff di chitarra fece tremare pavimento e viscere rinunciarono alla ricerca.
La sala era avvolta dalla penombra, fari di luci colorate si muovevano come laser a ritmo di musica, i bassi e le percussioni davano il ritmo ai battiti del cuore, ben presto la folla iniziò a muoversi come un’unica entità. Chloe e Rachel si persero. Erano vicine, ballavano, mosse da un’energia non completamente loro. Era da tanto tempo che entrambe non si sentivano così, che non avevano l’occasione di lasciarsi andare, di sciogliersi nell’ottundimento musicale, nel miscuglio di sudore, fumo e legno marcio che riempiva le loro narici, lasciare che i loro pensieri venissero silenziati dalle grida estatiche della folla intorno a loro. Chloe e Rachel si scontrano con la gente intorno, si scontrano tra loro, incrociano i loro sguardi, risero e si fecero largo a gomitate. Il tempo non ebbe più importanza una volta là dentro. Improvvisamente Rachel impattò contro qualcuno di alto e spigoloso. Si trovò a guardare verso l’alto nello sguardo celeste di Lily, che prima le lanciò un’occhiataccia, poi la riconobbe e sorrise amabilmente. Le gridò qualcosa, ma Rachel non riuscì a capirla attraverso la musica. Iniziò a ballare con lei, poco distante c’è anche Claudia che le fece un cenno. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma quando si voltò a cercarla non trovò più Chloe. Il cuore le saltò un battito. Iniziò a guardarsi intorno freneticamente, senza riuscire ad individuarla. Diede uno strattone al braccio di Lily per attirare la sua attenzione e abbassare il suo orecchio all’altezza della sua bocca:
“Hai visto Chloe?” gridò sapendo di essere a malapena udibile.
Lily si guardò intorno e scrollò le spalle: “Era qui un momento fa!”
Rachel iniziò a preoccuparsi: “Vado a cercarla!”
Lily annuì e Rachel si fece largo tra la folla, nel tentativo di guadagnare l’uscita.
Quando riemerse nella sala del pub provò un ottundimento generale. Dopo il trattamento ad alti decibel cui erano state sottoposte fino a poco prima, le sue orecchie fischiavano e i suoni penetravano con fatica. Appoggiandosi al muro per mantenere l’equilibrio, Rachel superò l’angolo e vide la sala praticamente vuota, tranne per un tizio seduto sul divano in un angolo e Ruth, rimasta sola al suo tavolo. C’era qualcosa di strano in lei, pensò Rachel. C’era il concerto dei Firewalk, eppure se ne stava lì in disparte, con una canna in mano. Rachel si avvicinò e le si sedette accanto. Voleva indagare, inoltre Ruth poteva aver visto Chloe.
“Hey Ru!” le disse allegramente, con un tono molto più alto del voluto. Le orecchie ancora non si erano stappate.
“Hey Rach!” sembrò bisbigliare in risposta. Gli occhi erano due fessure e il sorriso ebete sul suo volto raccontava tutto quello che serviva sul suo stato mentale.
“Va tutto bene? Come mai non sei venuta a ballare?” chiese Rachel.
“Mpfh…” mugugnò Ruth porgendo a Rachel lo spinello, che lo accettò “Ho bisogno di rilassarmi… Sei troppo figa stasera comunque… mi piace Hella che tu abbia indossato l’artiglio d’orso che ti ho regalato… graffia...” ridacchiò.
Rachel era confusa, ma in modo divertente. Non era consueto vedere Ruth così fatta. Decise di tenersi lo spinello ancora un po’. Non che ne rimanesse molto comunque.
“Grazie! Sei sicura che vada tutto bene?” spinse ancora un po’ Rachel.
“La vita è un casino lo sai Rachel?” bofonchiò Ruth afferrandole rudemente l’avambraccio in quello che voleva essere un gesto affettuoso “Le cose non sono mai come te le aspetti. Va sempre tutto per i cazzi suoi. Tu vuoi controllare le cose, ti fai il culo per fare le cose giuste, ma poi tanto succede qualcosa che manda tutto all’aria… Pfft…” sibilò una risatina autoironica “Merda mi sa che mi è presa un po’ bassa stasera…” si massaggiò la fronte.
Rachel ridacchiò comprensiva e appoggiò una mano su quella di Ruth, ancora ancorata al suo avambraccio.
“Va tutto bene Ru! Che fine ha fatto Truman?”
Lei fece spallucce: “Chi lo sa! Immagino sia fuori a fumare. Tornerà suppongo!”
“Ma voi due…” propose Rachel.
“Scopiamo?” completò Ruth. “Si!” ridacchiò in risposta.
“Oh!” disse sorpresa prima di unirsi alla risata. Era fottutamente Hella strano vedere Ruth così! “Non lo sapevo!”.
“Non ci facciamo pubblicità. Niente programmi, niente progetti. Non su questo comunque. Lui è sempre via e io ho la mia vita. Non è che ci sia molto spazio per avere qualcosa di serio…” un pizzico di rammarico sfuggì dalle parole di Ruth. Rachel avrebbe davvero voluto rimanere lì con l’amica, ma Chloe era ancora dispersa. Si disse che sarebbe tornata più tardi, dopo averla ritrovata.
“Senti Ruth, hai visto per caso Chloe?”
Ruth inarcò un sopracciglio e corrugò la fronte nell’evidente sforzo di recuperare dei dati dalla sua mente offuscata.
“Mi pare di sì… è salita su per le scale… credo!”
Rachel si liberò dalla stretta di Ruth e si alzò in piedi: “Grazie!” le restituì la canna “Dopo torno, intanto mangia qualcosa!” le consigliò con sincera dolcezza.
Ruth annuì: “Se incroci Truman digli che mi manca! Pffffth…” e scoppiò di nuovo a ridere. Rachel annuì e poi partì alla ricerca di Chloe.
Salì cautamente le scale, ignorando lo sguardo incuriosito del tizio sul divano. O forse le stava guardando il culo mentre saliva? Irrilevante in quel momento. Più o meno tutti le guardavano il culo praticamente sempre, niente di nuovo!
“Si rimangerà ogni parola… ogni parola…” sentì dire ad una voce maschile e raspante oltre la cima della rampa.
Stava succedendo qualcosa.
“Mi volete davvero vedere incazzata?! Perché sono lì lì! E non sarà divertente, lo giuro!” Questa era la voce di Chloe. Rachel accelerò il passo, salendo i gradini a due a due. Sentì il rumore di un vetro rompersi.
Finalmente raggiunse la cima delle scale e vide due tizi di spalle, uno dei quali brandiva una bottiglia rotta in una mano, mentre con l’altra strattonava il polso di Chloe, alle cui spalle c’era la fine del soppalco ed un salto di almeno quattro metri. La sorpresa si serrò intorno al suo stomaco e si tramutò in rabbia quando realizzò cosa stava succedendo.
Giù quelle luride mani… brutto…
“Hey! Testa di cazzo!” proruppe Rachel spalancando le braccia in gesto di sfida, pestando passi pesanti verso di loro.
I due energumeni si voltarono contemporaneamente, uno con la faccia da scemo ed un cappello la guardò confuso, l’altro fissò lo sguardo inferocito su di lei. Non ne fu impressionata, era pronta a combattere. Lì intorno avrebbe di sicuro trovato qualcosa di contundente da spaccargli sulla testa!
Tutto si svolse molto velocemente. Chloe sbracciò verso il suo aggressore, schiantando la bottiglia di birra che impugnava contro il suo cranio. Il vetro non si ruppe, ma l’uomo perse la presa e cadde in ginocchio reggendosi la testa. L’altro scagnozzo ebbe a malapena il riflesso di rendersene conto, Chloe fu troppo lenta a scappare e ricevette un pugno in piena faccia che le diede comunque la spinta per farla barcollare verso l’uscita. Rachel si frappose fra lei e le scale, aiutandola a restare in piedi.
“Rachel?!” esclamò Chloe a metà fra il sollievo e la sorpresa.
Con la coda dell’occhio vide lo stronzo in canotta bianca rialzarsi con sguardo feroce.
“Andiamo!” gridò Rachel afferrando la mano di Chloe e trascinandola giù per le scale e poi attraverso la sala. La meta era la folla nella sala del concerto, dove sperava che non le avrebbero seguite. Rachel si accorse a malapena dello sguardo incuriosito di Ruth e di Truman, che nel frattempo era tornato al suo posto. Chloe si bloccò, costringendo anche Rachel a fermarsi.
Che succede? Perché ti fermi proprio adesso?!?
Chloe rimase sulla soglia del salone, guardando indietro verso le scale. Anche Rachel sbirciò, senza lasciare la stretta sulla sua mano. Vide i due aggressori scendere goffamente le scale ed essere bloccati dal tizio biondo che fino a poco prima era svaccato sul divano. In piedi era molto più alto e imponente di quanto non sembrasse.
“Fanculo Frank! Lasciami passare!” gridò uno dei due.
“Non succederà! Calmatevi e levatevi dal cazzo ora!” ringhiò l’uomo.
I due iniziarono la ritirata fra le imprecazioni, mentre Frank si voltò verso le ragazze. O forse stava fissando Chloe. Rachel mandò un bacio sprezzante verso i due energumeni e la trascinò via, Chloe salutò con un dito medio mentre si rituffavano nella folla.
“Ma che cazzo è successo??” chiese gridando Rachel mentre si inoltravano nella folla danzante.
“Ma che cazzo ne so… mi sono scontrata con quel tizio, gli ho rovesciato la birra e se l’è legata al dito!” replicò Chloe.
“Perché te ne sei andata senza dire niente?” chiese Rachel, rendendosi conto solo dopo aver parlato di quanto sembrasse materna la sua affermazione. Tienimi sempre la manina, bambina bella, mi raccomando!
“Così! Hai beccato Lily e avevo voglia di fumare, poi ero curiosa di vedere dove andavano quelle scale… di sopra sembrava un posto migliore per vedere la band…” sotto lo sguardo perplesso di Rachel, Chloe si affrettò ad aggiungere: “Ti avrei portata lì se i due stronzi non mi avessero aggredita…”
Rachel inarcò un sopracciglio. Sentiva che c’era dell’altro, ma non era il momento per approfondire.
“Grazie a proposito! Mi hai salvato il culo!” disse ancora Chloe, grattandosi la testa e distogliendo lo sguardo.
Rachel scoppiò a ridere, ricevendo uno sguardo sorpreso da Chloe: “Che cazzo Price! Prima sera al Mulino e scateni una rissa! Sono impressionata!”
“E rubo a dei criminali! Quello lo voglio sul mio curriculum!”
Scoppiarono entrambe a ridere e Rachel la trascinò nuovamente verso il centro della folla. Chloe si lasciò condurre di nuovo, ormai farsi portare in giro mano nella mano da Rachel stava diventando comodo e abituale! Sgomitando come forsennate raggiunsero lo spazio sotto il palco, dove ritrovarono anche Lily e Claudia.
­­­­Ballarono.
La batteria dei Firewalk guidava i battiti dei loro cuori.
Ballarono, scontrandosi tra di loro, scontrandosi con perfetti estranei. Rachel continuava a lanciare sguardi verso Chloe, a controllare dove fosse, a prendere la mano di Chloe come se temesse che se ne sarebbe andata di nuovo. Ma Chloe non se ne andò. Dopo quella sera non se ne sarebbe andata mai più.
Rachel prese il cellulare dalla tasca, strinse Chloe a sé con un braccio, mentre con l’altro scattò un selfie. I loro volti arrossati, sudati e felici comparvero sullo schermo. In un momento di calma tra una canzone e l’altra, Rachel condivise il selfie su Facebook, accompagnata da una parola: “Firewalk!”
L’ultimo riff di chitarra concluse il concerto e la folla iniziò a diradarsi. Sorrisi ebeti ed esausti sormontavano i visi di Rachel e Chloe. Lily e Claudia erano con loro, ma erano invisibili.
Trovarono Truman da solo al bancone, sorseggiando un drink e fumando una sigaretta. Ruth non c’era. L’uomo spiegò che si era lasciata un po’ troppo andare e l’aveva riportata a casa. Qualcosa si contrasse nel petto di Rachel, il giorno dopo l’avrebbe certamente chiamata.
Truman caricò tutte sul suo pick-up e le riportò ad Arcadia Bay. Rimase chiuso in un silenzio pensieroso, mentre intorno a lui Chloe, Rachel, Lily e Claudia continuavano a ridere, cantare e chiacchierare di cazzate. Le lasciò dove le aveva caricate e svanì nella notte con un grugnito per saluto. Lily e Claudia scambiarono i cellulari con Chloe e se ne andarono anche loro, lasciandola insieme a Rachel.
Ubriache, si tenevano in piedi a vicenda, strette in un abbraccio laterale. Nella notte, Arcadia Bay sembrava una città fantasma, le luci nelle case erano tutte spente, nessuno a parte loro girava per strada. C’era qualcosa di magico in tutto questo, nel silenzio rotto solo dalle loro voci più alte del dovuto, a causa dell’udito compromesso!
Arrivò infine il momento in cui le loro strade si divisero, Rachel allora diede voce alla domanda che aveva trattenuto per tutta la sera.
“Chloe, perché sei andata via all’inizio del concerto?” se c’era un momento per ottenere una risposta senza nessun filtro era proprio quello.
Chloe si grattò la testa, tenendosi in precario equilibrio sulle gambe a causa di un buon miscuglio di erba, alcol e stanchezza: “Non lo so… cioè… io ho visto che ti sei messa a parlare con Lily e Claudia, a ballare con loro e… mi sono sentita di troppo…”
“Chloe…” la fronte di Rachel si corrugò.
“Lo so, lo so… sono un’idiota.”
“Si lo sei!” Rachel le sorrise dolcemente “Non pensare più queste cazzate!”
“Ci proverò!”
Rachel le regalò un sorriso raggiante e Chloe ebbe per un istante l’impressione che stesse spuntando l’alba. Ma no, era soltanto Rachel, che indietreggiava sempre tenendo lo sguardo fisso su di lei e mandandole un bacio con entrambe le mani: “Ci vediamo domani Rockstar!”
“A domani!!” rispose Chloe.
Rachel incespicò e per poco non cadde, scoppiando in una risata autoironica, cui si unì anche Chloe, mentre si allontanavano l’una dall’altra, continuando a salutarsi, finché non girarono l’angolo…
 
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Go back to where you held armour against your skin
Don't sink, just swim towards the storm
And once again you'll be reborn, reborn, reborn
 
Go back to where I held armour against my skin
Won't sink, I swim towards the storm
And once again I'll be reborn, reborn, reborn
 
Hope - Daughter
 
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Just tried to count the stars on the sky
Don't question why 'cos truth lies behind your eye

Un raggio di luce solare impattò contro le palpebre di Chloe, trascinandola fuori dal sonno più di quanto avesse già fatto la musica della sveglia. Riversa sul letto, con la testa ancora ottusa dall’alcol e dall’erba della sera prima, le orecchie che fischiavano ancora per il concerto. Tutte cose di cui si ricordò strada facendo, mentre si svegliava.
Just tried to sing a lullaby
If you get lost beg your wings
and try to fly to your dreams

Chloe si mosse cautamente, pigramente, tentando di rotolare sull’altro lato del letto disfatto, lontano da quella luce fastidiosa. D’altro canto, su quel lato c’era la sveglia e più si avvicinava più la musica diventava forte. Non c’era scampo. La testa le pulsava fastidiosamente, preludio ad un mal di testa che poteva prevenire, almeno in parte, con del cibo…
Si rese conto solo allora di essere ancora vestita, scarpe comprese. Doveva essere praticamente svenuta nel letto. I ricordi della serata erano piuttosto annebbiati, soprattutto nella parte finale. Una sigaretta avrebbe riacceso i suoi neuroni a sufficienza. Allungò una mano oltre il bordo destro del letto, trovando sigarette e posacenere dove si trovavano sempre. Se ne accese una e la nicotina diede una sferzata di lucidità al suo cervello.
I reached out to touch the sky
Just tried, reached out to touch the sky
Just be, it's the simplest way to be free
You gotta just just do create
The world which you wish to see

Gli occhi erano fissi sul soffitto, sempre meno faticosi da tenere aperti, mentre davanti le passavano delle istantanee della serata precedente. Il Vecchio Mulino, il concerto dei Firewalk, gli stronzi che l’avevano aggredita… Rachel. Le aveva effettivamente salvato la vita. Non ricordava nemmeno bene come fosse finita con le spalle al vuoto e due energumeni strafatti che le agitavano una bottiglia rotta vicino alla faccia. Sapeva solo che Rachel era apparsa a salvarla, aveva distratto quei tizi abbastanza da darle la possibilità di sferrare una bottigliata in testa a quello che la stava trattenendo.
Si rese improvvisamente conto di una strana sensazione nei pressi dell’occhio destro. Una pulsazione anomala nell’area dello zigomo. Tastò distrattamente ed una fitta di dolore le attraversò metà della faccia. Ah si, ecco… il tizio scemo le aveva rifilato un pugno. Doveva valutare i danni, ma si concesse qualche altro momento per finire la sigaretta e lasciarsi schiacciare dalla gravità.
Rachel…
Rachel che balla accanto a lei.
Rachel che continua a prenderle la mano.
Rachel che ride, scherza, beve e brinda con lei…
Le labbra di Rachel…
Il profumo di Rachel…
I fianchi di Rachel…
Si voltò verso sinistra per scuotersi da quegli strani pensieri, incontrando lo sguardo di suo padre e Max provenire dalla foto. Un altro giorno in paradiso, giusto? Però, forse stavolta non era del tutto falso…
Close your eyes and predify
If you get lost beg your wings
and try to fly to your dreams
Just tried, reached out to touch the sky
Just tried, reached out to touch the sky
 
Qualcosa era cambiato dopo ieri sera.
Il mondo sembrava diverso.
Si alzò dal letto dopo aver riposto il posacenere. L’odore di sigaretta la seguì, insieme ai residui della sera prima. Birra, tabacco, erba, sudore… faceva davvero schifo! Poteva sentire il suo alito e non era un bel sentire. Serviva una doccia, una di quelle esfolianti!
Passò davanti allo specchio per scoprire che il suo zigomo destro era violetto e gonfio. Proprio come se qualcuno le avesse dato un pugno! Un po’ difficile da nasconderlo a Joyce e David… merda!
Sul cellulare nessun messaggio. Probabilmente Rachel dormiva ancora, non aveva un David che anche di sabato le faceva puntare la sveglia. Certo, durante la settimana la sveglia era alle sei e mezza, di sabato e domenica le era concesso puntarla alle nove… ma Cristo!
Close your eyes and predify
If you get lost beg your wings
and try to fly to your dreams
Just tried, reached out to touch the sky
Just tried, reached out to touch the sky
 
Diede un’occhiata al pc. Una notifica da Facebook? Qualcuno l’aveva taggata in una foto??
Seguì il link e finì sul profilo di Rachel. I loro volti sorridenti, arrossati e sudati guardavano dritti nell’obiettivo. Era il selfie che Rachel aveva scattato ieri sera! L’aveva pubblicato??
Una serie di sentimenti si susseguirono nella sua mente. Che cazzo l’ha pubblicato a fare? Ha pure scritto ‘Firewalk!’, così tutti sapranno dov’eravamo. Beh probabilmente lo scopo era quello… ma perché? I commenti erano già parecchi, molti provenienti da gente conosciuta.
TREVOR: Invidia!
MARISA: Sei strafiga! E sei con Price!
ARMOND: Stai benissimo Rachel!
SARAH: Fantastiche! Xoxoxo
KELLY: Rachel! Ti odio! <3
MARISA: Kelly, ma non avevi invitato Rachel al tuo pigiama party ieri sera?
STEPH: Bruci di invidia!
MARISA: Oh no! Quel genere di musica non fa per me! Evidentemente avevo capito male!
Ovviamente ‘qualcuno’ aveva già fatto notare che Rachel non era stata dove avrebbe dovuto essere. Questo rischiava di essere un problema!
Tuttavia…
Quella foto risvegliò in lei i ricordi della pista da ballo, le luci stroboscopiche, lo sguardo di Rachel, il modo in cui si era sentita. La compagnia di Lily e Claudia, le cazzate che avevano sparato tutto il tempo. Quella sera non aveva pensato a nessuna delle cose oscure cui pensava di solito. Una fiammella si era accesa appena varcata la soglia del Mulino ed era divampata in quello spazio vuoto nel petto di Chloe. Si sorprese a sorridere, mentre i suoi occhi erano fissi in quelli di Rachel nella foto.
Un’energia felice la travolse, un’eccitazione, una strana voglia di fare, di muoversi. Di vivere. Di baciare…
Si diresse ad ampie falcate verso il bagno, pronta a farsi la doccia migliore della sua vita.
Fanculo! Il suo asciugamano pirata era sparito di nuovo. Un’altra delle tante rotture di cazzo causate da David. Continuava a spostarle l’asciugamano per fare posto al suo! Avrebbe voluto strangolarlo con quella merda griffata US Army, ma le faceva troppo schifo il solo pensiero di avvicinarsi a qualcosa che avesse toccato il corpo di David!
Aprì gli scaffali del bagno dove di solito si trovano gli asciugamani puliti, ma non era lì. Rovistò sopra il mobiletto delle medicine. Niente. Lo trovò in una scatola di plastica sotto il lavandino. E si fermò. I suoi occhi si erano fissati su qualcosa che non vedeva da tempo: la benda e la bandana di Long Max Silver, ma soprattutto la tinta per capelli che lei e Max avevano preso per tingerla di blu, dopo che l’esperimento della barba-scotch era fallito miseramente con tanto dolore ed eritema sulla sua faccia!
Sorrise. Quel giorno era iniziato in modo strano. Pensieri strani, sensazioni strane…
Se qualcosa era cambiato, allora bisognava celebrare in qualche modo! Con qualcosa di blu. Dopotutto era ancora una pirata no? Anzi! Lo era molto più di quanto lo fosse mai stata. Cosa fanno i pirati? Bevono, si battono e saccheggiano bottini! Tutte cose che con Max erano state solo finzione, ma che con Rachel erano improvvisamente diventate reali! La maglietta dei Firewalk, la mazzetta coi soldi e l’occhio nero ne erano la testimonianza.
L’acqua calda sulla sua pelle fu rigenerante. Non portò via solo odori sospetti e sporcizia, ma fu come se lavasse in profondità. Tutta la merda che aveva permesso a sé stessa di accumulare nell’ultimo anno e mezzo cominciò a sciogliersi, trascinata via dal flusso degli eventi e da quella doccia. Rachel aveva iniziato tutto. Rachel le era sbattuta contro nel momento giusto della sua vita. Rachel le aveva teso una mano dalla cima del pozzo in cui Chloe era caduta. Stava a lei afferrarla. E l’aveva fatto. Lo stava facendo. Forse, poteva finalmente uscirne?
Di fronte allo specchio tolse la condensa con la mano, avvolta nell’asciugamano pirata, sfilacciato in alcuni punti. Prese la tintura e la aprì. Un test! Vediamo come sta! Si può sempre cambiare colore più avanti! Una ciocca va bene! Avrebbe avuto le mani blu per giorni, ma chissene! Quando alzò la testa dal lavandino, un ciuffo blu pendeva sul suo viso. Chloe sorrise a sé stessa. Era così figa!
Era strano pensarlo! La seconda cosa che pensò fu: Devo fottutamente farlo vedere a Rachel! Chissà se le piacerà!
 
-
 
Al risveglio, Rachel provò sensazioni un po’ diverse.
Fisicamente no, erano le stesse di Chloe. Gli anelli di Saturno erano nulla confronto al cerchio intorno alla sua testa. Ma fu peggio prendere il cellulare e ricordarsi di aver pubblicato il suo selfie. Quanto era fottutamente ubriaca per non ricordarsi nemmeno di averlo fatto? Del resto l’adolescenza è quell’età in cui sei più o meno autorizzata a prendere decisioni discutibili di cui poi ti penti. E Rachel sapeva bene che appena scesa in salotto se ne sarebbe pentita. Dai rumori che provenivano dal piano di sotto era evidente che entrambi i suoi genitori erano in casa. Rachel invidiò profondamente Chloe per avere la possibilità di evadere dalla finestra della sua camera!
Dopo aver letto e riletto i commenti sotto il selfie appurò che non c’era nessuna versione dei fatti alternativa, niente che potesse cambiare le cose in modo favorevole: aveva mentito su dove sarebbe stata e Marisa era stata così gentile da farlo sapere a tutta Internet. E si sa, Internet è per sempre.
Muovendosi al rallentatore, un po’ per i postumi della sbronza e un po’ per ritardare il più possibile il confronto con suo padre, Rachel si fece una lunga doccia durante la quale studiò ogni possibile strategia che la facesse sembrare meno colpevole. Non c’era, non senza risultare patetica.
Infine, come un condannato va al patibolo, Rachel scese le scale. Erano le undici passate, la colazione era fuori discussione, ma le serviva almeno una banana per risistemare lo stomaco e assorbire un po’ della merda che ancora le circolava in corpo. Il senso di leggerezza alla testa era un sintomo inequivocabile che la sbronza non le era ancora passata del tutto.
Rose era in salotto, sulla sua sedia, impegnata a battere qualcosa sul suo portatile. Probabilmente qualcosa riguardo un’altra mostra a Portland o qualche affare filantropico. Suo padre, invece, era seduto a capotavola con il suo giornale davanti, scarabocchiando il sudoku sulla penultima pagina. Questo era inconsueto e probabilmente pericoloso. James era ossessivamente abitudinario, il fatto che non fosse sulla sua poltrona o in studio a lavorare, ma perdesse tempo significava che la stava aspettando. Ed era nervoso. Niente di imprevisto, ma per Rachel era comunque inquietante.
Odiava e temeva suo padre quando era arrabbiato, soprattutto perché capitava molto di rado!
“Buongiorno!” disse lei dirigendosi verso il portafrutta in cucina.
Nessuno rispose.
Questo era ancora più spaventoso!
“Siediti qui Rachel. Devo parlarti.” La voce di James era fredda come il ghiaccio sul parabrezza delle macchine in strada. Come lo sguardo che stava fortunatamente riversando sul sudoku. Rachel sentì il cuore accelerare, come se volesse balzar fuori dal petto e fuggire lontano. Prese la sua banana e la sbucciò, dando il primo morso mentre si sedeva nel posto solitamente riservato a Rose durante pranzi e cene.
Rachel non disse nulla, James appoggiò la matita e chiuse il giornale, mentre Rose lasciava la sua postazione e convergeva in cucina. Nella testa ovattata di Rachel iniziò un countdown verso la sua inevitabile fine. Sperava solo che arrivasse in modo rapido!
Rose rimase in piedi all’altro capo del tavolo, braccia incrociate e schiena leggermente appoggiata alla credenza. Gli occhi glaciali di James infine incontrarono quelli di Rachel. Lui prese il cellulare e cominciò a digitare.
“Com’è andato il pigiama party da Kelly?” chiese James.
E Rachel andò in tilt. Odiava quel genere di cose. Suo padre sapeva perfettamente cos’era successo, ma la stava deliberatamente mettendo in condizione di mentire o di ammettere la verità. Di norma la verità sarebbe…
“Bene” la voce uscì prima che terminasse il pensiero.
Cazzo!
“Bene eh? Hai fatto piuttosto tardi questa notte…” proseguì James, come per darle una seconda chance di ammettere i suoi errori. Rachel doveva ammettere che suo padre era fottutamente bravo in quelle cose. La infastidiva che probabilmente quegli stessi stratagemmi li usava per far confessare i criminali. L’intera scena sembrava un interrogatorio, con Rose nella parte del poliziotto silenzioso e inquietante in un angolo e James in quella del detective che ha già risolto il caso, ma la tira per le lunghe, giocando con il colpevole prima di tirar fuori la prova schiacciante che lo inchioda.
“Un po’ tardi… si…” bofonchiò Rachel.
Ed eccola che arriva. James girò lo schermo del cellulare verso di lei e, come si aspettava, si trovò di nuovo a fissare il suo selfie. Chloe sembrava sorriderle perplessa, il suo sguardo diceva ‘Lo so, ci sono passata cento volte più di te… ti capisco!’
“Firewalk?” chiese retoricamente James.
Rachel fece spallucce: “Voglio un avvocato…”
“Meglio se non scherzi Rachel...” il suo tono si indurì di colpo, facendola trasalire “…questa è una cosa molto grave!”
Ok, Rachel si aspettava l’incazzatura di suo padre, rimproveri e una punizione severa. Però c’era qualcosa di più nel suo atteggiamento.
“Lo so, ho mentito su dove sarei andata realmente e sono tornata ore dopo il coprifuoco… mi dispiace papà, io…” ma James la interruppe, sbattendo una mano sul tavolo, che tremò con tintinnio vetroso.
“Questa non è una bravata e basta. Hai idea della posizione in cui mi hai messo?!”
Rachel rimase in silenzio, gli occhi spalancati. Senza parole, faticando a capire. Lei aveva messo lui in una qualche posizione sgradevole?
“Non dici nulla? Non ti rendi nemmeno conto!”  sbuffò James allontanando il giornale da sé con stizza “Sono profondamente deluso da te, Rachel. Come non lo sono mai stato.”
Queste parole fecero male, soprattutto perché Rachel non riusciva ancora a capire a cosa si riferisse. Cosa aveva fatto di così grave? Era un’adolescente che mente ai genitori per andare ad un concerto… normale amministrazione per la media delle famiglie. Ma del resto la sua non era una famiglia nella media.
“Sono andata al concerto dei Firewalk, papà. Ti ho mentito, vi ho mentito e non avrei dovuto. Sapevo che comunque non me l’avreste permesso, ma ho sbagliato. Mi dispiace…” tentò di dire Rachel.
“Ti dispiace…” sputò James “…pensi che non sappia dove si è tenuto quel concerto? Lo sai che sono il Procuratore della Contea, vero? Come ti è saltato in mente di andare al Vecchio Mulino? E con quella ragazza… ti avevo detto che era una pessima compagnia e il fatto che ti abbia trascinata con sé dimostra che avevo ragione!”
“Chloe non mi ha ‘trascinata’, sono io che ho invitato lei.” sembrava che almeno suo padre non sapesse niente di Truman e degli altri e per Rachel era meglio così!
“Difficile da credere, ma il punto non è nemmeno questo. Tu sei mia figlia, Rachel, nessuno dovrebbe frequentare quel genere di luoghi malfamati, ma tu meno di tutti!” continuò James, il tono di voce ancora alto in modo preoccupante.
“Non mi è successo nulla papà! Sono stata attenta” mentì “non ho corso pericoli!” mentì ancora “Ho solo ballato e ascoltato la musica dal vivo!”
“Per favore Rachel. Mi prendi davvero per idiota? Da come parli e dal rossore dei tuoi occhi è evidente che hai bevuto, o anche peggio! E so che non è la prima volta. Pensi che non sappia delle altre feste cui sei stata? Ho avuto la tua età anch’io, so come funziona!” James iniziò a massaggiarsi la fronte.
Rachel era confusa. Non le era chiaro quale fosse il punto. Aveva già ammesso le sue colpe e la punizione ancora non stava arrivando. Sarebbe di certo arrivata, ma suo padre sembrava sconvolto. Sconvolto in modo eccessivo, soprattutto visto che a suo dire sapeva che non era la prima volta.
“Perché allora non hai mai detto niente?” chiese Rachel.
“Ho lasciato correre!” disse come se fosse un’ovvietà “Sei al liceo, è l’età della ribellione e nessuno si aspetta nulla di diverso. Ma questa volta sei andata in un luogo frequentato da criminali e hai pure pubblicato una foto che lo testimonia. Ti rendi conto dell’impatto che questo può avere su di me?!”
Oh…
Questo era il punto.
Qualcosa in Rachel sprofondò. Sulle sue spalle calò come una pesante coperta fastidiosamente calda e opprimente.
“Devi capire che ogni tua azione ha ripercussioni Rachel! Hai idea di quanto sia importante l’immagine che diamo di noi stessi? La reputazione nel mio lavoro è tutto e basta pochissimo per infangarla. Cosa credi che penserà la gente della nostra famiglia o di me visto che MIA FIGLIA frequenta un covo di tossici? Perché è questo che diranno!” James parlava a ruota libera. Altra anomalia tra le tante di quella mattina. Rachel era esterrefatta ed anche Rose, che tentò di intervenire:
“Quello che tuo padre sta cercando di dire è che non si tratta solo della tua sicurezza, ma anche del tuo futuro. Cose come questa rischiano di inquinare il curriculum scolastico e lo stile di vita è qualcosa che le Università considerano quando valutano le candidature…” disse in tono pacato, lanciando continui sguardi verso il marito come per chiedere conferma.
“Esatto…” convenne James.
Rachel rimase in silenzio.
Quindi il problema era la reputazione. Uno era preoccupato perché la gente avrebbe pensato che siccome non sapeva tenere a bada sua figlia, allora sarebbe stato incapace anche con i criminali veri, mentre l’altra aveva paura che qualche fottuta Università la rifiutasse.
Qualcosa andò in corto circuito nel sistema di convinzioni di Rachel. Non era così che sarebbe dovuta andare. Non erano quelle le priorità che si aspettava avessero i suoi genitori.
Il suo stomaco iniziò a bruciare, un po’ per l’alcol in eccesso, molto di più per la rabbia crescente…
“Quindi è questo il problema… che ti ho fatto fare brutta figura?”
“Cosa?”
Rachel ripeté, fissando il suo sguardo dritto in quello di James: “Quindi-è-questo-il-problema-Che-ti…”
“Ho capito quello che hai detto.” Replicò James spazientito e stupito.
“Bene, se hai capito rispondimi!” continuò Rachel, mentre il calore le invadeva il petto e le guance.
“Non ti permettere di parlarmi in questo modo! Io non ti devo spiegazioni!”
“Invece direi proprio di sì! Mi aspettavo che vi sareste preoccupati di più per la mia incolumità o per il fatto che abbia bevuto! Invece pare che non ve ne freghi un cazzo, a meno che non si sappia in giro!”
“Rachel!” esclamò stupita Rose.
“Modera il linguaggio! Ovviamente siamo preoccupati per la tua sicurezza, ma c’è un limite tra quella che è una normale disobbedienza adolescenziale e quello che invece è un comportamento a rischio.”
“A rischio per chi? Per il tuo lavoro?” insistette Rachel.
“Vedo che fingi di non capire ciò che ho detto!”
“Oh no… ho capito benissimo! Sei preoccupato che quella foto danneggi la tua immagine!”
“La tua immagine Rachel! E la nostra come famiglia. Ciò che il mondo pensa di te è fondamentale e basta uno sbaglio per mandare all’aria gli sforzi di una vita!”
“La mia immagine? Sei tu quello che ha voluto che ne avessi una! Perché serviva alla tua campagna elettorale, alla tua carriera! Posso drogarmi, sbronzarmi o crepare, basta che non si sappia se no poi la gente mormora, giusto? Se fossimo rimasti in California non te ne fregherebbe un cazzo dell’immagine!” ora Rachel stava urlando.
“Beh ma non siamo rimasti in California, siamo qui ed è grazie al MIO lavoro e ai MIEI sforzi se vivi in una vita agiata e studi nella scuola più facoltosa dello stato!” Anche James gridava.
Rachel si alzò in piedi spostando rumorosamente la sedia: “Non me ne frega niente di vite agiate e scuole private! Voglio solo vivere la mia fottutissima vita! Non ti ho mai chiesto di crearmi un’immagine del cazzo! Forse ti sei così abituato alle stronzate che le confondi con la verità! Flash News: io non sono Miss Perfettina del cazzo!”
James balzò in piedi: “Ora basta!” i suoi pugni sbatterono sul tavolo e tutto il fuoco di Rachel si spense con una doccia gelata. Un brivido le percorse la schiena e le fece drizzare i capelli, mentre indietreggiò istintivamente di un passo. James non aveva mai alzato un dito su di lei, ma per un secondo lo temette.
Un silenzio pesante cadde sulla stanza. Rose guardava entrambi allibita, con le mani davanti alla bocca, mentre James prendeva un profondo respiro nel tentativo di dominarsi.
“Ora vai in camera tua. Sei in punizione ovviamente, deciderò per quanto quando mi sarò calmato.” Disse James con un tono forzatamente più basso.
Rachel non se lo fece ripetere due volte e corse su per le scale, sbattendo la porta dietro di sé.
Si tuffò nel letto, prima che potesse accorgersene delle lacrime rigavano le sue guance.
Era confusa.
Per metà pentita delle sue parole, che avevano di certo aggravato la situazione, per metà fiera di averle dette.
Reputazione? Davvero papà?
E in tutto questo le era momentaneamente sfuggito che anche sua madre si era schierata con lui.
Una domanda iniziò a frullarle in testa.
Una domanda che non voleva formulare in modo compiuto, ma era impossibile evitarlo.
Suo padre teneva davvero a lei? A lei in quanto sua figlia… in quanto Rachel.
Oppure anche per lui era soltanto Miss Perfettina Amber?
E forse preferiva Miss Perfettina a Rachel…
Non poteva essere così… vero?
Non poteva…
 
Rrrrrrrrrmmmmmmmmmmmnnnnn
Rrrrrrrrrmmmmmmmmmmmnnnnn

 
Il cellulare vibrò, interrompendo i suoi pensieri piangenti. Tirò su col naso mentre con una mano prendeva il telefono e con l’altra cercava un fazzoletto per asciugarsi il moccio.
Chloe
  • Hey Rach! Dormi ancora??
Non era l’unico messaggio. Nel tempo in cui aveva abbandonato il cellulare ne erano arrivati diversi, da numerose fonti…
Kelly
  • Ciao Rachel, ho visto la foto! Pensavo di doverti reggere il gioco.
  • Non sarà stato un po’ rischioso pubblicarla? (•_•)
  • Risp quando puoi
Marisa
  • Bella mossa Amber! 😜
Steph
  • Ciao Rach!
  • Com’era il concerto?
  • Non sarai nei guai adesso?
Megan
  • Ciao Rachel
  • Mi fa piacere vedere che ti stai facendo un sacco di nuovi amici
  • Vedo che non hai più bisogno di me quindi puoi anche smettere di fingere che ti importi.
Nathan
  • Potevi invitarmi…
 
Andate tutti affanculo!
Rachel gettò il cellulare sul comodino.
I singhiozzi tornarono a scuoterla.
Vaffanculo.
Vaffanculo tutti!
 
Chloe…
Lei no. Lei meritava una risposta.
Probabilmente tra tutti era l’unica cui fregasse realmente qualcosa.
O forse era come gli altri, in cerca di un pezzo di lei…
 
Rachel
  • No. Ho fatto un casino!
Chloe
  • C’entra con quel selfie che hai pubblicato?
Rachel
  • Già… dovevo essere parecchio sbronza in quel momento.
Chloe
  • Entrambe lo eravamo.
  • Sei stata punita?
Rachel
  • Si, ma la condanna finale non è ancora stata emessa.
Chloe
  • Mi dispiace.
Rachel
  • Non è colpa tua.
Chloe
  • Fa comunque schifo!
  • Posso aiutarti a evadere! È facile, l’ho fatto mille volte. Hai solo bisogno di lenzuola e competenza nel fare nodi.
 
Rachel sbuffò una risatina.
Rachel
  • Sono un’ex scout girl, dovrei cavarmela con i nodi!
Chloe
  • Perfetto, io posso creare un diversivo. Qualcosa di anarchico…
Rachel
  • Apprezzo davvero lo sforzo, ma penso che mi sacrificherò questa volta!
  • Mio padre vuole il mio sangue e non si placherà finché non sarà versato.
Chloe
  • Noi pirati non lasciamo mai indietro i nostri!
Rachel
  • Comunque nessun rimpianto! È stato… HELLA!
Chloe
  • HELLA!!!
  • Dovremmo rifarlo!
  • Senza selfie però!
Rachel
  • Magari senza condividerli!
Chloe
  • Forse è meglio!
  • Peccato comunque… volevo mostrarti una cosa ma dovrai aspettare lunedì a scuola!
Rachel
  • Cosa cosa??
Chloe
  • Segreto
  • Fino a lunedì!
Rachel
  • Sei Hella misteriosa Chloe Price!
Chloe
  • Fa parte del mio fascino!
 
Rachel sospirò e depositò il cellulare accanto a sé sul letto disfatto. Lo sguardo rivolto al soffitto, mentre con il fazzoletto usato si tamponava naso e occhi. Le sue labbra mostravano un sorriso sollevato. Chloe Price. A lei importava davvero…
Era così.
Doveva essere così.
Voleva che lo fosse…
Se poteva sperare in un’alleata in tutto il casino che sembrava essere la sua vita, chi altri poteva essere se non lei?
 
******************
 
Lunedì nuvole grigie solcavano il cielo, ma nessuna sembrava intenzionata a far peggiorare il tempo. Sfilavano soltanto contro il cielo azzurro, come sempre velato di foschia.
Quando Rachel la vide spalancò gli occhi e quasi balzò in avanti.
"Porca troia! I tuoi capelli... sono così..." allungò una mano per accarezzare la ciocca blu. Lo sguardo, anch'esso blu, che Chloe le restituì fu come quello di un bambino che scarta i regali la mattina di Natale.
"Cazzuti??" completò la frase, timidamente.
Rachel le lanciò uno sguardo indagatore. Chloe era diversa quel giorno e non soltanto per i capelli tinti. Una luce nuova brillava dal fondo dei suoi occhi, irradiava verso Rachel. Per Rachel.
Sentì il petto scaldarsi e un sorriso astuto si allargò sul suo viso.
"Stavo per dire sexy!" replicò Rachel, godendosi l'espressione sorpresa, imbarazzata e compiaciuta di Chloe "Ma si... anche cazzuti!"
 
Mentre fumavano la sigaretta mattutina sul lato della piscina, Rachel le raccontò del confronto con suo padre, concluso con la decisione di punirla per un mese. Niente uscite, solo scuola e casa.
"Almeno mi ha lasciato il cellulare, mi serve per coordinarmi con gli altri del Drama Club... e poi ci sono giorni in cui dovrò fermarmi qualche ora doposcuola per le prove. Possiamo sfruttarli per vederci!" spiegò Rachel.
"Anche mia madre ha rotto... sapeva dove siamo state e David ha minacciato di farmi di nuovo il test del capello. Ma col cazzo! Non può mica farmelo contro la mia volontà… ho dei fottuti diritti! E poi Wells l'ha chiamata per i voti e le assenze. Almeno non mi hanno punita, per ora..."
 
Quando migrarono verso la Caffetteria la loro privacy ebbe termine. Chiunque incontrarono fermò Rachel con domande sui Firewalk, sul concerto, su "hai avuto due palle quadrate ad andare in quel postaccio!". Chloe poteva dirlo, quel bagno di folla stava logorando Rachel. Di solito la vedeva sguazzare felice nell'attenzione degli altri. Non quel giorno, anche se regalava a tutti la sua faccia gentile. Le occhiate che invece lanciava a Chloe dicevano "Scappiamo da qui!"
Chloe avrebbe voluto realizzare immediatamente quella richiesta. Sparire per sempre da Arcadia Bay, andare in cerca di fortuna altrove. Ovunque, purché non fosse lì. Lontano, il più possibile.
 
-

"Adoro questi progetti per i costumi, Steph..." esclamò Rachel mentre sfogliava il blocco pieno di schizzi più o meno rifiniti. Steph era di fronte a lei, seduta dall'altro lato del tavolo, nella zona del campus nei pressi dei dormitori. Nella zona verde di fronte alla Blackwell c’erano quasi solo loro, a parte un paio di studenti che ancora temporeggiavano. Una di loro sembrava nota a Rachel, leggeva seduta per terra, appoggiata al tronco di un albero. Samantha… le pareva si chiamasse così…
"Grazie! Pensi che tua madre possa realizzare una cosa del genere?" disse Steph indicando il costume di Prospera.
"Beh, immagino di sì. L'anno scorso se l'è cavata bene con quello dell'Angelo Piangente, almeno con una parte!" commentò Rachel "E grazie di darmi una scusa per rimanere fuori casa un po' più a lungo!"
"Figurati! A che servono gli amici?" sorrise Steph.
Erano passate un paio di settimane dal concerto dei Firewalk e le sue conseguenze stavano diventando snervanti per Rachel. Non solo per via della punizione che la costringeva a rincasare ogni giorno subito dopo la scuola, salvo impegni 'certificati' con il Drama Club.
Mentre Rachel sfogliava il blocco di Steph, lei prese un sorso dal bicchiere di carta alla sua sinistra, contenente una cioccolata calda. Benché marzo fosse alle porte, le temperature erano ancora piuttosto rigide, anche se i giorni di pioggia diminuivano.
"E' da un po' che vorrei chiederti come stai..." disse Steph.
Rachel la guardò incuriosita: "Mmh? Sto bene! Perché?"
"Insomma... dopo quella foto c'è stato un po' di casino. Con Marisa intendo." disse Steph un po' timidamente.
Un po’ di casino era un modo elegante di dirlo. La prima conseguenza era stato l’incontro con Wells accompagnata dai genitori, in cui aveva perso il lavoro e i crediti come sua assistente. Visto che il provvedimento non riguardava infrazioni entro le mura scolastiche, ma solo una questione di ‘immagine’, non intaccò il suo curriculum. Poi apparvero le scritte sui muri come “Rachel Stoner” o “Rachel Drunker”. Con Chloe aveva provveduto a scrivere delle risposte sotto quei graffiti.
E poi le chiacchiere…
"Ufficialmente non ci sono problemi tra di noi... questo è fantastico!" disse Rachel tentando di deviare l'argomento su un disegno di Steph. La copia di un totem indiano, lo studio di un corvo e numerose bozze di quello che sembrava un costume o un personaggio che ricalcava esattamente il design del totem. Steph inarcò un sopracciglio e sogghignò: "Grazie!"
"A cosa stai lavorando? È un progetto personale?" indagò Rachel.
"Ti parlo di questo se tu mi dici come ti senti!"
Rachel sbuffò, lasciando cadere pesantemente le braccia sul tavolo, insieme al sorriso.
"Se vuoi..." si affrettò ad aggiungere Steph.
"Si, insomma... Sai com'è fatta Marisa. Da quando si è messa con quel tizio del Vortex Club, Sebastian, continua ad invitarmi alle loro feste, si finge solidale e cose così. Poi invece so per certo che è lei la mandante delle scritte, oltre ad aver messo in giro le voci..."
"Quelle secondo cui ti fai di crack che compri da Chloe?" aggiunse Steph.
"Proprio quelle.”
“Lo sai che nessuno ci crede vero? Ti sei fatta solo un selfie ad un concerto, la notizia è che il concerto era in un posto malfamato e con una ragazza ‘problematica’… hai solo intaccato l’immagine che gli altri avevano di te, e questo sconvolge le menti deboli!” tentò di rassicurarla Steph con un sorrisino.
Rachel lo ricambiò: “Grazie Steph! Comunque non è la prima volta che qualcuno spande merda su di me, è il Liceo, si sa come vanno queste cose!" disse Rachel, cercando di spazzare via le ombre dalla conversazione.
"Non è comunque giusto..." disse Steph, alla ricerca di un'apertura nella corazza di Rachel.
"E' solo invidiosa. Vuole i riflettori su di sé e pensa che io glieli stia rubando... certe volte glieli cederei volentieri!" commentò Rachel, il suo sguardo si spostò da qualche parte sul prato, le sopracciglia incurvate.
"Cosa intendi?"
Rachel prese un profondo sospiro e il sorriso tornò a splendere sul suo volto. Steph capì in quel momento che la porta si era definitivamente chiusa. Aveva visto Rachel mille volte indossare la faccia giusta per il contesto giusto, l'aveva vista esercitarsi al Drama Club ed era dannatamente brava. Anche nella vita quotidiana. Una certa delusione la invase, ma del resto era così con Rachel. Non si apriva mai fino in fondo. Non con lei comunque, per quanto lo volesse o tentasse.
Provò un’intensa, momentanea, invidia gelosa nei confronti di Chloe.
Passavano così tanto tempo insieme, sembravano molto vicine…
"Ora tocca a te!" disse allegramente Rachel "Cos'è questo... uomo-corvo?"
Steph sorrise, accettando ancora una volta di essere stata chiusa fuori: "Non è proprio un progetto personale, in parte è un esercizio creativo. Il professor Cole un po' di tempo fa ci ha dato il compito di trasformare un'oggetto reale in uno immaginario, tipo... avevo disegnato un'astronave a partire da un apriscatole. Roba così!"
"Sembra davvero figo!" Rachel appoggiò il mento fra le dita intrecciate delle mani, pendendo dalle sue labbra. Steph non era mai certa che il suo interesse fosse reale, anche se ne aveva tutta l'aria. Le piaceva parlare con Rachel, amava quando la stava ad ascoltare e le rarissime volte in cui lei le parlava delle sue cose. Solo, avrebbe voluto ci fossero molte più occasioni... come quelle che aveva Chloe.
"Insomma, quell'esercizio mi è piaciuto e ho continuato a farlo per i fatti miei. Non so cosa diventerà, potrebbe diventare un'armatura, un personaggio, un boss finale di una campagna..." continuò Steph.
"Boss finale? Campagna??"
"Ah... si, ti ho parlato di Dungeons and Dragons?"
"Un paio di volte. È un gioco da tavolo giusto?"
"Non proprio, è un gioco di ruolo. In effetti ti piacerebbe! I giocatori creano dei personaggi con caratteristiche e personalità definite e li interpretano in un'avventura raccontata dal Dungeon Master, che è sia il narratore che il... diciamo direttore di tutto."
"Sembra davvero interessante!" disse Rachel.
"Si gioca con questi..." disse Steph estraendo con gesto fulmineo un sacchetto dalla tasca e rovesciandolo sul tavolo di legno, facendo cadere diversi dadi colorati dalle molteplici facce. "Sono dadi speciali che vanno lanciati a seconda dei casi. Nello zaino ho il manuale con tutte le regole, ma per fortuna i giocatori non devono conoscerle tutte. Anzi, possono anche non saperne niente, basta che le conosca il Master. E io le conosco!" Steph si emozionava sempre come una bambina quando parlava di D&D. A Rachel piaceva! Era dolce e in generale Rachel amava il modo in cui le persone cambiano quando parlano di ciò che le appassiona.
"Se hai un po' di tempo potresti provare! Tra qualche minuto mi raggiunge Mikey e faremo una sessione." propose Steph.
"Grazie, ma anch'io ho un impegno! Sto aspettando la conferma..." disse Rachel dando un colpetto col dito sul suo cellulare, appoggiato poco distante.
"Ok. Ci sarà un'altra occasione!" Steph non sapeva nascondere la delusione, provava a mascherare il tono di voce, ma la sua fronte corrugata e la luce degli occhi che si offuscava erano un segnale inequivocabile.
"Mikey..." rifletté Rachel "Lo conosco?"
"Forse, non lo so. È il fratello minore di Drew..." disse Steph come se stesse confessando una marachella.
Rachel spalancò gli occhi per la sorpresa: "Ah! Quel Mikey! Non lo conosco personalmente, ma Drew mi ha parlato di lui... in passato."
"Già... tra voi le cose vanno ancora male?" si informò Steph.
"Non ci parliamo. Da quando ha aggredito Nathan abbiamo preso strade diverse..."
"Mi dispiace."
"Ma come mai giochi con Mikey? Non va alle medie?" Rachel era confusa.
Steph distolse lo sguardo cercando nel muretto del dormitorio alla sua sinistra una risposta ai suoi conflitti interiori. Rachel se ne accorse: "Che succede Steph?"
"In realtà non dovrei dirlo a nessuno... Drew mi ha fatto promettere di non parlarne, specialmente a te. Ma voi siete amici anche se avete litigato. Sai dei problemi del padre di Drew vero?"
Rachel annuì, facendosi molto seria.
"Beh, le cose non vanno per niente bene. È disoccupato da mesi, fatica a ricevere il sussidio e ha perso la casa. Passa dal divano di qualche amico ai motel e... insomma, Mikey sta vivendo alla Blackwell in questo momento. Dorme con Drew nella sua stanza del Dormitorio."
"Merda..."
"Già! In più Mikey ha problemi di salute... le cure costano..."
"Si lo so..." disse Rachel
"Drew si è messo in un giro un po' losco. Credo che spacci o qualcosa del genere. Non è che sia stato molto preciso a riguardo, ma so che è in contatto con brutta gente."
"Merda... ti ha detto lui tutte queste cose?" una parte di Rachel si sentì male, una puntura di orgoglio ferito, la sensazione dolorosa di vedersi sostituita da qualcuno. Rachel avrebbe potuto aiutare Drew, si era offerta di farlo molto tempo prima che la situazione degenerasse così... Ma lui non aveva voluto, ed ora aveva coinvolto Steph. Al suo posto…
"Si, più o meno. Sulla parte losca ha provato a fare il criptico, ma non sono stupida. Mi ha chiesto di aiutarlo con Mikey, per non lasciarlo sempre da solo nei Dormitori o tenerlo lontano quando… fa le sue cose... alla fine ho scoperto che è più nerd di me! Così ho iniziato a farlo giocare a D&D. Una fuga dalla realtà penso sia quello che gli serve in questo momento..." concluse Steph, svuotando il bicchiere di cioccolata.
"Porca troia..." sussurrò Rachel "Non avevo idea che la situazione fosse così di merda..."
"Volevo dirtelo prima, ma non sapevo che fare... cioè... Drew è stato chiarissimo e probabilmente se sapesse che te l'ho detto si incazzerebbe a morte."
"Questo spiega diverse cose... come il suo comportamento da bullo... non lo giustifica, ma anch'io sarei irritabile al suo posto!" commentò Rachel massaggiandosi la fronte mentre cercava di elaborare le nuove informazioni. Proprio in quel momento una voce vagamente nasale arrivò dalle sue spalle:
"Steph!"
Le due ragazze si voltarono all'unisono e videro un ragazzo minuto, con occhiali ingombranti e uno zaino apparentemente molto pesante sulle spalle. Qualcosa di Drew era riconoscibile nei suoi occhi, nel naso, ma le orecchie a sventola erano tutte sue. Sulla felpa indaco era disegnato un procione con cappello a punta da mago, che lanciava un dado a venti facce. Rachel non poté fare a meno di sorridere, una sensazione di tenerezza la invase.
Quando Mikey fu nei pressi del tavolo la guardò con sospetto, in silenzio.
"Ciao Mikey! Lei è Rachel!" presentò Steph.
"Molto piacere!" disse lei alzandosi e tenendo la mano.
Lui la guardò quasi confuso per un po', poi timidamente la strinse. Morbidamente.
"Piacere..."
"Pronto a giocare Elamon?" disse Steph allegramente.
"Certo!" esclamò lui praticamente ignorando Rachel "Mi sono passato di livello, ho un paio di incantesimi cazzutissimi che devo provare. Fammi incontrare dei non morti ti prego... anche solo uno scheletrino..."
Rachel accantonò la confusione che le scatenarono quei discorsi profondamente nerd, che per lei non avevano il minimo senso, ma che invece Steph sembrava seguire alla perfezione.
Mentre recuperava le sue cose per fare spazio a Mikey/Elamon, che aveva già occupato metà del tavolo con quaderni, dadi, manuali di gioco e miniature dipinte, il cellulare le vibrò nella tasca.
 
Chloe
  • Fuga dalla punizione!
  • Prof Ferdinand probabilmente non se ne accorgerà nemmeno.
  • Perché usano sempre i prof di igiene e salute per sorvegliare la gente??
 
Rachel sghignazzò e rispose
  • Probabilmente perché dovrebbero essere persone responsabili...
  • Dovrebbero!
  • Ci vediamo al parcheggio! Sarò quella figa!
 
Chloe
  • Arrivo!
 
Rachel ripose il telefono, salutò calorosamente Steph e Mikey e si diresse all'appuntamento con Chloe.
Tenne per sé tutto ciò che Steph le aveva raccontato.
 
-
 
Rachel
  • Ciao Drew. Ho bisogno di parlarti.
  • Drew ti ho chiamato. Rispondi.
  • Sono passati tre giorni e ancora mi ignori. È importante.
  • Se un po’ mi conosci sai che non smetterò.
  • Diventerò il tuo incubo peggiore, ti sveglierai nel cuore della notte e il tuo cellulare dirà 169 chiamate perse da Rachel Amber!
Drew
  • Che cazzo vuoi???
Rachel
  • Finalmente!
  • Voglio solo sapere come stai. Ho saputo che le cose con tuo padre non vanno benissimo…
Drew
  • Chi te l’ha detto??
Rachel
  • Sono la figlia del Procuratore Distrettuale e Arcadia Bay è una città piccola.
Drew
  • Sai cosa? Non sono cazzi tuoi. Mi pareva avessi scelto il tuo cagnolino Prescott giusto?
  • Stai con lui! Preoccupati di lui e stai alla larga.
Rachel
  • Ho visto Steph e Mikey…
  • Che sta succedendo Drew?
  • Io posso aiutarti, siamo amici ricordi? Anche se si litiga tra amici ci si aiuta.
Drew
  • Non voglio il tuo aiuto
  • Fatti i cazzi tuoi
  • Vaffanculo!
Rachel
 
-
 
Nathan
  • Hey! Proviamo insieme domani?
Rachel
  • Scusa, domani non posso. Questa settimana ho già usato tre volte il bonus Keaton per rimanere fuori casa…
Nathan
  • Tranne che questa volta sarebbe vero!
  • Dobbiamo davvero provare…
Rachel
  • Hai ragione
  • Sono una cogliona.
  • Settimana prossima sarà l’ultima di galera e ci sarò. Giuro!
Nathan
  • Ok…
 
-
 
Rachel
  • Ciao Meg.
  • Ho provato a chiamarti. Ti ho lasciato un messaggio in segreteria.
  • So di essere stata una pessima amica… da un po’ di tempo.
  • Se vorrai io sarò qui…
 
**************************************
 
“Buon compleanno Chloe!”
Joyce era tutta contenta mentre portava in tavola una torta al cioccolato con sedici candeline.
David si trovava dall’altro lato della tavola, disponendo nervosamente piatti e posate da dolce. Da qualche tempo David non era per niente felice. Più o meno da quando era stato licenziato!
Succede quando ti metti a perquisire persone a caso in cerca di droghe e alcol… pensò Chloe.
In realtà l’umore di David era peggiorato drasticamente dopo il concerto dei Firewalk. Joyce aveva sentito degli studenti della Blackwell parlarne al Two Whales, aveva fatto alcune domande e il resto era storia. David aveva ricominciato a starle addosso.
“Forse puoi fregare tua madre, ma non me! Lo so che hai ripreso a drogarti! Confessa!” più o meno era questo il tenore delle loro interazioni. “E’ colpa di quella Rachel Amber vero? Ti proibisco di rivolgerle ancora la parola!” diceva anche, scatenando le ire di Chloe e inevitabili litigi. Fanculo… se c’era un’influenza positiva nella sua vita era Rachel!
Anche al lavoro David si era fatto più paranoico, eseguendo controlli casuali sempre meno casuali sui clienti che uscivano, finché un giorno apostrofò malamente la signora Gardner, una amabile vecchina famosa per il suo stand di torte e biscotti di zucca ad Halloween. Alzò la voce, agitò le braccia minaccioso, la strattonò per controllare che non avesse rubato dell’alcol e la signora Gardner minacciò di fare causa al supermercato. Fu molto più economico per loro licenziare David in tronco…
Anche stavolta, Joyce era stata comprensiva…
Chloe non riusciva ancora a credere al fatto che sua madre non vedesse ciò che lei vedeva: David era irrecuperabile. Una testa di cazzo, completamente andato! Intanto lei ci rimetteva.
Era stata messa in punizione per essersi rifiutata di farlo entrare in camera sua per verificare che non avesse ‘stupefacenti’. Già una volta era entrato di nascosto, ma Chloe non gli avrebbe mai consapevolmente permesso di perquisire la sua roba!
Una bottiglia di vino era sparita dal frigo ed ovviamente era colpa di Chloe, salvo che poi Joyce gli ricordò che l’avevano bevuta insieme alcuni giorni prima.
Le aveva chiesto scusa?
No!
L’aveva fatto Joyce per lui, ma non valeva un cazzo…
Parole vuote…
E ora David era lì davanti a lei. Benché Joyce avesse tentato di rendere la giornata speciale e allegra, la tensione si tagliava col coltello, che Chloe impugnò per affettare la torta. Avrebbe tanto voluto che Rachel fosse lì con lei. Erano d’accordo di vedersi dopo e festeggiare a modo loro, ma intanto doveva attraversare tutto questo da sola. Era lei ad averle detto che preferiva non farla venire a casa… ma un’alleata in quella situazione l’avrebbe fatta sentire molto meglio. Anche se David la considerava una cattiva compagnia… Idiota!
Chloe affondò la lama nella torta, tenendo il coltello al contrario.
“Stai pugnalando qualcuno? Prendilo come si deve!” bofonchiò David.
“Scusa… devo essermi drogata… pensavo di impugnarlo bene!” ribatté Chloe sarcastica.
“Fai poco la spiritosa. Hai un problema. Lo sai tu e lo so io, ma preferisci tentare di farmi passare per fesso!”
Chloe fece per replicare ma Joyce li interruppe:
“Ragazzi! Siete stati bravi per tutto il pranzo, non roviniamo tutto al momento del dolce ok?”
“Ok…” mugugnò David
“Come ti pare…” bisbigliò Chloe. David la sentì e le vene del collo si gonfiarono sensibilmente come se stessero per esplodere. Ma l’uomo tacque. Sembrava voler trattenere un’eruzione vulcanica con un tappo di sughero.
“Come spenderai il tuo regalo di 100 dollari tesoro?” canticchiò Joyce, mentre appoggiava dolcemente una mano sulla spalla di David, che nel frattempo stringeva un lato del suo piatto, così forte che le sue nocche erano bianche.
“Beh…” Nella mente di Chloe passarono dozzine di risposte possibili in rapida successione. Serie, allegre, scherzose, diplomatiche, concilianti… sapeva che il sarcasmo era fuori luogo. Sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose. Poteva vedere che David era ad un soffio dal raggiungere il suo limite. Il sarcasmo non andava bene.
“Probabilmente salderò i miei debiti di gioco! O mi farò una bella scorta di erba da nascondere sotto il parquet! Anzi… mi ha sempre incuriosito l’eroina! Penso che la proverò!” Non riuscì a resistere…
CRASH!
Il piatto di David impattò sul tavolo, andando in frantumi. Chloe balzò in piedi, con il coltello sporco di torta ancora in mano, spaventata a morte. Joyce spalancò gli occhi:
“David!”
“Ora basta! Sei solo una stronzetta impertinente! Continui a provocare e pensi che non ci saranno conseguenze! Sei in punizione!”
“David calmati!” la mano di Joyce si strinse sulla sua spalla, ma lui se ne liberò con uno strattone.
“Falla finita Joyce! Le concedi sempre tutto! Continui a dirmi di lasciar correre, di capire, di lasciarle spazio. Ma questa qui non ha bisogno di spazio! Ha bisogno di tante bastonate! Se fosse mia figlia col cazzo che farebbe così!” David aveva i pugni così serrati da aver perso ogni colore, che invece era tutto nel volto paonazzo. Joyce sembrava non sapere più che fare, mentre Chloe non poté fare altro che reagire.
“Hai centrato il punto brutto stronzo! Tu non sei mio padre! Sei solo un coglione che non sa nemmeno tenersi un lavoro!”
E poi la vista di Chloe si oscurò. Per alcuni istanti vertiginosi ebbe l’impressione di fluttuare, davanti a lei apparve un caleidoscopio di colori astratti nonostante avesse gli occhi aperti. Poi la vista tornò, insieme ad un dolore pulsante sul lato destro della faccia. Più o meno lo stesso punto in cui quello stronzo le aveva rifilato un pugno al concerto dei Firewalk. Si accorse di aver fatto alcuni passi indietro rispetto al tavolo, ma non se lo ricordava. La mano aperta di David era ancora a mezz’aria, lui era immobile e sconcertato.
Piombò il silenzio per un secondo quasi eterno.
“David!” la voce di Joyce più alta di alcune ottave frantumò l’aria, mentre l’uomo ripiombava a sedere quasi catatonico.
“Io… io…” biascicò.
“Sei solo un pezzo di merda!!” gridò Chloe reggendosi la faccia prima di cominciare a correre verso la porta.
“Chloe!” la voce disperata di Joyce la raggiunse a malapena.
Lei era già fuori dalla porta e le sue dita scorrevano freneticamente sul cellulare, digitando un messaggio:
Chloe
  • Dove sei??
La risposta non arrivò immediatamente.
Chloe cominciò a correre verso la spiaggia, finché il telefono non vibrò.
Frank
  • Two Whales
  • Che vuoi?
Chloe
  • Droga
Frank
  • Non scrivere questa merda via messaggio!
Chloe
  • Coso, usi questo numero per spacciare!
Frank
  • Testa di cazzo!
  • Non venire qui
  • Aspettami dove sai.
Chloe
  • Ok
 
Corse fino alla spiaggia, nella fretta non aveva nemmeno preso la giacca, indossava solo jeans, scarpe e canottiera rosa con un teschio stilizzato sul davanti. Non riusciva a tenere gli occhi aperti. Le lacrime sgorgavano come un fiume in piena. Almeno, asciugandosi a contatto con l’aria, rinfrescavano la sua guancia arrossata. Mentre camminava si pentì di aver dato a sua madre i soldi rubati al concerto. Glieli aveva infilati di nascosto nella borsa per aiutarla con le bollette ed evitare che impegnasse i suoi ori… ma non se lo meritava…
Per un po’ non ci fu più nulla.
Solo un vuoto, doloroso, oblio.
Chloe era di nuovo sola.
William era morto e Max l’aveva abbandonata.
Dimenticata.
La ferita nel suo cuore si riaprì e sanguinò, come se non si fosse mai rimarginata.
Per un po’, nemmeno Rachel esistette più.
 
-
 
Rachel
  • Hey gurl! Sono al Two Whales ma non ti vedo!
  • Chloe? Ci sei?
  • Ti ho appena chiamata e squilla a vuoto, mi sto preoccupando!
Chloe
  • Sono qui
Rachel
  • Che succede? Sono tornata a casa
Chloe
  • Scusa…
  • È successa la merda…
Rachel
  • Ti chiamo
Chloe
  • No non
Rrrrrrrrrrmmmmmmmmmnnnnnn
Rrrrrrrrrrmmmmmmmmmnnnnnn
Rrrrrrrrrrmmmmmmmmmnnnnnn
Rrrrrrrrrrmmmmmmmmmnnnnnn
 
Chloe non riuscì a finire il messaggio che il telefono cominciò a vibrare. Barcollava sulla spiaggia, una canna in mano, la testa leggera, il corpo intossicato di alcol e THC. Voleva rispondere ma non ci riusciva. Niente di assurdo, semplicemente non riusciva a centrare il bottone.
Alla fine ci riuscì.
“Pronto…” biascicò. Sotto la sua voce le onde del mare scrosciavano e il vento profumato di salsedine la sferzava. Le scarpe le si erano riempite di sabbia da quando era partita dal camper di Frank dieci minuti prima. Il sole stava per tuffarsi nel Pacifico.
[Chloe… che cazzo succede?] la voce di Rachel era preoccupata.
“No no… no niente preoccuparsi…” parlare con qualcuno non era previsto, il risultato era che i neuroni di Chloe soffrivano di dislessia.
[… Sei fatta?]
Chloe scoppiò a ridere, quel genere di risata ebete e stanca che dice solo ‘non ci sto capendo un cazzo’.
[Si sei fatta… dove sei??]
“Rachel io… non…”
[DOVE. CAZZO. SEI?!]
Chloe rimase stupita da quella domanda così perentoria. Non era in grado di opporvisi.
“Spiaggia…”
[Dove di preciso?]
“Ehm…” Chloe si guardò intorno cercando dei punti di riferimento intravide la Chiesa ad un centinaio di metri “Chiesa … alla vicino …”
[Fermati lì e aspettami. Non protestare o mi incazzo]
“Ok…”
Chloe aveva una rotta! Come Jack Sparrow!!
Iniziò a dirigersi verso la Chiesa, stupendosi di quanto fosse lontana. O forse si allontanava da lei? Cattiva chiesa!
 
-
 
La mano fresca di Rachel sulla sua fronte le diede un po’ di conforto, mentre l’intero contenuto del suo stomaco e forse anche dell’anima veniva vomitato sull’asfalto. Dopo che i conati terminarono e con tutto l’impegno non c’era nient’altro da poter espellere, Chloe riuscì a respirare di nuovo. Annaspando si sedette sul basso muretto che separava il sagrato della chiesa dal marciapiede. Rachel le mise la sua giacca di pelle sulle spalle. Ormai era sera, faceva un freddo assurdo anche se Chloe non se ne avvedeva.
Rachel si prese cura di lei in silenzio per qualche minuto, massaggiandole in cerchio il centro della schiena. Era piacevole. Chloe si sentiva protetta. Ma anche più lucida. Fastidiosamente lucida.
“Stai meglio?” chiese Rachel. Sul suo volto c’era preoccupazione. Vera preoccupazione.
“Si… credo…” gracchiò Chloe. Si vide porgere un fazzoletto e lo accettò. Doveva fare schifo, infatti ripulì una quantità di schifezza gastrica e moccio dal suo viso, molta più di quanta immaginasse.
Merda… Rachel mi sta vedendo così… Fu l’agghiacciante comprensione.
Ma lei le sorrideva dolcemente. Chloe rimase per un po’ a fissarla, incantata da quegli occhi nocciola che apparivano caldi anche nella gelida luce dei lampioni.
“Come sembro?” chiese Chloe.
“Una merda… di quelle sciolte e calpestate!” rispose candidamente Rachel.
“Pffh… grazie stronza!” ridacchiò sorpresa Chloe.
“Sempre a disposizione!”
 
Rimasero là per un bel po’. Chloe non sapeva quanto, ma Rachel non sembrava avere fretta. Indossava la maglietta Jane Doe che le aveva regalato a Natale. Più a Capodanno in realtà, ma dettagli. Il suono delle onde era una ninna nanna, cullava le sensazioni di Chloe, indicandole la via verso il torpore.
“Chloe… mi dici cos’è successo?” chiese di nuovo, gentilmente Rachel.
E lei raccontò tutto. Il pranzo di compleanno, il taglio della torta, lo schiaffo di David, la fuga da Frank e il pomeriggio a base di alcol e droghe leggere, fino alla sua telefonata mentre barcollava in spiaggia.
Rachel ascoltò ogni parola con attenzione, pendeva letteralmente dalle sue labbra intorpidite. Le avvolse un braccio intorno alle spalle, stringendola amabilmente a sé. Quando ebbe finito calò il silenzio per alcuni istanti, prima che Rachel lo rompesse:
“Porca troia…” disse quasi in un sussurro sconcertato.
“Già…”
“L’aveva mai fatto prima?” chiese Rachel riferendosi allo schiaffo di David.
“No… cioè… più o meno. Una volta mi ha spintonato, non mi aveva mai colpita…”
“Questi sono abusi domestici, Chloe. Puoi denunciarlo anche subito.” Disse Rachel con determinazione. Chloe vide come due fiammelle ardere nelle sue iridi e seppe che credeva ad ogni sillaba che aveva appena pronunciato ed era in attesa. Il suo silenzio sembrava dire ‘Dammi solo il via e lo sistemo io lo stronzo!’. Fu allora che Chloe ricordò che il padre di Rachel era il Procuratore Distrettuale… dimenticava le cose nel post fattanza…
“Non lo so…” bofonchiò Chloe, schiarendosi la voce e sputando un fiotto di saliva acida sull’asfalto.
“Ovviamente non ti farò pressioni, ma te lo sto consigliando con tutta me stessa. Come donna ma soprattutto come amica…” il tono di Rachel era davvero intenso, così come il suo sguardo. Chloe seppe che era davvero al suo fianco in quel momento… e si pentì di aver chiamato Frank invece di lei. Si fustigò mentalmente per aver di nuovo messo in dubbio la sincerità di Rachel.
“Grazie Rach… però…”
Joyce…
Non lo disse ma lo pensò.
“A cosa stai pensando? Qual è il dubbio?”
“Mia… madre… lei non si merita di… non lo so. Lei è felice con David e questo… non è violento di solito… avevo visto che era al limite e l’ho provocato lo stesso.” Che cazzo stava succedendo? Stava davvero difendendo David? Aveva l’opportunità di metterlo seriamente nei guai, soprattutto dopo il modo in cui era stato licenziato. Eppure le sembrava sbagliato, le sembrava troppo…
“Stai dicendo che te la sei cercata?” provocò Rachel, sempre con gentilezza.
“No! Ma forse andrà come al solito… si scuserà e per un po’ di tempo sarà sopraffatto dai sensi di colpa e mi lascerà in pace. Oppure è la volta buona che mamma divorzia!”
“Forse! Sarebbe una cosa intelligente da fare.” Commentò Rachel “Voglio solo che tu sappia che sono al tuo fianco Chloe…”
“Lo so… è assurdo cazzo! Ma ora lo so…” bofonchiò con voce tremante.
“Prima non lo sapevi?” chiese Rachel.
“Si! Cioè… lo sapevo, me l’hai detto e dimostrato tante volte ma… cazzo…” Chloe iniziò ad agitarsi, con le mani iniziò a tormentarsi il cuoio capelluto “Non è facile fidarmi di qualcuno… anche se lo so, una parte di me non lo sa… non so se lo capirà mai più…”
“Dì a quella parte di te che può anche rilassarsi. Sono qui e non me ne vado…”
“Perché?” sbottò Chloe.
“Cosa?” chiese Rachel sorpresa.
“Perché?” ripeté Chloe. Forse le barriere erano davvero cadute, o forse era ancora sufficientemente intossicata da tutta la merda che aveva preso, ma finalmente poteva dare voce a quella domanda: Perché Rachel rimaneva al suo fianco? Perché ci si era messa prima di tutto??
Ok erano due domande, ma potevano avere entrambe la stessa risposta.
Rachel tolse il braccio dalle spalle di Chloe, ma in modo lento e gentile. Non come se si stesse ritraendo, più come se avesse bisogno di cambiare posizione. Infilò le mani giunte tra le cosce e strinse per scaldarle, mentre guardava meditabonda davanti a sé.
“Perché ti voglio bene…”
Cosa?
“Cosa?!” disse Chloe con più stupore di quel che volesse.
“Ti.Voglio.Bene!” scandì bene Rachel guardandola negli occhi.
“Perché?” Chloe non poté impedirsi di chiederglielo.
“Non è una cosa che si chiede di solito!” scherzò Rachel, ottenendo un sorriso da Chloe, che rimase comunque in attesa “Non posso farti un elenco di motivi, anche se magari è quello che vorresti…” iniziò Rachel cercando le parole da qualche parte in direzione dell’oceano “Tu sei vera, sei quello che sei, se ascolti ascolti, se parli parli, quando agisci agisci… quando sei con me, sei davvero con me… sei l’unica persona così che conosco.”
“Anche tu sei così…” rispose Chloe, ricevendo una risatina come risposta.
“Davvero lo pensi?” chiese Rachel prendendosi gioco di lei.
“Si… insomma, con me sei così e piaci alle persone proprio per questo! Hai un sacco di amici.” tentò di spiegare Chloe.
“Io piaccio alle persone perché sono brava a socializzare, ma non significa essere amici.” Commentò amaramente Rachel.
“Margareth, Karen…” disse Chloe
“Chi??” chiese Rachel con un sopracciglio inarcato.
“Come cazzo si chiamano… le tue amiche del Drama Club! Oppure Lily, Claudia… Truman…”
Rachel scoppiò a ridere: “I loro nomi te li ricordi però! Forse intendevi Megan e Kelly?”
“Si ok… loro!” sghignazzò Chloe.
“Non so se definirli amici… tutti loro… tra tutta la gente che frequento oltre a te forse solo un paio posso considerarli amici!” disse Rachel.
“E allora perché li frequenti?” chiese Chloe perplessa.
Rachel fece spallucce e rimase in silenzio. I suoi occhi guizzarono qui e là per un istante, poi si fermarono.
“L’amicizia è una cosa reciproca Chloe. La gente sta con te, si comporta bene, poi un giorno cambia qualcosa e smette… e anche se ti chiedi perché non c’è una fottuta risposta. È così e basta…” spiegò Rachel con fermezza.
“La gente finge di preoccuparsi per te, finché non lo fa più…” mormorò Chloe, completamente stupefatta di quanto le parole di Rachel descrivessero perfettamente il modo in cui si sentiva lei. La lezione che Max e sua madre le avevano insegnato, così come tutto il resto del mondo.
“Esatto… ma gli amici non sono così. Gli amici ci sono e non se ne vanno!” concluse Rachel.
“E tu come fai a sapere che non sparirò?” provocò Chloe.
“Perché mi fido di te Chloe…” disse Rachel mettendo a tacere ogni obiezione da parte di Chloe con uno sguardo così intenso che sembrò abbracciarla “Inoltre…” continuò Rachel con un sogghigno “Se sparissi ti verrei a cercare, ma non saresti felice se ti trovassi…”
“Oh beh… vale lo stesso per me!” ridacchiò Chloe.
“Bene…” Quel sorriso, quello sguardo felino, quei capelli così biondi e luminosi anche se era buio…
Quelli erano i momenti in cui Chloe si domandava da dove cazzo fosse uscita Rachel! Forse il suo karma non faceva così schifo come aveva sempre pensato se aveva incontrato qualcuno come lei. Senza volerlo i suoi occhi si posarono sulle sue labbra, così invitanti, così rosa, così morbide…
“Brrrr….” Esclamò Rachel sfregandosi selvaggiamente le braccia “Faremo meglio a muoverci! Sto congelando!” si alzò in piedi.
“Scusa… ti ridò la giacca!”
“No tienila… andiamo da qualche parte al caldo!”
“Già… ma non credo di poter bere o mangiare niente per un bel po’… e non voglio tornare a casa stanotte…” disse Chloe alzandosi. Si armò di coraggio e avvolse un braccio attorno a Rachel. Era così minuta rispetto a lei che fu facile. Si aspettava uno sguardo, una reazione, qualsiasi cosa che sottolineasse il suo gesto.
Nulla!
Sembrava tutto perfettamente normale per Rachel, che anzi, si accoccolò sotto la sua ala:
“Ti ospiterei da me, ma dopo tutta la merda che è successa al concerto sei entrata nella lista dei dieci più ricercati di Arcadia Bay!”
“Solo dei primi dieci? Voglio essere tra i primi tre cazzo!” scherzò Chloe provocando la risata cantilenante di Rachel. Era così bello sentirla ridere…
“Ho un’altra opzione… andremo da Lily…”
“Sicura che non disturberò?” chiese Chloe.
“Non se lo chiedo io! E poi le piaci!” ammiccò Rachel “Hey Lily!”
Dopo una breve conversazione, Chloe e Rachel si incamminarono.
 
-
 
Joyce
  • Chloe! Dove sei andata?
  • Non sei in punizione, torna a casa.
  • Ho parlato con David e l’ho convinto a rivolgersi ad uno specialista, visto che non bastano le sedute con gli altri veterani. Le cose miglioreranno, lui vuole migliorare ed è molto dispiaciuto. Ti prego torna a casa.
  • Dove sei??
  • Chloe?
Chloe
  • Sempre la solita storia. Cosa deve fare perché ti renda conto che è fuori di testa? Ammazzarmi??
Joyce
  • È la prima volta che succede. Ha esagerato, ma anche tu. Sai benissimo che David fa fatica a controllarsi quando è sotto pressione e tu aggiungi sempre il tuo carico!
Chloe
  • Non l’hai scritto davvero…
Joyce
  • Chloe torna a casa.
  • Dimmi almeno dove sei!
Chloe
  • Al sicuro.
Joyce
  • Al sicuro dove??
  • Chloe rispondi.
  • Chiamo la polizia!
Chloe
  • Fai quello che ti pare
  • Finché David vive in quella casa non mi sento molto tranquilla a tornare.
Joyce
  • Cos’è un ricatto?
  • Non ti riconosco più!
Chloe
  • Nemmeno io.
  • Comunque tornerò non ti preoccupare.
  • Solo non ora…
Joyce
  • Quando?
Chloe
  • Devo andare a scuola ricordi? I miei libri sono li. Tornerò ma adesso lasciami sola.
  • Ok?
Joyce
  • Ok
  • Io ti amo Chloe, non scordarlo mai
 
**************************************
 
Chloe
  • Indovina un po’?
Rachel
  • Indizi!
Chloe
  • Un indizio!
  • Una parola di sette lettere
Rachel
  • Mmmmm
  • Non la rendi facile Price!
Chloe
  • È questo il bello!
Rachel
  • Vediamo se la mia logica deduttiva mi viene in soccorso…
  • Siamo a fine aprile, a scuola non sta succedendo un cazzo di rilevante da un po’, Marisa è sorprendentemente calma con entrambe, non hai test importanti in vista e comunque non te ne fregherebbe un cazzo! Non c’entra con la Blackwell!
Chloe
  • Fin troppo facile così Sherlock!
Rachel
  • Ma… si tratta pur sempre di un test…
  • PATENTE??!?!??!
Chloe
  • Ma come cazzo fai?
Rachel
  • 7 lettere e l’unica cosa di importante che c’era in ballo in questo periodo era quella!
Chloe
  • Buon Dio Holmes!!
 
Rachel sghignazzò, mentre Chloe le inviava un nuovo messaggio.
  • Ora manca solo la macchina! Devo cominciare a risparmiare
  • Questo vuol dire meno droga…
Rachel scoppiò di nuovo a ridere. Seduta alla scrivania di camera sua, stava facendo una pausa dallo studio. Aveva i test di Chimica e Matematica la settimana successiva, in passato avrebbe studiato con Megan, ma lei ancora non voleva parlarle e a malapena la salutava quando si incrociavano a scuola. Da quegli ultimi messaggi che le aveva scritto, Megan era diventata più “social”. Sui muri della Blackwell erano iniziati ad apparire volantini graficamente perfetti che invitavano allo Sci-Fi Movie Club. Meg aveva creato un suo gruppo e questo faceva sentire strana Rachel. Sembrava proprio una sorta di reazione al loro allontanamento. Sperava che prima o poi le cose si sarebbero risolte tra loro.
Mentre digitava una risposta per Chloe sentì la voce di suo padre proveniente dall’esterno. James era a casa e come ormai era abitudine, lavorava nel suo ufficio. La voce sua voce sembrava tesa:
“Ti ho detto di non chiamarmi mai!” sibilò.
Rachel si incuriosì. Non sembrava una conversazione da ufficio, né il tono né le parole. Furtivamente, come se potesse sentirla muoversi dal cortile, si spostò dalla sedia e fece il giro della scrivania, per quanto lo spazio ristretto lo rendesse possibile. Si protese per sbirciare fuori dalla finestra, spostando leggermente la lampada, ma non riusciva a vederlo. Non era sotto la sua finestra, ma era comunque da quelle parti.
“Ok ok… quindi che cosa mi stai chiedendo?” sbuffò James spazientito.
Rachel avrebbe voluto scendere e raggiungerlo, per tentare di sentire meglio la conversazione, ma se si fosse spostata avrebbe perso anche quel poco che riusciva a sentire ora. Suo padre si stava allontanando.
“Senti, va bene ok? Ma non possiamo parlarne adesso, non sono solo a casa.”
Il cuore di Rachel iniziò ad accelerare, una sensazione fastidiosa le si attorcigliò attorno allo stomaco. Perché suo padre era così cauto? Perché il fatto che lei fosse a casa doveva impedirgli di parlare con qualcuno. Stava tenendo nascosto qualcosa?
Certo che lo faceva!
James era il Procuratore Distrettuale della Contea, non raccontava certo alla sua famiglia di tutti i casi problematici di cui si occupava e di certo le situazioni più delicate non le trattava così, al telefono. Doveva essere quella la spiegazione.
“Ti ho detto ok! Domani! Scrivimi dove e quando…” la sua voce era stanca. Rachel continuò ad ascoltare.
“Lo so… mi… mi manchi anche tu…”
Rachel si paralizzò e un’ondata di gelo la travolse.
Mi manchi anche tu…
Mi manchi…
Con chi cazzo stava parlando suo padre?!
Rachel udì distrattamente il ‘bip’ della comunicazione che viene interrotta sul cellulare e i passi di suo padre fare il giro della casa.
Mi manchi…
Chi cazzo mancava a suo padre?
Quella non era decisamente una conversazione da lavoro e quel tono. Cos’era quella sfumatura dolce nella voce di James?
Improvvisamente nella mente di Rachel cominciò a costruirsi uno scenario, uno cominciato in autunno, quando aveva iniziato a lavorare più spesso da casa e dare segni di stress. Uno in cui suo padre, certe notti, faceva molto tardi e altre volte era uscito di casa subito dopo cena per “lavoro”. Rachel ci aveva sempre creduto, non aveva motivi di dubitare di lui o di immaginare quello che ora le aveva invaso la mente.
Suo padre aveva un’amante?
Suo padre… si scopava un’altra donna?
Una che non era sua madre?
Non voleva nemmeno pensarlo come un’affermazione. Certo, suo padre aveva dimostrato di essere capace di mentire piuttosto bene, di rigirare le persone ai suoi comodi, compresa lei stessa. Questo le aveva insegnato la sua campagna elettorale. Ma il fatto che mentisse o omettesse qualcosa per lavoro era ancora accettabile…
Quello invece…
Sentì il suono distante della porta sul retro che si chiudeva, quella che dalla cucina dava nel ripostiglio e poi in garage. Rachel si rese conto di essere ancora mezza arrampicata sulla sua scrivania. Immobile.
Scese e si gettò sul letto, tentando di recuperare il filo dei suoi pensieri.
Suo padre era un traditore?
No… doveva averne le prove…
Se era così allora…
Non ci voleva nemmeno pensare!
In ogni caso le prove erano sul suo cellulare.
“Scrivimi dove e quando” aveva detto giusto?
Quella era la chiave…
 
Il suo telefono vibrò dalla scrivania. Era Chloe.
Chloe
  • Ho festeggiato con un bel murales nel parcheggio della Blackwell!
  • Mi ci sono impegnata davvero! Una bella macchina incazzata che scoreggia in faccia a Wells!
  • Ho usato le bombole e i colori… tutto insomma…
  • Domani quando lo vedi mi dici se ti piace!!
  • Hey?
Rachel rispose in automatico, senza pensare.
  • Sempre che Samuel non te l’abbia già coperto!
Chloe
  • Merda no!
  • Spero di no!!
Un piano iniziò a prendere forma nella mente di Rachel, mentre si contorceva sulle lenzuola del letto rifatto. Ma la prima cosa da fare era leggere il cellulare di suo padre…
Quella sera, durante la cena, Rachel fu molto attenta a dove si trovava il telefono di James. Con la scusa di andare in bagno lo prese di soppiatto dal mobile vicino alla poltrona di suo padre, esattamente sotto l’abat-jour, e salì le scale.
Non ci volle molto a trovare quello giusto.
 
Numero Sconosciuto
  • Vediamoci domani alle 11 a Culmination Park, sotto la quercia.
Nient’altro…
Sembrava che suo padre fosse stato molto cauto fino ad allora visto che quel numero non era nemmeno salvato e quello era l’unico messaggio. Evidentemente la troia era proprio innamorata!
Rachel prese un profondo respiro…
Non era ancora detto che fosse come pensava.
Domani l’avrebbe scoperto. Questo implicava saltare la scuola e raggiungere Culmination in orario.
Non voleva farlo da sola…
Aveva bisogno di Chloe. Chloe era l’unica che poteva esserle accanto in quel momento, l’unica che avrebbe anche potuto desiderare di esserci.
Fino ad allora Rachel c’era stata per Chloe, fin dall’inizio aveva cercato di esserle vicina in quelli che ragionevolmente erano stati i suoi momenti peggiori. Ora era il momento di restituire il favore giusto? Erano amiche, gli amici si sostengono a vicenda! Gli amici si aiutano!
Rachel tornò al piano di sotto e con nonchalance rimise il cellulare di suo padre a posto.
 
-
 
Rachel
  • Domani ho bisogno di te
Chloe
  • Certo! Cosa facciamo?
Rachel
  • Dobbiamo saltare la scuola
Chloe
  • Fin qui è facile per me.
Rachel
  • È una cosa seria Chloe…
  • Io temo che mio padre abbia un’amante…
  • So dove si devono incontrare domani ma ho bisogno che tu sia con me
  • Da sola non so come reagirò…
Chloe
  • Merda…
  • Seria? Come mai lo pensi?
Rachel
  • Ho ascoltato una strana conversazione e ho sbirciato tra i suoi messaggi
  • Un numero sconosciuto diceva di incontrarsi domani a Culmination Park alle 11
Chloe
  • Non mi stai prendendo per il culo vero?
  • Non è un gioco o altro?
Rachel
  • No sono seria.
Chloe
  • Ok! Sono assolutamente con te!
  • Inchioderemo quello stronzo!
Rachel
  • Ancora non lo so se è come penso.
  • Spero di sbagliarmi e di aver frainteso tutto…
Chloe
  • Lo spero anch’io!
 
-
 
Rachel rispettò la sua tabella di marcia, fece colazione, chiacchierò con sua madre e scherzò con suo padre come ogni mattina. Uscita di casa, deviò verso il Two Whales davanti al quale Chloe la stava aspettando. Non rimasero a lungo lì davanti per evitare di incrociare Joyce. Dopo l’ultimo scontro con David il clima in casa Price era diventato polare, anche più del solito. Fecero allora un salto da Up All Nite Donuts per fare il pieno di energia in vista della loro missione!
Chloe tentò di chiedere qualche informazione in più su cosa le aspettava, ma Rachel fu molto avara di indizi. “Rilassati Chlo! Prendiamola come una missione segreta, tutti i dettagli ti saranno comunicati al momento giusto!” disse Rachel con quello sguardo furbo da gatto che le riusciva così bene.
“Ho bisogno di qualche informazione in più! Insomma, Culmination Park non è dietro l’angolo!” insistette Chloe.
“Segui il flusso! La vita ha bisogno di un po’ di mistero Chloe.” replicò lei solennemente.
Chloe si arrese.
Rimasero al bistrot fin quasi alle nove di mattina, quando Rachel guardò il cellulare e scattò in piedi, lasciando frettolosamente i soldi per le loro ciambelle e caffè sul tavolo e trascinando fuori Chloe. Erano in orario, ma dovevano muoversi! La giornata era splendida, il sole dei primi di maggio le riscaldava, poche nuvole solcavano il cielo come zattere fumose e bianche. La camicia rossa a quadri di Rachel svolazzava al vento come una bandiera, insieme ai suoi capelli e all’unico orecchino di piuma che indossava. Oggi era giorno di asimmetria!
Chloe indossava la maglia con il corvo che Rachel le aveva regalato. Le sembrava adeguata alla giornata! Rachel sembrava entusiasta, in modo strano visto quello che stavano facendo. Chloe era perplessa, ma l’allegria di Rachel era contagiosa. Seguendo la Arcadia Bay Ave, superarono la chiesa e raggiunsero il passaggio a livello oltre il quale la strada si trasformava nella Highway 101 e la ferrovia si inoltrava nei boschi. Chloe non aveva mai seguito i binari prima di allora, Rachel invece sembrava di sì vista la sicurezza con cui intraprese il percorso.
Quando furono in vista della torre dell’acqua un treno merci le superò pigramente. Andava piuttosto lento, ma era normale in quel punto. Era così lungo che i vagoni in coda stavano ancora superando il passaggio a livello in città! Fu allora che Rachel svelò il suo piano:
“Saltiamo sul treno! Un bell’assalto alla diligenza!” cinguettò Rachel con gli occhi pieni di gioia infantile.
Chloe inarcò un sopracciglio perplessa: “Oppure, potremmo prendere l’autobus…”
“Nope! Siamo in missione di spionaggio, quindi dobbiamo fare le cose per bene!” esclamò Rachel dandole un colpetto col gomito.
Corse in avanti e si fermò solo per spronare Chloe a seguirla.
Infine, Chloe si convinse e insieme corsero accanto al treno che iniziavano a prendere un po’ di velocità. Rachel individuò un vagone aperto e vi si gettò sopra con un balzo goffo ma efficace. Quando fu a bordo tese la mano a Chloe che con il suo aiuto riuscì a salire. Erano ufficialmente due clandestine!
“Dove cazzo va questo treno?” esclamò Chloe con un filo di irritazione nella voce. Si stupì di sé stessa per quanto si sentisse a disagio in quella situazione. Lei era Chloe, era la ribelle, quella che se ne fotte di tutto giusto? A quanto pare no! Era Rachel quella che se ne fotteva più di lei!
“Nord? Magari ci scordiamo di scendere e finiamo a Seattle!” scherzò Rachel.
Seattle?
Per un istante la logica associazione nella mente di Chloe fu “Max…”
Rachel aveva inventato tutta quella roba su suo padre e ora la stava portando a sorpresa a cercare Max??
No… era troppo contorto anche per lei.
Anche se un paio di dubbi sulla situazione erano emersi nella mente di Chloe.
Rachel sembrava davvero troppo allegra, anche se non era fatta…
“Prenditi una sedia Price! La vista è incredibile!” disse Rachel dopo essersi comodamente seduta su un bancale. Aveva ragione, la vista era meravigliosa. I boschi e le montagne passavano davanti ai loro occhi rapidi, Arcadia Bay era sempre più distante e davanti a loro… l’ignoto!
Avrebbero potuto davvero scappare così!
Chloe recuperò una cassa di modeste dimensioni, ma molto più pesante del previsto, sistemandola di fronte a Rachel prima di sedersi. Diede un’occhiata distratta al suo cellulare, che aveva già vibrato diverse volte in un susseguirsi di messaggi che aveva ignorato. Alcuni erano di Eliot che chiedeva come mai non fosse a scuola e dove fosse. Non erano cazzi suoi comunque. Altri erano di sua madre…
Joyce
  • Mi hanno chiamata da scuola, immagino tu sappia perché!
 
Merda… i graffiti nel parcheggio? Molto probabile…
 
  • Domani dobbiamo andare dal preside Wells
  • Devi sforzarti di più Chloe…
Era totalmente per i graffiti… ma ci avrebbe pensato in un altro momento.
Rachel aveva bisogno di lei!
La guardò mentre contemplava silenziosa il panorama. Avrebbe voluto capire cosa le stesse passando per la mente in quel momento, confusa da quell’atteggiamento opposto a quello che si sarebbe aspettata.
E Rachel stessa era piuttosto confusa. Era effettivamente euforica, ma non era affatto felice. Sotto il suo sorriso e l’atteggiamento giocoso stava incanalando il terrore che le aveva impedito di dormire bene per tutta la notte. L’anticipazione che qualcosa stesse per andare terribilmente storto, la sgradevole sensazione di essere incappata in qualcosa in cui non avrebbe mai dovuto né voluto imbattersi.
Ma c’era Chloe con lei e quello che altrimenti sarebbe stato un viaggio pieno di panico si era trasformato in un’avventura! Almeno, questo era ciò che la sua mente in crisi era riuscita a organizzare per mantenere l’equilibrio. Almeno per un po’.
“Hey Chloe…”
“Si??”
“Come pensi che sarebbero le nostre vite se fossimo più avventurose?”
Chloe inarcò un sopracciglio, ma Rachel aveva davvero bisogno di una risposta a quella domanda. Anzi, in realtà quella domanda non è che volesse dire un cazzo di per sé, ma esternava qualcosa che Rachel provava da tempo: la sensazione di essere bloccata in un loop che non aveva scelto e che non la riguardava.
“Tipo… oggi?” rispose Chloe.
“Stiamo vivendo una specie di avventura oggi, non credi?”
“Spiare tuo padre è un’avventura?” Chloe era perplessa.
“Essere clandestine su un treno, rompere le regole e non sapere dove andremo a finire…” argomentò Rachel.
“E’ questo che stiamo facendo?” chiese Chloe ancora più confusa.
“Mi piacerebbe…” Rachel non sapeva davvero dove volesse arrivare, dava voce ai pensieri fluttuanti che attraversavano la sua mente. Voleva solo sentire la voce di Chloe, sapere che era lì, che erano complici in questa cosa. La prospettiva di essere sola in quel momento era spaventosa, ma sarebbe stato peggio se Chloe fosse stata con lei senza capirla.
“Che ti succede Rachel? Sei davvero strana… ieri sera hai detto delle cose e pensavo che fosse una cosa seria…” disse Chloe.
“È seria!” replicò Rachel.
“Non sembra… mi pare che stiamo andando a fare una scampagnata!” Cosa che a Chloe non avrebbe dato fastidio, ma bastava dirlo subito e senza giri o racconti strani.
Rachel prese un profondo respiro: “Chloe, mio padre è sempre stato la persona di cui mi fido di più al mondo. Nonostante tutto, ho sempre avuto la certezza che agisse per il mio bene e quello della nostra famiglia anche se quando ha mentito o si è comportato da idiota… questa cosa… sarebbe troppo. Capisci?”
Chloe annuì.
Rachel continuò: “Finché non sarà il momento di scoprire la verità, non ci voglio pensare. Voglio stare con te esattamente come al solito. Come se stessimo bigiando la scuola e basta! Ne ho davvero bisogno Chloe…”
Lei annuì di nuovo.
“Direi che posso gestirlo!” le sorrise Chloe, in un modo che scaldò il cuore a Rachel.
“Bene! Che ne pensi di fare qualcosa di divertente?” chiese Rachel tornando al suo precedente tono allegro.
“Lo sai, V-Card già presa Rachel. Mi spiace…” disse Chloe.
“Wow!” gli occhi di Rachel si spalancarono per la sorpresa. Cos’era quello, un flirt? Chloe che flirta è una novità, ma era una piacevole novità! Significava che era finalmente, totalmente a suo agio con lei.
Con un sorrisetto stupido Chloe disse: “E’ troppo?”
Rachel ridacchiò: “Beh… chi lo sa!”
Mentre il mondo scorreva loro accanto, lasciarono che ogni preoccupazione rimanesse indietro, come gli alberi che circondavano i binari. Ogni albero un pensiero. Via! Nessuno si fermava, tutto scorreva mentre parlavano di cazzate, ascoltavano musica dall’Ipod di Chloe, immaginavano dozzine di luoghi che avrebbero potuto visitare se fossero riuscite ad andarsene da Arcadia Bay. In effetti, l’avevano appena fatto! La città era lontana chilometri e se fossero rimaste su quel treno, in poche ore avrebbero raggiunto il confine della Contea e poi, chissà, dello stato! Bastava solo rimanere a bordo, lasciare tutto alle spalle, correre incontro all’ignoto…
Invece, all’improvviso, Rachel gridò: “Ci siamo! Salta!!”
Chloe rimase interdetta per qualche secondo: “Eh??”
“Salta!” incalzò Rachel.
E Chloe saltò con un “Fanculo!”
Fanculo se il treno era molto più veloce di quando erano salite.
Fanculo se non aveva idea di come cazzo atterrare da un treno in corsa.
Fanculo tutto!
Stavano vivendo la loro avventura!
Rachel vide Chloe balzare giù dal treno, impattare al suolo e perdere l’equilibrio, rotolando un po’ sul lato dei binari prima di rialzarsi. Balzò poco dopo di lei, finendo nello stesso modo.
Si rialzarono ridendo come due idiote.
Oltre la cima degli abeti potevano vedere la vetta rocciosa di Culmination Peak.
Fianco a fianco, si incamminarono verso di essa.
Quella sera, in quel punto, il fuoco divampò.
 
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"Se non cambi direzione, potresti finire dove sei diretto."
Destiny Smasher (All Wounds)
 
I think were going down
Despair and in an awful sound I found
I know there is a better way it comes
And goes but I can't find the stable ground
 
Caught in the undertow
I feel it on my skin and in my bones
I know you say that I’ve been here
Before, before I fall away again
 
I am I am
I am one and forgotten
I am I am
Love lost destruction
I am I am
I am left to the maelstrom
I am all but gone
 
Tell me is this the end
I read it on your lips and in my head
I know you'll bring me back to shore again
I go some where I wish I'd never been
 
Let this be over now
From shredded sail to sinking bow some how
I know
I’d do it all again
I know
I’d do it all again
Somehow
I’d do it all again
I know
Let me be better now
 
I am I am
I am known and forgotten
I am I am
Love lost destruction
I am I am
I am left to the maelstrom
I am all but gone
 
Feel the wind and waters
The tempest at your skin
You know I never listen
You know its just the way I am
 
Fight the weight of oceans
The desperate search for land
You know I never listen
You know I’ll come to wish I had
 
I am I am
I am known and forgotten
I am I am
Love lost destruction
I am I am
I am left to the maelstrom
But I am all but gone
I am all but gone
 
I Am (All But Gone) – Koethe Koethe [feat. Arbi]
 
   
 
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