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Autore: Doppiakappa    30/05/2022    0 recensioni
Roy Steinberg, sedicenne figlio dello scienziato più influente del 2085, si ritrova vittima di un particolare incidente che lo porta al contatto con una misteriosa sostanza extraterrestre. A sua insaputa, si ritroverà coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a dover salvare il mondo da un'enorme minaccia.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Queen City, Villetta degli Steinberg, la stessa domenica, ore 19.00.
 
Roy sedeva sul divano, tremante, fissando il vuoto in un bizzarro dipinto sulla parete del soggiorno: una tavola dipinta da un amico del padre, in stile cubista, raffigurante una tigre. Ethel era seduta accanto a lui con la testa appoggiata alla sua spalla, con una mano stringeva la sua, mentre con l’altra accarezzava delicatamente la chioma bionda del suo ragazzo. Anche Aiden sedeva vicino a lui, guardando con uno sguardo carico di preoccupazione e sconforto.
Le iridi smeraldine di lui erano spente, gli occhi erano arrossati a causa delle tante lacrime che aveva versato. Aveva ucciso delle persone, le aveva sterminate utilizzando quel maledetto potere, causa di tutto quello che era successo nell’ultimo periodo.

- Ragazzo… - Axel si chinò verso il biondo. – Capisco perfettamente come ti senti. Uccidere per la prima volta fa male, molto male… ma non devi sentirti in colpa, quelle persone erano già morte, uccidendole abbiamo fatto loro un favore.

- A causa mia… Li hanno presi a causa mia… Tutto questo non sarebbe mai successo se non avessi fermato quella tizia, quel giorno… - Roy si portò le mani al viso, disperando in un doloroso pianto. – Il Void… ha portato solo morte e distruzione, attorno a me…

- Steinberg! Adesso basta! – Diego catturò l’attenzione del biondo, fissandolo dritto negli occhi. – Se non fossi intervenuto ci avrebbero ammazzati tutti, e chissà quante altre vittime ci sarebbero state dopo di noi. A sedici anni un ragazzo non dovrebbe dover uccidere nessuno, io più di chiunque altro posso dirlo, ma ci sono situazioni che non ti lasciano altra scelta se non quella di chiudere gli occhi e lasciare che sia il fato ad agire. Sai Steinberg, io sarei dovuto morire tanto tempo fa, ma il fato mi ha posto davanti due opzioni: morire o diventare portatore di morte. Non ho avuto grande scelta ed eccomi qua, ma piangersi addosso non è la soluzione. – Il ragazzo dai capelli blu si avvicinò a Roy, senza togliere lo sguardo dalle sue iridi. – Quei bastardi hanno ucciso centinaia di innocenti e piangere non li riporterà in vita. Quello che dobbiamo fare adesso è rispondere al fuoco con il fuoco.

- Cosa intendi, Hurricane? – chiese perplesso Aiden, alzandosi in piedi con fare interrogativo.

- Lady Gea mi ha mandato qua per una ragione: trovare dove si nascondono quelli dell’Ægis. Ci abbiamo provato, ma siamo stati traditi e non ce ne siamo accorti in tempo. Ma in questa sfortuna potremmo avere una pista da seguire.

- Che pista, Diego? – Axel si fece scappare un tono molto curioso, quasi impaziente.

- Le comunicazioni di Rees. Prima di spararle mi sono accertato di non colpire l’auricolare che aveva nascosto dietro l’orecchio sinistro. Ho provveduto ad estrarne il ricevitore, inviando i dati alla sede di Berlino, lì la squadra di ricerca ci potrà fornire delle tracce.

Axel sospirò, chiudendo gli occhi e posando una mano sulla spalla del ragazzo dai capelli blu. – Ottimo lavoro, Diego. Tienimi aggiornato.

- Sissignore. – disse, portandosi sull’attenti. Si chinò poi verso Roy, tirandogli un leggero pugno sul petto. – Avrai l’occasione di vendicarli, ragazzo. Quel tuo potere non porterà solo distruzione, al contrario, salverà delle vite… - posò una mano su quella del ragazzo. - Un fottio di vite, Steinberg! – la strinse, vedendo le iridi del biondo riacquisire una debole scintilla.

- Professor Steinberg, ora noi dobbiamo occuparci di placare le forze dell’ordine e i media, la prego di avvisarci qualora servisse qualcosa.

- Grazie Axel, ti contatterò se dovessi avere bisogno. – lo congedò l’uomo, vedendolo uscire dalla casa, seguito dai suoi soldati.
 
Nella villetta calò un silenzio appuntito, Roy era ancora scosso da ciò che era accaduto mentre Ethel e Aiden volevano lasciare al biondo il tempo per riappacificarsi, rimanendo al suo fianco, senza dire nulla.
Fu Aiden a rompere il silenzio. – Ethel, vorrei chiederti di passare la notte da noi, si è fatto tardi ormai e penso che la tua presenza possa aiutare Roy a riprendersi. – chiese cortesemente, guardando la ragazza negli occhi.

- Non c’è alcun problema, Signor Steinberg, mi faccia solo avvisare i miei genitori.

- Chiamami pure Aiden. – disse, sorridendo. – Sei di famiglia ora! – posò poi una mano sulla spalla di Roy. – Cerca di riposare stanotte, domani vorrei farti alcuni esami. Sono preoccupato per la tua salute…

- Va bene… papà… - rispose a bassa voce il biondo, voltandosi verso Ethel e aspettando che ella terminasse la chiamata.

Ethel mise giù, tornando subito accanto al ragazzo. – Ti va di distrarti un po’, prima di andare a dormire? – chiese con un dolce sorriso in volto.

- Va bene, Ethel… - si sforzò di sorridere lui, cercando di sopprimere l’angoscia e i pensieri negativi che lo stavano affliggendo.

- Io vado in camera mia, non andate a letto troppo tardi, mi raccomando. – disse Aiden, uscendo dal salotto e dirigendosi verso la sua stanza.

I due ragazzi rimasero in silenzio per una manciata di minuti; Roy aveva il respiro lento e pesante, irregolare, l’unico rumore che rompeva la stressante quiete di quel salotto. Ethel lo guardava, come una madre guarda il proprio figlio nell’addormentarsi. Improvvisamente lo strinse.

- Roy, ora è tutto finito, ok? Non devi tormentarti, non voglio vederti in questo stato… fa male anche a me… - gli posò una mano sulla guancia, lui fece lo stesso, posando la mano su quella della ragazza.

- Non è facile digerire ciò che è successo oggi… ma ci proverò, Ethel… è il massimo che posso prometterti adesso… - disse il biondo, rubando poi un bacio alla ragazza. – Grazie per essere rimasta, significa molto per me…
- Non devi ringraziarmi, sono la tua ragazza ora, è naturale che ti stia a fianco nel momento del bisogno, no?

- Hai ragione. – sorrise lui. – Abbiamo un po’ di cose da raccontare a Blaze… - disse poi, sforzando una risata.

- Già me lo vedo a farci seimila domande…

- Beh… e noi gli dovremo dare seimila risposte…

- Vero, dopotutto è anche grazie a lui che siamo qua, io e te, adesso. – gli strinse la mano.
 
Non passò molto prima che i due ragazzi cadessero prede alla stanchezza, addormentandosi abbracciati, stremati dagli eventi di quella giornata. Nonostante la presenza di Ethel, il sonno di Roy era disturbato, macchiato dalle ancora fervide sensazioni provate quel pomeriggio, dalle visioni macabre, conseguenza di ciò che aveva fatto: corpi carbonizzati, corpi di uomini, donne, bambini, anziani…
Axel aveva ragione: quelle persone non erano più umane, la loro vita era terminata il giorno in cui erano cascate nelle fauci dell’Ægis, ma al posto del volto di quel bambino che aveva dovuto uccidere per non venir ucciso a sua volta, al posto del volto di quel bambino vedeva suo fratello. Lui lo stava guardando, rimaneva immobile ad accettare il suo destino.
E lo guardava.
E lui voleva gridare, ma la voce non usciva.
“Scappa! Emil, scappa!” ma non erano altro che parole eteree. “Emil!”

- Emil! – Roy si svegliò di soprassalto, ansimando grondante di sudore.

Si guardò intorno, cercando sicurezza nelle forme geometriche dell’arredamento del salotto. Era buio e i suoi occhi facevano fatica a captare il filo di luce che illuminava la stanza, filo quasi invisibile, che donava un contorno bianco ai mobili. Si girò verso Ethel: lei era ancora lì, comodamente assopita sul morbido schienale del divano.
Il biondo si appoggiò al corpo della ragazza, coprendola con la coperta che aveva sulle gambe, probabilmente lasciata dal padre mentre loro dormivano. Tentò di riprendere sonno invano, tormentato da quell’incubo. Era solo la sua immaginazione, lo sapeva, ma la visione di suo fratello era così reale, lo sentiva presente in quella stanza, di fronte a lui, poteva quasi sentire il suo respiro.

- Roy, che succede? – fu la voce di Ethel a far dissolvere quell’ombra nel buio, riportando Roy alla realtà.

- Ti ho svegliata… scusami. – disse lui a bassa voce, cercando il suo volto nell’oscurità di quel salotto.

- Hai avuto un incubo, vero? – chiese lei dolcemente.

- Sì… il bambino che ho dovuto uccidere… oggi… ogni volta che chiudo gli occhi vedo mio fratello al suo posto… immobile… a farsi uccidere da me… - il ragazzo tremava.

- Ehi, ehi… era solo un incubo, era solo un incubo… - la rossa abbracciò Roy, facendogli posare la testa sulla sua spalla, accarezzando poi la sua morbida chioma.  

- Tutto questo mi sembra surreale… l’Ægis, il Void… è stato tutto così improvviso, sono stato trascinato dentro e ora non ho più modo di uscirne… l’unica cosa che posso fare è andare fino in fondo…

- Ricordati che non sei solo: tuo padre, il Signor Klein, io e Blaze, siamo tutti qui per te. Hai noi, Roy, non dimenticarlo. Qualunque cosa deciderai di fare, avrai il nostro supporto.

- Senza di voi non saprei che fare… - il biondo strinse la ragazza.

- Non ci pensare… assieme troveremo il modo di venir fuori da questa situazione. Loro non sono invincibili, con l’aiuto dell’Asset riusciremo a fermarli, Roy.

- Ho un sonno terribile, ma non riesco a chiudere occhio…

- Ti distraggo io, finché non ti addormenti… - disse Ethel, lasciandosi scivolare sul divano e trascinando il biondo su di sé.

I due rimasero abbracciati per una intensa e interminabile ora, il tempo sembrava essersi fermato in un magico e piacevole stallo, che silenzioso aveva portato la quiete negli animi dei due ragazzi, facendoli addormentare l’uno nelle braccia dell’altra.
 
La mattina arrivò rapida, inondando il salotto con una luce insolita per il mese di marzo.
Ethel e Roy si svegliarono lentamente, stirando ogni singolo muscolo, indolenziti dalla posizione nella quale si erano addormentati. Dalla cucina si potevano udire le notizie del telegiornale: suoni confusi misti a parole prive di contesto. Proprio in cucina Aiden sedeva al tavolo, guardando in modo distratto lo schermo del televisore, sorseggiando una tazza di caffè preparato rigorosamente con una moka. Da quando aveva conosciuto Erica, sua moglie, non riusciva più a bere caffè che non fosse stato fatto all’italiana.
Improvvisamente la sua attenzione fu catturata dal servizio che stava venendo mandato in onda:
“Siamo qui in Texas Street, luogo dell’attentato terroristico avvenuto ieri sera verso le sei e mezza. Abbiamo l’occasione di parlare con il proprietario dei quattro edifici esplosi durante l’attacco, il noto imprenditore Simon Wolf; Signor Wolf, la ringraziamo per la sua disponibilità.
Sono io a ringraziarvi per permettermi di diffondere questo mio appello. Vedete, la polizia non ha alcuna intenzione di rivelarmi cosa è successo in questo attentato, non mi hanno detto se sono morte persone, in un mio edificio. Come pensate possa sentirmi io? Potrei avere sulla coscienza le vite di decine di innocenti, magari di bambini.” Quelle ultime parole riuscirono ad eludere la stanchezza di Roy, divenendo chiaramente comprensibili e spiccando nel silenzio mattutino. Il senso di colpa che credeva essersi placato col sonno, era subito ritornato a stringergli il cuore, ferendolo silenziosamente. “Ma sono tenuto all’oscuro, non mi è permesso sapere chi ha attaccato una mia proprietà, non mi è permesso sapere se io sia in pericolo, se le persone a cui sono vicine siano in pericolo. Non mi è dato sapere nulla. Io voglio fare un appello a nome mio e dei miei concittadini, un appello alle forze dell’ordine che ci dovrebbero proteggere: vorrei ci fosse trasparenza da parte vostra, è un nostro diritto sapere se siamo in pericolo; in tempi come questi, dove il nostro paese è sull’orlo di riprendere la guerra in Medio Oriente, gli americani non si meritano di essere abbandonati. Vi ringrazio ancora per aver dato voce alle mie parole.”uelQ
 
- Oh, cazzo…! - esclamò Aiden, attirando i due ragazzi, che nel frattempo si erano diretti in cucina.

- Quindi gli edifici erano del Signor Wolf… - disse Roy, avvicinandosi al padre.

- Già…

- Cosa vogliono quelli dell’Ægis da lui? – chiese il biondo, cercando preventivamente la risposta nello sguardo dell’uomo.

- È questo il problema, Roy, non ne ho idea. Simon non è a conoscenza del completamento del B.M.M.D. e non riesco a trovare il motivo di questo attacco, perché proprio a lui?

- E da come ne parla non sembra la prima volta, vero?

- No, anche quando è stato ucciso Andrea mi aveva parlato di essere stato preso di mira.

- Cosa vuoi fare, papà? – chiese Roy lievemente preoccupato.

- Parlerò con Axel. Non voglio che anche Simon venga coinvolto in questa faccenda; ho già perso un caro amico per colpa di quei bastardi… - il ragazzo non aveva mai visto quell’espressione sul volto di Aiden – Ah, Roy, ora devi venire con me al laboratorio, devo controllare le condizioni del tuo corpo dopo quel che è successo ieri. – tornò immediatamente serio, alzandosi dal tavolo, avvicinandosi al ragazzo e poggiandogli una mano sulla spalla.

- Va bene. – si limitò a rispondere lui.

- Ethel, vieni anche tu. Dopo pranzo ti riporto a casa, non voglio trattenerti troppo. – disse poi l’uomo, sorridendo alla ragazza.

- Non si preoccupi Sign-… volevo dire, Aiden. Devo ancora abituarmi… - si fece scappare una lieve risata, che portò una leggera brezza di serenità nell’atmosfera.
 
 
Queen City, base Ægis, laboratorio privato del Professor Gunnarson, ore 14.30.
 
Niklas era sveglio dalla notte precedente, immerso nella progettazione di quella che sarebbe stata la sua più grande creazione. Sedeva alla sua postazione, circondato da monitor e apparecchi tecnologici per la trasmissione e il sequenziamento di onde cerebrali artificiali. Dietro di lui, una lavagna bianca era stata completamente imbrattata di schemi e formule, occupandone in modo disordinato la superficie.
Lavorava in parallelo, codificando con una mano una serie di dati che aveva precedentemente estratto dalle registrazioni radiometriche, mentre con l’altra mano impostava la macchina che avrebbe dovuto sintetizzare la copia artificiale del Void.

- Che cazzo di casino… - borbottava lo scienziato, mentre le sue dita scorrevano inarrestabili sulle due tastiere. – Non avrei mai pensato di poter vedere una singolarità come questa, haha… - continuò, ridendo per contrastare la stanchezza e la tensione che pervadevano il suo corpo.
Simon entrò nel laboratorio, venendo tuttavia ignorato dall’uomo alla scrivania. Si avvicinò lentamente, osservando con ammirazione i vari schermi e il loro contenuto. Tre sigle catturarono la sua attenzione:
I-ZEUS-A001, I-PHOENIX-A002, I-KINETIC-A003”.
 
- Come procede, Niklas? – chiese pacatamente l’uomo.

- Lentamente, Schwarz, molto lentamente.

- Noto tre sigle diverse, hai intenzione di sviluppare più prototipi di base?

- No, ho incontrato un problema che con i dati attuali non ho modo di risolvere. In pratica le codifiche che sto facendo mi permetteranno di sintetizzare un Infecta in grado di emettere energia in solamente una delle sue forme principali, ma non sarà in grado di produrre le altre in contemporanea.

- Quindi al momento non è possibile riprodurre il Void alla perfezione.

- No, e non penso sarà possibile senza prima sviluppare uno di questi Infecta e vedere il comportamento all’interno di un corpo umano.

- Sono comunque dei traguardi importanti, Niklas; ottimo lavoro.

- Ho una richiesta che potrebbe non piacerti…

- Sentiamo.

- Testare i prototipi su una delle cavie del progetto Legion sarebbe inutile, il loro cervello è stato programmato per eseguire delle specifiche funzioni e andrebbero in collisione con l’interfaccia biochimica dell’Infecta. E non posso nemmeno creare un altro fantoccio con già l’Infecta all’interno, perché mi sarebbe impossibile isolare le informazioni bioelettriche in una zona precisa del cervello, evitando di formattarlo…

- In parole povere? – lo interruppe spazientito.

- Devo eseguire i test su uno dei tuoi uomini speciali e se potessi esprimere una preferenza, proporrei Aren, il suo fisco, la sua età e le sue capacità lo rendono il soggetto perfetto. – Niklas guardò Simon negli occhi.

- Mi stai chiedendo di mettere a rischio la vita del mio uomo più forte per testare un prototipo?

- Beh, sì, è proprio quello che ho detto. – fece spallucce lo scienziato.

- Scordatelo. Devi trovare un altro modo.

- No! Sono pronto a testare quello che volete. – si intromise Aren, avvicinandosi a Simon e guardandolo con le iridi illuminate da un’insolita scintilla. – Te lo ripeto, Simon, tu hai bisogno di me, devi fidarti di me!

- La tua vita è troppo importante per me, Aren.

- Dici che sono diverso dagli altri, dici che sono la chiave per il tuo futuro. Il mio scopo è quello di farti arrivare a quel futuro che sogni, e ancora tu ti comporti come se io non fossi pronto. Perché continui a trattarmi come un bambino, Simon? – l’uomo rimase in silenzio, per poi avvicinarsi al castano.

- La tua vita, Aren, è troppo importante per me. – ripeté gelido l’uomo, posandogli una mano sulla spalla, stringendo poi con una forza esagerata.

- Sono il membro più forte di questa cazzo di organizzazione, cosa devo fare per far sì che tu ti possa affidare a me?! – gridò il ragazzo, levandosi la mano di Simon dalla spalla, infastidito.

- Se posso permettermi, Schwarz… l’Infecta, a differenza del Void è un prodotto sintetico, prodotto del quale io conosco l’esatta mappatura delle interazioni biochimiche col corpo umano. – si intromise Niklas, cercando di evitare un proseguimento della discussione.

- Questo cosa mi significa? – chiese l’uomo con tono apatico.

- Significa che così come l’Infecta viene inserito in un corpo, è possibile tirarlo fuori, essendo ancora un prototipo. Quindi posso lavorare sul ragazzo semplicemente inserendogli l’Infecta e aggiustandolo di volta in volta con le varie modifiche. Ho omesso i dati relativi alla totale simbiosi apposta per sviluppare dei prototipi da studiare.

- Hai sentito? Adesso hai la garanzia che non correrò alcun rischio, ti prego, usami come arma definitiva. Eliminerò Steinberg, l’Asset e chiunque si opporrà alla nascita del nostro futuro… - Simon non aveva mai visto Aren essere così tanto insistente.

- Niklas, mi garantisci che non gli succederà nulla?

- Ti ho mai deluso, Schwarz?

- E sia. Quando Niklas terminerà il suo lavoro, tu seguirai ogni singola cosa che ti dirà per tutta la durata del periodo di sperimentazione.

- Sissignore. – rispose serio il ragazzo, riuscendo a mascherare una felicità quasi incontenibile.

- Adesso andiamo via da qui, abbiamo rubato già troppo tempo alla nostra mente. – ordinò poi, facendo per uscire dal laboratorio.

- Appena ho qualcosa per le mani ti chiamo, Schwarz! – gridò Gunnarson prima che Simon lasciasse la stanza, vedendolo annuire.
 
Simon e Aren entrarono nell’ascensore per raggiungere l’ufficio dell’uomo.

- Cosa intendi fare adesso?

- Durante tutto il periodo di sperimentazione non dovremo attirare l’attenzione. Sospenderò tutte le missioni per conto dell’Ægis e scenderò invece in campo personalmente, non come Schwarz, ma come Simon Wolf.

Le porte dell’ascensore si aprirono, permettendo ai due di accedere all’ufficio.

- Non è troppo rischioso esporti direttamente? – chiese il ragazzo, non molto convinto, mentre attraversavano l’enorme porta in vetro.

- A volte, la miglior mossa per mettere in scacco l’avversario è muovere il re, ragazzo mio. – disse, sedendosi alla scrivania e facendo girare fra le dita una pedina-re nera dello scacchi.

- E cosa farà Simon Wolf?

- Mi avvicinerò all’unica cosa che ci potrà permettere di creare l’Infecta completo: Aiden Steinberg. Lui non sospetta ancora nulla di me, con la trasmissione di stamattina ho fatto in modo di presentarmi al mondo come una vittima. Sarà facile avere il suo aiuto e l’unica cosa che mi preoccupa è l’Anonymous Asset, dovremo tenere gli occhi bene aperti per loro.

- Ci siamo noi per questo. – disse deciso il castano.

- Tu non ti muoverai da questa base, è il compromesso se vuoi testare l’Infecta. Saranno Diana e Drake a occuparsi di coprirmi le spalle, ma anche loro non dovranno sottovalutare l’Asset.

- Agli ordini…

- Siamo vicini al traguardo, Aren. Ancora poco e potrò mantenere la mia promessa. – disse, appoggiando la pedina nera vicino al re bianco, facendolo poi cadere con un dito. – Vai a riposare, il tuo corpo dovrà essere in condizioni perfette prima della sperimentazione. – ordinò infine, facendogli cenno di andare.

- Come vuoi, Schwarz.

- Sai che odio quando mi chiami con quel nome.

- Potevi sceglierne uno migliore. – rispose secco, uscendo dallo studio.
 
Schwarz si fece scappare una risata, guardando il ragazzo che aveva cresciuto lasciare la sala. Prese poi un bracciale che teneva sulla scrivania, indossandolo e portandosi il polso alla bocca.
 
- Chiama Aiden Steinberg. – ordinò all’assistente virtuale progettato dai suoi tecnici. Passarono dei lenti secondi prima che la voce del biondo rompesse il silenzio di quella sala.

- Simon, speravo mi chiamassi. Ho visto il notiziario stamattina, tu sei salvo?

- Sì, io sto bene, anche se non posso dire lo stesso per le mie attività e la mia reputazione…

- Via telefono non è il modo migliore per parlarne, perché non ci beviamo qualcosa più tardi?

- La mia agenda è libera, è un’occasione rara ultimamente… - falsò una risata. – Passo sotto casa tua alle diciotto, va bene?

- Assolutamente, mi farò trovare pronto per quell’ora. Mi ricorda molto i tempi del college… - rispose Aiden, con un tono quasi triste.

- Tempi in cui non avevi la patente e dovevo farti da autista? – stette al gioco Simon, senza levarsi il sorriso dal volto.

- Proprio quelli, haha. Ci vediamo dopo allora.

- A dopo, Aiden. – chiuse poi la chiamata, alzandosi dalla sedia e guardando la città attraverso la grande vetrata alle sue spalle. – Lo so che non saresti fiera di me, Ashley… ma il mondo ha bisogno di me, il mondo ha bisogno di un nuovo futuro… il mondo ha bisogno di qualche sacrificio…
 
Queen City, Villetta degli Steinberg, laboratorio di Aiden, qualche minuto più tardi.
 
 
Roy era sdraiato su un lettino, collegato tramite elettrodi a una macchina. Su un monitor venivano trasmessi i suoi parametri vitali, assieme a dei grafici che esplicavano l’attività del Void in relazione all’attività cerebrale del ragazzo negli ultimi due giorni.
 
- Sembra che tu sia riuscito ad espandere enormemente l’energia totale prodotta per secondo, e questa cosa non sembra aver avuto conseguenze particolarmente allarmanti sul tuo corpo. Tuttavia, il radiogramma delle tue onde cerebrali mostra un enorme rallentamento nello smaltimento dello stress, soprattutto stanotte…

- Ho avuto un incubo, papà… - cercò una possibile spiegazione il ragazzo.

- Un incubo da solo non basta ad alzare così tanto i picchi del grafico, certamente ha influito anche quello, ma il danno principale è stato fatto dal Void. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, cerca di non rifarla una seconda volta. Anche se non ho riscontrato problemi gravi, non posso sapere se sarà così tutte le volte.

- D’accordo…

- Ho discusso con Axel stanotte, la tua presenza sarà nuovamente necessaria all’Asset. So che è dura per te, Roy, e nemmeno io sono tranquillo sapendoti coinvolto in una faccenda del genere… ma non posso negare la realtà. Tu hai un potere enorme in grado di difenderci da quei bastardi, tu sei ciò che loro temono, sei indispensabile per fermarli.

- Questo potere è troppo grande… anche se cerco di controllarlo, ogni volta finisce per travolgermi e distrugge ciò che ho intorno…

- È per questo che sto progettando qualcosa che ti permetterà di controllarlo in modo più efficiente e sicuro. – disse, mostrando sullo schermo una bozza di un progetto.

- Cos’è quello? – chiese curioso il ragazzo dagli occhi smeraldini.

- È una tuta militare, che ho modificato utilizzando i dati del progetto Hurricane e adattandoli a quelli del B.M.M.D.. Sfrutta una connessione chimica con i nano-bot fusi al Void, grazie a questa tecnologia potrai utilizzare l’energia in modo più efficiente, senza risentire dei danni al tuo sistema nervoso.

- In pratica è un’estensione del sistema nervoso…

- Esattamente, agirà sul legame fra il Void e il DNA delle tue cellule: li impulsi verranno controllati e verranno ridirezionati in forma alternativa per non danneggiare i tessuti nervosi. Inoltre, ti permetterà di concentrare l’energia in modo più efficace, creando delle onde cinetiche più contenute.

- Ma è una figata… - disse incredula Ethel, rimanendo imbambolata dal discorso di Aiden. – Tutto questo mi sembra quasi surreale…

- È proprio questa la reazione che la scoperta dovrebbe far provare: stupore, ammirazione, speranza… Invece oggi si punta sulla paura, sull’intimidazione, si utilizzano le tecnologie per distruggere e non per creare e migliorare il nostro futuro… - fece un respiro profondo. – Voi siete il futuro, ragazzi miei, la vostra generazione dovrà prendere in mano ciò che la mia non è riuscita a concludere, è questa l’innovazione che serve al mondo! – disse poi, guardando Roy ed Ethel.

- Porterò avanti ciò che hai iniziato, papà, questo sarà di certo il mio futuro. – Aiden sorrise.

- Adesso vai a preparare il pranzo, io vi raggiungo appena ho finito di sistemare qua. – disse l’uomo, vedendo i ragazzi annuire e uscire dal laboratorio.

“Se solo potessi capire anche tu la mia visione delle cose… Simon…” pensò poi, guardando i vecchi progetti del B.M.M.D..
   
 
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