CAPITOLO 11
I can be tough, I can be strong
But with you, it's not like that at all
There's a girl that gives a shit behind this wall
You just walk through it
AVRIL LAVIGNE, Wish you were here
But with you, it's not like that at all
There's a girl that gives a shit behind this wall
You just walk through it
AVRIL LAVIGNE, Wish you were here
Jack:
La mattina del 31 dicembre mi svegliai sentendo un rumore strano. Accesi la luce e mi guardai intorno. Una piccola busta di carta era stata fatta scivolare sotto la mia porta. Mi alzai di scatto e la raccolsi: era un invito per la festa di quella sera. Nervoso scesi di sotto. Dopo Halloween mi era stato concesso di utilizzare il pianoforte e vi passavo intere giornate.
La sala della musica era come al solito deserta. Le pareti di vetro riflettevano la luce dorata di un lampadario di cristallo, e le tende erano di velluto rosso.
La stanza era di forma rettangolare e la parete di fondo, trasparente, si affacciava sulla montagna innevata dietro al castello. La vista era mozzafiato e trasmetteva insieme un senso di pace e inquietudine. Davanti alla parete trasparente c'era un enorme pianoforte a coda bianco. Mi avvicinai e mi sedetti sullo sgabello.
Aprii lo strumento ed esitai. Mi sentivo emozionato, nervoso e impaziente. Non vedevo l'ora che arrivasse quella sera e contemporaneamente avevo paura. Paura di fare o dire la cosa sbagliata, paura di rivedere l'odio e il disprezzo nel suo sguardo... speravo che la musica schiarisse i miei pensieri e mi affidai ad essa.
Mi sentivo estremamente nervoso e così decisi di iniziare da un brano complicato, che richiedeva una precisione matematica e una concentrazione assoluta: Il volo del Calabrone. Le dita cominciarono a scorrere sui tasti prima piano, poi con sempre maggiore intensità. E mentre correvano veloci sentivo i muscoli e la tensione allentarsi.
Suonai brani di difficoltà sempre minore, e, a poco a poco, cominciai a sentire sciogliersi il nodo allo stomaco. Passai dal Notturno di Chopin a Le Onde di Einaudi e continuai così fino a sera. Avevo appena concluso la ninnananna di Carter Burwell che l'orologio suonò le sette. Era il momento di prepararsi.
Chiusi lo strumento, mi alzai e mi avviai sulle scale di vetro, lì però di nuovo il nodo allo stomaco si strinse.
Comunque fosse andata ero certo che non avrei mai dimenticato quella sera.
La mattina del 31 dicembre mi svegliai sentendo un rumore strano. Accesi la luce e mi guardai intorno. Una piccola busta di carta era stata fatta scivolare sotto la mia porta. Mi alzai di scatto e la raccolsi: era un invito per la festa di quella sera. Nervoso scesi di sotto. Dopo Halloween mi era stato concesso di utilizzare il pianoforte e vi passavo intere giornate.
La sala della musica era come al solito deserta. Le pareti di vetro riflettevano la luce dorata di un lampadario di cristallo, e le tende erano di velluto rosso.
La stanza era di forma rettangolare e la parete di fondo, trasparente, si affacciava sulla montagna innevata dietro al castello. La vista era mozzafiato e trasmetteva insieme un senso di pace e inquietudine. Davanti alla parete trasparente c'era un enorme pianoforte a coda bianco. Mi avvicinai e mi sedetti sullo sgabello.
Aprii lo strumento ed esitai. Mi sentivo emozionato, nervoso e impaziente. Non vedevo l'ora che arrivasse quella sera e contemporaneamente avevo paura. Paura di fare o dire la cosa sbagliata, paura di rivedere l'odio e il disprezzo nel suo sguardo... speravo che la musica schiarisse i miei pensieri e mi affidai ad essa.
Mi sentivo estremamente nervoso e così decisi di iniziare da un brano complicato, che richiedeva una precisione matematica e una concentrazione assoluta: Il volo del Calabrone. Le dita cominciarono a scorrere sui tasti prima piano, poi con sempre maggiore intensità. E mentre correvano veloci sentivo i muscoli e la tensione allentarsi.
Suonai brani di difficoltà sempre minore, e, a poco a poco, cominciai a sentire sciogliersi il nodo allo stomaco. Passai dal Notturno di Chopin a Le Onde di Einaudi e continuai così fino a sera. Avevo appena concluso la ninnananna di Carter Burwell che l'orologio suonò le sette. Era il momento di prepararsi.
Chiusi lo strumento, mi alzai e mi avviai sulle scale di vetro, lì però di nuovo il nodo allo stomaco si strinse.
Comunque fosse andata ero certo che non avrei mai dimenticato quella sera.