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Autore: Mari Lace    11/06/2022    0 recensioni
“Non ci vedo! Non ci vedo!” urla, troppo terrorizzato per notare il pizzicore al braccio dove la pelle emerge a formare dei punti rialzati.
In un momento determinante della propria vita, il destino tesse il nome dell’anima gemella sul corpo di ognuno. Matt Murdock l’ottiene il giorno in cui perde la vista e guadagna molto di più, in un alfabeto che ancora non ha imparato a decifrare.

[Soulmate!AU con pov alternati; Matt/Claire]
Storia Partecipante alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claire Temple, Elektra Natchios, Matt Murdock
Note: Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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SPOILER per tutte le stagioni di Daredevil e per Defenders. Sconsiglio la lettura a chiunque non le abbia viste perché, a prescindere dagli spoiler, la storia ricalca molto il canon e richiede che il lettore ne conosca gli eventi per potersi orientare. Ci sono vari salti temporali e gli eventi che ho scelto di non raccontare vengono dati per scontati.


Il tuo nome, una preghiera


Gli bruciano gli occhi; vede il volto di suo padre, il cielo luminoso dietro di lui, e poi tutto sparisce.

“Non ci vedo! Non ci vedo!” urla, troppo terrorizzato per notare il pizzicore al braccio dove la pelle emerge a formare dei punti rialzati.

In un momento determinante della propria vita, il destino tesse il nome dell’anima gemella sul corpo di ognuno. Matt Murdock l’ottiene il giorno in cui perde la vista e guadagna molto di più, in un alfabeto che ancora non ha imparato a decifrare.

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Dopo la morte di suo padre, Matt si trova spesso a passare le dita sui punti rialzati vicino al suo polso. Gli piace pensare che almeno quel nome appartenga solo a lui, che nessuno possa carpirlo con uno sguardo; gli piace sognare che un giorno incontrerà la sua anima gemella e i pezzi della sua vita torneranno al loro posto, almeno in parte.

Stick non è d’accordo.

Dopo una sessione d’allenamento lo sorprende a cercare conforto in quel nome – la sua mano si è mossa d’istinto – e sbuffa in modo derisorio. Matt si irrigidisce all’istante e riluttante allontana la mano.

“Lascia perdere le favole, Matty,” ordina Stick, raccogliendo il bastone da terra. “I guerrieri non hanno bisogno di anime gemelle. Roba del genere ti uccide e basta.”

“Ma papà mi ha detto…”

“Per lui ha funzionato bene, vero, Matty? Con tua madre?”

Matt si zittisce, incapace di trovare una risposta adeguata. Stick ha ragione. Forse suo padre e sua madre si sono trovati e si sono amati, ma lei poi li ha lasciati. Forse le anime gemelle sono una bugia, dopotutto. Forse… forse non ha bisogno di una sconosciuta. Lui è un guerriero.

Matt smette di tracciare i contorni del nome, da quel momento, e se di notte il vuoto dentro di lui fa un po’ più male stringe i denti e lo ignora. Lui è un guerriero.

Anche se Stick se ne va e non finisce l’addestramento.


A volte gli capita di pensarci, distrattamente, mentre è al college e Foggy parla di Marci e del suo rifiuto di rivelargli la sua traccia, e Matt, pensi che sia lei la mia anima gemella? Dev’esserci un’altra Marci che mi aspetta da qualche parte. O forse no?

Matt sa cosa direbbe Stick sulla sua amicizia con Foggy, ma non gli importa. Stick se n’è andato e lui ha intrapreso la strada che suo padre avrebbe voluto per lui. Durante il primo anno Matt conosce una ragazza con il suo nome, ma non succede niente che vada oltre un paio di drink una sera.

Poi Matt conosce Elektra, e d’un tratto il sistema delle anime gemelle perde ogni senso.

Lui ed Elektra sono pezzi che si incastrano alla perfezione, anime che si conoscono e capiscono in un modo che non ha mai provato prima. Elektra intuisce da sola i suoi segreti, e Matthew lascia che li porti alla luce, perché è Elektra. Ama il suo odore, la sua risata, le sue follie.

Elektra gli dà alla testa e Matt pensa di non aver bisogno di nient’altro. Per la prima volta dopo la morte di suo padre, trova una persona a cui appartenere del tutto.

Elektra entra nella sua vita come un vento violento ed esce allo stesso modo, d’improvviso, dopo aver scatenato una tempesta. La notte in cui rientra al dormitorio del campus con il sangue dell’assassino di suo padre ancora sulle nocche, Matt ha la testa piena dei momenti passati con Elektra e delle ultime parole che si sono rivolti. Pensavo che mi capissi.

Elektra, come Stick, ha visto ogni parte di Matt. Elektra se n’è andata, sparita senza un addio dopo avergli stravolto la vita. Matt passa giornate a letto e si ripromette di non aprirsi mai più così con qualcuno – ha pensato di confidarsi con Foggy, a volte, ma ora è impensabile. Verrebbe solo abbandonato di nuovo.

La sua anima gemella non è un’eccezione: chiunque sia, se mai lo conoscesse finirebbe solo per abbandonarlo anche lei. Matt compra un polsino e inizia a indossarlo sopra il nome.

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Claire non crede ai suoi occhi. Le pupille dello sconosciuto con la maschera non rispondono alla luce. Non si sofferma a pensarci troppo – non c’è tempo – e prosegue l’ispezione; deve sbrigarsi a stabilizzarlo.

Lui non collabora, ovviamente. Cerca di alzarsi solo per ricadere a terra pochi secondi dopo, appena si risveglia la interroga come se non fosse lei ad avere il diritto di fare domande allo sconosciuto che ha trovato moribondo in un cassonetto. Claire, però, risponde – anche quando lui le chiede il nome.

Non si aspettava davvero di riceverne uno in cambio, ma il silenzio brucia lo stesso.

“Ti chiamerò Mike.”

È un po’ ingiusto: Mike era un bugiardo, quest’uomo – se non si è sbagliata sul suo conto – è una sorta di eroe. Un eroe misterioso, tuttavia, e il nome gli calza.

Per un secondo è stata tentata di assegnargli un altro nome, ben più importante, ma si è ripresa in fretta. “Riposa,” gli ordina, chiedendosi ancora perché abbia deciso di accogliere un vigilante ferito in casa accettando di non chiamare aiuti meglio equipaggiati.

È assurdo e incosciente, eppure sente di aver compiuto la scelta giusta.


Non si pente della sua scelta nemmeno dopo essere stata rapita dai russi, né mentre trema nell’appartamento scarsamente illuminato di Mike. Deve fargli capire che ne è valsa la pena.

“Sono spaventata, non lo sono mai stata così tanto. E non sono l’unica. Tu puoi fare qualcosa a riguardo per tutti noi, Mike.”

“Matthew.”

Il battito di Claire accelera, stavolta non per la paura. Stringe ancora la mano di Mik— Matthew posata a sentirle il cuore.

“Mi chiamo Matthew,” chiarisce lui, e la situazione è così surreale che Claire potrebbe ridere.

Ha conosciuto vari Matthew nel corso della sua vita, tutti con nomi diversi dal suo segnati chi sulla schiena, chi sullo stomaco, chi sull’avambraccio. Ora che ci pensa, non ha mai visto la traccia dell’uomo davanti a lei, nonostante gli abbia trattato tagli un po’ ovunque.

“Claire? Il tuo cuore…”

“Matthew,” pronuncia, interrompendolo, e il nome suona giusto sulle sue labbra – più giusto di Mike. “Non ho mai visto la tua traccia.”

Lo sente irrigidirsi. Poi, Matthew sposta la mano dal suo petto per rimuovere il polsino che indossa sull’altro braccio. Il polsino, ma certo. Passa i polpastrelli sulla pelle non più coperta, e Claire non capisce subito. Sul braccio del vigilante non vede delle lettere ma, avvicinandosi, nota dei punti in rilievo. Braille.

“Sei tu,” mormora Matt; sembra stupito quanto lei, come se non avesse considerato la possibilità prima di allora. “Ovviamente sei tu. Mi dispiace, Claire.”

Claire lo zittisce posandogli due dita sulla bocca. “A me non dispiace, Matt.”

C’è altro che dovrebbe, vorrebbe, dire, ma… è tardi e sono entrambi esausti, ancora provati dallo scontro con i russi. Ci sarà tempo più avanti per parlare. Claire si alza e, prima ancora che possa chiedere dove può dormire, Matt le mostra la camera da letto.

Claire non protesta, vedendolo accamparsi sul divano.


“Non dovrei permettermi di innamorarmi di qualcuno che è così vicino a diventare ciò che odia.” È egoista, come frase, e una parte di Claire sa che è ingiusto tirare in ballo i suoi sentimenti. Ma Matt l’ha spaventata, tutto fredda determinazione, e non si è presa tempo per riflettere. Non c’era.

“Hai ragione,” dice Matt, e lei trattiene il respiro, “non dovresti.”

Matt le dà le spalle ed esce a cercare Vladimir, e Claire pensa di non aver mai provato tanta paura in tutta la vita.

Poi Hell’s Kitchen esplode e andare all’ospedale ad aiutare è una scelta automatica. Rendersi utile le fa bene, se non altro la tiene impegnata, ma a toglierle un peso dal cuore è solo la voce di Matt che le conferma di non essere responsabile per le esplosioni che hanno decimato i russi. Matt che le chiede come salvare la vita di Vladimir, e Claire stenta a credere che le domandi di salvare l’uomo che l’ha fatta rapire e torturare, ma. Matt vuole salvare vite e non prenderle, ed è questo che ama di lui. Risponde di sì e tra sé gli augura di riuscire.

È quando le dice “Se non dovessimo sentirci più, cerca di stare bene” e termina la chiamata, che comprende con assoluta certezza che lei e Matt non avranno un dopo. Anche se riuscisse a sopravvivere, Matt non la cercherà per non metterla a rischio.

Non è certa di cosa dovrebbe fare lei.

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Non pensava di poter deludere Claire più di quanto non avesse già fatto, eppure sul tetto dell’ospedale ci riesce ancora. Le parole della sua anima gemella suonano vere, razionalmente le riconosce anche di aver ragione, ma emotivamente il discorso è diverso.

Matt non può più continuare a commettere gli stessi errori, non può fingere di poter vivere due vite e circondarsi di persone che puntualmente finisce per ferire e allontanare. Ha perso Karen, ha perso Foggy, ha mandato via Elektra – perdere di nuovo Claire fa male, ma è meglio così. Sa di non avere niente da offrirle se non problemi e sofferenza. Il destino le ha giocato un brutto tiro, ma Claire si merita di meglio.

Se lo ripete come un mantra, nei mesi dopo la morte di Elektra, quando scopre che per paradossale che sia è di Claire che soffre più la mancanza. Non di Foggy, che ha ottenuto il lavoro dei suoi sogni e raggiunto il successo, né di Karen a cui ha finalmente confessato la verità ricevendo come risposta non so se il problema è Daredevil. I suoi amici stanno bene, ora, senza di lui. A volte nota i loro battiti, così familiari da attirarlo inconsciamente, in giro per il quartiere.

Non trova mai i suoni e gli odori che nel suo mondo identificano Claire, invece, e la sua assenza brucia quasi quanto quella di Elektra. Claire ha sempre cercato di fargli da voce della ragione, di riportarlo alla realtà, e Matt considera più di una volta l'idea di andare a trovarla ora che si è lasciato Daredevil alle spalle. Ogni volta scaccia l’idea; non sarebbe giusto. Finirebbe solo per ferirla di nuovo. Non ferma le dita dal tracciarne il nome in un gesto che si è negato per anni, però. Almeno questo può concederselo.


Sono passati mesi da quando l’ha sentito, nella stanza appartata di un ospedale, ma riconosce il battito di Claire appena mette piede nella stazione di polizia. Ha scortato Karen e voleva accertarsi che Foggy fosse arrivato senza problemi, ma la sorpresa gli impedisce di concentrarsi su qualsiasi altra cosa. Perché Claire è qui?

“Matt?” Claire l’ha notato a sua volta e si è sbrigata a raggiungerlo. Matt è congelato sul posto. “Dovevo immaginare che fossi coinvolto anche tu.”

“Claire,” mormora, soffermandosi un momento sul nome che suona così giusto sulle sue labbra. “Perché sei qui? Stai bene?” domanda, ma sa che almeno fisicamente è illesa: non c’è odore di sangue, su di lei. Mentre se ne accerta, trova anche la risposta alla prima domanda. A portarla alla stazione è stato Luke Cage.

“Non sei l’unico eroe che conosco,” scherza Claire. Gli è mancata la sua voce.

“Io…” Matt deglutisce. Ci sarebbe troppo da dire, e al contempo nulla, e non ha tempo ora. Deve andare ad aiutare Jessica. “È stato bello rivederti,” dice rapido, sperando che quelle semplici parole possano trasmettere tutta la loro verità, e lascia la stazione con un ultimo saluto.

Forse è solo un’impressione, ma gli sembra che Claire lo osservi finché non sparisce alla vista.

⠉⠍

Matt.

Dovrebbe essere abituata, ormai, a vederlo sdraiato su un divano privo di coscienza, ma la preoccupazione che sente è sempre la stessa. Stavolta non è ridotto a brandelli, che è sicuramente un passo avanti, ma chiunque abbia steso lui è riuscito a sopraffare anche Luke e Jessica. È preoccupante.

Claire inspira a fondo e si obbliga ad accantonare i sentimenti, focalizzandosi sul compito che ha davanti. Si fa aiutare da Foggy a rimuovere la camicia di Matt per poterla consegnare a Misty per le analisi, poi si mette al lavoro. Niente di rotto, per fortuna. Gli tasta il retro della testa, cercando zone particolarmente tenere, ma non trova nulla. Le pupille sono della stessa grandezza, il che è positivo. “Starà bene” mormora, a beneficio di Foggy, e si augura che sia vero.

Insieme all’avvocato riesce a manovrare Matt in modo da infilargli la maglietta della polizia fornitale da Misty. Si siede un momento accanto al divano e si permette di osservare i movimenti del petto di Matt senza un vero motivo. Averlo qui, a un passo da lei, per la prima volta dopo il disastro al Metro General le sembra ancora irreale. Si è tenuta impegnata con Luke, Danny e Colleen, ma adesso si trova a chiedersi perché non sia tornata da lui. Avrebbe potuto contattarlo, chiedergli di vedersi anche solo da amici, sentire com’era la sua vita dopo la rinuncia a vestire i panni del vigilante.

Il volto di Matt si contrae nel sonno; d’istinto, Claire gli passa una mano tra i capelli sperando di vederlo rilassarsi, e in quel momento sa di aver mentito a sé stessa. Non può chiedere a Matt di vedersi solo da amici, non ne sarebbe capace, e non sa se è in grado di costruirci qualcosa di più. Per questo si è tenuta lontana, anche dopo aver aiutato Luke a riconciliarsi con Jessica.

“Matt…”

Il telefono dell’ufficio squilla all’improvviso e Matt si alza di scatto, disorientato. Fa quasi cadere una lampada, ma riesce a recuperare l’equilibrio in tempo.

“Matt, va tutto bene.” È una bugia – Danny è sparito, Luke è ancora privo di sensi e la polizia li ha trovati con due cadaveri nell’edificio – e Claire si chiede se Matt sia abbastanza lucido da notarlo. Non che abbia bisogno di ascoltarle il battito per rendersene conto, in effetti.

“Claire? Dove siamo?”

“Distretto di polizia di Harlem, in un ufficio privato. Cos’è successo, Matt? Non ho trovato ferite gravi, puoi confermarmi che stai bene?”

Matt inclina la testa e resta assorto per alcuni secondi, probabilmente ascoltando la sua respirazione o qualcosa di ugualmente impossibile eppure così Matt. Quando termina, annuisce senza commentare. “Danny, hanno preso Danny. Devo salvarlo.”

“Matt, aspetta. Chi ha preso Danny?”

Prima che Matt possa risponderle – o non farlo –, Misty entra nell’ufficio, determinata a interrogare il suo testimone. Matt ha idee diverse.

Midland Circle crolla davanti ai suoi occhi e tutto ciò a cui riesce a pensare è che ha accettato di posizionare le bombe. Ha accettato di far esplodere l’edificio, e Matt Murdock non tornerà più da lei perché l’ha lasciato andare senza farsi promettere il suo ritorno.

Claire prega il Dio di Matt, per la prima volta dopo anni, perché sembra l’unica cosa da fare.

Alla stazione di polizia raggiunge Foggy e la reporter amica di Matt. Sa di dover loro i fatti, che ne hanno diritto. Lo sa, ma… Matt non tornerà le resta in gola, la sua voce si rifiuta di riconoscerlo. Non c’è davvero bisogno che parli: la verità le si legge in faccia, a giudicare dalla reazione dei due. Li lascia abbracciarsi senza intromettersi nel loro dolore – non può condividerlo. Loro piangono un amico, lei rimpiange una possibilità inesplorata per la troppa paura. Se non avesse lasciato Matt, sarebbe cambiato qualcosa? Se… Ma è inutile ragionare sui se.

Claire rivolge un cenno a Luke, Jessica, Danny e Colleen ed esce da sola dal distretto. Non si controlla il braccio: vedere la traccia sparire renderebbe la morte di Matt troppo definitiva. Non è pronta ad accettare di averlo perso per sempre, non ancora.


Se ne accorge per caso, giorni dopo la caduta di Midland Circle. Lo sguardo le cade sul nome di Matthew prima che possa correggersi, e quando si rende conto di trovarlo ancora segnato dov’è da anni inspira a fondo. La traccia sparisce, quando la propria anima gemella muore.

La sua prima reazione è di panico. Matt è ancora vivo, sepolto sotto le macerie? Se fosse stata meno codarda avrebbe potuto salvarlo prima, in qualche modo?

Ma no, non è possibile. Anche se fosse sopravvissuto al collasso dell’edificio – come? –, senza acqua non avrebbe potuto resistere tanto a lungo. Matt è vivo. È un miracolo a cui stenta a credere, senza vederne la prova. Senza riflettere, afferra la borsa ed esce di casa. Ha bisogno d’aria, di riflettere… ha bisogno di trovarlo.

Considera l’opzione di chiamare Foggy, ma la scarta in fretta. Non sa se Matt gli abbia mai confidato la natura del loro rapporto. Sospetta di no, dato che Foggy non ha commentato niente a riguardo. Non è un discorso che si vede affrontare, in questo momento, e non vuole rischiare di dare false speranze a lui e Karen, se di questo dovesse trattarsi. La sua traccia potrebbe sparire da un momento all’altro, per quanto ne sa – si dice di no, deve negarselo, ma la logica le consiglia comunque di tenerlo per sé.

La sua prima destinazione è Midland Circle, come se Matt dovesse spuntare fuori dalle macerie e salutarla. Resta lì, ferma, senza che succeda niente. Non sa quanto ci rimanga prima di riscuotersi. D’un tratto la vista delle rovine le dà la nausea, e Claire torna a muoversi.

Raggiunge Hell’s Kitchen e lo sguardo le corre ai tetti, mentre continua a camminare. Quasi si aspetta di trovarvi un uomo mascherato da un momento all’altro. Gira senza meta per un’ora, percorrendo ogni via del quartiere per cui Matt ha dato tutto, finché non si ritrova davanti a una parrocchia.

Entrarci è più istinto che decisione razionale.

Si incammina per la navata pensando che, se davvero Matt è ancora vivo, qualcuno ha risposto alla sua preghiera.

“Serve aiuto?”

Si blocca. Persa com’era nelle sue riflessioni, non si è accorta del prete che le si è avvicinato in silenzio.

“Sono qui per…” esita. Perché è qui? Forse la chiesa le è sembrata il posto adatto per cercare il suo martire. Alza il braccio per sistemarsi una ciocca dietro l’orecchio, e nel farlo le si abbassa la manica. Si affretta a riaggiustarla, notando gli occhi del prete posarsi sulla traccia. “Sono qui per un amico,” termina, sentendosi… non a disagio, non esattamente, ma agitata come se fosse sotto esame.

“Matthew?” mormora l’uomo, cauto. “Chiedo scusa,” aggiunge un attimo dopo, “non ho potuto fare a meno di leggere. Sono Padre Lantom. C’è un Matthew che frequenta questa chiesa.” L’ultima frase viene pronunciata più come una domanda che come un’affermazione.

“Matt Murdock?” le sfugge.

Padre Lantom le sorride. “Vorrei mostrarle una cosa.”

Claire annuisce, sorpresa, e si trova a seguirlo. Imboccano un corridoio che collega la chiesa a un altro edificio. È sul punto di fare domande, perché Padre Lantom non ha aggiunto altro lungo tutto il percorso, quando finalmente si fermano davanti a una porta.

“È qui,” mormora il prete, prima di aprire e precederla nella stanza.

All’interno ci sono tre letti, ma solo quello al centro è occupato. Steso sopra le coperte c’è un uomo con il torso pesantemente bendato. Claire sa di chi si tratta ben prima di arrivare al suo fianco. “Matt.

“Non ha ancora ripreso conoscenza,” spiega Padre Lantom avvicinandosi, e Claire deve compiere uno sforzo significativo per distogliere la sua attenzione da Matt e concentrarsi sulle sue parole. È quasi certa di aver perso un pezzo. “Le suore hanno fatto del loro meglio per medicarlo. I suoi segreti sono al sicuro con noi.”

Claire annuisce, passando una mano tra i capelli di Matt. È vivo. Le lacrime iniziano a scendere a tradimento, ma sono molto diverse da quelle versate dopo la caduta di Midland Circle. “Sono un’infermiera,” riesce a formulare coerentemente dopo solo un paio di tentativi. “Rimarrò qui.” Non è una richiesta, e non si sente in colpa per l’imposizione.

Non lascerà Matt, non più, a nessun costo.

Padre Lantom non la contraddice; annuisce – lo nota con la coda dell’occhio – ed esce dalla stanza.

Matt è vivo.

⠉⠍

“Elektra…”

È ferito. È difficile individuare ogni singola ferita, il dolore viene da un po’ ovunque. A spaventarlo, però, è l’assenza di suono nel suo orecchio destro. Matthew è… cieco. Non ha idea di dove sia. Sente delle voci, ma sono fioche, indistinguibili.

“Matt.”

Stava provando ad alzarsi, ma la voce alla sua destra lo spinge a fermarsi. La riconosce. Tenta di toccarla, assicurarsi che sia reale e non frutto della sua immaginazione. “Claire?”

“Sono qui, Matt.” La voce di Claire ha qualcosa… sta piangendo? Perché piange? Gli stringe la mano, però, e Matt si tranquillizza in automatico.

Deve concentrarsi. “Dove… dove?”

“Saint Agnes. L’orfanotrofio.”

Saint Agnes? Perché è qui? Perché… Claire? Gli gira la testa. Vuole alzarsi, ma Claire spinge delicatamente sulla sua spalla per tenerlo fermo dov’è. Non riesce a opporsi.

“Dov’è… Elektra?”

“Non è qui. Matt, sei stato incosciente per settimane,” l'informa Claire; suona più vicina, ora.

“Il mio orecchio… Claire… Non ci vedo. Non ci vedo!”

Claire non risponde subito. Matt crede di sentire un singhiozzo, ma non ne è certo. Gli sembra di essere sott’acqua.

“Andrà tutto bene, Matt. Guarirai.”

È l’ultima cosa che sente, prima di richiudere gli occhi.


Claire non se ne va.

Gli resta accanto in ogni fase della convalescenza, lasciandolo solo occasionalmente con Maggie quando è costretta ad assentarsi. Non succede spesso.

Quando sta abbastanza bene da potersi muovere, Claire lo porta a casa sua. Ha affittato un appartamento a Hell’s Kitchen, vicino alla chiesa. Quando le dice di non chiamare Foggy e Karen lei gli dà dell’idiota, ma non gli forza la mano.

“Allontanarti dalle persone che ami non risolve niente, Matt,” gli ripete ogni sera, finché Matt non si trova a crederci.

Ha permesso a Elektra di entrare nella sua vita e ha dovuto pagarne il prezzo.

Claire l’ha accolto nella sua avendo solo un’idea delle sue attività notturne, e non se n’è mai andata del tutto. Si è allontanata – ha fatto bene –, ma ha promesso di esserci sempre quando ne avesse avuto bisogno. Non se l’è mai rimangiata.

“Perché mi aiuti, Claire?”

Lei smette di leggere al tavolo e lo raggiunge sul letto, gli passa una mano tra i capelli. “Hai davvero bisogno di chiederlo, Matt?”

No, sa già la risposta, per quanto gli sembri incredibile.

Il giorno dopo, smette di sentire sangue e cenere in tutto ciò che assaggia. Quella sera chiede a Claire di chiamare Foggy.


Te quiero, Matt.”

Matthew l’ascolta addormentarsi, calmato dal ritmo regolare del suo respiro.

Sono passate settimane da quando ha riaperto gli occhi nell’infermeria dell’orfanotrofio e ancora non è tornato pienamente in forze – il ronzio nell’orecchio destro persiste –, ma la disperazione dei primi giorni in cui si è scoperto ancora tra i vivi si è diradata.

Ancora non crede di meritare la sua anima gemella, però… Claire ha deciso di rimanergli accanto. Stick aveva torto (e perché se ne stupisce?): la sua anima gemella non l’ha ucciso, l’ha tenuto in vita. Non è una debolezza, ma la sua forza più grande.

Matt non sa se la merita, ma sa di non avere la forza di lasciarla. Posso meritarla. Posso

“Ti amo anch’io, Claire,” le sussurra sui capelli, dimenticando per un attimo tutto ciò che non siano loro due stesi sul letto. Il mondo – la sua città – può aspettare, per una notte.




NdA

…e poi Fisk esce di prigione e succedono altri casini, immagino, ma Matt non li affronterà da solo, in questo universo.

Il tema di giugno della To Be Writing challenge è Soulmate!AU, una tipologia di storia che amo, e non ho resistito alla tentazione di sfruttare uno dei prompt più classici del genere [il nome del soulmate scritto sul proprio corpo] pensando a Claire che inizialmente non sa il nome di Matt. La storia poi mi è scivolata dalle mani andando ben oltre il reveal, ma il motivo principale per cui ho scelto di trattare Matt e Claire (oltre al fatto che li amo) è questo.

Spero che la lettura possa essere risultata piacevole, e che non abbia presentato problemi nel seguirla: ho cercato di essere il più chiara possibile, ma so di aver giocato molto con i salti temporali. Se avete dubbi o domande risponderò volentieri; una piccola nota per un dettaglio che spero si sia intuito, ma tengo a chiarire: in questo universo Luke e Jessica sono soulmates e Claire non si mette con Luke, sebbene lo aiuti come nel canon. A cambiare è solo la natura della loro relazione, e ho immaginato anzi che sia proprio lei ad aiutare Luke e Jessica a ritrovarsi.

Grazie mille per aver letto! Un bacio,

Mari


  
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