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Autore: Faust    11/06/2022    0 recensioni
Parigi, 1880, sul palco dell'Operà Populaire si intrecciano lotte per il potere, sfrenate passioni, intrighi e tradimenti, mentre un misterioso personaggio mascherato si aggira dietro le quinte, suscitando sconcerto e terrore.
"...Se tutte le donne rispettabili di Parigi sparivano all'ombra dei mariti, probabilmente era giusto. Non era possibile che tutte si sbagliassero e non era possibile neanche che si sbagliassero tutti gli uomini, a trattare a quel modo le donne...
Ma lei?
Lei era rispettabile, ma di sparire non se la sentiva. Ogni frammento di anima si ribellava all'idea, considerandola assolutamente inconcepibile.
Avrebbe dovuto raccogliere tutto il suo coraggio, per liberarsi dal giogo di suo padre..."
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro Personaggio, Gabrielle, Xena
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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14 Don Juan

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

14.

Don Juan

La sera della prima tutti erano tremendamente nervosi.

Un anomalo ed inquietante silenzio regnava sovrano dietro le quinte, solitamente chiassoso e vivace, mentre il chiacchiericcio indistinto degli spettatori riempiva la sala, creando un contrasto agghiacciante.

Tra gli addetti ai lavori, nessuno riusciva a guardare negli occhi Christine o Carlotta. Sul volto di ogni uomo si leggeva senso di colpa, per non essere riusciti a fermare il Fantasma, mentre su quello delle donne, terrore.

L'unico che sembrava assolutamente tranquillo era Monsieur Giudicelli, che si diceva pronto a combattere e addirittura pregava di averne l'occasione.

Ogni angolo del teatro brulicava di gendarmi e César aveva fatto appostare addirittura un tiratore scelto nella fosse d'orchestre. Tutte le precauzioni possibili erano state prese e perfino i vigili del fuoco erano stati chiamati a controllare e tutti gli accessi all'edificio sprangati.

Carlotta era nervosa, le prove erano trascorse senza incidenti e si chiedeva cosa avesse in mente Mercier. Cosa avrebbe avuto l'ardire di fare, a teatro pieno, con tutti quei sorveglianti? Che la sua vendetta si fosse esaurita con la sofferenza causatale dal vedere i suoi pensieri più intimi ed osceni esposti al pubblico ludibrio? Lo sperava ardentemente, ma non osava crederci.

Chiusa nel suo camerino, sentì bussare sommessamente -Avanti.- Non si chiese chi potesse essere, aveva avvertito timore e delicatezza in quel suono ed era certa che si trattasse di Christine.

-Viscontessa...- Salutò la cantante, visibilmente tesa. Chiuse la porta e sospirò -Nessuna notizia di lui?-

-No, ha preso anche l'ultimo messaggio, ma non ho ricevuto alcuna risposta.-

-E' una follia.-

-Sì, ma dopo stasera tutto sarà finito, in un modo o nell'altro.- La raggiunse e l'abbracciò -Cerco di pensare a quando saremo a Napoli, per Pasqua.- La baciò sulla fronte, cercando di sorridere, ma senza successo.

Erano finalmente riuscite a raccogliere il denaro necessario, sarebbero scese fino a Marsiglia, per poi imbarcarsi sulla prima nave in partenza per l'Italia.

Christine si era dimostrata entusiasta per la scelta della destinazione e sperava ardentemente di lasciarsi finalmente alle spalle tutta quell'oscurità, nel caldo sole del Mediterraneo.

-Poche ore e questo giorno di follia terminerà.- La cantante quasi non osava sperarlo.

-Ho preso questo, come estrema precauzione.- La Viscontessa aprì il cassetto della toeletta e ne prese il contenuto, avvolto in uno straccio di cotone bianco, porgendolo poi a Christine.

La ragazza ne scostò i lembi, svelando un piccolo pugnale dalla bizzarra impugnatura sagomata in due semicerchi divergenti. Spaventata e confusa incrociò lo sguardo con quello di Carlotta.

-Ti mostro...- La Viscontessa lo prese, e delicatamente lo inserì dentro al corpetto della Diva, nascondendolo appena sotto l'orlo della scollatura -Nessuno saprà che lo avrai con te.-

-Non potrei mai!- Esclamò incredula la Diva.

-Se la tua vita sarà in pericolo, invece, ti prego di usarlo. Non so cosa potrà accadere né se riuscirò ad essere sempre al tuo fianco.-

-Tienilo tu, se succederà qualcosa è più probabile che prenda di mira te.-

La Viscontessa aprì leggermente lo spacco della gonna del costume di scena, che ricordava l'abito tipico di una ballerina di Flamenco, e mostrò un piccolo pugnale fissato alla giarrettiera -Ne ho già uno.-

-Speriamo che non accada nulla.-

-Speriamo che queste siano precauzioni inutili.-

-César cosa dice?-

-Non molto. Dalla sua dimissione è diventato taciturno e schivo, probabilmente si è spaventato. Certamente, anche lui non vede l'ora che tutto questo finisca.- Le scarse interazioni con il padre, in realtà, le avevano fatto comodo. Anche le sue domande sui suoi impegni privati erano completamente cessate e questo l'aveva facilitata nel raccogliere più rapidamente la somma necessaria alla loro fuga.

-Torno in camerino, devo finire di prepararmi.- Disse la bionda avvicinandosi alla porta, mancavano ormai pochi minuti.

-Mi dispiace...- Aggiunse Carlotta, con immenso rammarico.

-Lo so, non ripeterlo oltre.- La interruppe la Diva -Non ho mai creduto che fosse colpa tua. Non potevi immaginare che Mercier perdesse la ragione, è lui l'unico responsabile, non dimenticarlo.-

-Christine...- La raggiunse e posò le mani sulle sue spalle, non riuscendo a sbarazzarsi di un presentimento pesante, che si confondeva con l'ineluttabilità dell'ennesimo déjà-vu che si formava nella sua mente -Se avessi solo pochi secondi di vita, vorrei viv...-

-Smettila Carlotta.- Sussurrò, interrompendola -Smettila.- Ripeté, sentendo le lacrime affacciarsi, mentre un dolore lancinante le percuoteva l'anima -Noi non moriremo stanotte.-

-Ricorda sempre che ti amo.-

-Anche io ti amo.- Si strinse a lei e chiuse gli occhi, travolta ancora una volta dalla sensazione straniante del déjà-vu, ritrovandosi per un secondo sotto una pioggia sferzante. La sua fantasia correva troppo. -Almeno non piove.- Aggiunse, cercando di stemperare la tensione.

-Come?- Chiese stupita Carlotta.

-Ho avuto una specie di déjà-vu e...Pioveva. Era solo uno sciocco commento, sono troppo nervosa.-

-Nevica. E' l'ansia che ci fa brutti scherzi.- La Viscontessa cercò di tranquillizzarla ancora e non le disse di avere avuto un déjà-vu anche lei, pochi istanti prima. Certamente una coincidenza.

Si baciarono, entrambe cercando di scacciare il timore che potesse essere l'ultimo bacio, prima che Christine uscisse, per tornare nel proprio camerino.

-Mèrde.- L'apostrofò, appena la vide, Madame Giry, attendendola fuori dalla porta con un ghigno inquietante, soddisfatta di averla colta sul fatto.

-La ringrazio.- Rispose la ragazza chiudendosi subito nel proprio camerino, rifiutandosi di cogliere l'evidente provocazione della donna, nascosta dietro al tradizionale augurio.



Il sipario si aprì, rivelando un enorme salone cupo con un raffinato tavolo apparecchiato per due, mentre un arco percorribile, sullo sfondo, incorniciava un letto a baldacchino, coperto da numerosi tendaggi.

Passarino, il servo fedele interpretato da Piangi, dava le ultime direttive alla servitù. Gente dall'aspetto poco raccomandabile e dal volto nascosto dietro a maschere bianche, fiera dell'operato del proprio padrone.

-Finalmente lei cadrà, nelle mani del padron.- Iniziò il coro, con voci dissonanti.

La Viscontessa fece il proprio ingresso e si unì a loro, proseguendo -L'innocente morirà, senza via di scampo è lei!-

Il pubblico stentava a seguire il libretto e quelle musicalità fin troppo ricche e barocche non erano completamente di loro gradimento. L'atmosfera di cupo pericolo era poi ben lontana dagli sberleffi dell'Opera buffa o dalle stoiche ambientazioni delle tragedie più note che solitamente venivano rappresentate tra quelle quinte.

-Il complotto che tramò, muta tutto al suo voler- Avvolta nel succinto abito nero dai risvolti rossi, Carlotta risplendeva di una bellezza peccaminosa, che infiammava gli animi di alcuni spettatori e indignava i ben pensanti, sollevando un brusio sommesso di sconcerto.

-Don Juan sempre trionferà!-

L'ingresso di Giudicelli, in un splendido completo nero da matador, anche lui con una maschera bianca sul volto, calmò ben presto ogni subbuglio. Egli era il simbolo stesso dell'arte e, ascoltarlo cantare, un privilegio che ben pochi avevano ancora avuto in Francia.

-Passarino, mio fedel, trarrà ancor l'inganno a me- Esordì il sopranista, chiedendo a Piangi di ripetere il loro piano.

-Lei mi crede Don Juan, voi mio servo ed io messer- Rispose il tenore.

-Lei che non ti ha visto mai penserà di star con te, mangeremo a casa mia, ruberò la cena a me. Alle spalle del padron gusteremo il vino insiem lei così già mia sarà, dopo un po' l'amor godrem.-

-Molto astuti noi sarem!-

-Ecco tutto è fatto già, lo realizzerò se serio resto e se mai riderò!- Ridendo sguaiatamente, i due uomini uscirono di scena, lasciando il palco alla bella e pura Aminta.

Tutto stava funzionando perfettamente, l'agitazione del pubblico domata e il personale si muoveva senza intoppi, in una macchina perfetta e ben oliata.

-Il Visconte è un folle!- Sentì esclamare Carlotta, dalle labbra di Rémy, mentre seguiva da bordo palco il procedere dello spettacolo. Si voltò, incuriosita, e vide che il segretario stava parlando con Bernìce ed alcune donne tra ballerine e sarte, non accorgendosi della sua presenza tra le pieghe del sipario.

-Ho cercato di convincerlo in ogni modo a rimandare la prima a domani, ma non ha voluto sentire ragioni!-

-Non tenetemi sulle spine, perché mai solamente un giorno dovrebbe fare differenza?- Lo interrogò preoccupata la domestica, trovando riscontro tra le altre ascoltatrici.

-Oggi è una data infausta!- Carlotta alzò gli occhi al cielo, ascoltando quella frase. Aveva sentito suo padre lagnarsi che Rémy fosse superstizioso, ma non credeva fino a quel punto.

-E perché mai?-

-Sono le Idi di Marzo! Il giorno in cui morì Giulio Cesare!-

Sospiri di sorpresa accompagnarono quelle parole, mentre Carlotta tornava definitivamente a concentrarsi su quanto accadeva in scena. Sollevò poi lo sguardo, volgendolo al palchetto riservato al padre e trovandolo seduto, serio, quasi torvo, mentre fingeva di seguire lo spettacolo. Poteva scorgere le sue iridi controllare ogni angolo, ogni ombra in movimento, e passare in rassegna ogni gendarme in sala. Probabilmente, dalla sua posizione, poteva scorgere anche il tiratore scelto nascosto tra i musicisti.

Mancava ormai poco alla tanto agognata libertà, un'ora, e poi sarebbero state libere di partire in ogni momento. L'avrebbero fatto immediatamente dopo lo spettacolo, quella sera stessa, se la presenza di tutti quei gendarmi non avesse complicato le cose. Era più saggio attendere un giorno o due, anche per non dover sostare troppo a Marsiglia, in attesa della nave, e rischiare di essere rintracciate.

-Napoli- Sospirò tra sé e sé. La splendida città di cui sua madre le aveva sempre tanto parlato e in maniera così estesa e minuziosa che avrebbe potuto riconoscere addirittura ogni vicolo ed ogni sasso. Un luogo così vivace e popolato che nessuno avrebbe fatto caso a due turiste di passaggio e poi, chissà dove le avrebbe portate la fortuna. Forse a Roma, dove avrebbero potuto perfino vivere della loro musica.

Il pensiero di Mercier le attraversò rapido la mente, rabbuiando quell'attimo di serenità inaspettata che aveva trovato. Sarebbe stato tutto perfetto se solo ci fosse stato anche lui.

Il chiudersi del sipario la riscosse dai suoi pensieri, mentre si univa agli applausi che giungevano dalla platea e a quelli del personale che accoglieva gli attori uscenti. Christine le passò accanto, ignorandola, e altrettanto fece lei, non volendo sollevare sospetti. Avrebbero passato l'intervallo separatamente, riposando la voce e concentrandosi unicamente sullo spettacolo.

Un'ora.



Quasi al termine dell'intervallo, gli attori si radunarono dietro le quinte, pronti a riprendere.

Monsieur Piangi riscaldava la voce, mentre Christine rileggeva al volo le prime strofe, un gesto che la tranquillizzava, e anche le comparse facevano qualche breve riscaldamento, per sciogliere la tensione, ma, di Monsieur Giudicelli, nessuna traccia.

César, dietro le quinte assieme al Commissario, mandò subito Rémy a controllarne il camerino, temendo che si fosse addormentato, ma il segretario tornò dopo pochi secondi. Aveva trovato la porta spalancata e la stanza vuota.

-Maledizione!- Imprecò il Visconte -Cercatelo ovunque!- Ordinò, non curante di scavalcare l'autorità del Commissario, mentre una dozzina di uomini reagì a quell'ordine e subito si dileguarono nel buio, rapidamente.

-Visconte, cosa facciamo? Allunghiamo l'intervallo?- Chiese agitata Madame Giry -Monsieur ha immediatamente una scena.-

-Qualche minuto al massimo, fate preparare il sostituto.-

-N-Non c'è un sostituto, signor Visconte. Nessun sopranista si è proposto oltre a lui.- Intervenne Reyer.

-Metteteci qualcun altro. Un tenore, o qualunque altra cosa ci sia.-

-Non possiamo improvvisare tutte quelle variazioni!- Sarebbe stato difficile già normalmente adattare la musica ad una tonalità diversa con così poco preavviso, ma con quegli spartiti esageratamente complessi, era a dir poco impossibile farlo senza provare.

-Mademoiselle De Chagny.- Propose Monsieur Piangi -Hanno quasi la stessa estensione vocale ed ha assistito a tutte le prove.-

-Ma è una donna! Come osate?- Tuonò il Visconte.

-All'estero si è già fatto e con la maschera è difficile che qualcuno se ne accorga. Noi manterremo il segreto, non è nulla di disdicevole, in fondo.-

Qualcosa di disdicevole in realtà c'era. Le carezze e gli accenni di effusioni previsti da copione erano al limite della decenza concessa ad uno spettacolo rispettabile e se qualcuno si fosse accorto che erano due donne, avrebbero potuto avere serie ripercussioni.

-Carlotta, che ne dici?- Chiese secco il Visconte. Per quanto non gli piacesse l'idea, sarebbe stato molto peggio interrompere lo spettacolo.

-No, padre. Non voglio.- Se era stato Mercier a far sparire Giudicelli, e solo Dio sapeva se fosse ancora vivo, era estremamente probabile che volesse ottenere proprio quel risultato.

-Non possiamo annullare lo spettacolo. Oltre ai rimborsi e al disonore, sfumerebbe anche il piano per catturarlo. Preparati e metti da parte le tue sciocche remore.-

-Non voglio essere condannata per atti osceni!- C'era anche il rischio di subire un procedimento per omosessualità. Quest'ultima non era reato finché non c'erano testimoni, ma chiunque avesse assistito allo spettacolo avrebbe potuto dichiararsi vittima e denunciarle, se non addirittura il Commissario stesso.

-Possiamo firmare una liberatoria, vero Firmin?- Lo incalzò immediatamente il Visconte. -E' già stato fatto, se non erro, al Moulin Rouge. Ed era decisamente uno spettacolo quantomeno sconveniente.-

-S-sì...Ma dovrei controllare la legislazione, trovare il testo e la forma adeguata...-

-Rémy! Un foglio, immediatamente!- Ordinò César.

-S-Sì, Visconte.- L'uomo frugò nella propria valigetta e ne prese un pezzo di carta, un po' stropicciato ma integro.

-Firmate qui in fondo, penseremo dopo a cosa scrivere.- Mise la penna in mano al Commissario, facendogli premura -Vai a cambiarti.- Ordinò alla figlia.

-Ma è proprio questo ciò che lui vuole, di sicuro avrà in mente qualcosa. Potrebbe aver manomesso la scenografia e...-

-Tutta questa serata è stata fatta per assecondarlo.- La interruppe il padre. -Non ho intenzione di fermarmi adesso, soprattutto ora che ho la certezza che si farà vivo.-

Il ragionamento di César non aveva alcuna pecca, se non l'assoluta mancanza di preoccupazione per la vita della figlia, ma Carlotta non poteva di certo aggrapparsi a questo. Sapeva benissimo che non avrebbe ottenuto nulla, perdendo unicamente tempo. Arrabbiata, si voltò e si diresse verso il proprio camerino, tra i sussurri sconcertati dei manovali e i pianti delle ballerine, che singhiozzavano al suo passaggio.

Tutti temevano che quella ragazza stesse salendo al patibolo.

Si cambiò in fretta. Non dovendo indossare corpetti o ingombranti sottovesti non ebbe bisogno di alcun aiuto, se non quello di una sarta, che l'aiutò a sistemare dell'imbottitura nelle spalle della giacca, leggermente più minute di quelle di Giudicelli, ma il mantello appuntato di lato aiutava a mascherare ulteriormente questa differenza.

Lisciò qualche piega della camicia, infilandola dentro ai pantaloni, sistemò il pugnale dietro la schiena, nascondendolo nella cintura, pettinò i capelli all'indietro, legandoli, e infine indossò la maschera. Dalla platea nessuno avrebbe capito che c'era stato uno scambio, l'unica differenza evidente era la lunghezza della coda, poiché quella di Monsieur Giudicelli era leggermente più corta.

Uscì dal suo camerino e si imbatté in Bernìce, che piangeva sconvolta -Viscontessa...- Rimase per un secondo esterrefatta dalla serietà e dal contegno che la nobildonna esprimeva anche in quelle vesti -Perdonatemi l'ardire, se vorrete farmi frustare accetterò senza repliche.- Terminò, tutto d'un fiato.

-Che succede?- Non aveva molto tempo.

-Ho preso questa, dall'ufficio di vostro padre. So che la sapete usare e non posso immaginarvi alla mercé di quel pazzo!- Frugò sotto al lungo soprabito che portava sul braccio e ne estrasse una sciabola, inguainata nel fodero -Se mi riterrete folle capirò, spero che comprendiate la mia preoccupazione per voi.-

-Grazie, Bernìce.- Baciò la donna sulla fronte, afferrando l'arma e dirigendosi rapidamente dietro le quinte, mentre fermava la spada alla cintura. Avrebbe voluto esprimere con più cura la propria sincera gratitudine, ma aveva premura. La lunghezza dell'intervallo certamente cominciava già ad essere sospetta.

Il sipario si aprì e Aminta entrò in scena, cantando a mezza voce, tra sé e sé -Non ho timor di te, mai non ne avrò. Nel cuore regnerà soltanto amor...- Per poi sedersi, iniziando a giocherellare con una rosa, regalatale poco prima dall'uomo.

Il servitore, in un angolo, non visto, controllava che tutto procedesse come previsto, quando Don Juan lo raggiunse -Passarino, ora va lei è qui, nulla più chiederò...Lei è mia.-

Piangi si congedò con un cenno del capo e poi sparì, dietro le quinte, mentre Don Juan si avvicinava lentamente al centro del palco, completamente concentrato sulla bellissima giovane che tanto desiderava.

-Tu che fremi, per placare la fiamma tua,- Aminta ebbe un sussulto, non si era accorta del suo arrivo -Per placare l'istinto che in te sempre tace, tace...- Carlotta sottolineò quelle parole portando un indice alle labbra, con malizia -T'ho sognata, per gustare ogni voluttà, più che mai destinata a soccombermi, tu puoi negarlo, ma stai per soccombermi...- Le ritrosie di Aminta, innamorata, cominciavano a scemare e la giovane iniziava a subire il fascino di quell'uomo così sicuro di sé, ricambiandone di quando in quando lo sguardo e finendo con l'arrossire, non riuscendo a scindere quelle parole dal reale desiderio della Viscontessa.

-Ed ora sei con me, non dire "no". Puoi restare, restare...- Carlotta non riuscì a trattenere un sorriso, vedendo che la ragazza, infine, si voltava incatenando i loro sguardi.

-Passa il ponte fra noi due, non dubitare...La tua, la mia, bugia finisce qui.- Christine si alzò e si allontanò d'un passo, cercando di resistere.

-Mai, mai più "non so", né "ma", nessun indugio, dimentica chi sei e dimmi "sì".- Cantò la mora, mentre sullo sfondo alcuni ballerini accompagnavano la scena, con una languida coreografia.

-Che fuoco mai ci inonderà,- La raggiunse infine, e la strinse a sé, passando voluttuosamente la punta delle dita sul suo collo e poi più giù, sulla pelle nuda, quasi sfiorando l'orlo del corpetto, mentre Aminta, travolta dalla passione, non opponeva più alcuna resistenza, abbandonandosi in quell'abbraccio -Che voluttà è rinchiusa in noi...- Si sciolse dall'abbraccio per poi accarezzarle la mano, prendendola tra le sue, prima di baciarne il dorso -Malìa recondita, preziosa...-

Il pubblico assisteva in un silenzio teso, sul palco dell'Operà non si era mai visto nulla di simile.

Don Juan lasciò andare la mano della giovane Aminta e quest'ultima cercò di riprendere contegno, allontanandosi nuovamente, per tentare disperatamente di sfuggire a quell'incantesimo ammaliatore, prima di intonare: -Sei con me qui, non abbiamo che il fuoco in noi. Non abbiamo di più, oramai tutto tace, tace...- Tornò a voltarsi verso Don Juan, sentendo il proprio buon senso cedere nuovamente.

-Qui con te io, la ragione non chiesi mai. Come un mare al mio corpo intrecciarti, a me nei miei sogni per sempre avvinghiarti...Ed ora mi vedrai, decisa, sì...A restare, restare-

Continuando a cantare, entrambe cominciarono a salire le scalinate dell'arco, dai due lati opposti, mentre la tensione cresceva. Carlotta non capiva più se stava recitando, o se il magnetismo che avvertiva tra loro fosse reale.

Gli spettatori, nel frattempo, si stavano chiedendo la stessa cosa, tra l'ammirato e lo sbigottito.

-...Sarai infinita attesa o io ti avrò?- Il pubblico questa volta sospirò in maniera udibile, per l'audacia di quelle parole pronunciate da un personaggio femminile. -Se non si placa qui con te, la mia marea dilagherà...Sei tu la fiamma che consuma...?- 

Giunte alla sommità dell'arco, Carlotta lasciò il proprio mantello ad uno dei servitori, prima di proseguire all'unisono con Christine -Passa il ponte fra noi due, non esitare, ti perderai qui tra le braccia mie...Se passi il ponte fra noi due.- Al centro, si abbracciarono nuovamente, mentre le mani della mora accarezzavano lascivamente la figura della ragazza, fino a sfiorare con le labbra la candida pelle del collo della giovane. Le tremavano le mani e strinse quelle di Christine fino a far sbiancare le nocche, pregando che nessuno si accorgesse di nulla, mentre sentiva la compagna fare altrettanto.

Fu in quel momento che il servitore a cui aveva lasciato il mantello le si avvicinò rapidamente, strappandole la maschera dal volto e rivelandone l'identità, lasciando la Viscontessa impietrita, per un istante.

-Mercier?- Boccheggiò, sorpresa. Con la maschera e in penombra non lo aveva riconosciuto, sebbene gli fosse passato accanto.

-Che oscenità!- Si sentì urlare dalla platea.

-Scandalo!-

-Arrestatele!-

L'indignazione e lo sconcerto percorsero immediatamente il pubblico, mentre qualcuno sveniva per l'emozione -Dov'è Giudicelli? Avranno ucciso anche lui?- I più arditi in platea cominciarono ad arrampicarsi sul palco, mentre i gendarmi cercavano di riportarli alla ragione, non facendo altro che farli infuriare ancora di più.

Il tiratore scelto, in mezzo a quella confusione, sparò, cercando di colpire Mercier, ma lo mancò e il ragazzo si riparò dietro a Christine, stringendola e trascinandola con sé

-Fermati Mercier! Possiamo ancora sistemare tutto!-

Il ragazzo non le rispose e tirando una corda nascosta tra i tendaggi fece aprire la botola, parecchi metri più sotto.

-No!-

Christine cercò di liberarsi dalla presa, ma lo stalliere era molto più forte di lei e saltò nel vuoto, trascinandola con sé, un istante prima che la Viscontessa li raggiungesse.

Carlotta fece a malapena in tempo a incrociare lo sguardo dell'amata, da sopra la spalla dell'uomo, mentre quest'ultima allungava il braccio in un disperato tentativo di afferrarla.

-Gabrielle!- Urlò la donna a squarciagola, prima di vederla scomparire nel buio di quella voragine.

Le gambe le cedettero per un istante e si appoggiò di peso alla balaustra, sentendo il fiato spezzarsi. Aveva già visto tutto quello, aveva già visto gli occhi di...Christine? Mentre cadeva nel vuoto, con un disperato addio.

Quando? Quando era successo? Sembrava che la testa fosse stretta in una morsa, mentre faticava a ragionare. Sentendo l'arco ondeggiare vistosamente guardò verso il basso, ancora confusa.

Sotto di lei, lo sparo aveva scatenato il panico assoluto e il pubblico in platea si era trasformato in una marea umana che, trovando le uscite sbarrate, si riversava sul palco, in preda alla follia più sfrenata. Lottavano tra di loro per conquistare il più piccolo passaggio verso quella che consideravano la salvezza e non si curavano di chi cadeva a terra, travolgendolo.

Senza frapporre ulteriore indugio, si gettò nel vuoto. Non aveva intenzione di perderla nuovamente.

Atterrò sui vecchi materassi posti sotto la botola e sguainò la spada. Dall'apertura sopra la sua testa filtrava la luce della platea, ma bastava allontanarsi di poco per ritrovarsi nell'oscurità più nera.

Cercò di capire che direzione avesse preso il ragazzo, ma il rimbombo dei passi sul legno del palco sovrastante copriva ogni suono, costringendola a concentrarsi, obbligandola a prendersi il tempo necessario, nonostante la premura.

All'improvviso sentì la voce di Christine provenire dal buio davanti a lei e si lanciò all'inseguimento, rallentata unicamente dall' oscurità che l'avvolgeva.



Sentendosi cadere si aggrappò alle spalle del ragazzo, mentre il vuoto sotto di loro li inghiottiva e gli occhi della mora incrociavano i suoi, congelando il tempo in un secondo di eterno terrore.

Lo aveva già visto, ma quando? Quando aveva incrociato quello sguardo colmo di disperazione, unito alla voce della compagna che gridava il suo nome?

"Gabrielle."

Non era il suo nome, eppure lo sembrava. Qualcosa dentro di lei parve spezzarsi e un' ineluttabile consapevolezza la investì, lasciandola senza fiato, mentre atterravano malamente sui vecchi materassi accatastati sotto la botola.

Rialzatosi in fretta, Mercier l' afferrò per un braccio e la trascinò con sé, trovando nell'oscurità più completa il passaggio, senza alcuna incertezza.

-Lasciami andare!-

-Stai zitta!- Il suo piano prevedeva che fuggisse da solo. Aveva già raggiunto il suo scopo, umiliando Carlotta pubblicamente, ma gli spari lo avevano costretto a prendere un ostaggio, per salvarsi, ed ora non sapeva come comportarsi. Forse era il caso di tramortirla e lasciarla lì, ma temeva che se la folla avesse trovato quel corridoio, probabilmente l'avrebbe travolta senza nemmeno accorgersene, cercando una via d'uscita.

Dopo l'ennesima svolta ritrovò la lanterna di cui si era servito per arrivare fino a lì e allungò la mano per afferrarla, ma fu proprio di quell'istante e di quel poco di luce, che la bionda approfittò, colpendolo al ventre e bloccandolo a terra, non senza difficoltà, data la grande differenza di forza tra loro.



Intravvedendo in lontananza un vago bagliore, la mora accelerò il passo, svoltando rapidamente nel corridoio e imbattendosi nella ragazza, a cavalcioni sopra la schiena del suo rapitore.

Abbassò la spada, dato il pericolo ormai cessato -Gabrielle?- Chiese, con nella voce la delusione di chi sapeva già la risposta.

La bionda annuì, con una profonda tristezza negli occhi -Speravo che non accadesse questa volta.-

-Lasciami andare!- Gridò Mercier, lamentandosi per il dolore alle braccia, torte dietro la schiena e schiacciate sotto al peso della ballerina.

-E' quello che ti meriti, stupido moccioso!- Tuonò la mora, profondamente arrabbiata. Se non fosse stato per lui, tutto quello non sarebbe successo.

-Non riuscirò a trattenerlo a lungo, Xena.-

La guerriera ebbe un sussulto a sentire pronunciare il proprio nome per la prima volta, ma cercò di non mostrare il proprio smarrimento e tagliò un lembo del mantello di Mercier, per poi legarlo rapidamente.

-Più avanti c'è un canale, se lo seguiremo fino in fondo arriveremo all'uscita.- Aggiunse la mora.

-Non dovremmo tornare ed aiutare ad evacuare?-

-Le guardie avranno già riaperto gli ingressi, saranno quasi tutti fuori, ormai. Meglio approfittarne per fuggire.-

-E di lui cosa ne facciamo?-

-Portiamolo con noi, poi decideremo.-

-Di cosa diamine parlate?! Lasciatemi andare!- Sentire le due ragazze parlare a quel modo lo spaventò. Non aveva mai sentito simili parole uscire dalla bocca di Carlotta e trovò strano che si rivolgessero l'una all'altra con nomi differenti.

-Perché l'hai fatto?- Lo interrogò la guerriera, mentre l’altra si rimetteva in piedi, risistemandosi l'abito.

-Mi hai tolto ogni possibilità di futuro...Ed io ho fatto altrettanto!-

-No, Mercier! Tu hai fatto tutto da solo. Sarebbero partire assieme a te, come promesso!- Incrociando il suo sguardo, non poté fare a meno di notare la somiglianza con suo fratello, Toris.

-Ed essere condannato ogni giorno a vedere il vostro amore e a tormentarmi per avere l'aspetto sbagliato?!-

-Ora capisco.- Una voce estranea gelò loro il sangue nelle vene.

-Cesare?!- Esclamò Xena, voltandosi e trovando l'uomo che le puntava contro una pistola, mantenendo saldamente una lanterna nell'altra mano.

-Avevo capito che c'eri tu dietro a quest'Opera, ho riconosciuto la tua stupida chiave di violino, e non avevo dubbi che avresti coinvolto il tuo amichetto... Ma non mi aspettavo che fosse contro di te, né una tale, infima, oscenità.- Tutto quello spiegava perché la scena tra le due donne era risultata eccessivamente intima ed allusiva, nonostante non l'avessero mai provata prima. -Dove speravi di arrivare con questo piano assurdo?-

-Volevo solo che tu non la toccassi.-

-Dopo quanto visto sul palco, questo non avverrà. Nessuno vorrà più nemmeno avvicinarsi a voi.- Fece arretrare il cane della pistola, preparandosi a sparare -Addio, direi che è stato bello, ma non ho voglia di mentire.-

In un istante, Xena si scagliò contro di lui, avendone rapidamente ragione e disarmandolo, facendolo poi cadere a terra.

La guerriera restò in silenzio, con l’arma appena rubata stretta in pugno, puntata contro il proprio oppressore.

Non sapeva cosa farne di lui, mentre l’uomo, atterrito e inerme, ricambiava il suo sguardo. Portò l’indice sul grilletto, un istante prima che la bionda intervenisse -Xena.- Sussurrò appena.

-Le avrebbe uccise. Le ha...Uccise.- Rispose la mora. Riacquistavano la memoria delle loro vite precedenti solamente quando le circostanze non lasciavano scampo alle loro reincarnazioni e il ciclo del Karma si arrestava. Aveva pensato che fosse successo a causa di Mercier, ma l’arrivo del Visconte, armato, aveva rivelato il vero responsabile.

-Possiamo fuggire in Inghilterra, è tutto pronto. Non occorre ucciderlo per forza.- Aggiunse Gabrielle.

Xena incrociò il suo sguardo per un istante, continuando a tenere sotto tiro César.

-Carlotta lo avrebbe ucciso?- Chiese la bionda, vedendo la mora tentennare.

Xena sospirò, abbassando l’arma -No. Lo detestava, ma non desiderava vederlo morto.-

-Leghiamolo e nascondiamolo nei sotterranei. Quando si libererà saremo già lontane.- 

La guerriera capitolò, vendicarsi per qualcosa accaduto in un’altra vita non le sembrava sensato, avrebbe solamente peggiorato la situazione alla prossima reincarnazione.

-Slega il ragazzo. Lo porteremo con noi, o Cesare lo farà giustiziare.- 

-Sei definitivamente impazzita, quindi?- Chiese con sarcasmo il Visconte. La figlia non lo aveva mai chiamato “Cesare” e i loro discorsi non avevano completamente senso.

-Attento, fossi in te non tirerei la corda.- Lo minacciò la guerriera.

Gabrielle, tenendo il proprio pugnale puntato contro la schiena di Mercier, per essere sicura che collaborasse e non cercasse di scappare, passò il lembo di mantello che avevano usato per il ragazzo a Xena, prima che questa appoggiasse la pistola e si chinasse per legare il Visconte, che, approfittando di un istante di distrazione, estrasse un coltello dallo stivale, piantandolo nella coscia della guerriera, subito prima di lanciarsi a recuperare la pistola.

-No!- Mercier si lanciò su di lui, nel medesimo istante in cui il Visconte si rialzava premendo il grilletto, colpendolo al ventre, subito prima di cadere nuovamente a terra, trafitto a morte dai pugnali che le due donne avevano scagliato.

Gabrielle prese al volo il ragazzo, un istante prima che rovinasse al suolo, e cominciò a soccorrerlo, immediatamente raggiunta e aiutata dalla mora.

-Le idi di marzo non ci portano mai fortuna.- Commentò amaramente.



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Note dell'autrice: siamo quasi giunti al termine, il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Colgo l'occasione per ringraziare la mia beta di fiducia Oscuro_errante, per l'enorme pazienza, vista la sua sessione di esami universitari e la mia stagione teatrale. Grazie a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se non vi è piaciuto :) Se preferite potete anche scrivermi su facebook (trovate il link in bio)
A sabato prossimo!!




   
 
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