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Autore: NightWatcher96    14/06/2022    2 recensioni
Perdere una persona importante pone uno stop nella propria vita; ci si chiedono molte cose, tra cui se è necessario continuare ad andare avanti sapendo che non sarà mai più lo stesso. Per quanto profondo ed oscuro è l'Abisso dentro te, lascia sempre la porta aperta: qualcuno verrà a cercarti e a farti riemergere dall'oscurità.
BakuDeku
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Mitsuki Bakugou, Shōta Aizawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Angolo della Quirkless

Sono in realtà solo i miei pensieri da quando il mio papà non c'è più, ma cucito su My Hero Academia.
Enjoy



 

Izuku era stato enormemente felice quando aveva avuto un Quirk, dopo ben quattordici lunghi anni della sua vita. 

Lo aveva definito come la svolta che attendeva, quella dei suoi sogni e aveva lottato, pianto, stretto i denti ma anche riso, si era fatto degli amici e perfino innamorato del suo amico d'infanzia Katsuki.

Aveva letto, da qualche parte, che a volte la gioia si poteva trasformare in un enorme vuoto e se questo si fosse protratto troppo e per lungo tempo, sarebbe mutato ancora in Depressione.

Izuku era finito in una spirale di assoluta apatia, iniziata con il perdersi a contemplare un tramonto come un altro, dopo l'aver salvato una bambina dall'essere investita da un camion fuori controllo.

Non c'erano stati errori: era stato molto più veloce di Endeavor, di DynaMight, di Shoto. Aveva salvato una vita. Eppure, quell'evento fu solo un contorno del male e del vuoto già presenti dentro di lui. E mentre il suo gruppetto discuteva sulle migliorie di quel tirocinio, per lui fu come distaccarsi dalle ciò che teneva di più al mondo.

-Sei ancora qui?-.

Izuku non sobbalzò, spostò semplicemente i suoi occhi al viso di Katsuki. Si spostò leggermente più in la per concedergli di sedersi. 

-Non sei venuto al discorso di Endeavor su come migliorare la velocità- continuò il biondo, in un filo di voce. -Potresti avere uno bello zero spaccato in condotta-.

Izuku non rise, né si pronunciò. La verità era che non gli importava e che continuando a domandarsi se fosse necessario rischiare la propria vita per gli altri quel vuoto sarebbe cresciuto fino a diventare una voragine dentro il petto.

Katsuki tirò fuori le mani dalle tasche del suo pantalone largo e nero, portò una gamba accavallata sull'altra e lo fissò completamente. Il viso di Izuku era apparentemente calmo, gli occhi vuoti evidenziati in arancio dalle sfumature di uno splendido tramonto autunnale.

Non riusciva a dire che quell'involucro umano senza quasi un'anima fosse il suo Deku.

-Ehi- lo chiamò, con una mano sulla guancia pallida e un po' fredda.

La mano calda e poco più grande gli fece girare delicatamente il viso per incrociare i loro occhi. Quelli rossi, ardenti, cercavano di capire che cosa gli fosse accaduto, quelli verdi invece non avrebbero dato alcuna risposta. 

-Non sei più tu. Che succede?-.

Izuku abbassò gli occhi. Allora Katsuki fece riposare la mano sulla panchina, sconvolto, per poi abbracciarlo ferocemente. L'odore di pino e di menta era sempre riuscito a calmarlo ma ora era talmente sbiadito che gli sembrava stesse abbracciando un cuscino che tra non molto avrebbe catturato il suo di odore.

Il biondo infilò le dita tra quei morbidi capelli smeraldini. Trattenne un po' il respiro per ascoltare il battito mite di quell'impavido cuore. Izuku, però, non ricambiò l'abbraccio... non fece nulla.

-Torniamo in agenzia- gli sussurrò in un orecchio.

Katsuki lo prese per mano, l'altro non combatté. Rimase solo per qualche secondo a fissare ancora l'orizzonte, dove il cielo non più di un arancio carico ma mischiato a tonalità pastello di viola e cobalto segnava la fine di un'altra giornata. 

 

In classe, dopo che il tirocinio era terminato, Izuku aveva presenziato per circa quattro giorni prima di essere assente. 

-Dov'è Midoriya?- chiese, ovviamente, Shota, quando entrando vide il banco vuoto.

Katsuki fece le spallucce in risposta a quei penetranti occhi neri che caddero su di lui, a mo' di rimprovero. 

-Ha avvisato Recovery Girl?- continuò.

Tenya alzò educatamente una mano. -Aizawa sensei, Midoriya non si è fatto vedere neanche in mensa. Non ha risposto al cellulare, non è uscito dalla sua stanza-.

-Starà male?- si chiese Denki, preoccupato.

Shota sospirò un po'. -Bakugo, perché non vai a vedere se perlomeno Midoriya è sveglio?-. L'altro si sorprese un pochino ma obbedì. -Vi aspetteremo. Cercate di non metterci molto; quest'oggi avremo molto da lavorare sullo sviluppo di nuove tecniche legate ai vostri Quirk-.

Katsuki annuì e quando si chiuse la porta dietro la schiena corse a perdifiato lungo il corridoio per raggiungere i dormitori. Il suo cuore era scosso dalla paura di trovarsi qualcosa di inquietante quando avrebbe aperto quella porta.

Aveva scoperto di amare Izuku, molto più di una semplice amicizia, dopo la disavventura dei tre giorni al campus segreto. Lì per lì aveva trovato stupido farsi salvare ma poi Eijiro gli aveva confessato che l'idea era stata del ricciolino e lentamente si era messo a riflettere.

E aveva scoperto che quella non era più semplice ammirazione ma qualcosa di nuovo e tanto prezioso.

Katsuki aveva cercato di dichiararsi durante la pausa invernale dal liceo, quando Inko aveva organizzato una festa per trascorrere il Natale con Mitsuki e Masaru. I due ragazzi erano andati a fare una passeggiata dopo una grande abbuffata di buon cibo, Kacchan aveva preso coraggio ma Izuku lo aveva battuto sul tempo.

Si erano baciati e avevano scoperto di essere molto affini, oltre che a custodire lo stesso sentimento d'amore.

Katsuki sorrise leggermente a quello che era uno dei suoi ricordi più belli. Ormai dinanzi alla porta bianca di Izuku, poggiò un orecchio sulla liscia e gelida superficie di legno per raccogliere un po' di coraggio. Dentro non si udiva nessun suono.

Bussò prima, attese qualche istante, poi entrò. 

La stanza era come al solito ordinata ma curiosamente avvolta nella penombra. Filtravano dei raggi di pallido sole dalle tende chiuse. Il tempo era molto nuvoloso, forse quel variabile si sarebbe trasformato in temporale. Del resto quell'autunno volgeva ormai all'inverno.

Katsuki inspirò dal naso, poi si chiuse la porta dietro la schiena. Fu il più silenzioso possibile.

Izuku era a letto, vestito con l'uniforme, le gambe rannicchiate al petto, le braccia conserte e gli occhi fissi al muro. Dava la schiena a tutto.

Il biondo gli si avvicinò con passi leggeri. Lo contemplò un pochino, imprimendo a forza quell'immagine così surreale di un impavido e giovane Hero di quindici anni diventare un guscio senza più emozioni. 

Allora, si fece coraggio e si sedette sul letto. Izuku non si mosse neanche di un millimetro.

-In classe ci stanno aspettando- iniziò quasi in un morbido sussurro.

Notò che le iridi di Izuku si erano leggermente mosse: stava ascoltando. Katsuki sorrise lievemente. 

-Vuoi dirmi che ti succede?-.

Alcuna risposta.

-Ti sei stancato di me?- proseguì Katsuki, senza alcuna inflessione di rabbia. -Sono il tuo ragazzo. Non sarò bravo con le parole e i discorsi di incoraggiamento, ma so quando qualcosa in te non va. E mi fa rabbia che tu non me ne voglia parlare-.

Izuku chiuse stancamente le palpebre. 

Katsuki non seppe che altro dire. Non aveva mai visto quel lato di Izuku, non si era mai sentito così estraneo in sua presenza. Non poteva neanche quasi credere ai suoi occhi.

Portò una mano su quella di Izuku, la ritrovò molto fredda. Gli venne in mente che, probabilmente, non si era spogliato dalla giornata precedente ed era rimasto a riposare in quella posizione senza neanche infilarsi sotto la coperta blu di All Might. 

-Andiamo in classe?- propose ancora Katsuki e questa volta le dita tastarono i capelli morbidi.

Non sopraggiunse alcuna risposta. 

Sconfitto perlopiù dalla sensazione di conversare da solo, il biondo lo lasciò stare ma con la silenziosa promessa che lo avrebbe aiutato. Prima di tornare in classe e di chiudersi quella porta alle spalle, si concesse di dare ancora un'occhiata a Izuku. 

Che cosa gli era accaduto? Voleva far luce in quel mistero più di ogni altra cosa al mondo.

 

Le cose non migliorarono affatto nei giorni seguenti. 

Izuku non fu visto da nessuno, né alla mensa, né in palestra e né tantomeno in classe. 

Katsuki andò a chiamarlo anche il giorno seguente ma poi ci rinunciò e Shota pensò che ne avrebbe parlato con Yagi e con Chiyo.

Così penso di cogliere l'occasione al volo quando Cementos fu ben lieto di supervisionare gli allenamenti della sua classe in palestra.

-Bakugo mi ha raccontato che Midoriya è come estraneo a tutti gli stimoli esterni. E' disteso sul letto o si fa trovare in piedi a guardare il cielo dalla finestra della sua camera-.

-Sono giorni che non lo vedo prendere il the con me- si lasciò sfuggire Yagi, preoccupato.

Erano in infermeria dove Chiyo ascoltava tutto in doveroso silenzio. Quella mattina il cielo si era dipinto di oscurità e la pioggia non aveva tardato a cadere, fitta, rumorosa e in un certo senso quasi confortante.

-Dai sintomi penso si possa trattare di depressione-.

-Midoriya Shonen…- farfugliò Yagi, incredulo. -… depresso?-.

L'anziana donna annuì. -Dev'essere accaduto qualcosa che l'ha portato in questo stato di perdita di interesse verso ogni cosa-.

Shota aprì la bocca per chiederne il motivo ma fu battuto sul tempo da un tocco ben poco gentile alla porta dell'infermeria. Chiyo acconsentì di entrare. 

Hitoshi fece il suo ingresso tenendo per l'esile polso Izuku. I tre adulti se ne stupirono molto.

-Mi dispiace interrompervi, ho trovato Midoriya in cortile, sotto la pioggia. Ho cercato di parlargli ma non mi risponde… non capisco perché-.

Shota ringraziò. Izuku era bagnato, la giacca ora di un gradiente che dallo scuro finiva nel chiaro. I suoi capelli erano appesantiti dall'acqua, tendevano verso il basso per gravità e da alcune punte gocciolavano sfere liquide e trasparenti che si annidavano nel colletto della camicia.

Gli occhi verdi erano completamente assenti, fissavano il vuoto senza alcuna emozione.

Shota si alzò e si accovacciò dinanzi al suo studente, prendendogli una mano bagnata. -Midoriya, che succede?-.

Videro solo un lieve movimento delle iridi. 

Shota gli sollevò il mento con delicatezza: Izuku lo guardò con apatia. Chiyo e Yagi si scambiarono un'occhiata preoccupata; la situazione era davvero grave. 

-Midoriya, non possiamo aiutarti se non ci spieghi che sta succedendo- continuò ancora Shota. 

Gli fece una piccola carezza al viso pallido e scarno ma di nuovo Izuku spostò via i suoi occhi e li puntò al vuoto. A quel punto, EraseHead si alzò e si rivolse agli altri due adulti.

-E' evidente che qualcosa gli è accaduto. Penso sia meglio mandarlo a casa da sua madre-.

-Avrebbe il medesimo comportamento; sua madre lavora come infermiera, difficilmente potrebbe tenerlo sotto controllo. Midoriya è completamente apatico, non reagisce agli stimoli esterni, non si curerebbe della sua salute-.

Yagi fu colto da un profondo istinto paterno che lo spinse ad alzarsi solo per abbracciare delicatamente il suo pupillo. Izuku neanche reagì, chiuse solo gli occhi.

-Dev'essere qualcosa di molto grave se è così- si lasciò sfuggire Hitoshi, perplesso.

-Al momento, però, asciughiamolo e portiamolo a letto, nel dormitorio- propose Shota. -Potrebbe prendere un malanno-.

Yagi si occupò di Izuku. Cercò di parlargli durante il tragitto fino ai dormitori, in camera, perfino durante l'accensione rumorosa dell'asciugacapelli. 

Niente parve funzionare; a parte qualche occasionale puntamento dello sguardo smeraldino, non ci fu alcuna miglioria. Neanche quando Shota entrò con un vassoio che sorreggeva una scodella fumante di zuppa e del the caldo. 

Izuku girò semplicemente via il viso...

 

Mitsuki era sempre stata una donna molto forte, capace di essere come un leader per chiunque. Era dotata però anche di gentilezza e grande empatia. Soprattutto, però, di un tempismo eccezionale.

Quella mattina piovosa c'era stata una lunga fila alle casse del suo supermercato preferito. Si era concessa di pazientare per il semplice fatto che il suo turno di lavoro sarebbe cominciato nel pomeriggio. 

Quand'era rincasata dopo ore, però, si accorse di All Might, fuori la casa dei Midoriya, con un ombrello sulla testa, un completo elegante e nero e il dito sul campanello.

Lei lasciò perdere la spesa e realizzò che forse l'aver perso tempo si fosse rivelato quasi come un segno. -Mi scusi!- chiamò forte per sovrastare il rumore della pioggia.

L'uomo biondo la guardò con fare curioso. La riconobbe e le sorrise, con un saluto con il capo.

-Salve, All Might! Se cerca Inko è al lavoro- ricambiò lei, l'altro le si avvicinò. -Posso fare qualcosa per lei?-.

-In realtà sono venuto qui per parlare di Midoriya Shonen-.

-Il piccolo Izuku?- ripeté stupita e preoccupata Mitsuki. -Venga, entriamo in casa che ne potremo parlare- si affrettò ad aggiungere, ignorando la spesa nella sua auto rossa.

Ben presto, all'asciutto, al silenzio e con dinanzi una calda tazza di the, Yagi poté finalmente spiegare per filo e per segno la preoccupante situazione di Izuku. Quando finì, con un profondo sospiro, la donna bionda cambiò completamente espressione.

-Immagino che… non sia stato informato, All Might-.

L'altro sollevò un sopracciglio. I suoi pensieri si fecero assordanti, tanto da mischiarsi al rombo di quella giornata temporalesca. Fuori, infatti, la pioggia si era fatta ancora più forte, tamburellava aggressiva contro il tetto e scivolava lungo i vetri in striature che, agli occhi pieni di immaginazione di un bambino, sarebbero parse dei disegni.

-Temo proprio di no. Midoriya Shonen non ha più proferito parola e sono ormai circa due settimane che lo teniamo d'occhio. Siamo molto preoccupati per la sua salute-.

Mitsuki si morse nervosamente le labbra. Girava la tazza tra le sue candide e curate dita, fissando se stessa nel poco the che rimaneva.

Sollevò allora gli occhi vividi e parlò. -Hisashi Midoriya, il padre di Izuku e marito di Inko, è venuto a mancare due settimane fa per un arresto cardiocircolatorio-.

Yagi ne fu così sconvolto che si irrigidì vistosamente sul divano. 

-Inko e Izuku erano andati a trovarlo, all'ospedale di Hokkaido e le cose lasciavano presagire che era solo l'ennesimo ricovero per routine. Hisashi è sempre stato dedito al lavoro e non era così strano vederlo svenire per mancanza di sonno, cibo o acqua adeguati, per questo all'ospedale era quasi... una celebrità-. Fece una pausa, ingoiando a vuoto e tenendo forzatamente un sorriso malinconico. -Poi, durante la sera del martedì, la notizia della sua morte. Inko ha pianto molto, soprattutto al funerale ma il piccolo Izuku si è chiuso in se stesso ma non pensavo fino a questo punto-.

All Might si sentì impotente dinanzi a quella situazione, perfino indelicato. 

-Per quanto Hisashi non è mai stato granché presente nella vita di Izuku, quando scoprì che il suo amato ed unico figlio aveva sviluppato un Quirk tardivo, le cose tra di loro erano notevolmente migliorate. Il piccolo Izuku era ben felice di raccontargli tutti i suoi progressi. Avrebbe dovuto vederlo esultare alla tv quando Izuku arrivò primo al festival sportivo!- continuò Mitsuki con un triste sorriso. -Inko mi teneva sempre aggiornata ed era ironico pensare che quando padre e figlio iniziavano a parlare di Hero e di Quirk, erano due cervelloni inarrestabili-.

Yagi Toshinori dovette essere fermo pur di non lasciarsi travolgere dalle lacrime. 

Ricordò della sua maestra, Nana, dei bei momenti insieme, del fatto che la donna fosse per lui ben più di un semplice punto di riferimento. Era come una mamma.

-Izuku gli aveva detto che gli avrebbe mostrato la sua nuova tecnica... la Black Whip. Sarebbero bastati pochi giorni per la dimissione di Hisashi e invece…-.

A quel punto, Mitsuki tacque. Non era più sicura di riuscire a trattenere a sua volta le lacrime. Conosceva Hisashi; erano stati amici di infanzia e spesso giocavano a palla insieme. All'epoca, Mitsuki era considerata un vero maschiaccio, sempre a fare zuffe ma condivideva con Hisashi una gran fame e sete di conoscenza per poter diventare qualcuno in futuro.

Crescendo, però, si erano un po' persi di vista. Poi alle superiori si erano rincontrati e avevano conosciuto Inko. Da allora Mitsuki aveva incoraggiato il loro amore ed era stata orgogliosa del loro matrimonio e della nascita del piccolo Izuku. Quando Hisashi presentò, invece, il suo migliore amico Masaru fu ancora più emozionante.

Quando Inko gli aveva dato la notizia non ci aveva voluto credere. Solo quando al funerale aveva visto madre e figlio vestiti di nero e la bara con i fiori si era resa conto che quella era e sarebbe stata la più cruda e irreversibile delle realtà. 

Si era concentrata molto su Inko, cercando di darle supporto e non era riuscita a capire che Izuku, rimasto a fissare la foto sorridente di suo padre che teneva tra le mani, aveva già superato come il punto di non ritorno. 

-Capisco- mormorò Yagi, facendola tornare in sé. -Dobbiamo in qualche modo riuscire a farlo sfogare; questa depressione lo ha colpito in modo assai duro anche se è più che comprensibile-.

-All Might, so che Izuku è molto attaccato a lei, quindi la prego… se ne prenda cura!- implorò Mitsuki.

Lo disse con una tale foga che per poco non ruppe la tazza vuota tra le mani e non sbatté la testa chinata in profonda rassegnazione sul tavolino che li divideva. Yagi ne fu colpito, si alzò e si inchinò rispettosamente.

-Lo farò, Bakugo-san- replicò con decisione.

 

Quando tutti seppero il motivo del repentino cambiamento di Izuku, cercarono di aiutarlo il più possibile. 

Izuku non fu ancora ammesso alle lezioni ma riceveva molte visite in camera sua e tanti cioccolatini per una pronta guarigione. I ragazzi della 1-A tentavano di non farsi scoraggiare dal viso profondamente apatico del loro amico, continuando a parlare di tante cose divertenti.

Katsuki gli teneva sempre un occhio addosso, non lo lasciava mai veramente e si era preso l'impegno di mangiare nella sua stanza, nella speranza di poterlo così invogliare. Izuku aveva perso rapidamente peso in poco tempo.

Dopo una manciata di giorni, mentre Shota iniziava a spiegare una lezione di storia, alla porta bussarono. L'uomo acconsentì e si stupì davvero di vedere Izuku puntualmente vestito con l'uniforme grigia e verde, accompagnato dallo zaino giallo e inconfondibile sulle spalle.

Katsuki si alzò con un misto di incredulità e di gioia. Lo andò ad abbracciare, incurante di sembrare troppo sdolcinato. Izuku non ricambiò ancora, né sorrise ma nei suoi occhi si materializzò una piccolissima luce di vita, una speranza per tutti.

-Mi fa piacere averti in classe con noi, Midoriya- sorrise Shota. 

Izuku si sedette ma non prese appunti, né partecipò attivamente alla lezione; rimase solo in silenzio a fissare prima Shota, poi il cielo dalla finestra e infine il quaderno bianco dinanzi a sé.

A lezione finita, Shota fece capire a tutta la classe e Katsuki compreso di lasciarlo da solo, per poter fare due chiacchiere con Izuku. Il biondo esplosivo non obiettò, confidava solo che l'insegnante sarebbe riuscito a smuovere la situazione.

Shota, allora, si avvicinò al suo piccolo piantagrane per potergli offrire una carezza sulla testa.

-Ci sono passato anche io. Lo ricordo ancora come se fosse ora- disse malinconico. -Avevo appena ricevuto la mia licenza di Hero, ero in un tirocinio con due Pro Hero molto famosi all'epoca. Ci fu una rapina in pieno giorno e un incidente tra un autobus e una piccola utilitaria-. 

Izuku lo stava guardando in silenzio, quasi con interesse.

Shota infilò le mani nelle tasche e si avvicinò alla finestra. Gli faceva così male ricordare. Non aveva mai dimenticato quel nodo alla gola così opprimente da sembrare una morsa o il suo involontario arricciamento del naso prima delle lacrime. O la rabbia nel profondo del suo stomaco.

-Io andai a fermare il ladro. Ero il più veloce, avevo le mie bende e potevo ritenermi avvantaggiato. Quell'uomo aveva un Quirk Bullet; riusciva a sparare proiettile da ogni parte del corpo. Riuscii a schivarli tutti ma poi lo persi di vista per essermi aggrovigliato in alcuni gazebo di bancarelle-. Shota chiuse gli occhi, traendo un profondo respiro. -Mentre lo inseguivo sentii uno sparo, arrivai a un incrocio e quando mi voltai vidi, in un lago di sangue, mio padre-.

Izuku abbassò la testa.

-Poiché avevo perso tempo, mi ero preoccupato di mettere in mostra le mie abilità con le bende ed ero finito in mezzo a carretti che vendevano fiori- continuò Shota, quasi sussurrando. -Mio padre aveva pagato la mia inaffidabilità solo perchè aveva cercato di far ragionare quel giovane uomo poco più grande di me-.

Anche a distanza di venti anni quella sequenza di immagini faceva davvero ancora male. Per Shota sembrava che ieri avesse parlato con suo padre, che gli avesse detto che avrebbe dimostrato di essere un Hero degno di rispetto e che avrebbe aiutato la sua famiglia economicamente.

Quella mattina, suo padre lo aveva accarezzato in testa con un "Fai del tuo meglio! Ma lascia questioni di soldi e di lavoro a noi adulti, figlio mio!" e si erano divisi, lui per il tirocinio, l'altro per il solito lavoro nella fabbrica di equipaggiamenti per Pro Hero.

Poi la sua vita era cambiata drasticamente. 

Shota si trattenne dal raccontare che dopo qualche tempo anche il suo migliore amico, Oboro Shirakumo aveva perso la vita per poi divenire Kurogiri. 

-Mi dispiace...-.

L'uomo si tese come una corda di violino: guardò Izuku quasi con speranza. Lo vide con un'espressione quasi colpevole. Non seppe dire se quella vocina fosse stata frutto della sua immaginazione o la realtà.

Shota decise di non pensarci, preferì dare solo un piccolo abbraccio al suo studente più promettente.

-Il dolore non passa mai veramente, purtroppo è un dato di fatto, Midoriya- gli sussurrò. -Ma dobbiamo andare avanti, dimostrarci che tutto ciò che ci hanno insegnato le persone che ci hanno amato non andrà mai sprecato. Saranno sicuramente orgogliose dei nostri progressi. Così come noi sempre lo saremo per il tempo che abbiamo passato insieme a loro-.

 

Katsuki lanciò un'ultima esplosione prima di crollare affannosamente con le mani sulle ginocchia, ancora però miracolosamente in piedi. Le braccia erano doloranti, il sudore grondava dal suo viso un po' arrossato e il suo costume invernale era diventato completamente appiccicoso al suo corpo.

Aveva messo a punto una nuova tecnica ma c'era da migliorarne la precisione. 

Era rimasto l'unico in palestra; gli altri erano andati a farsi la doccia e tra non molto si sarebbero azzuffati per accaparrarsi il miglior piatto serale e della giornata. Kacchan si strofinò un rivolo di saliva e di sudore dal lato inferiore del labbro. 

Il suo pensiero volò immancabilmente a Izuku. Ardeva costantemente di preoccupazione e sfogava negli allenamenti la sua frustrazione. Quando sollevò gli occhi rubino stanchi all'ingresso della palestra ebbe quasi un tremito di paura. C'era il suo Deku a guardarlo, sempre con quell'espressione vuota. 

Izuku spostò lo sguardo ai piloni di cemento maciullati da tante esplosioni. Poi, lentamente, gli si avvicinò con passo cadenzato.

Katsuki si trattenne dal dire qualcosa: non era sicuro di come avrebbe reagito l'altro. Curiosamente, fu Izuku a muovere il primo passo. Poggiò la fronte contro il suo petto, in silenziosa attesa. 

L'altro, allora, si sfilò guanti e i supporti per le sue esplosioni sulle braccia solo per abbracciarlo.

E solo per essere sicuro di sentire contro la pelle ogni più piccolo contatto. Spostò la testa ricciolina sotto il suo mento per poter inspirare a fondo quell'odore così tanto perduto. Le piccole mani di Izuku gli si avvolsero intorno al corpo.

-Mi sei mancato, Izuku- sussurrò Katsuki. 

Gli scoccò un bacio contro una guancia lentigginosa, sull'altra offrì una carezza quasi timida. Izuku non parlò ma tornò a cercare il contatto con il suo corpo. 

-Sto ancora aspettando che tu ti apra con me, Nerd. E bada bene che questa è un'offerta che non potrai rifiutare ancora a lungo-. Katsuki sogghignò ma poco dopo la sua espressione divenne sofferente. Le baciò con passione quelle piccole labbra tanto agognate e di nuovo si stupì di sentirlo ricambiare. -Deku, non sono paziente. Non sono perfetto, sono capace solo di fare fatti… ma sono seriamente preoccupato per te-.

Una singola lacrima si fece strada sullo zigomo di Izuku. Kacchan gliela cancellò con dolcezza.

-Dovresti sfogarti, Izuku- consigliò. -Prendi esempio da me, non mi tengo mai tutto dentro!-.

L'altro non pianse, continuò a cercare il suo corpo e il suo calore.

 

Katsuki non riusciva a dormire, continuava a rigirarsi nervosamente nel letto. 

Fuori pioveva, era un temporale forte. Il vento soffiava impetuoso facendo scricchiolare la finestra, la pioggia batteva aggressiva contro i vetri. Di tanto in tanto qualche lampo inondava di luce la sua stanza, poi il tuono faceva vibrare rumorosamente gli infissi.

Tempo che si mise disteso che udì un cigolio proveniente dalla porta. Katsuki sollevò la testa dal cuscino con fare scontroso: chi veniva a infastidirlo nel cuore della notte? Guardò l'ora sul suo cellulare, erano appena le tre e trenta.

Un nuovo lampo evidenziò una sagoma estremamente minuta e molto familiare che avanzava lentamente verso il suo letto. Katsuki non disse nulla: alzò la coperta per invitarlo silenziosamente ad entrare. 

-Non riesci a dormire?- domandò, sicuro di non avere comunque risposta.

Tranne quell'unica parola pronunciata a Shota, non c'erano stati più tentativi. 

Kacchan aveva sentito Chiyo e Yagi discutere sul fatto che dopo ben quattro settimane Izuku non aveva spiccicato parola e continuando così il trauma lo avrebbe potuto rendere muto. 

Izuku gli si rannicchiò contro il corpo, l'altro lo abbracciò strettamente. Appoggiò il mento contro quei morbidi capelli e li baciò affettuosamente. Era incredibile quanto fosse differente la loro stazza e quanto Katsuki potesse abbracciarlo fino a intrecciare le dita senza alcuna fatica. 

Izuku indossava un pigiama troppo leggero ma la sua pelle non era fredda, piuttosto un po' troppo calda.

-Penso tu abbia la febbre- gli disse. -Riposiamo un po', va bene?-.

L'altro si staccò un po', con lo sguardo perplesso. Kacchan non ne comprese il motivo ma poi il verdino si mise seduto a contemplare il vuoto. 

-Non mi interessa se mi becco la tua febbricola. Lo sai che non mi sono mai veramente ammalato- si affrettò ad aggiungere. -Dai, torna a letto, Deku-.

Tornarono di nuovo nella posizione di prima. Kacchan non perse tempo e lo accarezzò affettuosamente sulla nuca. Amava tenerlo in quel modo, poteva sentirne il cuore battere e il suo calore a confortarlo.

-Ho sognato mio padre-.

Kacchan gelò letteralmente sul posto, sconvolto dall'udire quella voce tanto mancata, molto bassa, quasi in un sussurro. Per un momento si chiese se fosse stato frutto di un sogno.

Izuku lo stava guardando. 

-Ricordi cosa ti ha detto?-.

L'altro annuì. Kacchan attese impazientemente la risposta ma i secondi passarono e perse le speranze. Decise di non continuare ad arrovellarsi il cervello, vinto anche dalla stanchezza. Era grato che nelle prossime ore non ci sarebbero state lezioni ma solo una domenica da passare a cazzeggiare.

Izuku prese un respiro profondo dal naso. -Lui è vicino a me, mi sta guardando… è triste che sto gettando così la mia vita e che non è il mio momento di seguirlo-.

Il biondo dischiuse le palpebre con un certo fervore. Sentì le dita di Izuku accarezzargli le ciocche ribelli dei capelli, all'altezza delle guance e della fronte.

-Sto molto male, Kacchan- ammise ancora. -Non ce la faccio… a vivere… non ho più voglia di… diventare un Hero… e mi dispiace che All Might abbia scelto me-.

Katsuki socchiuse gli occhi: era quasi certamente sicuro che Izuku fosse ormai pronto a infrangere quell'involucro di vetro in cui si era rifugiato. Il suo corpo premeva per rigettare fuori parte del dolore per stare meglio. Non disse nulla e lo incoraggiò, con un bacio a fior di labbra, a proseguire.

-Continuo a percepire la sua presenza, in ogni dove. Succedono cose strane… non c'è notte in cui non lo veda nei sogni ed è bello. Ma quando mi sveglio so che non c'è più e allora sto male-.

Izuku tremò, ancora nel tentativo di trattenersi.

-Non avere vergogna di piangere, Izuku. Tuo padre non ti ha lasciato veramente. Pensa quante persone ti vogliono bene-. Gli alzò il mento per guardarlo orgogliosamente e con tutto l'amore possibile. -E poi... hai me che ti ama davvero tanto e che farebbe di tutto pur di non farti arrendere-.

Tra le lunghe ciglia si impigliarono delle lacrime. Izuku si trattenne ancora, poi quando queste colarono a picco sulle gote lentigginose finalmente iniziò a singhiozzare tutto il suo dolore.

Kacchan ne fu tanto orgoglioso. Decise di sedersi a bordo del letto, Izuku seduto in grembo con le gambe avvolte intorno alla sua vita. Aveva aspettato così tanto questo momento, era felice perché il suo Deku aveva deciso di condividere il suo dolore con lui e in modo molto intimo.

La porta cigolò nuovamente un po': Katsuki avrebbe giurato di vedere il volto sorridente e sereno di Hisashi guardarli e ringraziarlo con un cenno del capo. La sentì forte e chiaro quella gioia mista a un puro orgoglio nel petto. 

Il mattino seguente, il biondo era stremato e stanco per una notte insonne ma anche felice per aver assorbito il mostruoso dolore di Izuku. Alla fine quest'ultimo era rimasto sveglio senza riuscire ad addormentarsi.

Ora aveva la febbre alta, un aspetto terribile. Era pallidissimo, gli occhi gonfi e iniettati di sangue, le occhiaie vistose e violacee. 

Portò ugualmente Izuku da Chiyo, tenendolo tra le braccia e avvolto in una coperta. La donna non se ne stupì affatto; immaginò che finalmente il verdino avesse mosso il primo e il più importante passo. 

-Ha la febbre- mormorò semplicemente il biondo.

-Riposati anche tu, Bakugo. Adesso siete in buone mani-.

Kacchan annuì; diede un ultimo sguardo a Izuku e si addormentò…

 

 

Katsuki si strofinò gli occhi stanchi. 

Era rimasto in catalessi per molte, molte ore. 

La stanza era avvolta da una luminescenza azzurrata, non si sentiva volare una mosca. Si alzò senza fare rumore: oltre le tende della sua stanza il cielo era di un cobalto ancora scuro e spruzzi di cumulonembi oscuri lasciavano presagire l'ennesima giornata piovosa.

Scrocchiò il collo indolenzito, deglutì un po' di saliva che parve far bruciare la laringe. Allora prese un sorso d'acqua dalla bottiglia che teneva sulla scrivania per dissetarsi. 

Continuava a ripensare a molti mesi prima, di quando Izuku era diventato il fantasma di se stesso per la morte di Hisashi. Era come il contorno perfetto a quell'irreale situazione che però era fortunatamente tornata normale, nonostante tutto.

Non poteva definire però normalità il fatto che, nonostante lui avesse riportato Izuku a casa, c'era una guerra pronta da vincere lì fuori. Per ora, non se ne curava. Voleva essere egoista e pensare a se stesso e al suo tanto mancato Deku.

Izuku dormiva nel suo letto. Era caduto in un sonno ristoratore dopo svariate settimane passate ad essere un Vigilante Oscuro dove si era allontanato dal ragazzino pieno di sogni e di speranze sul diventare un Hero sempre con il sorriso.

Quando lo aveva visto appisolato sul divano non ci aveva pensato su due volte a prenderlo in braccio, scoccando quasi un'occhiata di sufficienza a Shoto, per portarlo nella sua stanza. Il suo territorio.

Shoto era il miglior amico di Izuku, vero, ma Katsuki non avrebbe mai smesso di evidenziarlo come suo e soltanto suo non più amico ma ragazzo.

-Kacchan…-.

L'altro si avvicinò in silenzio. Izuku era sveglio, un po' stralunato e lo guardava però in silenziosa attesa. 

Ben presto si ritrovarono insieme nel tepore del letto e con il sottofondo di una tempesta fredda e uggiosa. Kacchan lo baciò con grande passione, la sua mano si insinuò oltre il pigiama, negli slip.

-Ti voglio, Deku- sussurrò roco. -Non resisterò un'altra notte senza averti… non resisterò un'altra notte senza farti capire quanto sia stato straziante senza di te-.

Izuku sorrise un po', baciandolo a sua volta. -Mi sono ricordato di quando tu mi sei stato vicino quand'è venuto a mancare mio padre-. Gli sfuggì un piccolo gemito per le dita magiche di Katsuki avvolte intorno alla sua virilità. -Io… però, sono stato egoista… e ho alzato un muro. Ho relegato via ogni cosa, perfino quella a cui tenevo di più in assoluto…-.

Katsuki lo guardò con occhi colmi di tristezza e di attesa.

-…te-.

Lo baciò con forza, il letto molleggiò un po' sotto di loro. Izuku era cambiato, vero ma Katsuki lo riconosceva ancora ed era l'unico capace di scorgere nell'oscurità quel bambino tutto lentiggini e l'impavido ragazzo che gli aveva rapito il cuore.

Katsuki avrebbe sempre ricordato il dolore di quella lettera trovata nella sua stanza e la scomparsa di Izuku. 

Avrebbe ricordato la rabbia, l'impotenza, il senso di tradimento per essere stato messo da parte e la paura di non vederlo più. Era stato lui a volerlo salvare e c'era riuscito sotto la pioggia, scusandosi. 

Era sicuro che Izuku non l'avrebbe mai più lasciato.

Era sicuro che dopo ogni tempesta il sole sarebbe tornato.

Era sicuro che qualunque voragine di disperazione e vuoto dentro di Izuku lui, in parte, sarebbe riuscito a colmarla perché era estremamente sicuro di una cosa.

Del suo amore per Izuku.

-Ho sognato mio padre- sussurrò Deku, contro le sue labbra.

-Ah, sì?-.

-Ho troppe cose importanti per cui vale la pena lottare- ammise. -E anche se ho paura, se ancora una parte di me non è convinta che sia giusto vivere sapendo che lui non c'è più, ho te e mi basta, Kacchan-.

Gli occhi del biondo si riempirono di lacrime ma non se ne vergognò. 

-Sei uno stupido!- si lasciò sfuggire, anche se era estremamente felice.

Lo baciò ancora con energia, amore, le mani corsero sulla sua pelle calda e la schiena sensibile. Izuku gemette di passione e disperato bisogno. Si sarebbero amati molto.

-Kacchan… qualunque cosa accada, non lasciarmi-.

-Non l'ho fatto prima, non lo farò mai, Deku- gli rispose. -Questo dovrei dirlo io a te!-.

Izuku sorrise un po'. -Potrebbe succedere ancora… del resto, io sono l'ultimo portatore dell'One for All e c'è lì fuori un nemico infido che non si fermerà fino a quando non mi avrà preso-.

-Allora mi assicurerò di pararti sempre il culo, Deku e di tenerti al mio guinzaglio- rispose sicuro Katsuki, con un ghigno.

Eppure, in quegli occhi scintillanti di dolore e paura, Izuku lesse la più semplice delle verità. 

La vita è importante, nasciamo forse con un destino che spesso ci mette alla prova; creiamo dei legami, alcuni si spezzano. Le persone a cui di più teniamo al mondo ci lasciano ma fino a quando noi vivremo non sparirà mai la loro memoria. Incontreremo sempre altre che sapranno colmare quel vuoto dentro di noi perchè Nessuno è destinato ad essere solo.

 

The End

 


 
  
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