Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Ricorda la storia  |      
Autore: luciadom    30/06/2022    3 recensioni
Siamo alla Clinica di Doc, dopo lo scontro con Kaibara.
Ryo si abbandona ai ricordi della sua infanzia e della sua adolescenza nella guerriglia, chiedendosi che senso abbia tutto quello che ha fatto e che ancora fa, se il dolore aggiunge solo altro dolore, fino a quando non trova da solo la risposta.
Dal testo: Lui semplicemente già sapeva… ma quando le sue dita, la sua arma, i suoi vestiti, si macchiavano del sangue delle sue vittime, c’era sempre qualcosa dentro se stesso che urlava.
Song-fic con "Dove l'aria è polvere" di Laura Pausini
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dove l’aria è polvere

 
Disclaimer: I personaggi nella Song-fic non mi appartengono e sono del rispettivo autore Tsukasa Hojo.
Lo stesso vale per la canzone, che è di Laura Pausini. Si intitola “Dove l’aria è polvere”, e appartiene all’album “Resta in ascolto”, del 2004.
Potete ascoltarla qui:
https://www.youtube.com/watch?v=tbtsVxsLe1E
Non ho nessun diritto, la proprietà è dei rispettivi autori, e la fanfiction è scritta solo a scopo di passione e di svago.
 
Cucù!
Eccomi tornata!
Non sono un miraggio, sono proprio Luciadom, tornata dopo tipo una era glaciale e un millennio.
Sono quasi due anni che non aggiorno, e ho pensato ogni singolo giorno a scrivere e a leggere i vostri tantissimi aggiornamenti, ma in tutto questo tempo mi sono successe tante cose, come detto più volte in separata sede.
Ci sono stati tanti cambiamenti nella mia vita, tra problemi personali, lavoro, studio, concorsi e anche qualcosa nel privato.
Soprattutto dal punto di vista professionale, ho lavorato e studiato tanto e senza sosta, dedicando il poco tempo libero a disposizione che mi restava, per la preparazione di un concorso cui tengo molto.
Non ho mai dimenticato le vostre fantastiche storie, né i gruppi Facebook che mi hanno regalato tanto divertimento e spensieratezza, ma purtroppo non mi riesce più di fare le cose come prima su EFP.
Proprio per quanto riguarda la mia long, “Sguardo a mandorla”, negli ultimi due anni ho avuto l’opportunità di lavorare, nelle scuole, proprio a contatto con la realtà che descrivo nella mia storia.
Mi riferisco a bambini e ragazzi con Sindrome di Down.
Lavorare con questi ragazzi speciali a volte è dura, ma anche meraviglioso.
Ad oggi lavoro con loro come Educatrice e come Pedagogista, scrivendo progetti, proponendo attività, dando supporto, favorendo progressi, affiancando insegnanti di sostegno che ammiro tanto, e da cui sto imparando molto, ma spero entro qualche anno, di entrare nel mondo della scuola proprio come docente di sostegno specializzata.
Ciò che danno questi ragazzi, è qualcosa che non si può spiegare solo a parole, e credo che sia un’esperienza che debbano fare tutti almeno una volta nella vita.
Sono capaci di dare tanto amore, e senza neanche rendersene conto ci fanno capire molto sulle nostre emozioni, sulle nostre vite, sulle nostre reazioni, e su tante cose di cui di solito ci lamentiamo, forse esagerando.
Stare a contatto con questo contesto, mi ha fatto capire molto anche come portare avanti la descrizione di Hotaru.
L’ispirazione per questa storiella mi è venuta un paio di settimane fa, quando durante un viaggio in macchina ho ripescato vecchi CD e ho ascoltato canzoni della mia adolescenza e dei primi anni dell’università.
Saltando dai Blue, ai Muse, ai Linkin Park, alla musica leggera italiana e ad altro, sono arrivata a questa canzone di Laura Pausini che non ascoltavo da un po’, a scapito di quelle più recenti, e ho subito pensato che si addicesse al passato di Ryo nella guerriglia.
Non so se negli anni passati, in questo Fandom, qualcun altro ha già avuto la mia stessa idea, e mi scuso nel caso.
La storia è da collocarsi dopo la battaglia sulla nave di Kaibara, quando i nostri eroi si trovano tutti alla Clinica per riprendersi dalle ferite riportate nello scontro.
È una piccola Missing Moments, su cosa avrebbe potuto pensare Ryo dopo la morte di Kaibara e prima del risveglio di Kaori.
Spero possa piacervi.
Buona lettura e un abbraccio a tutti voi!

                                                                              
Dove l’aria è polvere
 
Le mani nelle tasche dei pantaloni, la giacca posata sulle sue spalle, bende e cerotti a fasciare il suo corpo dopo l’ultima battaglia.
Ryo Saeba camminava lungo il patio della Clinica del suo vecchio amico.
Volse lo sguardo all’ingresso della struttura, oltre il quale, più all’interno nelle stanze, i suoi amici erano in convalescenza dopo il terribile scontro sulla nave di Kaibara.
Falcon, Mick, Kaori...
Aveva rischiato di morire, di perdere tutto, soprattutto lei.
Era stato a fare visita a Mick, da poco cosciente anche se ancora immobile a letto.
Avevano anche trovato il modo di scherzare, assieme, e poi erano finiti col cadere nell’estrema serietà riflettendo assieme su quelle che potevano essere state le intenzioni di Kaibara.
Forse quell’uomo, in fondo all’anima, aveva sempre ancora avuto una qualche speranza di redenzione, nonostante la follia che lo aveva divorato negli anni.
Aveva sperimentato la Polvere degli Angeli sul suo figlio adottivo più di due decenni prima, con tutte le conseguenze che ciò aveva avuto, ma l’aveva usata anche su Mick annullando sì la sua ragione, ma salvandolo anche da morte certa.
Proprio di fronte a quella furia, Ryo non aveva esitato a puntare la sua Magnum contro il suo migliore amico americano, nel momento in cui completamente soggiogato da quella polvere infernale, aveva quasi rischiato di uccidere Kaori.
Poi era arrivata la resa dei conti con Kaibara.
Aveva rischiato di saltare in aria con tutto ciò che restava di quell’uomo, materialmente e non.
Ryo scese i gradini e si avviò verso il laghetto. Una carpa koi guizzò fuori dall’acqua, roteò su stessa e vi si rituffò.
Gli venne in mente quando più di vent’anni addietro aveva imparato ad approfittare della natura ittica per sfamarsi, anche a mani nude.
Nelle sue orecchie ripiombarono di nuovo gli spari, l’erba calpestata dai passi veloci, le urla attorno a sé...
Chiuse gli occhi per qualche istante e respirò a fondo, vedendosi più giovane di qualche decennio, ma con le piccole spalle già pronte al fardello che avrebbe dovuto portare da allora in avanti.
Scene della sua permanenza nella giungla gli passarono davanti come in un film.
 
Cronaca del giorno in cui, l'aquila volò,
su confini dove l'aria è polvere

 
Per quanto si sforzasse, non avrebbe mai potuto cancellare quei ricordi.
La sua mente aveva molte lacune per quanto ricordava ciò che gli era accaduto prima dell’incidente aereo, ma gli anni nella giungla, la guerriglia, Kaibara e tutto il resto… erano tutte cose impresse dentro se stesso, come un marchio a fuoco.
 
Storia di un bambino che, quell'aquila incontrò,
e tese le sue braccia, a chi le braccia gli rubò

 
Era solo un bambino quando tutto aveva avuto inizio.
Aveva avuto ancora due braccia tanto piccole e troppo fragili, perché potessero impugnare un fucile, un pugnale o una qualsiasi altra arma.
Erano braccia che avevano perso ben presto la loro delicatezza, imparando cos’è la lotta.
Le sue gambe erano ancora fatte solo per giocare, per rincorrere un pallone, per nascondersi dai rimproveri dei genitori per una marachella.
Quelle gambe, però, avevano acquisito fin dalla più tenera età la capacità di schivare i pericoli, affidandosi a scaltrezza e velocità.
Era solo un bambino, e invece si era ritrovato a dover crescere troppo in fretta a pochissimi anni, in un ambiente ostile e con una compagnia poco consona a quell’età.
 
Ed un soldato raccontò, di come il cielo si oscurò,
e in terra pianse lacrime, urlando ruggine

 
Aveva imparato ben presto a dover contare sulle sue sole forze.
Sì, aveva trovato chi lo aveva accolto, ma l’uomo che aveva considerato un padre, non era stato come quei papà che accompagnano i propri figli alle partite allo stadio, a fare picnic al parco o in spiaggia.
Era stato un uomo che lo aveva accudito sì, che gli aveva dato il nome di Ryo Saeba, che lo aveva cresciuto, che gli aveva insegnato tutto quello che sapeva.
Era l’uomo che aveva considerato un padre, perché quella realtà era diventata la sua famiglia, ma per l’appunto, era anche l’uomo che lo aveva trasformato in un soldato, in una macchina di guerra, in un futuro Angelo della Morte.
Era l’uomo che aveva annullato la sua volontà, e quasi cancellato per sempre la sua umanità con la Polvere degli Angeli.
Ricordava benissimo tutte le giornate nascosto nella giungla, circondato dai compagni e dalla natura fittissima, esposto ad intemperie e bestie feroci.
Il sole che filtrava tra le fronde a volte gli aveva accecato la vista, altre volte lui aveva sopportato l’inverosimile per imparare ad addestrare tutti i suoi sensi ad ogni evenienza.
Gli altri bambini alzano lo sguardo al cielo per fantasticare sulla forme delle nuvole, per far volare gli aquiloni, per ammirare i fuochi d’artificio, per spiare la danza degli uccelli o per vedere le scie che lasciano gli aerei.
Lui aveva guardato sopra di sé per schivare gli attacchi nemici.
Gli altri bambini piangono per un rimprovero, per un ginocchio sbucciato, per un capriccio… lui aveva dimenticato da tempo il sapore delle lacrime.
Quasi non ricordava più quando aveva pianto per l’ultima volta, se voleva escludere il giorno in cui Kaibara era rientrato nella sua vita, facendosi accogliere da Kaori nel suo appartamento.
 
Ma che cos'è la libertà?
E che significato ha?
Non si può credere, a una bandiera se
è il sangue a vincere, vincere

 
Era cresciuto come un soldato, ma con quale vero ideale?                                       
Aveva ucciso, massacrato, ferito, non conoscendo, prima della sua disintossicazione e rinascita, nessun’ altra forma di amore o di obiettivo, se non la sua sola sopravvivenza.                                                                                                                   
Aveva imparato così tanto e aveva potenziato così tanto ogni sua abilità, che in uno scontro non aveva nemmeno più paura di quello che sarebbe potuto esserne l’esito.       
Lui semplicemente già sapeva… ma quando le sue dita, la sua arma, i suoi vestiti, si macchiavano del sangue delle sue vittime, c’era sempre qualcosa dentro se stesso che urlava.                                                                                                                                          
Non era veramente quello il senso del suo essere.
Nessun posto era mai stato veramente suo, almeno fino a quando non era rimasto stabilmente a Tokyo, lì, dove aveva trovato davvero una famiglia.
Una famiglia un po’ stramba ed anticonvenzionale, ma pur sempre persone sui cui poteva contare in ogni istante.
Tokyo era il luogo dove aveva incontrato lei.
 
L'aquila non dorme mai, sacrifica i suoi eroi,
mette in mostra le sue stelle e suoi trofei
Ah
Il bambino è orfano di casa e di poesia,
per l'indifferenza che la guerra ha dentro sé

 
Non riusciva più nemmeno a quantificare quanto orrore avesse visto.
Notte dopo notte, i corpi martoriati delle vittime della guerra, delle sue missioni, dei suoi incarichi, avevano tormentato il suo sonno per anni.
Era stato solo grazie al Doc, alla sua vita negli Stati Uniti poi, e soprattutto a chi aveva incontrato in Giappone, che aveva iniziato ad assaporare la vita che avrebbe in realtà dovuto vivere fin dall’inizio.
La svolta definitiva l’aveva avuta grazie ad Hideyuki Makimura, ma l’uragano che gli aveva completamente stravolto l’esistenza in meglio era stata la sorellina di lui, Kaori.
Lei, battagliera, decisa, dannatamente cocciuta e allo stesso tempo fragile, insicura, dolce e cristallina, ora era in un letto della clinica incosciente, dopo un brutto trauma cranico subito durante la fuga da quella nave.
Non poteva fare a meno di dirsi che la responsabilità poteva essere soltanto sua.
Se le cose fossero andate ancora peggio, Mick e Kaori sarebbero stati gli ennesimi sacrifici di un mondo marcio da cui lui, non era mai riuscito veramente a scappare.
Lui era orfano di madre e padre, ora lo era anche del padre che lo aveva cresciuto, non aveva un’identità vera e propria, e come un cane che si morde la coda, si ritrovava ancora una volta a fare i conti col suo passato.
Era tutto un circolo vizioso senza via d’uscita.
Non se lo sarebbe mai buttato alle spalle una volta e per tutte.
Era come se qualcuno muovesse i fili della sua permanenza su quella terra, e non fosse mai totalmente soddisfatto di tutti gli ostacoli che gli imponeva di superare.
 
Ed un soldato raccontò di come il tempo si fermò
La terra pianse lacrime d'aceto e grandine
Ma che cos'è la verità?
E che significato ha?
Non si può credere a una bandiera se
È il sangue a vincere

 
Accidenti! Quanti nemici, e anche quanti amici, avevano perso la vita a causa sua, indirettamente o meno.
Kenny Field, Robert Harrison, Hideyuki Makimura, e chissà quanti altri.
Non si sarebbe mai perdonato la cecità di Umibozu, di cui era responsabile.
Non si sarebbe mai perdonato la morte di Hideyuki, e come lui tanti altri.
Aveva visto la luce negli occhi di ognuno di loro spegnersi, aveva sentito i loro ultimi respiri, aveva assistito alle loro espressioni straziate nel momento della morte, e sempre, il loro sangue, non aveva impregnato solo i suoi abiti, ma era penetrato sempre più in fondo, sempre di più, sporcando la sua anima.
Così, si chiedeva ancora: qual era il senso di tutto quello che aveva affrontato, se nonostante tutto l’impegno nel cancellarlo non faceva che tornare al punto di partenza?
Per quale motivo continuava a sopportare tutto? Non sarebbe stato meglio finire anche lui in fondo all’oceano, con le macerie della nave di Kaibara?
 
Aah, aah
Ma che cos'è la libertà?
E che significato ha?
È il sole che non sorge mai?
È il buio addosso a noi?
Ed un soldato raccontò di come il cielo si oscurò,
di come a vincere c'è una bandiera che
ha il sangue dentro sé?
Dentro sè
Dimmi che cos'è la libertà, cos'è?

 
Molto spesso, nella giungla, il sole era oscurato dai bombardamenti, dalla polvere, dalla terra, dalle piante altissime che si ergevano e poi precipitavano al suolo.
I rumori della natura erano sovrastati dalle urla mortali dei soldati, dei mercenari, dei guerriglieri e dei civili, dalle grida delle donne e dai pianti dei bambini.
A volte era stato come vivere in un buio perenne, in un mondo sempre freddo e senza luce.
Ora però Kaibara non c’era più, e allora… poteva dirsi davvero libero?
Poteva davvero andare avanti?
Per la sua vita, il suo lavoro, la sua missione, e soprattutto, per la sua promessa?
Poteva?
Tornò indietro, risalendo il patio.
Si ritrovò di fronte un Falcon malconcio come lui, ma ancora in piedi, che gli corse incontro entusiasta.
 
- Ryo! Kaori si è svegliata!-
 
Un improvviso calore gli si irradiò nel petto.
 
- Davvero?-
 
In tutta risposta vide il suo amico sorridergli in una maniera maliziosamente inquietante.
Ma che gli prendeva?
 
- Che c’è?-
 
Lui voleva solo andare da Kaori, ora che sapeva che aveva ripreso conoscenza.
Perché quell’omone del suo amico gli sbarrava ancora la strada guardandolo a quella maniera… sorniona?
 
- Povero te! Ora dovrai smetterla con la vita da playboy!-
 
- Eh?-
 
Umibozu continuava a sghignazzare e lui capì.
Si riferiva al bacio che finalmente era riuscito a dare a Kaori, anche se attraverso un vetro che avrebbe volentieri distrutto anche a mani nude, se avesse potuto.
Umibozu continuò, quasi godendo all’imbarazzo dell’amico.
 
- Vi siete baciati, anche se c’era il vetro! E ormai non potete più nascondere il sentimento che vi unisce! Non hai più scampo! Benvenuto tra noi! Le altre donne saranno felici!-
 
Ryo roteò gli occhi al cielo ridacchiando, ammettendo la verità nelle parole dell’altro.
Cos’avrebbe dovuto fare adesso?
La risposta non si fece attendere nella sua testa, arrivata lì dritta dritta dal cuore.
Alzò una mano come a scacciare chissà quale pensiero.
 
- Pazienza!-
 
Si portò ben dritto e superò la stazza di Falcon, deciso più che mai ad affrontare il suo presente, ora che aveva eliminato tutti i suoi fantasmi del suo passato.
Arrivò alla stanza di Kaori ed aprì la porta.
La trovò seduta sul bordo del letto, un’espressione confusa e circondata da Miki, Mary, Il Professore e Kazue.
Incontrò i suoi occhi, ed ebbe la sua risposta.
Sì, finalmente era libero, e il senso di tutto quella aveva passato, era il dover continuare a proteggere lei.
 
…Dimmi che cos'è la libertà, cos'è?
 
 
NdA
 
Tadàààà!!!
Finalmente ce l’ho fatta! Spero di non far trascorrere un altro anno e mezzo, se non oltre, ma finalmente ho pubblicato!
Ok, non so cosa sia uscito fuori, ma bisogna approfittare dell’ispirazione improvvisa no?
Spero questa shottina via sia piaciuta. Vi sono chiari riferimenti al Manga e all’Anime, e l’ultimo pezzetto, per quanto riguarda i dialoghi, è preso proprio dalle vignette in cui Ryo va da Kaori alla Clinica, prima di scoprire della sua amnesia, (Volumetto 38, Capitolo 186, nella versione Star Comics).
La Song –fic è inizialmente molto seria ed introspettiva, anche un po’ malinconica, e poi vi ho aggiunto un pizzico di ironia.
Non so quando tornerò di nuovo, spero non tardissimo, ma ormai la vita ha preso da un po’ di tempo una piega diversa con tante altre priorità.
Non sono più la studentessa universitaria ventenne di quattordici anni fa… (sì, sono ben quattordici anni che sono su EFP, vecchia io ç_ç), ma EFP e alcuni Fandom in particolare, avranno sempre un posto speciale per me.
Grazie a chi è arrivato fino a qui e a chi magari vorrà dirmi cosa ne pensa.
Vi abbraccio e non vi dimentico mai.
A presto!
Lucia
 
Ogni aggiornamento sulla mia Pagina Facebook
: Luciadom su EFP .
 
 
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: luciadom