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Autore: Aru_chan98    01/07/2022    0 recensioni
"La prima volta che Arthur lo vide non poté credere ai suoi occhi.(...) niente sembrava paragonarsi all’immagine del nuovo arrivato di fronte a sé. Aveva capelli dorati e occhi del cielo stesso, ravvivati dall’aria allegra che quell’angelo portava sempre con sé.(...) I due stavano sempre insieme, beati nella luce di Dio, a scambiarsi occhiate d’intesa durante i cori, a punzecchiarsi nel ricevere nuove anime, sorridendosi dolcemente osservando le creature di Dio vivere sulla Terra.
Quale orrendo peccato per un angelo, distogliere gli occhi dal Signore."
La storia di un angelo innamorato di un umano, a cui donò il cuore, contravvenendo alle leggi divine
(Basata su Running up the Hills)
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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It doesn’t hurt me (Non mi ferisce)
Do you want to feel what I feel? (Vuoi sentire quello che sento?)
Do you want to know that it doesn’t hurt me? (Vuoi sapere che non mi ferisce?)
Do you want to hear about the deal that I’m making? (Vuoi sentire del patto che sto facendo?)
You, it’s you and me (Tu, siamo tu e io)
 
 

La prima volta che Arthur lo vide non poté credere ai suoi occhi. Era stato uno dei primi ad essere creati in quel vasto cielo, uno dei più devoti, più ligi alle leggi di Dio, consacrandogli il suo cuore come altri prima di lui. Aveva visto le meraviglie della creazione e della rinascita dei Cieli dopo la caduta del loro fratello maggiore ma niente sembrava paragonarsi all’immagine del nuovo arrivato di fronte a sé. Aveva capelli dorati e occhi del cielo stesso, ravvivati dall’aria allegra che quell’angelo portava sempre con sé. Arthur aveva vissuto per millenni ma gli sembrò nulla rispetto al tempo che gli era stato concesso di passare con l’altro, assegnato alle sue cure per essere istruito alla loro gerarchia. Che folle, incredibile, misterioso regalo del suo Creatore.

I due stavano sempre insieme, beati nella luce di Dio, a scambiarsi occhiate d’intesa durante i cori, a punzecchiarsi nel ricevere nuove anime, sorridendosi dolcemente osservando le creature di Dio vivere sulla Terra.
Quale orrendo peccato per un angelo, distogliere gli occhi dal Signore.
Presto, i due vennero rimproverati sempre più spesso e, infine, separati.

Arthur non ricordava di essere mai stato così male come il giorno in cui gli dissero che il loro Signore aveva deciso di rimandare l’anima del suo angelo sulla Terra, esattamente da dov’era arrivato. Pianse dentro di sé per molto tempo. Cercava di riempirsi la testa di scartoffie, progetti, canti e ogni altra mansione angelica possibile.
Tuttavia, niente sembrava poter riempire quel vuoto nel suo petto.

Ogni tanto guardava giù, alla Terra, rivolgendo al suo angelo dolci pensieri, chiedendosi se fosse felice, sentendo il cuore stringersi al pensiero di lui che sorrideva ad altri. Non c’era giorno in cui Arthur non pregasse il suo Creatore di poterlo rivedere, anche solo per un attimo.
Poi, un giorno, ad Arthur fu assegnato un compito nuovo: Dio stesso aveva ritenuto giusto di assegnare all’angelo la mansione di vegliare su un umano. Arthur ne era felice, anche se continuava a nascondere i suoi veri sentimenti, cercando di passare per scocciato di quella situazione, che un angelo del suo rango non avrebbe dovuto allontanarsi dalla luce di Dio.


Scese sulla Terra un giorno di Luglio.

Non gli avevano dato eccessive direttive, gli angeli custodi sanno istintivamente chi sia il loro protetto. Si ritrovò presto in un parchetto in cui diversi bambini delle elementari stavano giocando. Sembrava la festa di compleanno di uno di loro a giudicare dalle varie decorazioni. L’angelo stava per andarsene, diretto alla casa del suo umano, quando lo vide.
Non poteva credere ai suoi occhi: davanti a lui, a spegnere le candeline di una torta blu, insieme ad un altro bambino, c’era l’esatta copia del suo angelo.

Sbalordito, sentì scendergli lacrime d’argento lungo il volto. Si allarmò alla loro vista; gli angeli piangevano oro, perché mai le sue lacrime erano d’argento?
Osservò quel bambino giocare e ridere, lacerato tra gioia e dolore. “Che scherzo di cattivo gusto, Padre. È questa la mia punizione per aver mancato ai miei doveri? O… volete assicurarvi della mia purezza, accertandovi che questo dolore sia solo colpa e rimpianto per aver infranto le regole e nulla più?” pensò Arthur, nascondendo l’argento nella sua tunica. Improvvisamente, il bambino corse verso di lui, come se l’avesse visto, facendolo preoccupare. “Può vedermi? È perché era un angelo anche lui?” arretrò di un passo. Il bambino si fermò proprio ai suoi piedi e si accovacciò a terra.

“Alfred, non raccogliere cose da terra!” gli urlò sua madre.

“È una goccia d’acqua dura, mamma!” rispose il bambino, una volta raggiunto dalla donna.

“Ma… sembra d’argento! Che sia di qualcuno?”

“Ora è mia!” disse il bambino, imbronciandosi. Ad Arthur tornarono in mente alcuni ricordi della loro passata relazione, un sorriso triste a delinearsi sul suo volto.
 
 
 


If only I could (Se solo potessi)
I’d make a deal with God (Farei un patto con Dio)
And I’d get him to swap our places (E gli farei scambiare i nostri posti)
Be running up that road (Fosse correndo su quella strada)
Be running up that hill (Fosse correndo su quella collina)
Be running up that building (Fosse correndo su quell’edificio)
If only I could (Se solo potessi)
 
 

Lentamente gli anni passarono. Arthur si era abituato a quella vita, seguendo Alfred e tenendolo al sicuro da disgrazie e smarrimenti. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere quel sorriso che teneva così a cuore. Ce la metteva tutta ma nonostante questo, la vita di quel ragazzo era tutto tranne che serena: dal divorzio dei suoi alla difficoltà a farsi degli amici, ai litigi col fratello. Arthur lo vedeva sedersi ai piedi del suo letto, le ginocchia al petto e le cuffie sulle orecchie, piangere. L’angelo si sedeva accanto a lui e sussurrava delle parole di conforto, addolorato di non poter far di più. Molte volte aveva pregato Dio di lasciare che lo aiutasse, che almeno le sue parole potessero raggiungerlo, ma il Signore continuava il suo silenzioso giudizio. Benché sapesse essere una punizione, Arthur continuava a pregare, sperando di poter scambiare il dolore di Alfred per quell’affetto devoto che non lo aveva mai lasciato in tutti quei secoli.
 
 
 
 


You don’t want to hurt me (Non vuoi ferirmi)
But see how deep the bullet lies (Ma vedere quanto a fondo sta il proiettile)
Unaware I’m tearing you asunder (Senza accorgerti che ti sto facendo a pezzi)
Ooh, there is thunder in our hearts (Ooh, c’è un tuono nei nostri cuori)
 
 

In tutto quel tempo, nella mente di Arthur nacque un pensiero: che Dio stesse valutando quanto fosse grande il suo attaccamento al ragazzo? Ci pensò su molte volte, avvalorando questa teoria il giorno in cui scoprì di poter entrare nei sogni di Alfred. Successe per puro caso, la notte dei suoi 15 anni. Era stato strano, soprattutto perché al suo risveglio, Alfred non ricordava nulla del volto di quell’angelo, se non i suoi occhi verdi come smeraldi. Il mattino dopo quell’incontro, qualcosa nella sua testa gli fece cercare quel famoso pezzo d’argento che aveva trovato da bambino, salvo scoprire essere finito sotto il suo letto.

“Perché ho la sensazione che sia importante?” si chiese, ignaro dell’entità eterea che non smetteva di ringraziare Dio, sottovoce, per quel miracolo.
 

Preso dalla curiosità, Alfred provò altre volte a dormire con quella goccia d’argento, senza troppi risultati. Stava per rinunciare, quando finalmente rivide il ragazzo dagli occhi verdi nel suo sogno.

“Aspetta, non scappare di nuovo come l’ultima volta!” lo implorò Alfred, quando vide l’altro arretrare.

“Vedo che hai conservato la mia lacrima dopo tutto questo tempo” fu la sola cosa che Arthur riuscì a pensare di dire. Non si aspettava che Alfred gli avrebbe chiesto di restare. Immaginava che quell’anima avesse avuto una qualche punizione in modo che lo trovasse repellente, ma non sembrava il caso. Anzi, il ragazzo era pieno di domande su di lui, su quell’oggetto. In fondo al cuore, provava una gioia travolgente ma inspiegabile, che pensò essere data dal sogno in sé.

“Il tuo nome? Non mi hai detto chi sei” chiese Alfred, sentendo arrivare il momento di svegliarsi. L’angelo aprì e chiuse la bocca più volte, indeciso se rivelarsi a lui o meno.

“Arthur” si decise, guardando Alfred ripetere lentamente, con aria pensierosa.

“Ci siamo già visti da qualche parte?” chiese il ragazzo, curioso. Quel nome, quel volto, quella voce, tutto di lui gli sembrava un doloroso dejà vu. Arthur scosse la testa, negando. “È meglio se non ti ricordi di me” pensò.
 
 


Quei curiosi incontri si ripeterono per molto tempo, anche se non tanto spesso quanto avrebbero voluto. C’entrava quella perla d’argento? Il desiderio di rivedersi? La volontà di Dio stesso forse, non lo sapevano. A loro bastava quel tempo.
Col tempo si erano avvicinati molto. Arthur non osava sperare di superare quella prova, di poter ritornare nel regno dei Cieli con lui ma i sentimenti di Alfred erano diversi in un certo senso. Aspettava impaziente quelle notti in cui poteva incontrare Arthur, cercava di tracciare il suo volto sulla carta, non riuscendoci mai veramente. Era convinto fosse sempre con lui, così ogni tanto parlava all’aria, sicuro che Arthur gli avrebbe risposto in uno dei suoi sogni. Tuttavia, non parlava mai di quegli incontri con nessuno: temeva che se l’avesse fatto, non lo avrebbe rivisto mai più.
Fu una realizzazione lenta ma inesorabile quelli di Alfred nei suoi sentimenti per Arthur.
Non ricordava quando erano cominciati, quando aveva cominciato a vederlo più di un semplice prodotto della sua fantasia. Sentiva il cuore stringersi nel vedere l’angelo sorridere, lo divertiva punzecchiarlo. Si sentiva meno solo nei giorni in cui il peso del suo piccolo mondo gravava sulle sue giovani spalle. All’angelo non dispiaceva quel cambio d’interazioni. Aveva provato ad essere severo con lui agli inizi, memore della loro brusca fine, ma con la sua vivacità, il suo affetto, Alfred era riuscito a conquistare il suo cuore di nuovo. Era un pensiero che lo rattristava certe volte, si  diceva che avrebbe dovuto proteggerlo anche da sé, temendo che sarebbe stato punito di nuovo.
 
 
 
 


Is there so much hate for the ones we love? (C’è così tanto odio per coloro che amiamo?)
Tell me, we both matter, don’t we? (Dimmi, entrambi contiamo, no?)
You, you and me (Tu, tu ed io)
It’s you and me won’t be unhappy (Siamo tu ed io, non saremo infelici)
 
 

“Sono contento di averti incontrato” disse Alfred, in uno dei suoi sogni. Presto avrebbe compiuto 20 anni, facendo il suo ingresso ufficiale nel mondo degli adulti ma sperava che le con Arthur non sarebbero cambiate. Quella notte, i due si trovavano in un campo di fiori bellissimo, che fece venire all’angelo nostalgia per quella vita passata. A quelle parole arrossì, sentendo il cuore accelerare il passo; non gli rispose, limitandosi ad osservare quel sorriso familiare. “Perché, Signore, è così sbagliato? Perché hai punito così duramente un’anima così pura?” si chiese Arthur. Avrebbe voluto raccontargli di tutti i loro momenti nei Cieli, di chi era davvero per lui, di quanto era felice di averlo ritrovato e di potergli parlare. Ma non osò farlo.

“Qualcosa non va?” chi chiese il ragazzo, scorgendo l’amarezza dietro ai suoi occhi verdi.

“Ah, non è niente d’importante” cercò di sminuire ma senza successo. Alfred posò una mano sulla sua guancia, facendolo arrossire nuovamente.

“Tutto quello che dici o pensi è importante per me”. Arthur abbassò gli occhi; sapeva che se non avesse sostenuto il suo sguardo sarebbe crollato.

“Se qualcosa ti preoccupa, dimmelo. Che sia qualcosa che ho fatto un commento sui miei amici o come mangio o anche cose da angeli. Non tenermi fuori dal tuo cuore, ti prego Arthur”. Lentamente, lo sguardo dell’angelo tornò a posarsi negli occhi celesti di Alfred, un sentimento indescrivibile dietro di essi. Raramente lo aveva chiamato per nome, preferiva sempre usare nomignoli e abbreviazioni. Era un uomo qualsiasi, eppure restava la cosa più bella che avesse mai visto.
Avrebbe voluto fare un passo indietro, spingerlo via, ma non ci riusciva. Non voleva. Mentre questa tempesta infuriava nel suo animo, il pollice di Alfred passò dolcemente sulle sue labbra, i suoi occhi a seguirlo, per poi tornare nei loro compagni verdi.
Un respiro.
Un respiro fu quello che passò, l’unico rumore emesso in quel momento. Poi, senza pensarci oltre, Alfred lo baciò.

Fu abbastanza per calmare la tempesta nel cuore di uno e far nascere fuochi d’artificio nell’altro. Inconsciamente, Alfred aveva fatto scivolare l’altro braccio intorno ad Arthur. Un breve contatto contro le sue ali, sufficiente a generare scariche d’elettricità lungo il suo corpo. Un bacio solo non bastava per Alfred, ne voleva altri ma, quando il primo finì, Arthur lo respinse girando la testa. Una maschera d’amarezza s’era posata sul suo volto al posto della tenerezza che il ragazzo si aspettava. A quella vista, il cuore di Alfred si sbeccò: ferirlo non era nemmeno tra le cose che avrebbe mai voluto fare.

“Noi… non dobbiamo”

“Perché no?”

“È la legge di Dio. Noi –“ s’interruppe prima di rivelare la loro passata punizione. “Nessun uomo può essere felice se dona il suo cuore ad un angelo e non al Signore, nostro creatore” disse invece. Sentiva il cuore spezzarsi di nuovo, ancora più dolorosamente.

“Non voglio!”. Arthur fu sorpreso da quell’affermazione.

“Come posso amare qualcuno che non sia tu? Dov’era Dio quando i miei hanno divorziato? Dov’era Dio quando Matt stava per morire sotto i ferri? Dov’era Dio quando a scuola ricevevo lividi e umiliazioni e nemmeno la mia casa era un posto sicuro? Dov’era Dio quando ogni candidatura per il college veniva respinta? Dov’era Dio quando avevo bisogno di lui? Quando piangevo e lo imploravo?”. Aveva serrato i pugni mentre lo diceva, facendo tornare alla mente dell’angelo tutti quei momenti.
“Arthur, tu… Tu ci sei sempre stato. Nei miei sogni, accanto a me durante il giorno. Vedi, ogni volta che ho questa, non mi sento abbandonato. Quando ce l’ho sono certo di sentire il tuo incoraggiamento”. Tirò fuori dalla propria maglia una catenina a cui era legata la lacrima d’argento di Arthur.
Ci mancò poco che altre uscissero da quegli occhi verdi.

“L’unica cosa per cui sono grato a Dio sei tu. L’averti mandato da me. E questo… questo mi da sentire certo che saremo felici. Resta al mio fianco” finì di dire Alfred, per poi essere stretto dall’abbraccio più intenso possibile.
 
 
 
 


If only I could (Se solo potessi)
I’d make a deal with God (Farei un patto con Dio)
And I’d make him to swap our places (E gli farei scambiare i nostri posti)
Be running up that road (Fosse correre su quella strada)
Be running up that hill (Fosse correre su quella collina)
Be running up that building (Fosse correre su quell’edificio)
If only I could (Se solo potessi)
 
 

Quelle parole dovevano essere arrivate nell’alto dei Cieli poiché non passò nemmeno un mese che Arthur venne convocato alla corte degli angeli, per essere punito. Sangue celeste scese dalle ferite inferte dai suoi fratelli, per aver lasciato che il suo protetto lo amasse più che il Creatore stesso. Nonostante il dolore, Arthur sopportò stoicamente, non lasciando che nessuno potesse vedere l’abominio dietro il colore delle sue lacrime. Se lo avessero scoperto, temeva sarebbe stato punito ancora più duramente.
 

Per giorni vegliò su di Alfred senza intromettersi nei suoi sogni; non voleva farsi vedere ridotto in quel modo. Non credeva Alfred capace di comprendere il motivo di quella punizione e accettarlo serenamente.
Per Arthur era diverso. Avrebbe accettato qualsiasi conseguenza pur di restare con lui.

Alla fine, si decise ad incontrarlo di nuovo, che lo accolse a braccia aperte, ripetendogli più volte quanto gli fosse mancato e chiedendogli dove era stato tutto quel tempo. Arthur non aveva fatto in tempo ad indicare il “cielo” che lo sguardo di Alfred si fece serio.

“Che ti è successo?”

“Di- di cosa stai parlando, Al? Le solite cose da angeli; abbiamo parlato, cantato e festeggiato” provò a dissuaderlo.

“Allora perché le tue ali sono piene di buchi e sei sofferente se ti abbraccio?”. Arthur rimase in silenzio, non intenzionato a rispondere. Si aspettava che Alfred si sarebbe arrabbiato, lamentandosi forte contro il cielo una volta sveglio. Invece lo abbracciò, facendo attenzione a non fargli male. Gli accarezzò la testa, le ali, la schiena in modo dolce e protettivo, cercando di trasmettere tutto l’amore che aveva conservato nei suoi 19 anni.

“M’impegnerò! Ce la metterò tutta, così potrò ascendere insieme a te. Non permetterò a nessuno di farti del male” dichiarò il ragazzo, inconsapevole di essere stato vicino come non mai al suo sé stesso passato.

“Non scherzare, dai. Sono i miei superiori e io me lo sono meritato”

“Fosse anche Dio stesso, non esiterei per te”. Quelle parole colpirono forte Arthur: le stesse che aveva pronunciato secoli prima. Che crudele ironia: il suo compito era di riabilitare sé stesso ed Alfred, invece aveva peggiorato la situazione. Sentiva di essere sull’orlo del più grande dei peccati per un angelo.

“Dovessero cacciarmi, finissi qui di nuovo non importa. Io ti amo, Arthur”
 
 
 
 


C’mon baby, c’mon darling (Avanti piccolo, avanti tesoro)
Let me steal this moment from you now (Lascia che ti rubi questo momento adesso
C’mon, angel, c’mon, darling (Avanti, angelo, avanti, tesoro)
Let’s exchange the experience, oh (Scambiamoci l’esperienza, oh)
 
 

“Non dire così…” disse l’angelo, memore del suo castigo. Temeva se la sarebbero presa con Alfred.

“Te l’ho già detto: non temo nessuna ira divina” posò un bacio sulla testa bionda di Arthur, sicuro potesse percepire quanto correva il suo cuore. Era troppo, tutte quelle parole, quei sentimenti, Arthur non riusciva più a tenerli fuori dal proprio cuore. Era molto di più di quanto non avesse mai provato in passato. Il risultato finale di quell’affetto prematuramente smorzato.
Comprendendo finalmente la natura di quel sentimento così profondo, l’angelo decise di cedere.
Sapeva bene che sarebbe stato punito di nuovo ma in quell’attimo non gli importava. Posò un bacio sulla guancia di Alfred, che rispose baciandolo. Lentamente, i due si lasciarono cadere a terra, senza smettere di toccarsi un attimo.

“Certo che per darvi vestiti così e poi vietarvi qualsiasi atto carnale, il vostro Dio deve proprio avere il senso dell’ironia” rise Alfred, divertito da quel controsenso.

“Non mi sarei fatto toccare da nessuno in ogni caso”

“Sono solo io, quindi?” Alfred sorrise, sentendo il cuore esplodere dalla felicità quando Arthur annuì timidamente.
Presto, la gioia lasciò il posto ad altro: Alfred si scopriva incantato dal corpo dell’angelo, la cui pelle si tingeva di una tonalità più scura a causa del suo imbarazzo.

“Smettila di fissarmi” gli chiese Arthur, coperto solo dalle proprie ali, che si sentiva sempre più in imbarazzo.

“Voglio imprimerti nella mia mente, così potrò finalmente ricordarmi completamente di te al mio risveglio” rispose, scostando le sue ali. Era più forte di lui, voleva sporcare quella pelle immacolata con la sua presenza, marchiarlo come a minacciare gli altri angeli di non toccarlo perché era suo. Non importava quanto a lungo lo guardasse, non era abbastanza. “Il paradiso dev’essere così” pensò Alfred, alzando la testa per baciare Arthur, che stava steso su di lui. La sua pelle era meravigliosa, così come il sapore della sua bocca. Tutto quello era intossicante per i due. Per un istante, Arthur si chiese se, tanti secoli fa, non sarebbe stato giusto arrivare a quel punto.

“Vedi qualcosa che t’interessa?” lo prese in girò il ragazzo, sorridendogli. Arthur si avvicinò a lui, sussurrandogli all’orecchio
“Smettila di sorridere in quel modo o m’innamorerò di te ancora di più“. Non si aspettava di vedere Alfred arrossire e lo trovò adorabile oltre ogni modo.

“Sembra che anche tu veda qualcosa che t’interessa però” gli fece verso l’angelo, riferendosi al membro di Alfred, che poteva sentire premere contro di sé. Di colpo i ruoli s’invertirono e fu di nuovo cielo sopra erba. Ancora una volta Arthur non poté che sentirsi rapito da quel ragazzo e, senza accorgersene, gli rivolse un’espressione dolcissima. Alfred non riuscì più a trattenersi, cominciando a macchiare quella pelle angelica con baci e morsi, incoraggiato dai dolci suoni che scappavano dalle labbra di Arthur.

Non immaginava potesse esistere una sensazione simile.
 

“Qualsiasi cosa questa vita terrena possa dare, te la regalerò. In cambio, lascia che abbia un pezzo di paradiso” gli sussurrò Alfred, l’adorazione più ardente nei suoi occhi celesti.

“L’hai già”. Arthur lo baciò di nuovo, mordendogli teneramente il labbro inferiore. Una fitta di dolore lo scosse ma sembrava quasi totalmente diverso da quello che aveva provato in precedenza. Questo non voleva che finisse. Sentì il respiro accelerare, il dolore che piano si trasformava in altro, una spinta dopo spinta. Sentiva le mani di Alfred sostenere il suo bacino e il suo stesso rapido respiro con il collo. Una sensazione sconosciuta aveva cominciato a radunarsi tra le sue gambe, mentre la sua voce aveva cominciato a distorcersi in lamenti sempre più dolci, provocando di più Alfred. Arthur cominciò a sentire versi simili provenire dal ragazzo, più bassi dei suoi, prima di essere travolto da nuovi movimenti più violenti, finché non fu eccessivo per lui, quella sensazione nuova insopportabile. Lasciò uscire un vocalizzo così dolce che non credeva nemmeno lui di essere capace di produrre, la sensazione che scemava…
Ma Alfred non si fermava, spingendo dentro di lui con più forza, finché alla fine anche lui cedette, lasciandosi andare.

Erano entrambi a corto di fiato, abbracciati avvolti dalle ali di Arthur. Nessuno dei due si era accorto di quella lacrima d’oro che era rotolata da quegli occhi verdi.
 
 
 
 
 


Say, if only I could (Dimmi, se solo potessi)
I’d make a deal with God (Fare un patto con Dio)
And I’d get him to swap our places (E gli farei scambiare i nostri posti)
I’d be running up that road (Fosse correre su quella strada)
I’d be running up that hill (Fosse correre su quella collina)
With no problems (Senza problemi)
 
 

Arthur sapeva benissimo cosa aveva fatto e non si sorprese quando si accorse di star svanendo.
Unirsi carnalmente a un uomo non era un peccato grave quanto distogliere il proprio cuore dal Signore. Erano stati creati per servirlo, amarlo, aiutarlo e tessere le sue lodi. Eppure, Arthur non aveva potuto che innamorarsi completamente di quel ragazzo. “Forse è vero che siete stati creati a Sua immagine e somiglianza…” pensò, sorridendo mestamente. Avrebbe spiegato perché il suo cuore si era legato a qualcuno che non fosse il suo Creatore. Sentì lacrime scendere dai suoi occhi, lacrime d’oro come quelle di ogni altro angelo.

Fu in quel momento che capì.

Posò una carezza sulla testa dormiente di Alfred, mormorando “Grazie per il tuo amore, ---“. Dopo tanto tempo, aveva finalmente trovato il coraggio di pronunciare quel nome ancora una volta. “Se solo Dio prendesse il mio posto, anche solo per un giorno, capirebbe che benedizione sia stata essere amati da un umano come lui” fu la silenziosa preghiera dell’angelo, per poi sparire completamente.
 
 
 


Alfred si svegliò di buon umore quel giorno, sempre incapace di ricordare il volto di Arthur ma memore di tutto il resto che era accaduto in quel sogno. Si sentiva felice, un po' in colpa forse, ma non riusciva a smettere di sorridere. Mi se un piede a terra, pronto a cominciare la sua routine ma si fermò: aveva pestato qualcosa. A terra, proprio come tanti anni prima, trovò una goccia dura. Era d’oro e non d’argento.

Subito, un bruttissimo presentimento colpì il ragazzo, che provò per moltissimi giorni a cercarlo nei suoi sogni, senza successo. Arthur gli aveva spiegato, una volta, che gli angeli piangevano lacrime d’oro poiché i loro cuori erano colmi d’amore per il Signore; le sue erano d’argento a causa del suo cuore spezzato tra due affetti diversi.

“Arthur…” mormorò Alfred, comprendendo che quasi certamente Arthur non sarebbe più tornato. Sentiva che quella lacrima era diventata d’oro in virtù dei sentimenti dell’angelo verso di lui.


Non immaginava che fosse perché nel cuore di Arthur non c’era mai stato spazio per nulla che non fosse l’amore per lui, fin dal loro primo incontro.








Piccolo Angolo dell'autore:
E dopo due anni d'assenza, due storie una dietro l'altra. Wow

Anyway, spero vi sia piaciuta come storia (anche se le tematiche sono un filino controverse...)

Ci tenevo particolarmente a pubblicarla oggi in vista della seconda parte della quarta stagione di Stranger Things (che non vedo l'ora di guardare). L'ho scritta completamente a mano in due giorni (credo la mia mano voglia il divorzio ormai) così, insieme al fatto che avevo questo concept in mente da un paio d'anni ma non ho mai trovato occasione di scriverla, è una delle storie a cui sono più legata.

Potrei anche dargli un sequel spirituale!

Ma nel mentre... Alla prossima!! (^o^)/
 
   
 
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