Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: hikarigaoka    04/07/2022    0 recensioni
[Reiner Braun x fem!OC] [Season 1-4; manga spoilers]
Il mondo non aveva dato nulla né a Reiner né ad Emmeline. Quando decisero di costruirselo da soli, crollò come un castello di carte. Di chi o di cosa fosse stata la colpa era difficile da stabilire. Emmeline voleva sapere se in quel mondo marcio fino al midollo c'era una possibilità per lei e per lui.
tw. menzioni al suicidio e violenza tipica dell'opera
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Reiner Braun
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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I tuoi silenzi


Attack On Titan Gif - Gif Abyss

«𝐟𝐨𝐫 𝐭𝐡𝐞 𝐥𝐨𝐯𝐞, 𝐟𝐨𝐫 𝐥𝐚𝐮𝐠𝐡𝐭𝐞𝐫, 𝐈 𝐟𝐥𝐞𝐰 𝐮𝐩 𝐭𝐨 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐚𝐫𝐦𝐬»
𝐯𝐢𝐬𝐢𝐨𝐧 𝐨𝐟 𝐆𝐢𝐝𝐞𝐨𝐧 - 𝐬𝐮𝐟𝐣𝐚𝐧 𝐬𝐭𝐞𝐯𝐞𝐧𝐬
 
Il mondo lo aveva trovato molto stretto ultimamente, così tanto che aveva cominciato ad annaspare per dell'aria. Il modo migliore per affrontare la "situazione" le sembrò quello di slegare le corde che le stringevano il collo per inoltrarsi in quella giungla indomita. A quattordici anni era una grande impresa, e lei non si era mai considerata una da grandi imprese. Ma aveva i piedi per terra e le idee sempre chiare.

"Tu, che cosa sei venuta a fare qui?!"

L'istruttore Shadis stava urlando anche se aveva il viso distante due centimetri, facendole arrivare in faccia il suo alito e qualche sputacchio annesso.

"Dovevo levarmi dai piedi"

La risposta, così brutalmente onesta e secca, fece indietreggiare di un paio di passi l'istruttore. Qualcuno ridacchiò dalle file posteriori, ma nessuno si sblinanció troppo per non peggiorare la situazione.

"Levarti dai piedi?"

"Precisamente, sì"

Shadis la analizzava da testa a piedi cercando di capire che persona avesse davanti. Impossibile da decifrare, tutto nel suo linguaggio del corpo era in antitesi. 
Il corpo era rilassato, ma la mano stretta a pugno sul cuore in segno di saluto era nobilmente stretta. Gli occhi erano verdi e vispi, i capelli di un rosso chiaro e vitale, ma lo sguardo annoiato. Anzi, un annoiato sul provocatorio, dato da un mezzo sorriso sul volto indifferente. Un vero enigma che neanche Shadis sapeva spiegarsi.

"Come ti chiami?"

"Emmeline Becker, signore"

"Bene"

Ci furono un paio di secondi di silenzio durante i quali tutti, non solo i due interlocutori, si chiesero se stesse per succedere qualcosa di tremendo o se fosse proprio finita lí. Ogni dubbio si sciolse quando Shadis corrugò furiosamente la fronte, aprendo la bocca per sbraitare di nuovo.

"Il tuo cognome di merda rispecchia il tuo atteggiamento altrettanto di merda! Vai a farti 50 giri del campo!"

"Eh?"

"Mi hai sentito! Vuoi farne cento?!"

"No, certamente. Ubbidisco"

Mentre Emmeline si dirigeva ai margini del campo per scontare la sua punizione, Shadis si avvicinó a un altro soldato.

"Tu! Sentiamo, perché ti trovi quí?!"

"Per salvare l'umanità!"
———

Emmeline imparò, a sue spese, che il silenzio era veramente rumoroso. Solo qualche suono essenziale della natura le arrivava alle orecchie quella notte, il che non faceva altro che tendere ulteriormente i suoi sentimenti e le sue sensazioni. Ma se il silenzio la rendeva angosciata, tornare ai dormitori o alla mensa poco oltre sarebbe stato peggio, dunque non aveva altra scelta che stare lì e sperare egoisticamente che qualcuno venisse a cercarla. E qualcuno venne, non sembrava capitato lì per sbaglio.
Reiner Braun scrutava Emmeline qualche metro distante, le quasi inesistenti sopracciglia un po' corrugate.
Lei ricambiava il suo sguardo, seduta contro la corteccia di un albero.
Non si dicevano niente, ma Reiner sembrava volesse dirle qualcosa. 

"No, non ho bisogno di una mano" disse Emmeline, anticipandolo.

"Lascia che ti aiuti, per una volta" le rispose Reiner, il tono quasi supplichevole.

"Reiner, lo sai che ti voglio bene, ma non mi sento di farmi aiutare"

Reiner era sempre fatto così, sempre pieno di premura e attenzione per gli altri. Tutti lo vedevano come un fratello maggiore, e si rivolgevano a lui quando ne avevano più bisogno. Emmeline voleva dire che giocava bene la parte, ma non era una parte, Reiner sembrava essere nato per farlo. 
E poi aveva una cotta per lui.
Emmeline aveva sempre rifiutato con decisione i tentativi di Reiner di aiutarla, ma questo non aveva proibito lui di farsi comunque strada nel suo cuore e nei suoi pensieri. Era così che si erano conosciuti, Reiner non appena la vedeva in difficoltà durante l'allenamento le si avvicinava e le chiedeva se volesse aiuto, e lei rispondeva sempre di no. In una maniera brusca ma che non traspariva ostilità, soltanto voglia di fare. 
Lui la ammirava per questo, tanto. 
Quando l'aveva vista allontanarsi dalla mensa quella sera non aveva potuto astenersi dall'andare a cercarla. Ora Reiner la guardava seduta ai piedi di quell'albero, gli occhi verdi di solito così pieni di ardore che adesso sembravano l'opposto di quello che erano sempre stati. Gli dispiaceva tanto da fargli stringere un po' lo stomaco.

"Vuoi almeno dirmi che succede?" le chiese.

"É tanto da spiegare, non me la sento"

"Va bene"

Un silenzio lungo e impregnato di cose da dire ma che rimangono in gola. Per la maggior parte.

"Emmeline"

"Sì?"

"Lo sai che ti voglio bene, vero?"

"Certo, te l'ho detto pure io prima"

A Reiner si sciolse il groppo che aveva in gola, e si allentó il colletto della camicia.

"Bene allora" disse, la voce un po' tremante.

Non le aveva mai detto che le voleva bene, ma lo diceva sul serio.

"Mi dispiace nasconderti le cose, a tempo debito ti dirò tutto" disse Emmeline.

Reiner annuí un paio di volte, ma il battito cardiaco era accelerato quando lei aveva detto quella frase. Avrebbe preferito che lo avesse detto con altre parole. Voltó le spalle per andarsene come lei voleva.

"Aspetta, non ti ho detto di andare via"

Reiner si giró per guardarla di nuovo, Emmeline aveva la mascella tesa perché era evidentemente nervosa. Lui non sapeva che lei provasse qualcosa per lui, infatti presuppose che fosse agitata per tutt'altri pensieri.
Senza dire niente, Reiner le si avvicinó a passo lento, facendo frusciare le erbacce che calpestava con le scarpe. Camminava piano come se stesse avendo a che fare con un oggetto fragile, la trattava con cautela. Ma era una cautela gentile, gentilissima.
Le si sedette accanto, poggiando la schiena sulla corteccia dell'albero contro il quale lei si era seduta. Le fronde oscillavano piano, cullate dalla leggera brezza serale. Non faceva freddo, anzi, Reiner poteva permettersi di arrotolare le maniche della camicia fin poco sotto i gomiti, camicia che indossava sotto alla cappa verde recante lo stemma delle reclute avvolta attorno alle grosse spalle. Emmeline stessa emanava tepore.
Appena le si sedette accanto, lei poggió la testa sulla sua spalla sinistra e chiuse gli occhi. Reiner, senza esitazione, poggió la guancia di rimando sul suo capo, sentendo i capelli rossi di Emmeline solleticargliela leggermente ma in una maniera piacevole. Reiner poteva sentire lei respirare piano e profondamente, si prese anche dei lunghi secondi per ruotare il capo e guardarla un po' sotto la luce lunare. 
Emmeline, da parte sua, si sentiva meglio in quel lungo silenzio, anche se poteva sentire lo sguardo di Reiner sul suo viso nonostante avesse gli occhi chiusi. Sentiva anche le sue labbra che le sfioravano impercettibilmente un punto tra la tempia e la frangia rossa, cosa che doveva succedere per forza se proprio lui voleva guardarla ma continuare a poggiare la guancia sulla sua testa.
Ci sono tante cose in quel mondo che dovevano succedere per forza, per cause maggiori. Soffermarsi sul viso di Emmeline era una causa maggiore.
Le venne un po' da ridere pensando a come avrebbe reagito se avesse avuto ancora 14 anni, ma ora ne erano passati tre e lei un po' della sua innocenza l'aveva persa. Reiner smise di guardarla e tornó a rivolgere lo sguardo verso un punto indefinito del campo di addestramento.

"Mi piacciono i tuoi silenzi" disse Emmeline, a bassa voce.

Reiner non le rispose, le avrebbe tolto quello per cui lei lo aveva elogiato. Si limitó a sorridere un poco e a risponderle con un mh, che non significava altro che un va bene, allora starò in silenzio quanto vorrai.
   
 
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