Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |      
Autore: sasdavvero    15/07/2022    0 recensioni
La prima volta che si ubriacarono assieme, Dabi fu assalito da pensieri che non aveva mai avuto.
Pensieri che lo facevano diventare rosso in viso e lo facevano tremare per scacciarli.
Pensieri che non si era mai aspettato potesse pensare.
Non su Hawks, almeno.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La prima volta che si ubriacarono assieme, Dabi fu assalito da pensieri che non aveva mai avuto.

Pensieri che lo facevano diventare rosso in viso e lo facevano tremare per scacciarli.

Pensieri che non si era mai aspettato potesse pensare.

Non su Hawks, almeno.

La seconda volta che si ubriacarono assieme, Dabi già si pentiva che ci fosse stata una seconda volta.

Perché al quarto bicchiere con un po’ troppa vodka alla pesca e un po’ troppa Monster Energy, tutto brillava e tutto era un sogno.

Lui brillava e lui era un sogno.

Un sogno che gli faceva sobbalzare il cuore e lo inondava di pensieri.

Un lontano, irraggiungibile sogno.

Lui.

Lui.

Lui.

La sesta volta che si ubriacarono assieme, Hawks rideva mentre metteva dell’ombretto sulle sue palpebre, Il rosso risalta, poi un po’ di brillantini, aspetta, il mascara, e Dabi non sapeva nemmeno più da dove fossero saltati fuori i trucchi.

E Dabi era troppo fuori.

Troppo ubriaco.

E aveva solo un pensiero in testa.

Solo uno.

La decima volta che si ubriacarono assieme, Dabi fu assalito da pensieri che ormai aveva troppo spesso.

Pensieri che Hawks non avrebbe mai potuto intuire.

Anche se forse, forse, quando gli mise una mano sul viso e le loro labbra si toccarono, forse un po’ si intuivano.

Voglio baciarlo.

Voglio baciarlo.

Voglio baciarlo.

Dio, come sarebbe bello, se potessi baciarlo.

Dio, come sarebbe bello, se potessi stringerli la mano.

Dio, come sarebbe bello, se potessi tenerlo a me, abbracciarlo, stretto, a me.

Dio, come sarebbe bello, se fosse mio.

Dio.

Dio.

Dio.

Le sue labbra erano morbide, morbide, il sapore di pesca su di lui lo faceva impazzire.

Ubriacare.

Ubriacare.

Ubriacare.

E Hawks—

Hawks era immobile, immobile, gli mise una mano sul petto e lo allontanò, piano, gentile.

Sei ubriaco, Dabi, e aveva ragione, no?

Era ubriaco.

Lo erano entrambi.

Ma quindi?

L’alcol toglie i freni, ma questo vuol dire solo che hai più coraggio.

Non che il pensiero c’è solo quando sei ubriaco.

Ma Hawks era immobile e lo fissava, più sobrio di quanto non l’avesse mai visto.

Triste.

Dispiaciuto.

E le mani di Dabi tremavano mentre gli lasciava il viso, cuore a mille, in gola, nelle orecchie, ovunque, batte, batte, batte.

Tremava, mentre si voltava e se ne andava, se ne andava.

E l’unico che pensiero che aveva in testa era:

Sei solo uno stupido.

Due settimane dopo erano di nuovo su un tetto, e Dabi non osava guardarlo.

E Hawks—

Hawks era come sempre.

Hawks aveva il solito sguardo di sempre.

Neutro.

Triste.

Dispiaciuto.

Dabi? Tutto okay?

Dabi annuì.

Non lo guardava.

Che hai oggi di utile, Hawks?

Hawks.

Raramente lo chiamava così.

Raramente.

Era sempre qualche nomignolo.

Ma ora non doveva esserlo.

Ora non poteva esserlo.

Hawks parlava, parlava, il solito, le solite informazioni noiose, e parlava e Dabi—

Dabi non lo guardava.

Se ne stava andando quando lo sentì chiamarlo.

Ti va di bere qualcosa?

No.

No.

No.

Non dopo quello che è successo.

Non dopo quello che ho fatto.

Si voltò.

Non avrebbe dovuto farlo.

Perché Hawks era—

Hawks lo guardava come se—

Come se—

Annuì.

E tutto brillava di nuovo, mentre si costringeva a non guardarlo, non guardarlo, le mani tremavano di nuovo.

E Hawks gli prendeva le mani, gli accarezzava il dorso e le nocche e giocava con le sue dita e Dabi—

Dabi si sentiva impazzire.

Hawks si avvicinò, vicino, lo toccava col fianco, con la spalla, si appoggiò a lui, gli prese il viso.

Lo costrinse a guardarlo.

Sorrise.

Triste, dispiaciuto sorriso.

Non illudermi così, sussurrò Dabi, Hawks sorrise ancora, così, sempre così, e le loro labbra si toccarono di nuovo.

Ma non era più un semplice bacio.

Era Hawks senza fiato che ansimava sulle sue labbra, avido, avido, mentre Dabi gli tirava i capelli e gli mordeva la lingua.

Era tutto.

Era niente.

Era frenesia.

Era bisogno.

Era euforia.

Era tristezza.

Era finzione.

Il vento soffiava freddo in quella notte di dicembre, e Dabi non aveva mai avuto più caldo.

Mai avuto più caldo.

Hawks fece passare la mano sotto alla sua maglia, delicato, delicato, Dabi tremava sotto i suoi tocchi.

Tremava.

Fremeva.

Impaziente

Impaziente.

Posso, Dabi? disse solo Hawks, e Dabi—

“Non illudermi così,” sussurrò di nuovo, e di nuovo sentiva il suo sapore dolce sulla sua lingua.

Di nuovo.

Erano ubriachi.

Erano ubriachi.

Ma Dabi lo voleva, lo voleva più di ogni altra cosa.

Anche ora.

Anche ora.

Anche se era finto.

Anche se era finto.

Non era importante.

Non era importante.

Quindi sussurrò un tra le sue labbra.

E Hawks gli slacciava la cintura.

E Hawks gli toglieva i pantaloni.

E Hawk gli infilava tre dita dentro.

E Dabi impazziva.

Un sogno, un sogno lontano ma così vicino, vicino, mentre Dabi gli alzava la maglia e lo toccava ovunque.

Ovunque.

E Dabi impazziva, mentre Hawks spingeva, spingeva in lui e Dabi tremava, tremava, a terra, su quello sporco tetto di un palazzo, e Dabi gemeva, conficcava le unghie nella sua schiena mentre Hawks gli succhiava sul collo.

E Dabi tremava.

E Dabi tremava.

E Dabi tremava.

E quando finì anche questo non lo lasciò, non lo lasciò, solo, lo strinse, lo strinse a sé.

Finto.

Finto.

Finto.

Lo stringeva a sé e Hawks rimaneva sdraiato su di lui, ansimante, stanco, stanco, e Dabi si sarebbe addormentato lì.

E Dabi non avrebbe mai voluto lasciare andare.

Mai voluto lasciare andare.

Mai.

Mai.

Mai.

Dabi, sussurrò Hawks, Dabi, fa freddo.

Ti scaldo io, ti scaldo io, e lo stringeva e—

Dabi, fammi alzare—

Non lasciarmi.

Hawks si fermò.

Non— anche se è finto, non mi importa, non lasciarmi.

L’alcol toglieva davvero i suoi freni.

Parole che a malapena si era reso conto di pensare, uscite fuori come un respiro, semplici, nude e crude.

Eppure non lo disse, il vero pensiero.

E Hawks—

Hawks lo trascinò sul lato, vicino, non lo lasciò andare, gambe aggrovigliate e braccia sulle schiene, gli baciava i capelli, e Dabi tremava, testa poggiata al suo petto, memorizzava quella sensazione appannata che provava.

Era lì, tra le sue braccia.

Era lì.

E Dabi tremava.

E di nuovo, successe.

E ogni volta che bevevano insieme, Dabi gemeva e Hawks ansimava, sempre, sempre.

Perché l’alcol era l’unica cosa che spezzava quel timore che aveva.

Ed era finto.

Così finto, Dabi lo sentiva, ma quando, quelle rare volte in cui avevano la forza di trascinarsi a casa sua, Hawks si addormentava nel suo letto, tra le sue braccia, stava bene.

Anche se non c'era mai quando si svegliava.

Ma stava bene.

Bene.

Bene, col tintinnio nelle orecchie e la finzione nel corpo.

Quella stessa finzione che sentiva, sentiva, sempre aveva sentito.

E sempre sentirà.

Ma andava bene così.

Andava bene così.

Andava bene così.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: sasdavvero