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Autore: Chiccaxoxo    18/07/2022    1 recensioni
Kisame sa da tempo che Itachi è malato e ha poco da vivere, tuttavia non è successo mai niente di così grave da costringerlo a intervenire. Sono sempre stati solo una squadra e niente di più. Ma forse Kisame scopre qualcosa che prima non sapeva. O che aspettava da sempre. Piccola KisaIta. Kisame x Itachi
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki | Coppie: Itachi/Kisame
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Naruto prima serie
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Kisame non si era mai lamentato nella sua vita, di niente. Quando si riceveva un ordine di qualunque tipo, lo si doveva accettare senza discutere. I sentimenti personali si dovevano lasciare a casa al fine di evitare che interferissero con i compiti da svolgere.

Non aveva protestato quando, come partner, gli era toccato quel ragazzo talmente freddo e distaccato da riuscire a non pronunciare una parola per intere giornate. Conosceva il suo tormento, ormai lo sapevano tutti. Nessuno, meglio di Kisame, poteva essere consapevole di quale dolore si prova uccidendo un compagno; lui stesso era stato costretto a tanto per questo aveva pieno rispetto del silenzio di Itachi. Sebbene di temperamento positivo e loquace, Kisame si lasciava scivolare addosso i momenti di sconforto di Itachi senza interferire, era normale, formavano una squadra e l’uomo squalo era stato educato sin da piccolo ad avere questo spirito.

Era pressoché impossibile per tutti capire cosa passasse nel buio della testa di Itachi, solo Kisame pareva avere il dono di captare quei pensieri al volo senza che il moro avesse bisogno di usare parole. Bastavano gli occhi, l’oscurità infinita e penetrante di quello sguardo sembrava gridare. Non aveva protestato nemmeno quel giorno, Kisame, di ritorno dal secondo tentativo di catturare Naruto andato a vuoto. Dopo aver usato il suo micidiale Tsukuyomi ai danni Kakashi, Itachi sembrava esausto. Kisame aveva guardato di sottecchi il suo viso pallido e imperlato di sudore, lo sentiva respirare faticosamente dietro di sé per questo cercava di rallentare il più possibile la sua andatura, Tutto normale: erano una squadra e il partner non si abbandonava mai.

Il suo sensibile udito captò Itachi compiere una piccola deviazione, per quando riuscisse ad essere silenzioso non riusciva mai a sfuggire ai suoi sensi da squalo. Kisame si voltò appena in tempo per vedere il moro barcollare verso il tronco di un albero, appoggiarcisi con la mano sinistra e liberarsi lo stomaco di quel poco che era riuscito a mandare giù quel giorno. Dopo il primo violento conato, Itachi cadde in ginocchio. Kisame gli si avvinò, lo sostenne avvolgendogli il busto con un braccio mentre con l’altra mano gli teneva alta la testa. Non aveva mai toccato Itachi, mai sfiorato nemmeno per errore, nessun problema: erano una squadra e non poteva certo rischiare che stramazzasse svenuto nel suo stesso vomito. Kisame si accorse che il compagno aveva espulso anche del sangue sporcando il davanti del mantello, bruciava di febbre e l'uomo squalo si sforzava di misurare la sua immensa forza per evitare di fargli male. Itachi aveva così difficoltà a respirare da sembrare sull’orlo del soffocamento, si abbandonò seduto in terra con la schiena sul petto di Kisame affidandosi completamente alle sue mani.

L’intenso timore provato dall’uomo squalo si fuse con qualcosa di nuovo. Quel contatto così inaspettato e ravvicinato, l’immensa fiducia che Itachi riponeva in lui in quella situazione di vulnerabilità, scossero la sua pelle blu e spessa di brividi. Forse quello era il segnale che il suo cuore non era morto il giorno in cui aveva dovuto eliminare i suoi compagni, tanti anni prima. Lo spirito di squadra non gli permise di abbandonare Itachi al suo destino, lo raccolse sollevandolo in braccio. Mentre si tirava in piedi si accorse che il moro era molto più leggero della sua spadona Samehada, un misero fagotto tremante. Mentre si incamminava per raggiungere un vicino torrente di acqua fresca, ogni sussulto di quel corpo che aveva stretto al petto accendeva in Kisame un bagliore. Luci, che gli permettevano di squarciare la spessa oscurità della sua anima messa sotto anestesia per non soffrire. O per non doversi scontrare con il niente provato da Itachi nei suoi confronti. Ora Kisame vedeva chiaramente tutte volte in cui aveva ammirato il viso pallido e addormentato del moro, le lunghe ciglia abbassate che spiccavano sulla pelle bianca. Rammentava i suoi occhi addolciti dal sonno quando, svegliandosi la mattina, gli domandava perché non lo avesse chiamato per svolgere il suo turno di guardia; Itachi chiese questo lasciandosi scappare un piccolo sbadiglio che aveva fatto sussultare Kisame. Ricordava come i suoi sensi sopraffini avessero iniziato a percepire un cambiamento di odore sulla pelle e nel respiro di Itachi, come i suoi occhi argentati lo avessero scorto un’infinità di volte frugare sotto la cappa per cercare le misteriose pillole che ingoiava ormai da tempo. La nuova luce che gli scendeva nell’anima lo faceva rendere conto di quante volte si era innamorato di Itachi, così illegalmente bello ma così terribilmente freddo. Ma erano una squadra, doveva accettare la sua compagnia anche se nel cuore del moro esisteva sempre quella ragazza che era dovuta morire sotto le sue mani.

Kisame stese Itachi sulla sponda del torrente liberandolo del mantello e del coprifronte. Le possenti mani dell’uomo squalo non ebbero problemi a strappare un brandello della cintura di stoffa che gli avvolgeva la vita, la immerse nell’acqua fredda per tamponare il viso di Itachi. Gliela passava sul collo, su ogni centimetro di pelle che aveva scoperta, pulì la sua bocca incrostata di ogni cosa. Il respiro di Itachi si era fatto un po’ più regolare anche se lui non apriva ancora gli occhi in preda alla febbre.

Stava scendendo la sera e Kisame, certo che il compagno avrebbe avuto freddo con la sola divisa a maniche corte a coprirlo, lo sollevò ancora tra le braccia per portarlo dove entrambi avrebbero affrontato la difficile notte che li aspettava. L’uomo squalo si sedette appoggiato al tronco di un albero con Samehada in terra alla sua destra e Itachi in grembo, aprì il suo ampio mantello per avvolgerci entrambi dentro. Itachi, sebbene in preda all’incoscienza, si era rannicchiato istintivamente sul corpo di Kisame.

“Sasuke…” aveva mormorato il moro in un lamento.

“Tranquillo, sta bene. Tu non te ne sei accoro ma oggi l’ho visto, lui e Naruto sono ottimi amici e non si perdono di vista un attimo” mentì l’uomo squalo accarezzando la fronte rovente di Itachi.

“Kisame…”

“Sì?”

“Da quando ti ho conosciuto per me sei stato tutto. Grazie per aver riempito la mia solitudine e per aver alleggerito il mio dolore. So che hai visto tutto ciò che ho sempre tentato di nasconderti, anche se per te non conta niente, ti amo.”

Kisame sentì il suo grosso cuore fermarsi, gli occhi argentati sgranati. Abbracciò delicatamente quel corpo tremante.”

“Itachi, io ti ho sempre amato ma non sapevo che anche tu provassi lo stesso per me, credevo che di me non ti importasse niente. E non sapevo che anche tu eri convinto di non essere amato da me.”

Probabilmente domani Itachi non avrebbe ricordato niente, forse era stata solo la febbre a parlare. Itachi aveva poco tempo da vivere, questo Kisame lo sapeva. Ma ora che aveva saputo quello che mancava, promise a sé stesso che avrebbe fatto di tutto per rendere il più possibile sereni i pochi giorni che restavano al suo compagno. Nessun problema: erano una squadra… nella vita.

   
 
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