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Autore: elenatmnt    22/07/2022    1 recensioni
Quando si è alla disperata ricerca di un miracolo, si è disposti a credere in tutto... anche nelle favole.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Ciaooooooooooooooo!!!!
Sono tornata in versione summer! Hihihi!!
Questa storia è stata letteralmente un’improvvisata, non era in programma eppure eccola qui che supera in priorità altre due storie che ho in corso.
Con “Burattino” partecipo alla challenge TAKE YOUR BUSINESS ELSEWHERE del gruppo “Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction”.

Prompt scelti:
34- Personaggio X cresce in un contesto completamente opposto
18- Un Samurai
14- Una delusione
33- La vita di X viene stravolta
5 – Fuggire
(I prompt sono spammati in tutta la storia :D)

Buon divertimento a tutti!! <3



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“C’era una volta…”
“Un re!”
“Ormai questa storia la conosci a memoria. Ma ora ascolta e non affaticarti”.
“Va bene…”
 
 
No, ragazzi avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
 

***

In un futuro non molto lontano, i mutanti erano diventati parte integrante della società e per un centinaio di anni, tutto sembrò andare per il verso giusto.
Ma la sete di potere, la guerra e la continua impudenza dell’uomo nei confronti della natura, avevano portato l’umanità ed i mutanti ad una situazione precaria riguardo alla corretta spartizione delle risorse naturali. Fiumi e laghi cominciarono ad inaridire; la flora a bruciare e seccare; acqua e cibo diventarono un lusso per pochi.
La popolazione mondiale aveva fatto enormi passi indietro, divisa tra ricchi potenti che sperperavano le limitate risorse rimaste e il resto della popolazione di dieci volte maggiore, a stento riusciva a trovare un pasto decente per la sopravvivenza.
Il numero dei cadaveri in strada era aumentato, non era strano vedere bambini ad elemosinare, senzatetto ai limiti della decenza umana e madri che piangevano per un altro figlio morto di fame o per la guerra.
Le disparità sociali avevano lasciato il posto all’odio, riversato sui mutanti, accusati di essere la causa del declino del mondo.
Nel futuro, all’apice della tecnologia, si era tornati nella miseria.


***


“Mmm… papà… papà…” si lamentava la tartaruga mutante in preda alla febbre.
Il letto in cui giaceva era solo un accumulo di paglia in un’angusta e tetra soffitta che condivideva con Donatello, suo “fratello maggiore”. Benché non fossero consanguinei e nemmeno lontani partenti, i due si volevano bene, come se lo fossero.

Michelangelo era un ragazzino mutante di tredici anni, da quattro ormai, viveva in uno squallido orfanotrofio dove era malvisto da tutti a causa del suo aspetto. Suo padre lo aveva lasciato lì prima di andare in guerra, con la promessa che sarebbe tornato a prenderlo; e se per qualche motivo, non si sarebbero incontrati all’orfanotrofio, allora, il punto d’incontro sarebbe stata la loro casetta in campagna; una catapecchia che a malapena si reggeva in piedi, ma che per loro era un castello.
 
In una società dove la miseria faceva da padrona, non c’era posto né per la gentilezza, né per l’amore. I bambini venivano educati sin da piccoli a lavorare duramente, la realtà era malvagia, che a loro piacesse oppure no; la sopravvivenza era tutto, si era pronti a schiacciare il prossimo pur di assicurarsi un tozzo di pane.
“Shhh Mickey, sono qui. Ci sono io” Donatello vegliava al capezzale di Michelangelo e lo avrebbe protetto a tutti i costi.

Donatello era un ragazzo umano alto e smilzo, denutrito era la parola esatta. Capelli mossi e castani lunghi fino al collo; una caratteristica particolare erano i suoi denti, perfettamente bianchi ma dalla forma irregolare: un diastema decisamente evidente separava i suoi incisivi e per quello, spesso, veniva preso in giro. Era più grande di tre anni rispetto a Michelangelo, tuttavia la loro estrema disparità in altezza, faceva sembrare che avessero molta più differenza di età.

“Devo trovare… la fata Turchina…”.
“Mickey… stai delirando…” Donatello intinse nuovamente lo straccio nel catino per rinfrescare la fronte di Michelangelo. Il ragazzino era in preda alle allucinazioni a causa di una forte febbre e solo l’amico umano se ne sarebbe preso cura. Per avere un po’ d’acqua in più, Donatello, aveva svolto doppio turno di lavoro ed aveva rinunciato a bere, l’acqua era l’unica medicina per Michelangelo, insieme ad un tozzo di pane raffermo.
“Turchina… papà…”.
“Mikey concentrati sulla mia voce, sono qui. Svegliati amico mio”.
“D…Donnie…?” Michelangelo si svegliò lentamente e tornò più lucido.
“Si bravo! Sono io”.
“S… se… sete…”.

Il ragazzo più grande versò un po’ d’acqua nel bicchiere, doveva essere parsimonioso e farsela bastare.
“Tieni Michelangelo, piccoli sorsi… Ti farà bene…”.
Donatello avvicinò il bicchiere alle labbra del più piccolo, non era raro che Michelangelo stesse male, la malnutrizione lo portava spesso ad avere febbre; di chiedere il parere di un medico neanche se ne parlava, troppo caro per i proprietari dell’orfanotrofio.
“Grazie… Don”.
“Non ringraziarmi. Tu faresti lo stesso…”
“Ehi… Donnie…”
“Mmm?”
“Posso chiederti… un favore? Leggeresti per me… ancora un po’? Sai… mi aiuta a dormire”.
Donatello sorrise, Michelangelo aveva un viso dolcissimo, i suoi teneri occhi celesti avevano il potere di conquistare il cuore delle persone, quelle rimaste buone.
“Sai che puoi approfittare della mia gentilezza solo perché hai un po’ di febbre? Appena starai meglio mi vendicherò” rispose con finta ironia, mentre riprendeva il solito libro.
 
 
Pinocchio.
 
 
Un lercio e vecchio libro, che non aveva più nemmeno la copertina; lo aveva trovato Michelangelo nella spazzatura, era con quello che Donatello gli aveva insegnato a leggere.
 
“Dove eravamo arrivati?”
“Al…Grillo P...par…lante!”
“Vedo che quando vuoi, le energie ti tornano, eh furbacchione? E va bene, Grillo Parlante sia”.
Una foglia secca faceva da segnalibro; man mano si sbriciolava e rendeva ancora più logoro il libro, ma questo non aveva importanza, l’importante era che i caratteri stampati fossero ancora ben visibili e che non si staccassero pagine.
 
 
-Io non me ne anderò di qui-  rispose il Grillo Parlante -se prima non ti avrò detto una grande verità-.
-Dimmela e spicciati-
-Guai a quei ragazzi che si ribellano ai genitori e che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente-.
 
 
“Donnie…?”, si sforzò Michelangelo.
“Cosa c’è?” Donatello posò il librò e gli rimboccò la blanda coperta.
“Tu sei come… il Grillo Parlante”.
“Significa che con una padella mi spiaccicherai al muro?” rise tra sé.
“N...no” sbuffò Michelangelo. “Significa che vegli su di me… anche quando… io non lo merito… perché ti disubbidisco e tu… finisci nei guai per colpa mia… Mi dispiace…”.
“Non dire sciocchezze Mickey. Ora pensa solo a riposare”.
“Sai Don? Quando… starò meglio… andrò a cercare la… Fata Turchina… Lei è buona”.
Donatello non poté fare a meno di sorridere, che fosse un delirio o semplicemente sonno, Michelangelo aveva un’immensa fantasia; l’umano decise di assecondarlo, che almeno nei suoi sogni, Mickey potesse trovare la felicità.
“E cosa chiederesti alla Fata Turchina?”
“Di farmi diventare un ragazzo vero… Come Pinocchio… così il mio papà tornerà… da me… e mi vorrà ancora… adotterà anche te… e diventeremo… per sempre… una… fa…mi…”.
 
Michelangelo si addormentò profondamente; Donatello poteva finalmente togliersi la maschera del risoluto e piangere senza che nessuno se ne accorgesse.

Nessuna Fata Turchina avrebbe fatto un miracolo.

Il papà di Michelangelo non sarebbe mai tornato, come non sarebbe mai tornato quello di Donatello.

Non si torna indietro dal paradiso.

Gli angeli non scendono all’inferno.
 
 
   
 
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