Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Non Molto    06/08/2022    0 recensioni
"Non appena la famiglia si allontana, Lorena mi scruta per qualche secondo. Dopodiché, si fionda tra le mie braccia, stringendomi forte. «Grazie per avermi riportato la mia mamma anche stavolta» sussurra al mio orecchio. «Tu sei il mio eroe, ed io sarei persa senza di te. Ci vediamo, zio Levi», e poi scappa via raggiungendo le sue madri, che la stanno aspettando a braccia aperte.
Io mi rialzo da terra lentamente, sconvolto. Ricambio con un gesto meccanico gli ultimi saluti di Petra ed Ester, e poi riprendo il cammino verso il quartier generale.
Sono senza fiato. Forse, qualcuno che dentro le Mura aspetta il mio ritorno, ce l’ho anch’io".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I

Il ritorno di Petra

 

Anno 848.

Il sole sta iniziando a tramontare, a breve faremo ritorno. Erwin ha dato il via ai preparativi per il rientro circa una mezz’oretta fa, ed io non vedo l’ora di buttare giù qualcosa per placare il mio stomaco che ha già cominciato a brontolare, immergermi nell’acqua tiepida della tinozza da bagno e andarmene a letto. Sono davvero stanco, oggi. Non vedo l’ora di rannicchiarmi sotto alle coperte pesanti e lasciarmi andare ad un sonno, spero, privo di incubi. 

Vengo bruscamente riportato alla realtà dal mio cavallo che, dando uno scossone col muso al secchio d’acqua che gli sto porgendo, cerca di comunicarmi che ha finito di dissetarsi.

«Sì, scusami» borbotto tra me e me. Poggio il secchio a terra e gli lascio qualche lieve carezza lungo la criniera. 

«Tra non molto rivedrai i tuoi piccoli combinaguai, eh, Petra?» le domanda Lynne, mentre Petra è inginocchiata a terra, impegnata a far rifornimento di gas.

La ragazza dai capelli ramati solleva lo sguardo sulla compagna, arrossisce appena e lo riporta poi sulle bombole del proprio dispositivo di manovra tridimensionale. 

«Sì», sorride. «Non vedo l’ora, ormai sono due mesi che non li vedo. Mi mancano troppo!».

Lynne ridacchia. «Quanti anni hanno, adesso?».

Petra sbuffa, probabilmente per scacciare una ciocca ramata che le sta ricadendo davanti agli occhi. «Uhm, Katharina ne ha dieci, Tommy sette, e Lorena ne ha da poco fatti quattro».

Lynne strabuzza gli occhi. «Lorena ha già quattro anni?! Diamine, sembra ieri che tu ed Ester l’avete adottata».

«Eh, già», ridacchia Petra. «Era poco più grande della mano del comandante Erwin, quando l’abbiamo portata a casa».

Lo sguardo di Lynne si fa più dolce. «Quindi Tommy ha da poco iniziato la scuola, dico bene?» chiede poi e, quando ode un verso d’assenso da parte di Petra, aggiunge ridacchiando: «chissà se sarà più bravo di Katharina».

Anche Petra sbuffa l’accenno di una risata, e scuote appena la testa. «Guarda, lascia stare. Giusto qualche giorno fa ho ricevuto una comunicazione scritta dal maestro. Mi informa che Katharina è sorprendente, di un’intelligenza straordinaria e che è molto fiero di lei ma, a fine lettera, mi dice che Katharina dovrebbe smettere di correggerlo in continuazione davanti agli altri alunni, perché così lo fa sfigurare».

Lynne scoppia fragorosamente a ridere, e anch’io sorrido appena. Posso permettermi di farlo, fintantoché il mio volto rimane nascosto dietro al possente corpo del mio morello.

Ne so poco dei figli di Petra, ma so che Katharina, la maggiore, è di un’intelligenza spiccata. Credo proprio che diventerà un’insegnante una volta adulta, così come sua madre Ester. Tommy è un bambino biondo, di una bellezza straordinaria, e ama creare capi di vestiario utilizzando vecchie stoffe. È il fratellino biologico di Lorena che, nonostante abbia solo quattro anni, parla già di volersi arruolare nel Corpo di Ricerca per diventare un’abile soldatessa, come sua madre Petra. Una volta, Petra ha raccontato a me e al resto della squadra che, quando fa rientro a casa, Lorena la tedia in continuazione affinché lei le racconti le “eroiche gesta” del capitano Levi in battaglia. Quella è stata una delle poche volte in cui mi sono concesso di sorridere davanti ai miei sottoposti; tra l’altro, ho riscontrato la veridicità delle parole di Petra durante quelle due o tre sere in cui ho accettato l’invito suo e di Ester a fermarmi a cena da loro: Lorena mi guardava con gli occhi luccicanti d’ammirazione per l’intera durata del pasto, ignorando i rimproveri delle sue madri, che le ricordavano quanto fosse inappropriato fissare qualcuno.

Volto il capo quando sento il ticchettio di un paio di stivali contro la pietra, un passo che ho imparato a riconoscere fin troppo bene. «Levi, siete pronti?».

«Sì» rispondo, incrociando lo sguardo di Erwin. «I miei hanno già raggiunto il punto di ritrovo, manchiamo solo io e Petra».

«Bene», annuisce Erwin. «Lynne?».

La ragazza scatta sull’attenti, portandosi la mano chiusa a pugno sul cuore. «Sono in procinto di raggiungere la mia unità or ora, comandante! Credo che il capitano Mike e il resto della mia squadra abbiano già raggiunto il punto di ritrovo!».

«È così» risponde Erwin, pacato. «Mancate solo voi, sbrigatevi. Dobbiamo rientrare, sta per fare buio».

«Signorsì!» urlano Petra e Lynne in coro, mentre io monto a cavallo. Appena dopo, sento un rumore di zoccoli alle mie spalle, segno che entrambe le ragazze mi stanno seguendo.

Comando al mio morello di trottare fino a quella che è la mia posizione all’interno della formazione, mentre Petra, Oruo, Erd e Gunther si schierano alle mie spalle.

«Soldati!», Erwin richiama a sé l’attenzione, una volta che l’intera Armata è in riga. «Il rientro costituisce l’altra metà della perlustrazione, non dimenticatelo. Rimanete dunque sempre vigili e pronti all’azione. Siate pronti ad offrire i vostri cuori!».

«Sissignore!» gridano in coro capisquadra, soldati semplici e reclute, mentre Erwin assesta un colpo di talloni alla pancia della propria giumenta e parte al galoppo.

«Seguitemi!» grida nel mentre, e i destrieri cominciano a scalpitare perché percepiscono che i loro cavalieri si sono infervorati grazie alle parole di Erwin. È incredibile come Erwin riesca ad incitarli, come riesca a far nascere in loro un ardore tale da farli sentire invincibili. A me non fanno quest’effetto le sue parole, forse perché “invincibile” lo sono già di mio. I discorsi di Erwin mi conferiscono invece più una sensazione di sicurezza che altro. Sì, sicurezza, come quando vedi una seggiola malmessa e ti ci siedi cautamente, ma dopo averle dato un po’ di fiducia ti rendi conto che le sue gambe sono abbastanza forti da non cedere sotto al tuo peso, e dunque ti ci abbandoni. Sì, è per questo che Erwin mi dà sicurezza. Perché lui non cede.

Cavalchiamo, cavalchiamo e cavalchiamo. I ragazzi sono silenziosi, com’è giusto che sia: non ci si deve distrarre neanche un attimo quando si è fuori dalle Mura, nemmeno se si fa parte della Squadra per le Operazioni Speciali. Li sento vigili e concentrati, anche se so che è una piccola parte di loro si sta concedendo di pregustare il momento in cui, una volta tornati dalla spedizione, potranno riabbracciare i loro cari. Non è qualcosa per cui penso di doverli rimproverare, anzi, comprendo a pieno il loro sentimento: anch’io, se avessi qualcuno che dentro le Mura attende il mio ritorno, non potrei fare a meno di dedicarci un pensiero, mentre cavalco verso il distretto di Trost.

Fortunatamente tutti e quattro i ragazzi hanno una famiglia, e le più numerose sono quelle di Petra ed Oruo: Petra, di soli diciott’anni, ha già una moglie, Ester, e tre figli, Katharina, Tommy e Lorena. Petra ed Ester sono entrambe originarie del distretto di Karanes, ma si sono trasferite a Trost appena prima di adottare la loro primogenita, Katharina. Difatti, l’intera famiglia ora risiede a Trost, e ad ogni ritorno di Petra loro l’attendono lì, lungo la strada principale. Anche Oruo ha diciott’anni, e ben cinque fratelli minori. Non so come si chiamino perché lui non ne parla quasi mai, ma ho notato che il suo volto altezzoso si addolcisce quando riceve una loro lettera o un loro disegno. Deve amarli molto.

Ad aspettare Erd invece c’è una ragazza: si chiama Christine, ha diciannove anni come lui ed è una sua amica d’infanzia. È arrabbiata con il ragazzo per la sua scelta di entrare a far parte del Corpo di Ricerca, ma ogni volta non esita ad accoglierlo a braccia aperte. Tutte queste cose, le so perché una sera ho udito Erd confidarsi con Gunther. Avrei dovuto andarmene, lo so, però… eravamo agli inizi quand’è accaduto, e io non avevo mai avuto dei sottoposti. Stavo solo cercando un modo per conoscerli meglio, sebbene avessi decisamente scelto la tattica sbagliata. Infine, Gunther ha vent’anni, e prima di arruolarsi viveva a Trost con suo padre e sua sorella gemella. La sorella di Gunther è identica a lui, se non per il fatto che la ragazza ha un’imponente chioma di ricci color del cioccolato e un carattere alquanto esuberante.

Circa un’ora dopo aver oltrepassato il Wall Maria, si inizia a scorgere il Wall Rose. Grazie alla formazione per la ricognizione su lunghe distanze, ideata da Erwin, siamo riusciti a giungere fin qui senza dover ingaggiare combattimenti con i giganti, e dunque senza dover rischiare di perdere altri commilitoni. Per fortuna, adoro quando, durante il ritorno, non sono costretto a combattere: di solito questo è l’orario in cui tramonta il sole ed io, così come i miei compagni d’armi, immagino, preferisco godermi il panorama illuminato dai colori caldi del tramonto, piuttosto che preoccuparmi di non finire nella bocca maleodorante di un gigante. 

È quando inizio a delineare alcune figure di soldati in cima al Wall Rose, che Erwin ordina all’Armata di adottare un’andatura più lenta. Man mano che ci avviciniamo, il suono delle campane che annuncia il nostro ritorno si fa sempre più forte.

Il portone principale del distretto di Trost si alza lentamente, e il Corpo di Ricerca comincia a passare sotto alla muraglia, per poi sfilare sotto agli occhi dei cittadini curiosi, uno spettacolo che mi ha sempre innervosito mettere in scena.

Balzo giù da cavallo, prendendo poi le briglie del mio morello per guidarlo in direzione del quartier generale. Sento i vecchi borbottare su quanto siano inutili gli sforzi del Corpo di Ricerca, e i giovani lanciare qualche insulto contro Erwin. Sto davvero faticando nel cercare di tenere a bada il mio istinto, che mi spinge ad andare a cercarli tra la folla per farli tacere una volta per tutte, quando odo una vocina bianca e stridula sovrastare le lamentele degli adulti. «Mamma!» grida, ed è senza dubbio la vocina di Lorena. Difatti, un attimo dopo intravedo la sua zazzera di capelli biondissimi sfrecciare tra le gambe dei soldati e dei cavalli per correre incontro a Petra.

«Lorena!» la richiama di rimando Ester, e a me viene spontaneo spostare lo sguardo su di lei. La donna tiene le mani ancorate alle spalle di Katharina e Tommy, e gli occhi di tutti e tre rimangono vigili su Lorena fino a quando la piccola non raggiunge sana e salva le braccia di sua madre. Dopodiché, anche loro si rasserenano e vanno incontro a Petra.

La ragazza dai capelli ramati sta stringendo a sé la figlioletta e riempiendo di giocosi baci le sue guance paffute, quando anche Katharina e Tommy le si gettano addosso, facendola finire a terra. Petra scoppia in una fragorosa, liberatoria risata e abbraccia i suoi figli, mentre io, Oruo ed Erd — che le sta tenendo il cavallo — ci godiamo quella scena, sperando che la serenità che la pervade arrivi a contagiare anche noi. Nel frattempo, anche Gunther ha raggiunto la sua famiglia. 

Ester si avvicina a Petra lentamente, con un sorriso sornione sulle labbra. La donna è minuta quanto la propria moglie, e ha lisci e lucenti capelli neri che le arrivano ai fianchi, grandi occhi scuri, labbra carnose e la pelle olivastra.

Una volta giunta davanti a Petra, Ester le porge una mano per rialzarsi. «Bentornata» le dice poi.

«Amore mio» mormora Petra, alzandosi velocemente in piedi e avvolgendole i fianchi con entrambe le braccia. Ester si aggrappa alle spalle di Petra ricambiando la stretta, e le due si scambiano un bacio che fa trasparire quanto si siano mancate e quanto siano felici di potersi trovare ancora l’una tra le braccia dell’altra. Ad un tratto, Petra solleva Ester da terra, facendola volteggiare lentamente.

Dai soldati del Corpo di Ricerca si levano alcuni fischi ed applausi, che si tramutano poi in uno scrosciare di mani collettivo che comprende anche i paesani brontoloni. Quel bacio mette d’accordo tutti: rappresenta la vittoria dell’amore su quest’assurda guerra, la resistenza del genere umano contro quei mostri che là fuori ci minacciano, ed è un sentimento in cui tutti vogliono credere.

Nel frattempo, di Katharina e Tommy si stanno prendendo cura Oruo ed Erd. Un’altra cosa che so, è che i figli di Petra ed Ester si rivolgono ad Oruo, Gunther ed Erd con l’appellativo “zio”. 

La piccola Lorena invece, che sembra non capire per quale motivo le smancerie tra le sue due mamme vengano acclamate in quel modo dalla folla, comincia a tirare la gonna di Ester. «Mamme, dài, basta! Che schifo, smettetela!».

Poi però, la sua attenzione viene attirata da qualcos’altro. Sebbene io sia più lontano rispetto a loro, Lorena riesce a scorgermi tra la folla.

«Ma quello è il capitano Levi!» strilla, prendendo a correre verso di me. L’allontanarsi di Lorena fa sì che Petra e sua moglie si stacchino, ed Ester si volta di scatto per inseguire sua figlia.

La bambina è davvero veloce, e in men che non si dica me la ritrovo davanti, pronta a saltarmi in braccio. L’afferro al volo per evitare che possa cadere e farsi male, e lei allaccia le gambette forti dietro alla mia schiena. 

«Capitano Levi, insegnami a combattere! Addestrami e fammi diventare un buon soldato, proprio come fai con la mamma!» supplica, battendomi le manine sul petto.

«Lorena!» la richiama Ester, col fiatone. «Scusami capitano, lo sai com’è fatta, ci è-», ma s’interrompe quando con uno sguardo le faccio capire che non deve preoccuparsi. Ester si è sempre rivolta a me con l’appellativo di “capitano”, eppure, per qualche motivo sconosciuto, mi dà sempre del tu anziché del Lei.

Sposto poi di nuovo gli occhi su quelli di Lorena, assottigliandoli. La bambina mi osserva con determinazione, parendo intenzionata a non distogliere lo sguardo.

«Facciamo così» le propongo, posandola a terra e inginocchiandomi davanti a lei, «tu mi batti a braccio di ferro, e io ti addestro». Appoggio poi il gomito destro sul mio ginocchio, e le porgo la mano. 

La piccola aggrotta le sopracciglia, determinata, e con un gesto deciso afferra la mia mano e inizia a spingere in direzione opposta. In un primo momento fingo di soccombere alla sua forza ma, proprio all’ultimo, mi fermo, facendo sì che Lorena non vinca. 

Dopo qualche secondo di tentativi infruttuosi la bambina alza lo sguardo su di me, a metà tra lo sconsolato e l’imbronciato. «Sembra che sia ancora tu il più forte» ammette, mogia. «Ma non per molto!» si riprende poi. «Dovrai addestrarmi un giorno, che ti piaccia o no!», e poi scappa via, per raggiungere Petra e i suoi fratelli, che si stanno incamminando verso di noi.

Ester scuote appena la testa. «Perdonami, capitano, mi è sfuggita. E ti chiedo scusa anche per la sua faccia tosta».

Mi concedo un piccolo sorriso. «Non c’è problema» mormoro. «È in gamba».

Petra ci raggiunge con i bambini al seguito, e avvolge con un braccio le spalle della moglie.

«Capitano, ti andrebbe di fermarti a cena?» mi domanda Ester, mentre gli occhi di Lorena s’illuminano per via di quella proposta.

«Grazie per l’invito, Ester, ma purtroppo stasera avrò diversi rapporti da redigere. Magari un’altra volta».

«Certo, più che volentieri», mi sorride la ragazza. «Allora? Andiamo a casa?» si rivolge poi alla sua famiglia. Tutti annuiscono e Petra sta per salutarmi, quando Lorena, che fino a poco prima era imbronciata, s’illumina. «Aspetta! Prima devo dire una cosa al capitano Levi!».

La sua famiglia ed io la guardiamo con aria interrogativa, aspettando che sputi il rospo. Poi, la bambina si avvicina a Petra e comincia a spingerla via. «No, voi non potete sentire! È un segreto che posso dire solo al capitano Levi! Andate via, aspettatemi di là».

«Va bene, va bene!», ridacchia Petra. «Capitano, ci vediamo tra tre giorni» si rivolge poi a me, portando il pugno chiuso all’altezza del cuore.

«Riposati, Ral» la congedo, mentre mi accovaccio davanti a Lorena per essere alla sua altezza.

Non appena la famiglia si allontana, Lorena mi scruta per qualche secondo. Dopodiché, si fionda tra le mie braccia, stringendomi forte. «Grazie per avermi riportato la mia mamma anche stavolta» sussurra al mio orecchio. «Tu sei il mio eroe, ed io sarei persa senza di te. Ci vediamo, zio Levi», e poi scappa via raggiungendo le sue madri, che la stanno aspettando a braccia aperte.

Io mi rialzo da terra lentamente, sconvolto. Ricambio con un gesto meccanico gli ultimi saluti di Petra ed Ester, e poi riprendo il cammino verso il quartier generale.

Sono senza fiato. Forse, qualcuno che dentro le Mura aspetta il mio ritorno, ce l’ho anch’io.

   
 
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