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Autore: LaTuM    19/08/2022    2 recensioni
Tsukishima odia il numero 10 e, di conseguenza, odia anche il numero 11, visto che continua a ricordargli che lui è un passo indietro.
Con il passare del tempo però non gli dispiace essere veramente un passo indietro.
Essere il numero 11, in fondo, non è così male.
| accenni KuroTsuki |
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note pre-lettura:
i numeri sono scritti in cifre e non in lettere soprattutto per una questione visiva.
Si parla dei numeri delle maglie e scrivere Undici non è visivamente d’impatto come 11

 (anche se mi fanno male gli occhi a vedere le cifre al posto delle lettere)



L'insostenibile pesantezza dell'essere il numero 11



Le persone spesso si ritrovano ad avere delle idiosincrasie irrazionali, spesso indirizzate verso cose banali e poco significative che il resto del genere umano non comprende. C’è chi non sopporta camminare sopra le fughe delle piastrelle, chi non tollera i cibi gialli, oppure chi dà di matto perché qualcuno dice ok’ anziché sì’.

Cose stupide e assolutamente senza senso che una persona dotata di un minimo di intelligenza e flessibilità mentale è in grado di superare senza problemi… ma questo non vuol dire esserne immuni. Per questo Tsukishima (adulto, intelligente, responsabile) non si fa il minimo problema ad ammettere che lui odia il numero 10.

Non riesce a sopportare i numeri civici con il 10, non tollera le ore che finiscono con il 10… a dire il vero non sopporta neanche che le dita di una mano siano 10 (ma questo piccolo dettaglio ha  cercato di superarlo perché poteva rivelarsi alquanto scomodo).

Però il numero 10 lo odia proprio.



10 è il numero che divide il mio dal tuo 1 + 10 = 11

Appunto risponde Tsukki Divide

Kuroo lo aveva guardato perplesso non riuscendo a capire cosa infastidisse veramente Tsukishima. Anche se poi, quando gli aveva stretto la mano, forse un po' lo aveva capito. (Anche se non è ancora del tutto certo se si trattasse di un risvolto romantico o di una curiosa intolleranza agli agrumi.)



Non è che la maggior parte delle persone non sia in grado di determinare l’origine di questa mal sopportazione di un povero numero pari, il primo a due cifre, il primo di una lunga sequenza che non ha mai fine. Perché si può sempre fare +1.

Tsukishima viene subito dopo il 10. Lui è il numero 11: più alto di valore ma più in basso nella scala gerarchica. Solo di uno, ma pur sempre di un numero dopo il 10.



La sua famiglia è condannata a essere seconda ai numeri 10 e questo lo fa infuriare.

Kei si è sempre sentito inferiore al numero 10.

Anche Akiteru era stato surclassato il suo personale numero 10 (quello che poi, per fama riflessa, aveva dato origine a quello di Kei).

Obiettivamente Akiteru gli era davvero inferiore (anche se questo valeva solo nella palestra del Karasuno).

Per i Tsukishima evidentemente è destino venire dopo i numeri 10, anche se lui - a differenza di Akiteru - un numero 11 è riuscito a conquistarlo, mentre Akiteru è sempre rimasto un senza numero.

Da qualunque angolazione la si guardi però, la storia non cambia: Kei è sempre un passo indietro al numero 10.



Quelle due cifre davvero non le sopporta e cerca sempre di evitarle. Un po’ come le persone cercano  di evitare di camminare sulle fughe delle piastrelle.

La sua sveglia scatta sempre alle 6:13. O comunque  su un numero dispari.

Il timer sul cellulare è sempre impostato dagli undici minuti in su.

Non conta mai fino a 10 prima di parlare, ma a 11…

Quando lo fa, perché di solito non arriva nemmeno all’1 e Kuroo sorride prima di sentirsi indirizzare l’ennesima battuta caustica da parte dell'amico/compagno/rivale qualunque cosa sia Kei.

Lo stesso Kei che si è sempre fermamente opposto all'appartamento numero 10 o al numero civico 10, così alla fine hanno scelto un appartamento 12 al civico 5 come compromesso… che alla fine si è rivelato quasi essere un tributo ai loro migliori amici.

Kei non vuole che la gente sappia della sua idiosincrasia per il numero 10, perché questo potrebbe farlo passare per una persona scaramantica che guarda questi piccoli dettagli inutili. Lui non crede nella fortuna o nella sfortuna: ha studiato scienze, non potrebbe mai pensare che gli eventi siano determinati da una coincidenza e che qualcosa di mistico possa influenzare suddetti eventi. Semplicemente nelle cose che fa l'importante è che non ci sia di mezzo il numero 10, il resto non gli interessa.



Comunque ha fatto anche parlare un po’ di sé. Dopo la partita contro lo Shiratorizawa non si era parlato solo di quel fenomenale numero 10. Per un po’, lui, il numero 11 era stato sulla bocca di tutti. Persino il coach Ukai - che più volte lo aveva rimproverato di non metterci abbastanza passione o entusiasmo - lo aveva definito il giocatore migliore di tutta la partita.

Quel pomeriggio, anche il punto decisivo l’aveva segnato il Mandarino, per la prima volta, l’11 aveva superato il 10.

Come quell’unico muro andato a segno, era successo una sola volta, ma aveva bloccato Ushijima. Fermare quell’unica palla aveva ribaltato il clima della squadra. Improvvisamente la vittoria non era sembrata più solo un miraggio. Ed era stato possibile grazie a lui.

Gli era piaciuto.

Gli era piaciuto giocare ed era stato bravo. Bokuto glielo aveva detto che migliorando sarebbe arrivato il momento in cui si sarebbe innamorato della pallavolo. E Kuroo lo aveva aiutato affinché questo accadesse prima del previsto. Si era ripromesso che avrebbe dovuto ringraziarlo quando l’avrebbe rivisto (e l’aveva fatto… parecchie volte. Kuroo aveva apprezzato tutte le varie declinazioni di grazie - non intervallate da insulti e frecciatine velenose - che gli aveva offerto. Non gli era dispiaciuta la lingua tagliente di Kei… affatto.)



Ora Kei alza lo sguardo e vede la maglia della sua divisa (verde, con i dettagli gialli, meno prestigiosa, ma sempre meglio di quella dell’Asas San Paulo, che è orrendamente arancione… un pugno in un occhio).

I primi anni ha indossato il 17: non gli dispiaceva quel numero era lontano dal 10, spesso non voluto da molte persone  per pura e mera scaramanzia, ma comunque un numero di tutto rispetto. Poi le cose sono cambiate, gli anni sono passati, altri membri sono stati accolti in squadra e quando è diventato sufficientemente una vecchia guardia’ da poter scegliere che numero portare, lui stesso si è stupito quando senza esitazione ha risposto 11’.

Tsukishima odia il numero 10 e, di conseguenza, odia anche il numero 11, visto che continua a ricordargli che lui è un passo indietro.

Con il  passare del tempo però non gli dispiace essere veramente un passo indietro.

Ha una casa - seppur piccola, quando capita, in due ci stanno - e due lavori: quello che ha sempre desiderato e  quello che non sapeva di voler,e ma di cui ora non può fare a meno. Quel lavoro l’ha reso ciò che è, ha plasmato il suo carattere, l’ha reso… beh, non esattamente  più accomodante, ma sicuramente migliore. Adora lavorare al Sendai City Museum, ma quel club di pallavolo gli ha dato tutto quello che non sapeva di volere, ma di cui ora non può e non vuole più fare a meno.

Ha capito che venire dopo il numero 10 in fondo, non è davvero così male.

1+10=11



Note dell’autrice:

Facendo l’ennesimo rewatch dell’arco del campus estivo a Tokyo, mi sono resa conto che il #10 è una condanna per i due Tsukishima.

Non è specificato che numero indossi ora nei Frogs, ma dopo il 17 mi piace pensare che abbia fatto pace con se stesso e scelto volontariamente l’11.

Le hint Kurotuski erano inevitabili, loro per me sono troppo canon.

Il titolo è una variazione de L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera.




   
 
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