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Autore: caith_rikku    25/08/2022    3 recensioni
La prima volta che escono in quattro lo fanno per scherzo, accomunati da una relazione che dura da una quantità di anni ormai a doppia cifra.
Nessuno di loro sa cosa vuol dire provare un amore diverso, un altro sapore sulla lingua, un altro odore a mischiarsi con il proprio.
Non era mai stato un problema.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avere al proprio fianco una persona da così tanto tempo è tanto una benedizione quanto una maledizione.
Crescere insieme vuol dire assuefarsi all’altra presenza, abituarsi fino a non sapere più dove si finisce: dove finisce il proprio io; dove finisce l’amore romantico e inizia quello famigliare.
Non ci si pone nessun dubbio, finchè si è sereni. Mentre si guarda dall’alto i propri amici - fratelli - impazzire dietro all’ennesima sbandata, muoversi confusi alla ricerca di qualcosa, di qualcuno, di equilibrio e baricentro.

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La prima volta che escono in quattro lo fanno per scherzo, accomunati da una relazione che dura da una quantità di anni ormai a doppia cifra.
Nessuno di loro sa cosa vuol dire provare un amore diverso, un altro sapore sulla lingua, un altro odore a mischiarsi con il proprio.
Non era mai stato un problema.

Parlano di pallavolo, ovviamente. Di diagonali, muri in lettura, liberi sempre dove non li vorresti.
Poi Akaashi si ritrova a scrivere una mail importante, Osamu risponde ad una telefonata del fornitore di packaging da asporto.
E Bokuto e Suna continuano a parlare di pallavolo, imperturbabili.
E Akaashi sente nitidamente il peso sulle spalle di quel demone chiamato pallavolo, quel capitolo chiuso della sua vita da cui non riesce davvero a liberarsi, e per quanto ami Bokuto ogni tanto davvero è troppo.

Nella successiva uscita a quattro, Akaashi si ritrova a raccontare del manga su cui sta lavorando, con fervore. 
Koutaro sbatte gli occhi, rapito da lui ma non dall’argomento, in perfetto silenzio reverenziale. 
Osamu lo guarda con interesse, fa domande incuriosito, scopre un mondo con regole che non conosce. Sembra magico. 
Suna non cambia lo sguardo annoiato, poco dopo ha il cellulare in mano.
Si ritrovano di nuovo a parlare di pallavolo.

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L’apertura del ristorante di Tokyo chiede ad Osamu tutto sé stesso, compreso il rassegnarsi ad abitare in un alloggio claustrofobico e deprimente. 
Gli manca il suo ristorante di Osaka ma soprattutto gli manca Atsumu, ma non lo ammetterà mai. Suna è decisamente più vicino, a solo un’ora e mezza di shinkansen, ma le sue trasferte e gli orari del ristorante li tengono comunque separati.

Osamu è a Tokyo come Akaashi, che va a mangiare i suoi onigiri ogni volta che ne ha l’occasione, anche lui vittima delle trasferte della prima divisione.
Nelle ore di calma del locale, Osamu trova in lui una spalla su cui sfogare i dubbi che lo tormentano.
Sa che deve avere pazienza, ma il negozio a Tokyo non sta funzionando come quello ad Osaka. Ad Osamu sembra di aver di nuovo cominciato da zero, come se non avesse nessuna esperienza pregressa. 

Akaashi sorride divertito, gli occhiali che scivolano sul naso. “Sei solo abituato che tutto ti venga facile, Miya-saam” lo canzona bonario.
Osamu sbuffa, Akaashi ridacchia teneramente. 

La volta successiva però, Akaashi si presenta da lui con un quaderno fitto di appunti sui competitor di Osamu, e delle idee fantasiose sull’utilizzo di nuovi ingredienti che potrebbero stuzzicare l’interesse della clientela snob della capitale.
E Osamu si sente avvolto in una calda coperta dopo una giornata di gelo. Ha voglia di stringere Akaashi fino a fargli male.

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“Ti sembra mai di essere rimasto intrappolato a quando avevamo 15 anni?” gli domanda Osamu una sera, a bruciapelo.
Akaashi guarda dietro di sé, Suna e Bokuto a pochi metri di distanza concitati su una qualunque delle ultime partite del campionato, poi torna a dedicare la sua attenzione a Osamu. “Non proprio” risponde sibillino.
Osamu si sente stupido e pure in colpa.
Poi Akaashi sospira, “Mi sembra lo sia lui, e che per questo io non riesca davvero ad andare oltre”.
E l’aria si fa tesa tra di loro. 
“Hai ragione”.
E fa paura.

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“Miya-saam!” non ha mai sentito la sua voce così sorpresa, alza lo sguardo dalla preparazione per guardarlo.
“hai cambiato riso?”
e Osamu arrossisce fino alla punta delle orecchie, il fiato spezzato. Imbarazzato, esposto, lusingato. Annuisce, ancora sconvolto: Akaashi è l’unico che se n’è accorto.
Akaashi mangia l’onigiri con bocconi troppo grandi, ingordo e sgraziato, il riso che finisce sulle guance e sulle mani. E Osamu rimane incantato a guardarlo mangiare il suo cibo, il calore che gli invade il petto e che si trasforma in senso di colpa.

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Rintarou non è mai stato bravo con le parole, e dieci anni con la stessa persona non hanno certo aiutato a diventare più comunicativo. A Osamu basta sentire a pelle l’energia nell’aria.
“Almeno abbi le palle di dirlo” Suna ringhia, ma guarda ovunque tranne lui, le spalle contratte. Osamu annusa la paura.
E anche lui è terrorizzato, mentre cerca le sue mani, la sua pelle, le sue labbra.
Perchè Rintarou non è più la prima persona a cui pensa al mattino, il pensiero caldo che lo accompagna nei sogni la sera.
Ma non sa cosa significa, e non ha il coraggio di dirlo.

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Keiji ottiene una promozione un venerdì pomeriggio, inaspettatamente.
Si inchina così tante volte profusamente al suo capo, che poi la schiena gli duole.
Quando quella sera lo dice a Osamu, mentre sono al suo locale, lui spalanca gli occhi e apre il viso in un’espressione gioiosa e in una risata di pancia. Keiji non l’aveva mai visto così genuino, si emoziona a sapere che in qualche modo ne è lui la causa.
Quando il locale chiude, Osamu lo porta ad una izakaya lì vicino.
Per la prima volta da soli in un posto che non è Onigiri Miya, potrebbe sembrare quasi un appuntamento.

Mentre Osamu lo riaccompagna a casa, mentre camminano per quella capitale gigantesca in cui sembrano esistere solo loro, Keiji è preoccupato che Osamu sia troppo ubriaco per riuscire a tornare a casa da solo.
Glielo dice, lo invita a salire a casa sua almeno fino a recuperare lucidità. Osamu ride, gli occhi luminosi per le luci di Tokyo, il volto arrossato dall’alcool. 
“Keiji, ci stai provando con me?” e ghigna, come solo i Miya sanno fare.
Keiji arrossisce violentemente. Osamu è bellissimo.
Anche Koutaro è bellissimo.
Ma lì c’è Osamu, che gli barcolla addosso, e profuma di riso e di buono e di dopobarba, ed è inebriante. 
Osamu ride di nuovo, allevia tutta la tensione che Keiji non può essere l’unico a provare, e non accetta l’invito.

Quella domanda sospesa lo fa rabbrividire tutta la notte.

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“Va tutto bene?”
“Mh?”
“Mi ha scritto Sunarin”
“Spione”
“È preoccupato”
ansia, senso di colpa, “Di cosa?”
silenzio, titubanza, “Sunarin non mi aveva mai scritto preoccupato”
Uno scambio di sguardi, un vorticare di emozioni confuse che si specchia e si trasferisce per osmosi, Atsumu che ne rimane travolto. Allunga una mano e gli stringe il polso. La presa scotta e aumenta fino a far male. Osamu abbassa lo sguardo, la gola che si chiude, poi torna a guardare Atsumu e si sente più sereno.
“Va tutto bene, ‘Samu”
E Osamu ci crede, e cerca di respirare di nuovo

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Lavora tutta la notte, si perde a revisionare le storie degli altri, cercando di nascondersi la propria.
“È un periodo”
se lo ripete bevendo caffè sperando che annebbi il cervello invece che affilarlo.
Non vuole pensare che la sua paura più grande stia diventando realtà. Lo sapeva da quando erano ragazzini, che un giorno avrebbe spezzato in due il cuore puro del suo Bokuto Koutaro, un terrore che agli inizi lo teneva sveglio di notte.
Ha cominciato a soffrire di nuovo di insonnia.
Quindi lavora, e scappa.

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Bokuto si avvicina al bancone, sporgendosi sorridente per chiedere un onigiri al salmone.
Poi si guarda attorno, facendo ruotare la testa a scatti da un lato all’altro, “Come mai Suna-kun non è venuto?”.
Osamu non lo guarda, non ne ha il coraggio, continua a manipolare il riso come se fosse l’unica cosa che lo tiene ancorato alla realtà. Scrolla le spalle, “non lo so”.
“Non lo sai?” la voce di Bokuto ha un che di insidioso, e Osamu senza rendersene conto alza lo sguardo.
Gli occhi di Bokuto sono un pozzo in cui annegare. Osamu ha paura che lui gli possa leggere i pensieri. 
Razionalmente sa di non aver fatto niente di male, ma i suoi pensieri, le sue intenzioni, hanno già il sapore di un tradimento.
Respira a fondo, “Suna e io non stiamo più insieme”
E legge paura negli occhi di Bokuto.

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Ha aperto la porta e si è trovato davanti Koutaro, con un borsone in spalla e lo sguardo terrorizzato. “Kou?” cerca di dare voce alla sua perplessità, ma le domande si perdono in un abbraccio che gli sembra una prigione.
Koutaro non perde tempo a parlare, lo tiene stretto come se stesse affogando, lo bacia come se fosse la prima volta, lo spoglia con dita tremanti.
Keiji lo lascia fare, accogliendolo e aspettando. Quando le risposte arrivano, sente un peso nel petto togliergli il respiro mentre cerca di rimanere impassibile.
Si sente un bugiardo.

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Keiji manca da settimane da Onigiri Miya. 
Quindi, Osamu sa che Keiji sa.

Osamu prepara il riso e sente un vuoto assordante che lo perseguita. È occupato a capire come fare a vivere la sua vita senza il costante pensiero di Suna Rintarou nella sua mente.
Cosa se ne fa normalmente la gente con tutto quel tempo libero? di tutto quello spazio in più da dedicare ai propri pensieri? Di poter fare potenzialmente qualsiasi cosa senza dover render conto a nessuno? della solitudine che di notte cerca di schiacciarlo?
Atsumu cerca di non farglielo scoprire, onnipresente in ogni possibile ed invadente modo gli venga in mente.

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“Osamu è vero?”
“Che cosa?”
“Non trattarmi come uno scemo”
dall’altro capo del telefono sente un silenzio attonito.
“Scusami, devo aver bevuto un bicchiere di troppo”
“Mi stai chiamando da ubriaco?”
Keiji non capisce se l’intonazione sia maliziosa, l’accento di Hyogo lo confonde, quindi non risponde, il volto nascosto tra le mani come se lui potesse vederlo.
Può sentirlo sorridere di rassegnazione. Può vederlo, potrebbe addirittura sentirne l’odore. Maledizione.
“Sì, è vero”
“Cosa ti è saltato in mente?”
“Dimmelo tu”
E Keiji si lascia scappare un singhiozzo mentre il cuore accelera senza controllo, si lascia scappare le lacrime. Non sa cosa dire.
Rimangono in silenzio ad ascoltarsi respirare.

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“Tsumu…”
“Non dirlo”
“Mi dispiace, Tsumu…”
“È un mio compagno di squadra!” Atsumu supplica, si strugge, sembra avere su di sé tutto il peso dell’universo. Osamu vorrebbe spaccargli la faccia. E abbracciarlo.
“Dì a Bokuto-san che mi dispiace”
“Lo avete distrutto!”
“Non è colpa mia!”
“E allora di cosa ti dispiace?”
“Cosa dovrei fare? Sono pieno di sensi di colpa!”
“Vorrà dire che te li meriti!”
“Non ho fatto niente! Non è qualcosa che ho scelto!”
“Lo so!”
Riprendono fiato, svuotati. Poi Atsumu chiude le distanze per abbracciarlo stretto, per fargli sentire che non è solo, che lui si fa carico anche delle emozioni che Osamu non riesce a esternare. Come quando da bambini Osamu si sbucciava un ginocchio e Atsumu piangeva al posto suo, mentre gli metteva un cerotto.
Anche adesso, Atsumu piange per entrambi.

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Keiji si trova Osamu davanti alla sua porta.
Quindi, Keiji sa che Osamu sa.

Osamu alza sotto gli occhi di Keiji una borsa di carta di Onigiri Miya.
“sto testando i nuovi ingredienti che mi avevi suggerito, ma tu non sei più venuto al locale”.
Keiji sposta lo sguardo spaesato dalla borsa agli occhi dell’altro, e lascia che Osamu veda gli occhi arrossati, le occhiaie, i capelli arruffati, il tormento nello sguardo.
Osamu sospira, abbassando il braccio e la testa.
“Keiji io sono stanco di sentirmi in colpa. Abbiamo davvero fatto qualcosa di male?”
Keiji non risponde, per la prima volta la sua parte razionale non riesce a prevaricare sui sentimenti.

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Cercare di incastrare sé stessi con un’altra persona è terrorizzante ed esaltante insieme.
Ogni sospiro, ogni sguardo, sono la scoperta di qualcosa di nuovo.
Ci vuole tempo, a imparare a conoscersi ora che si cammina da soli. A non perdersi negli occhi di qualcun altro, perchè si è sempre fatto così.

Il frastuono di Tokyo diventa un rumore bianco indistinto che li nasconde, ancora acerbi e barcollanti. Si cercano, ma nella condivisione del tempo si sentono irrazionalmente dei traditori.
Si vergognano a provare sollievo ad averli finalmente lasciati - Atsumu, Bokuto, Suna - alla loro corsa bulimica in un mondo che scadrà (se sono fortunati) in una decina di anni.
Perchè Osamu e Keiji hanno tutto il tempo per respirare finalmente a pieni polmoni l’aria fuori dalla bolla in cui erano rimasti intrappolati.

Ci vuole impegno e costanza, tempo ritagliato da una vita frenetica. C’è privazione di sonno senza però preoccuparsene, lasciarsi travolgere da emozioni che erano sicuri di essersi lasciati alle spalle.

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Osamu coglie un appiglio qualunque - un temporale e un ombrello dimenticato - per avere una stupida scusa ed invitare Keiji nella propria casa.
Farlo entrare, dargli i propri vestiti, intravvedere lembi di pelle chiara.

E l’istinto finalmente mette a tacere il frastuono nelle loro teste.
E c’è lo stupore nell’accarezzare un corpo che non è scultoreo e scattante, ma morbido, più simile al proprio e per questo accogliente. 
L’impacciata curiosità alla scoperta di un sapore nuovo, un nuovo odore che si mischia al proprio, i propri movimenti che causano reazioni sconosciute.
È nuovo, è diverso, ma non può essere sbagliato.

C’è il buio della notte che li ascolta respirare.
“Keiji?”
“mmh?”
“ho detto ad Atsumu di venire a trovarci, domani”



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ok. Non era mia intenzione scrivere dell'angst e fare male a tutti. 
Fortunatamente, sono molto emozionata e lusingata nel dire che delle persone magnifiche hanno già letto questa storia e pensato di dare un sequel che potesse portare un po' di gioia ai personaggi a cui ho maggiormente causato dolore.
Speechlessback - ha incollato i pezzi del cuore disintegrato di Bokuto Koutaru nella sua Alla Ricerca di Tonfi Straordinari 
Pandora13 - ha rasserenato un rabbioso Suna Rintarou nella storia Spirali.

Penso che insieme, questa serie di tre storie che vivono anche da sole ma acquistano forza se lette insieme, siano qualcosa di straordinario.

 

  
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