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Autore: Reginafenice    27/08/2022    0 recensioni
[The Marvelous Mrs. Maisel]
Quella che stava per volgere al termine era stata una delle giornate più calde dell’estate. Per fortuna, l’aria montana delle Catskills aveva reso sopportabile a chiunque l’infinita catena di festeggiamenti organizzati da Midge per il quarto compleanno della piccola Esther.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quella che stava per volgere al termine era stata una delle giornate più calde dell’estate. Per fortuna, l’aria montana delle Catskills aveva reso sopportabile a chiunque l’infinita catena di festeggiamenti organizzati da Midge per il quarto compleanno della piccola Esther.

L’agenda della signora Maisel esplodeva per via degli ingaggi che fortunatamente stava accumulando sin da novembre. Quindi, allontanarsi per due mesi dalla metropoli per isolarsi nel bungalow della famiglia Weissmann nella cosiddetta “terra del Brosh” rientrava tra i reati più gravi della lista nera che le aveva dato Susie prima di partire. Se si fosse macchiata di una colpa del genere avrebbe potuto considerare il loro rapporto di lavoro concluso irreversibilmente.

Fino ad allora, però, Midge era riuscita a non fare neanche un passo falso.

 

Viste le circostanze, prendersi un giorno libero per celebrare sua figlia non fu affatto facile.  

Il camper che aveva affittato era partito da New York per raggiungere il resort nel pomeriggio. Lì avevano fatto un lunghissimo bagno nel lago per poi cambiarsi i vestiti e cenare in un ristorante, dove trovarono anche Joel. Tuttavia, al taglio della torta Midge fu chiamata da uno dei camerieri per rispondere con urgenza al telefono.

«Ma non può dirle che in questo momento sono impegnata? La prego!»

Il cameriere scosse la testa con aria affranta, «Mi dispiace signora, ma ci ho provato. Abbiamo perso il conto di tutte le volte che la sua amica ha richiamato.»

«E va bene, arrivo. Glielo dice lei a Susie che dovrà pagare le sedute dall’analista a Esther per il trauma che riceverà? La madre assente mentre spegne le sue prime quattro candeline!»

Una volta sfilatosi l’orecchino per appoggiare più comodamente la cornetta all’orecchio, Midge rispose con un “Pronto?” che non trasmetteva affatto entusiasmo. Doveva ammettere di essere abbastanza curiosa del motivo di tanta insistenza, però.

 

«Ah, quindi la tua manager può tranquillamente sbattere contro uno stramaledetto albero, su un sentiero buio come la strada per l’inferno di Dante Alighieri, che tu ti prendi il lusso di rispondere al telefono dopo cinque fottutissimi squilli?»

«Oddio, Susie! Come stai?»

«Un “mi dispiace” sarebbe stato un esordio migliore, non ti pare?»

Midge si morse il labbro in preda al senso di colpa, «Scusami, ma oggi è il compleanno di mia figlia. Sono sicura di avertelo detto e di aver ricevuto almeno trenta minacce di morte da parte tua nel caso avessi deciso di trattenermi qui più per più di un giorno.»

«E’ proprio perché non mi fido delle tue promesse che ho preso la macchina. Quindi, indovina un po' dove mi trovo? Beh, non è difficile immaginarlo se hai mantenuto una soglia dell’attenzione più alta del solito.»

«All’inferno?» Tentò Midge.

«Non è il momento di fare la spiritosa.»

«Ma dove sei finita?»

Susie si sforzò di trattenere l’impazienza che minacciava di farla esplodere in turpiloqui di non ardua comprensione, «Nel bel mezzo del nulla, qui sulle Catskills. Ecco dove sono!  Volevo seguire il tuo ridicolo camper per assicurami che tornassi domani. Ti ricordi che abbiamo la registrazione della puntata speciale dello show, vero?»

«Certamente. Sarei tornata in ogni caso.»

Susie scoppiò in una risata isterica, «Devi farti trovare allo studio di registrazione alle sei di mattina, Miriam. Alle sei in punto! Questo significa che saresti già dovuta partire e prepararti per un sonnellino ristoratore. Credi che la tua crema notturna si assorbirà in tempo? E i tuoi boccoli, anche loro saranno pronti per le sei? Chi ti stirerà i vestiti se Zelda starà stanca morta dopo il viaggio?»

«Calmati! Inspira e conta fino a quattro, poi espira e dimmi da quale posto stai chiamando.»

«C’è una cabina telefonica, grazie a Dio. Ero sulla via per lo Steiner e improvvisante mi è spuntato davanti un albero dall’oscurità più nera…»

«Ma stai bene? Sei tutta intera?»

«Ci sono degli strani animali in giro, Miriam. Tra un’ora potrebbe non essere rimasto niente di me. Vienimi a prendere. Prometto di risarcire tua figlia per i danni psicologici.»

 

Midge si distrasse un attimo; guardò verso il tavolo dove Esther ed Ethan stavano divorando compiaciuti la loro fetta di torta. Poi, il suo sguardo cadde involontariamente sul suo ex marito: a giorni sarebbe diventato padre per la terza volta e saperlo felice con Mei, innamorato e soddisfatto della sua nuova vita, aveva aperto anche per lei degli eccitanti orizzonti di crescita di cui in fondo aveva paura.

«Ehi? Ci sei o sei già scappata a prendermi?»

«Sì, ci sono. Arrivo tra un minuto.»

«Allora posso anche mettermi comoda a dormire per un’ora. Ti conosco troppo bene per crederci.»

«Un minuto.» Chiuse il telefono e chiese a suo padre le chiavi del camper, senza aggiungere dettagli. Prima di precipitarsi dalla sua manager, diede un bacio sulla fronte ai suoi figli.

Abe e Joel scoppiarono all’unisono in un preoccupato “Ma dove diavolo stai andando a quest’ora?!”

«Salvataggio in extremis. È un recupero a bordo strada»

«Non hai neppure la patente, Miriam!» Rose la guardò esterrefatta.

«Ma è gente affidabile? Vuoi che ti accompagni?» Joel, da altro canto, non riusciva a impedirsi di non allarmarsi.

«Dipende da quanto reputi affidabile Susie. E Joel, tu devi tornare da Mei. Io me la caverò.»

 

 

«Non posso cederci, cazzo!»

Midge scese dal camper per tastare Susie, alla spasmodica ricerca di ferite mortali.

«Sei ancora viva!»

«Sei venuta da sola? E dov’è quell’imbecille di Joel una volta tanto che poteva servire a qualcosa? Potevi farti male, Miriam!»

«Si era proposto di accompagnarmi, ma ho preferito che andasse da Mei. Non mi perdonerei mai se partorisse senza di lui. E, inoltre, temevo che tu lo assalissi. Sai essere aggressiva quando hai fame.»

Susie ci pensò un po' su, «Mhmm… è vero, ma ciò non toglie che avresti potuto perderti e non tornare in tempo per lo show di quel damerino.»

«Non è per caso che eri in ansia per me, perché oltre ad essere la tua cliente di punta sono anche la tua migliore amica?»

Sapeva che punzecchiarla usando la verità avrebbe reso Susie più onesta con se stessa.

«Sì, sì. Anche per quello.»

 

Quando arrivarono al ristorante non trovarono nessuno ad aspettarle. In preda al panico, Midge iniziò a guardare sotto ogni altro tavolo nell’irrazionale speranza di scoprire i suoi figli pronti a farle una sorpresa, ma non c’era nessuno.

«Ehi!» Fermò un giovane cameriere esercitando una forte presa sul suo braccio, «Che fine hanno fatto i Weissmann e il signor Maisel?»

Susie si affrettò a correre in aiuto del povero giovanotto specificando, «Due piccole pesti dalle mani appiccicose, una coppia di ebrei apparentemente snob e svitati e un vero e proprio coglio…»

«Susie!»

«Che c’è? Ho detto solo quello che nessuno ha il coraggio di dire», aggiunse a mo’ di scuse, mentre in punta di piedi afferrava un vol-au-vent dal vassoio.

«Signora Maisel, ma non sa nulla?»

Midge scosse la testa.

«Sono andati al pronto soccorso perché la bambina è caduta e ha urtato la testa contro un piede del tavolo. Si è ferita leggermente, ma i suoi genitori hanno preferito portarla in ospedale. Ah, e suo marito è dovuto scappare a New York per un’emergenza più grave.»

«Il suo ex marito», Susie trovò giusto sottolinearlo.

Midge non perse tempo e la trascinò via con sé.

«Ma è solo un graffio. Stai tranquilla!»

La pentola stava per esplodere. Susie lo aveva capito guardandole il volto pallido e le labbra tremanti. Prevedeva che la radio accesa all’una e mezza di notte su quelle montagne tortuose sarebbe stata una ninnananna in confronto alla logorrea che presto avrebbe preso possesso della donna che le sedeva a fianco. Era un sacrificio di empatia che andava fatto, non dalla manager ma dall’amica che Midge aveva miracolosamente tirato fuori da lei.

 

 

Non appena giunse in prossimità della sala d’attesa dell’ospedale, il suono delle risate di una voce familiare servì a tranquillizzare Midge,

Ethan era crollato tra le braccia di suo nonno, con indosso ancora il capellino della festa di compleanno. Abe, invece, lottava con tutte le sue forze per rimanere sveglio, ma si trattava di una battaglia che avrebbe avuto un esito facilmente prevedibile.

Susie si sedette vicino a Rose, mentre Midge rimase in piedi, incapace di rilassarsi del tutto o anche soltanto di far riposare i piedi. L’agitazione che provava nell’aspettare che qualcuno uscisse dalla stanza in cui si trovava Esther era implacabile.

Dopo venti minuti, un’infermiera fece capolino nella sala d’attesa. Accorgendosi dell’insolito mutismo di Midge, Rose le spiegò che la madre della piccola era arrivata e che desiderava starle accanto.

«Certo signora, può seguirmi da questa parte.»

Midge si affrettò ad andarle dietro lungo il corridoio, facendole mille domande e non badando minimamente al dolore provocatole dalle scarpe col tacco che indossava ormai da ore.

«Sua figlia è in ottima compagnia, sa? Non ha più smesso di ridere da quando…»

«Ma non ha appena detto che le stanno mettendo dei punti di sutura alla ferita?»

«Esatto.»

Midge assunse un’aria confusa, «E non la trova una contraddizione? Esther ha quattro anni e, per quanto sia coraggiosa, è incline a piangere a dirotto quando si fa male, come tutti i bambini della sua età. A maggior ragione se le viene inserito un ago nella fronte per ricucirle la pelle.»

La giovane bussò alla porta sogghignando irrefrenabilmente. Poi si rese conto della mancanza di tatto e si premurò di spiegare a Midge il motivo della sua ilarità, «Mi scusi, ma non riesco a smettere di ridere se ripenso alla situazione».

Un’altra infermiera andò ad aprire, interrompendo il lavoro che aveva quasi terminato. In quella stanza, però, c’era un’altra persona: era di spalle ed era Lenny Bruce, seduto sul lettino con Esther sul grembo.

 

La bambina era tranquillissima e in immersa in un placido sonno sulla spalla del comico.

«Oh, cielo! Proprio quando credi di averle viste tutte…», Midge aveva la bocca spalancata per la sorpresa.

Lenny si illuminò, ma rimase immobile e non disse nulla per non svegliare Esther. Era più bravo di lei a nascondere lo stupore.

Sbarazzatasi della borsa e del cappello, Midge si fiondò su di lui e su sua figlia per controllare che fosse tutto a posto. Poi, gli puntò la lampada dritta in faccia con aria indagatrice, «Cosa ci fai qui? Stai bene? Perché sei su un lettino d’ospedale?»

«Ehi, e questo cos’è? Un interrogatorio?»

«Vorrei capire come ha fatto Esther a finire su di te.»

L’infermiera intervenne prima che potesse farlo lui, «Il signor Bruce è stato così adorabile da aiutarci a far calmare la piccolina. Era davvero impossibile medicarla! Neanche i nonni sono riusciti a farla distrarre.»

Si scambiò un’occhiata d’intesa con lui, «Beh, questo è del tutto normale.»

«Se proprio vuoi saperlo, sono qui per un mio amico. Intossicazione alimentare.»

Midge alzò un sopracciglio, «Aveva mangiato troppi biscotti?»

«A quanto pare…»

«Così Lenny… Oh, scusi posso chiamarla per nome?» Chiese l’infermiera in tono adorante. Lenny si accorse dell’aria annoiata di Midge e ridacchiò sotto i baffi. La gelosia non aveva risparmiato nemmeno lei.

Invitò la sua ammiratrice a proseguire.

«Quindi, dicevo…Lenny l’ha presa in braccio e ha iniziato a raccontarle delle battute. Esther non ha smesso di ridere fino a qualche minuto fa. Ci sa fare con i bambini!»

«Non esageriamo. Ora è arrivato il momento di restituirla alla sua legittima proprietaria. È stato un onore intrattenere la figlia della migliore comica in circolazione».  E fece un inchino.

Quando gliela consegnò, Lenny notò il rossore sulle guance di Midge. Possibile che i suoi complimenti la imbarazzassero ancora così tanto? Era solo la verità, spoglia di inutili adulazioni. Sapeva che quel rossore era il sintomo di un’emozione molto, molto, più forte della semplice modestia. Prima di uscire si voltò di nuovo.

«Ah, Midge. Se dovesse ripetere la parola “tette” sappi che questa volta non sono io il responsabile. In effetti, mi aveva colpito che una bambina tanto elegante avesse una tale… proprietà di linguaggio, se così si può dire. Adesso però non ne sono più sorpreso.»

Richiuse la porta con gli occhi di Midge puntati come una calamita nella sua direzione.

   
 
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