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Autore: Jeremymarsh    31/08/2022    9 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo VII: Ultimatum




 

“Dico soltanto che la tua rabbia non è lunga abbastanza, non te ne fai nulla, purtroppo. Se tu avessi una rabbia lunga, ti stuzzicherei per farla crescere.”

Madre Courage e i suoi figli, Bertolt Brecht

 

 

“Si può sapere cosa hai detto alla mamma?” sbottò Inuyasha quando raggiunse l’Inu-no-Taisho nel suo ufficio privato. “Non fa che mandarmi occhiate melense e anche troppo eccitate da quando avete lasciato soli me e Kagome ieri. Senza contare che l’ha rapita alla prima occasione e di questo passo trascorrerà più tempo lei con la mia fidanzata che io!” Incrociò le braccia e alzò gli occhi al cielo mentre prendeva posto davanti alla scrivania, replicando un atteggiamento del se stesso bambino e facendo sorridere Toga a causa dei ricordi che suscitò.

Il padre rise. “Non sarai mica geloso di tua madre, vero?”

“Keh. Ovvio che no!” rispose subito, distogliendo lo sguardo e arrossendo, facendo capire che lo era eccome.

“Suvvia, Inuyasha,” continuò Toga incapace di smettere di ridacchiare. “Dopo tutto, lo sai che ha sempre desiderato una figlia; lascia che impari a conoscere l’unica che mai avrà.” A quel punto il mezzo demone divenne rosso fino alle punte delle orecchie e sembrò sul punto di cacciare fumo da quest’ultime.

“C-che c-osa?” farfugliò. “F-figlia?”

“Beh, lo hai detto tu stesso, no? È la tua fidanzata.” Gli sorrise sornione.

“Ma perché il nonno mi ha dato la sua mano e insomma... io e lei... n-noi. Insomma, hai capito!” sbuffò, distogliendo di nuovo lo sguardo.

Una risata fragorosa si impossessò di Toga. “No, non ho capito.” Inuyasha lo guardò storto. “Figliolo, non impari mai,” rise ancora. “Ma non comprendo questo tuo imbarazzo. Sei stato tu a chiedere la sua mano, siete anime gemelle, presto vi unirete e formerete una famiglia. È così che-”

“Papà! Per favore, non farmi ancora quel discorso!”

“Non ti vergognerai mica, vero, Inuyasha? Ormai sei grande. E dicevo che è così che vanno le cose. A proposito, tua madre voleva sapere quando cominciare a organizzare la cerimonia. Ha detto che avrebbe chiesto a Kagome se ne voleva una umana oltre che demoniaca e-”

“CHE COSA?” Balzò in piedi, questa volta cacciando veramente fumo dalle orecchie. “Come sarebbe a dire che avrebbe chiesto a Kagome? Che le salta in mente? È ancora troppo presto, non abbiamo parlato assolutamente di quello! Dannazione, lo sapevo che il suo essere troppo invadente avrebbe causato guai prima o poi. Devo assolutamente fermarla prima che sia troppo tardi.”

Toga lo fermò con una mano sulla spalla e lo costrinse a risedersi prima che potesse scappare via. “Calmati. Certo che da quando hai incontrato Kagome il sangue ti va ancora di più alla testa – ed è tutto dire! Mi spieghi, esattamente, che significa è troppo presto non abbiamo parlato di quello? Vi abbiamo lasciato spazio per un motivo; mi sembrava di essere stato chiaro. Non vi fa bene rimandare ancora.”

“Non intendevo che non ne abbiamo parlato. Abbiamo messo in chiaro che sappiamo chi siamo per l’altro,” sbuffò Inuyasha, contrariato e ancora in ansia.

“E perché è troppo presto allora?”

“Come perché! Insomma, ci siamo conosciuti due giorni fa e non nelle migliori condizioni; Kagome è ancora sconvolta; non sappiamo nulla dell’altro. Che ti aspetti?” sbraitò.

Toga mise le mani davanti. “Ok, ok, capisco, non siete temerari come lo siamo stati noi.” Lui e la sua Izayoi si erano sposati e uniti dopo solo una settimana e in più di due secoli non se n’erano mai pentiti. Dopo tutto, per loro era stato chiaro fin da subito. Certo, comprendeva anche che la loro situazione era leggermente diversa da quella di suo figlio e Kagome; lo era sempre.

Temerari,” sbuffò Inuyasha sotto voce. “È per questo che ora mamma si è messa in testa di poterle chiedere certe cose? Stamattina l’ho sentita parlare con le domestiche per andare a commissionarle un intero guardaroba e un corredo; ora capisco, dannazione! Devo fermarla,” esclamò, tentando di nuovo di alzarsi e scappare via. Toga lo fermò ancora.

“Calma, calma,” ribadì. “Non ha intenzione di parlare prima di averlo fatto con te. Tua madre non è invadente fino a questo punto; puoi stare tranquillo. Ora dimmi di più su ciò che vi siete detti ieri.”

“Per ora.” L’hanyou roteò gli occhi. Poi tossicchiò e cominciò a grattarsi la nuca, nervoso; il padre arcuò un sopracciglio in risposta. “È andato bene, tutto sommato.”

“Tutto sommato cosa?” Sembrava che dovesse cavargli le risposte da bocca.

“Beh, tutto.” Scrollò le spalle.

Inuyasha.” Toga lo guardò severo.

“Va bene, va bene. Intendevo che abbiamo chiarito che nessuno dei due deve dubitare dell’altro affrettando le conclusioni. E visto che non ci conosciamo bene ancora, ci prenderemo del tempo per imparare l’uno dall’altro. Nessuna cosa affrettata visto da dove partiamo,” ammise rillutante, senza incontrare lo sguardo del padre.

“Quindi alla fine non le hai rivelato come ti senti?” lo spronò ancora, apparendo deluso.

“Oi! Avevi detto che dovevo chiarire il discorso delle anime gemelle, non che dovevo confessarle chissà cosa. Sono passati a stento due giorni,” gli ricordò. “E poi non so a cosa tu ti riferisca,” aggiunse, arrossendo e facendo finta che i suoi sentimenti non si stessero sviluppando velocemente e che il padre non ne sapesse nulla.

“Lo so, figliolo, ma esseri sinceri non fa mai male – anche con se stessi.” Gli lanciò uno sguardo penetrante che Inuyasha ignorò senza difficoltà.

“Sì, se sei un mezzo demone e non vuoi essere rifiutato,” lo contraddisse. “In più, lei mi ha detto che è confusa – e sì, lo so che è normale – quindi perché dovrei metterle pressione se in realtà quello che voglio è evitare di forzarle la mano? Siamo arrivati a un buon accordo. Nonostante le paure e le ansie, credo che sia un inizio.” Dopo tutto, Kagome non era l’unica a essere un po’ confusa e in panico per l’intera situazione e per il ritmo a cui dovevano abituarsi in così poco tempo.

“Hmm,” meditò l’altro cominciando a fare avanti e indietro nella stanza. “Beh, devo ammettere che è un grande passo per te, soprattutto considerando quanto mi hai detto ieri e come ti senti. Vuol dire che ha accettato il tuo corteggiamento? Sì, sì, potrebbe essere in realtà ottimo per voi. Non siete come me e tua madre; non si può pretendere che per tutti sia uguale, d’altronde.”

“Ciò vuol dire che la mamma non farà domande imbarazzanti che potrebbero rovinare ogni mio progresso?”

Toga rise ancora. “No, tranquillo. Gliene parlerò più tardi. Oh, comunque non è molto contenta del fatto che non le hai rivelato subito chi fosse Kagome, ma è disposta a perdonarti e vuole che ne parliate non appena la situazione si tranquillizza.”

Inuyasha deglutì, sapendo bene cosa significasse. Poi, però, passò ad argomenti più urgenti. “E a proposito: vorrei partire subito per ritornare al villaggio.”

“Credi che sia saggio portate con te Kagome? Potreste essere visti o chissà che altro,” rifletté il dai-youkai.

“Lo so, nemmeno io ne sono entusiasta, ma ho scoperto che la ragazza sa essere più testarda di me,” sbuffò. “Non sono riuscito a farle cambiare idea!”

Il padre rise ancora più forte – quell'incontro certamente lo stava divertendo. “Oh, capisco; è proprio perfetta per te! Finalmente qualcuno che ti terrà testa.”

“Oi, sono serio qui!”

“Certo, certo.” Si schiarì la gola e riprese: “Allora credo sia più sicuro partire sul tardi e viaggiare di notte come avete fatto l’altra sera. Mantieni tutti i sensi all’erta e non comportarti in modo avventato. La posta in gioco è molto alta.”

“Lo so, papà,” sibilò Inuyasha, già preoccupato e in ansia. “Quel villaggio mi manda sensazioni per nulla piacevoli; non vedevo l’ora di lasciarlo.”

“Beh, questo è ciò che succede quando è abitato da persone tutt’altro che pure o in casi come quello dei giorni scorsi. Gli umani, talvolta, non reagiscono bene a certi eventi e non sanno gestire bene le loro emozioni; questo crea non poco scompiglio,” commentò con saggezza. “Però, hai ragione: se queste sono state le tue impressioni, dovete essere veloci. Viaggiate leggeri e ribadisci che non devono preoccuparsi di portare molto; gli affetti vanno bene, ma al resto ci penserò io. È il minimo per la famiglia della tua futura compagna.”

Inuyasha roteò un’ultima volta gli occhi prima di lasciare la stanza; suo padre si comportava come se lui e Kagome fossero già una coppia da tempo, in procinto di fare chissà cosa. Non osava pensarci.

Voleva bene ai suoi genitori, tanto, ma in quei giorni stava scoprendo ancora di più quanto fossero capaci di imbarazzarlo. Se non fosse stato già agitato e preoccupato per altro, avrebbe di certo speso qualche parolina in più per far sapere loro cosa pensava di quell’atteggiamento. Sospirò e poi cercò Kagome, sicuramente in compagnia della madre che si stava impegnando parecchio per distrarla e farla sentire un po’ meglio; Inuyasha gliene era davvero grato. Appena la vide si fermò un secondo in più ad osservarla e un sorriso si distese subito sulle sue labbra, cancellando il cipiglio che aveva indossato fino a quel momento.

Era vero che la sua vita era ora composta per la maggior parte da incognite, una delle quali rappresentata proprio da Kagome, ma in fin dei conti non ne era così dispiaciuto.

 

***

 

Toga convocò il figlio maggiore poco dopo che il minore ebbe lasciato lo studio, ben consapevole che la conversazione sarebbe stata molto più complicata della precedente. Era difficile ricordare i giorni in cui la relazione con Sesshomaru era stata semplice e naturale: lo ricordava come un bambino e un ragazzino determinato e pieno di idee, non si era mai fatto scoraggiare e aveva sempre avuto tanta fiducia nelle proprie capacità — anche troppa. Ciò che più gli mancava era il modo in cui lo guardava, fiero e pieno di ammirazione, con la voglia di seguire i suoi passi. Peccato solo che la stessa era sparita quando la sua strada si era separata da quella della madre, Kimi, e si era congiunta, un po’ di tempo dopo, con quella di un’umana.

Kimi non era proprio una cattiva persona, ma spesso troppo indifferente a ciò che le accadeva intorno e, soprattutto, alla maggior parte dei sentimenti. Questo le rendeva impossibile esternare ciò che provava davvero – non che si impegnasse o le interessasse farlo – ed era il principale motivo per cui Toga si era deciso a dividersi da lei. La loro era stata solo un’alleanza politica e nessuno dei due provava nulla di più del reciproco rispetto; a lungo andare la cosa aveva cominciato a pesar loro. Sesshomaru non era stato così d’accordo e sebbene la madre si comportasse allo stesso modo anche con lui, non aveva accettato di buon grado la loro separazione. Aveva più volte tentato di far capire al padre che non servivano i sentimenti per mandare avanti un’unione politica e che quella che lui aveva con Kimi era perfetta così com’era.

Purtroppo per Toga, Sesshomaru non aveva ereditato da lei solo i marchi demoniaci, ma anche quella predisposizione indifferente e il disprezzo per tutto ciò che era diverso da loro e, soprattutto, debole. Anche quando era rimasto al castello con lui dopo che Kimi se ne era andata per la sua strada, il Generale aveva fatto fatica a mostrargli la propria visione del mondo e man mano che le stagioni passavano la distanza tra i due aumentava: Sesshomaru non apprezzava il suo modo di condurre l'esercito o la sua ostinazione nel voler intrattenere rapporti pacifici con gente inferiore che, al massimo, poteva guadagnarsi il ruolo di schiavo. In breve, ciò che in Kimi era sempre stata indifferenza in lui si era trasformata in odio puro che era arrivato al culmine quando Toga aveva trovato la propria anima gemella: Izayoi.

Erano passati più di due secoli da quel giorno e l’Inu-no-Taisho trovava sempre più difficile venire a patti con gli scatti d’ira del figlio non più così giovane e che, in realtà, dimostrava un’immaturità non adatta a lui. Non aveva mai gettato la spugna, ma non poteva non ammettere che la cosa lo faceva star male e che, nonostante tutto ciò che si dicesse su di lui, Sesshomaru era diventato proprio il suo punto debole. Era pur sempre suo figlio, alla pari di Inuyasha, e per lui voleva il meglio — come ogni altro genitore —, ma ciò che stava per fare avrebbe potuto trasmettere il messaggio sbagliato.

Tuttavia, non aveva altre scelte: le aveva provate tutte e nulla era davvero servito. Quella era l’unica strada da intraprendere e se non avesse funzionato si sarebbe trovato davvero di fronte a un vicolo cieco. Sperava di riuscire a scuotere Sesshomaru e le fondamenta del suo essere, così da portarlo a una riflessione interiore che, forse, gli avrebbe fatto capire che i valori da lui scelti e seguiti finora erano conseguenza di sentimenti sempre repressi e non così giusti come credeva.

 

***

 

Quando Sesshomaru arrivò, lo fece portando con sé tutta la furia che stava ancora covando a causa degli eventi del giorno prima. Aveva aspettato la convocazione del genitore consapevole che non avrebbe davvero potuto andarsene senza averlo ascoltato: era stato chiaro e Sesshomaru sapeva cosa certi sguardi di Toga significassero. Sebbene ormai gli portasse rispetto raramente, c’erano alcune occasioni in cui gli era impossibile disubbidire.

Questa era una di quelle.

La rabbia era sua compagna ormai da anni e la nascondeva attentamente dietro una maschera fredda e composta che richiamava all’indifferenza della madre. Tuttavia, l’unico al quale non aveva mai potuto nasconderla era il padre: Toga sapeva benissimo cosa l’animo del figlio celasse e ciò indispettiva ancor di più Sesshomaru.

Nonostante tutti gli sforzi che avesse fatto non era mai riuscito a superarlo e tornava sempre da lui, consapevole che separarsi definitivamente non avrebbe portato nulla di buono. D'altronde, era rimasto in minima parte quel ragazzino che tanto ammirava il Generale e trovava difficile sbarazzarsene; forse, non voleva nemmeno farlo.

Ma era difficile venire a patti con il demone che Toga era diventato nel corso dei secoli e con i legami di sangue che lo univano a un essere inferiore come il fratellastro. Probabilmente, dentro di sé credeva ancora di non essere abbastanza per un genitore che si era sbarazzato della madre e aveva formato una seconda famiglia come se neanche lui bastasse –, ma Sesshomaru non lo avrebbe mai ammesso, neanche a se stesso. Quindi, quando raggiunse Toga poco dopo l’uscita di Inuyasha, non si sforzò nemmeno di nascondere la propria rabbia e gli fece sapere subito ciò che lo aspettava. “Cos’è? Avevi così fretta di parlare con me che ti sei intrattenuto prima con il mezzosangue?” lo schernì.

“Sappiamo entrambi che non è questo il caso,” rispose placido Toga, sistemando alcune carte davanti a sé e rimandando per qualche secondo il momento in cui avrebbe incontrato lo sguardo così simile eppure così diverso dal suo.

“Non so davvero nulla quando si tratta di te, padre,” commentò nello stesso tono.

“Naturalmente.”

“Potrai anche sprecare il tuo tempo con quella gente, ma io ho di meglio da fare che starmene qui in silenzio. Mi hai fatto chiamare per un motivo, qual è?” pretese quando vide che Toga non dava segno di voler dire di più.

“E cos’hai di così importante da fare da non poter restare qualche minuto in compagnia del tuo vecchio? Uccidere qualche altro umano a caso?” Alzò infine il viso per osservare il figlio.

Sesshomaru sibilò. “È un passatempo migliore del tuo.”

“Passatempo, eh? Beh, parliamo di questo, di come preferisci passare il tuo e di cosa tu credi sia giusto fare nella mia posizione.” Intrecciò le dita sotto il mento e lo fissò dritto negli occhi.

“Hai in mente un’altra delle tue solite morali? Puoi risparmiare il fiato; sai che non serve a nulla,” disse agitando in modo aggraziato il polso.

“Oh, no, tutt’altro. Prendi ciò che sto per dirti come un avvertimento e fai bene attenzione alle mie parole — più del solito — perché non potresti mai sapere quando potrebbero tornarti utili. Forse anche prima di quanto credi,” rispose Toga senza lasciarsi scoraggiare da quell’atteggiamento.

Sesshomaru strinse gli occhi e tentò di capire cos’altro si era inventato per avvicinarsi a lui. Il suo insistere nel volere un rapporto lo faceva apparire ancora più debole ai suoi occhi: lui non voleva qualcosa basato su effimeri sentimenti umani; desiderava una figura che lo aiutasse a diventare un vero guerriero, superare i propri limiti e che non si mettesse paura di sporcarsi le mani.

“Sesshomaru tu sei il mio erede e, come tale, quando avrò deciso di ritirarmi, occuperai il mio posto e diventerai il prossimo Inu-no-Taisho. È una posizione di grande rilievo, vero?”

“Hn,” fu l’unica risposta che ricevette.

“Sai quali sono le voci sul mio conto e sai quanto oltre queste terre i popoli mi temano e rispettino. Questi due sentimenti non sono facili da ottenere: per farlo bisogna dimostrare di essere in grado di guidare la propria gente, scendere a compromessi laddove necessario ed evitare conflitti ogni volta che è possibile – non cercarli.” Gli lanciò un’occhiata significativa. “Copro questo ruolo da secoli e ho combattuto per mantenerlo da molto prima che tu venissi al mondo, migliorandomi e adattandomi alla società che cambiava. Essere Inu-no-Taisho significa soprattutto questo.”

“Sei un guerriero, il più forte, e dovresti comportarti come tale, non sprecare energie in certi discorsi,” lo interruppe Sesshomaru.

Toga rise, per nulla divertito. “E come pensi di proteggere le tue terre se non credi che fare l’oratore sia necessario? Le parole sono più importanti dei tuoi artigli, Sesshomaru; infatti, le tue si sono dimostrate letali in più di un’occasione.”

Il figlio ghignò. “Qualcuno si è per caso offeso ieri?”

“Oh, no, non parlo di ieri. Il mio intento è chiarirti quali saranno i tuoi doveri un giorno... se vorrai.”

Sesshomaru assottigliò gli occhi. “Se vorrò?” 

“Ricorda ciò che ho detto all’inizio: tieni a mente ciò che sto per dirti. Il primo compito di un Generale è contrattare, essere comprensivi e, soprattutto, lavorare per la coabitazione per evitare spargimenti di sangue.”

In tutta risposta Sesshomaru scoppiò a ridere come mai aveva fatto. “Questo è l’avvertimento che volevi fare? Hai ancora paura di sporcarti le mani? Siamo demoni; gli spargimenti di sangue dovrebbero eccitarci.”

Toga sorrise. “Al contrario. Prendilo come un promemoria, piuttosto. Vuoi la guerra, figliolo?”

“Un conflitto facile per liberarci di gente indegna di queste terre,” rispose indifferente.

A quel punto Toga si infiammò, non più disposto a mantenere il controllo. “Bene, grazie per avermelo chiarito ancora una volta,” ringhiò. “Allora ascoltami: impara ad acquistare le caratteristiche di cui ho parlato finora, dimostrami che oltre gli artigli hai anche un cervello in grado di capire cosa significa assumersi determinate responsabilità invece di girovagare uccidendo e cercando nuove fonti di potere e il titolo sarà tuo un giorno. Ma se non ci riuscirai, continuerà a sfuggirti per sempre.”

Sesshomaru strinse i pugni e la mascella, ringhiando a sua volta. “Se vorrò, uh? Sembra che io non abbia poi così tanta scelta.”

“Al contrario,” ripeté. “Io rimango sempre disposto ad abdicare in tuo favore, ma non posso lasciare il popolo che ho guidato per secoli nelle mani di una persona che scatenerebbe la guerra alla prima occasione. Con ‘se vorrai’ intendevo proprio questo: è tutto nelle tue mani, ma devi dimostrare di essere degno.”

Il figlio scattò in piedi e avvicinò il viso a quello del padre sporgendosi oltre la scrivania che li divideva. “E chi metteresti al posto mio? Il mezzosangue?” lo derise. “Vedremo che fine farà: i demoni di questa valle non ci penserebbero due volte prima di ammazzarlo e io me ne resterò a guardare soddisfatto.”

Toga non si lasciò provocare, nonostante le parole lo avessero ferito. “Non ho mai sottointeso nulla del genere – provi per caso inferiorità nei confronti di tuo fratello? Hai paura che possa prendere il tuo posto? Per questo lo ostacoli da quando è nato? Non mi sembra di aver mai mostrato preferenze tra i due; sei tu che continui a sfuggirmi.”

Gli occhi di Sesshomaru gli lanciarono stilettate. “Inferiore a lui?” ripeté facendo una smorfia, come se le parole gli avessero lasciato un saporaccio in bocca. “Di un essere incapace come lui? Vuoi proprio farmi ridere oggi.”

“Sei tu che l’hai tirato in ballo, Sesshomaru. Ricorda che io ho una vita ancora lunga davanti a me e, a meno che qualcuno non mi tradisca e mi uccida, non avrò bisogno di essere sostituito. Ti ho convocato solo per ricordarti che potrebbero passare ancora più secoli di quel che credi prima di essere Generale se non vuoi imparare certe lezioni.”

Il silenzio li inghiottì per un attimo per poi essere infranto dal rumore del sangue che colava goccia a goccia sul pavimento. Gli artigli di Sesshomaru erano penetrati a fondo nei suoi palmi, ferendolo in continuazione senza dare al suo corpo modo di guarirsi. Padre e figlio iniziarono una battaglia di sguardi che sembrò durare in eterno, ma infine, con un ultimo ringhio e un’occhiata carica d’odio, Sesshomaru lasciò l’ufficio e dietro di sé un genitore profondamente disilluso.

Toga si accasciò sulla poltrona e si coprì il viso con le mani: aveva fatto la scelta giusta o aveva condannato per sempre la loro relazione? Era stato tremendamente difficile pronunciare quelle parole, ma in cuor suo sperava che sortissero l’effetto desiderato.

Solo il tempo lo avrebbe detto.

 

***

 

Inuyasha e Kagome partirono quando il sole stava per calare. Dopo le mille raccomandazioni dei genitori di lui e altre a Kagome, oltrepassarono le mura e si avviarono per la stessa strada che avevano percorso appena due giorni prima. Quando Inuyasha si accucciò, dandole la schiena, lei non si lamentò e gli salì in spalla senza problemi, tenendo la stretta salda attorno al suo collo e nascondendo il viso nel suo collo per ripararsi dal vento.

Non c’erano stati grossi cambiamenti tra loro due da quando si erano fatti quella promessa perché era passato poco tempo da allora, ma entrambi stavo cercando di evitare qualsiasi bisticcio inutile. Quel viaggio avrebbe già rappresentato una prova per loro.

Il primo paio d’ore trascorse tranquillo e con poche parole; Inuyasha andò più veloce e ben presto si trovarono a poco dal confine. A quel punto, Kagome provò a chiedergli di scendere.

“Non è una buona idea,” le sussurrò di rimando. “E prima che tu possa dire nulla, lo so che sei in grado di difenderti da sola, ma se resti sulle mie spalle, al minimo cenno di pericolo io posso portare entrambi lontani da occhi indiscreti. Se scendi, sarà tutto più complicato.”

“E come farai a proteggerci entrambi se le tue mani sono impegnate?” ribatté lei.

“Chi ha detto che tu non puoi fare nulla?” chiese di rimando, lanciandole un’occhiata e ammiccando, guadagnandosi qualche punto in più. Kagome aveva portato con sé il fedele arco e le stava dicendo che si fidava di lei nel caso in cui ce ne fosse bisogno; non stava dando per scontato che fosse una fragile donna bisognosa di essere salvata. Era un atteggiamento senza dubbio diverso da quello a cui era abituata con gli uomini del villaggio.

Pur essendo stata un’apprendista sacerdotessa, alcuni non aveva mai esitato a porsi al di sopra di lei a causa del loro sesso apparentemente superiore; altri non avevano avuto paura di sminuire le figure che in realtà li proteggevano, pensando che il loro compito principale fosse sempre essere moglie e poi madri. Si rendeva anche conto che quella fosse la mentalità comune e che nonostante i suoi poteri, la donna era percepita come inferiore all’uomo, ma ricordava come suo padre aveva trattato sua madre o la gentilezza di Hojo – sebbene anche lui avesse avuto il vizio di trattarla come delicata e ciò lo aveva condotto alla morte. Osservando le interazioni tra l’Inu-no-Taisho e la principessa Izayoi non aveva impiegato molto a capire che, nonostante lui fosse molto più forte di lei, non se ne faceva un vanto e trattava la compagna come suo eguale. Ciò le faceva sperare che Inuyasha fosse stato educato a comportarsi allo stesso modo e che nella società demoniaca i rapporti fosse diversi.

“E poi, nel peggiore dei casi, mi basta una sola mano, tranquilla. Fidati, meglio rimanere così.” Poi si bloccò e le fece segno di fare silenzio mentre oltrepassava cauto il confine, seguendo lo stesso percorso più disabitato che portava alla capanna della famiglia di lei.

Il tragitto sembrò durare all’infinito sebbene fosse in realtà molto breve e, per tutto il tempo, Inuyasha si sentì il cuore in gola e una brutta sensazione che sembrava accentuarsi ogni passo in avanti. Erano appena arrivati a una curva quando le sue orecchie cominciarono a muoversi frenetiche e si bloccò di nuovo, di colpo. Kagome ne fu sorpresa e fece per aprire la bocca, ma Inuyasha la anticipando alzando un dito per fermarla.

Sentiva chiaramente gente ancora sveglia che stava urlando e litigando e sebbene si trovassero al centro del villaggio e sarebbero stati incapaci di sentire loro due, non voleva rischiare. Rimase qualche secondo a controllare il perimetro e solo una volta assicuratosi che non vi era nessuno vicino loro riprese il cammino e raggiunse l’obiettivo. Da lì poteva capire chiaramente cosa stavano dicendo e il quadro della situazione. Ma la capanna vuota e il disordine che era visibile dall’esterno erano ancora più esplicativi.

Coloro che erano venuti a recuperare non si trovavano più lì e, se gli odori già un po’ vecchi non mentivano, lui e Kagome erano in ritardo di un bel po’ di ore.

“Non ci sono,” mormorò solo per le orecchie di lei, stringendo istintivamente la presa sulle sue cosce. Quest’ultima azione si rivelò un’ottima scelta perché il tempo di realizzare ciò che aveva detto e Kagome cominciò ad agitarsi.

Aprì la bocca pronta ad urlare, poi si rese conto dell’errore che stava per compiere e sussurrò concitata: “Che cosa? Dove sarebbero dovuti andare? Gli avevi promesso che saremmo tornati; lo sapevano!”

“Shhh,” disse di rimando lui. “Non dare di matto. Da quel che ho capito un corteo si è presentato qui oggi pomeriggio insieme al capo villaggio e a una delle sacerdotesse ordinando loro di andar via. Sembra che qualcuno li abbia convinti che la tua sfortuna sia passata a loro e di conseguenza all’intera comunità. Quel viscido vecchio a cui volevano darti in sposa è scomparso e pensano sia un brutto presagio – che un’intera nube di sventura ormai incomba su tutti loro. Keh; che scemenze!”

“Tsubaki,” sibilò lei, ricominciando ad agitarsi. “Quella donna ha cercato di mettermi i bastoni tra le ruote da quando ero piccola e c’era lei all’origine delle dicerie su di me – prima ancora che Hojo venisse ucciso. Sono sicura che c’entri lei anche adesso! Ha sempre avuto un’aura che non mi convinceva, ma ora. Ehi, lasciami, lasciami ho detto,” si lamentò cominciando ad alzare la voce.

Inuyasha l’aveva presa in braccio mentre parlava, percependo il turbamento sempre maggiore e volendo evitare di essere scoperto. Quando lei alzò la voce le coprì immediatamente la bocca. “Sei pazza? Vuoi farci scoprire? Cosa credi che succederebbe se trovassero entrambi qui? Se ci trovano sarò costretto a difenderci e in quel caso ci scapperebbe il morto e la guerra – e noi non vogliamo assolutamente questa evenienza,” sibilò! “Se tolgo la mano e ti lascio più libera prometti di restare calma?” Kagome gli lanciò prima un’occhiataccia e poi annuì, riluttante. Inuyasha la liberò un secondo dopo e la poggiò a terra.

“Potevi evitare di usare le tue buone maniere,” lo rimproverò.

“Preferivi che ci scoprissero?” ribadì lui, arcuando un sopracciglio.

“Pff. Ma che ne è della mia famiglia, che fine ha fatto?”

“Hanno lasciato questo covo di arpie, ma le loro tracce dovrebbe essere ancora fresche per il mio naso e credo di riuscire a individuare il percorso che hanno preso. Se la smetti di fare la stupida, possiamo andare anche ora.”

“Ma... Tsubaki...” tentò di dire.

“Chi sarebbe? La sacerdotessa nera?”

“Cosa?” Kagome strabuzzò gli occhi.

“Non hai appena finito di dire che la sua aura non te la contava giusta?”

“Sì, beh, ma... nera?”

“L’ho capito da subito che qualcosa non andava in lei a differenza dell’altra... Kyoko, Keiko, insomma quella!”

“Kikyo,” fornì Kagome.

“Sì, Kikyo è a posto, a parte le idee comuni ai più sulla mia razza. Qualcuno potrebbe dire che sei tu quella strana visto che non pensi io sia un essere immondo e bla bla bla.” Agitò la mano per enfasi poi vide Kagome guardarlo con il sopracciglio alzato. “Hai capito che intendo; non mi sto mica lamentando. Mi vai bene così come sei, anche se strana.”

“Ehi!”

“Andiamo ora o stai ancora aspettando di essere sorpresa da uno di quei matti o da quella Tsubasa?”

“Tsubaki!”

“Sì, come si chiama, insomma. Non è il momento delle chiacchiere o della vendetta, dobbiamo trovare la tua famiglia al più presto. È buio pesto ormai e se non hanno trovato una sistemazione – cosa difficile così presto – non si trovano certo al sicuro. Di notte queste foreste pullulano di demoni e non mi sembra che fossero in grado di difendersi da soli.” Si accucciò di nuovo davanti a lei e aspettò che gli salisse in spalle. Quando dopo secondi non lo fece, si voltò verso di lei. “Oi, non avrai di nuovi proble-” si interruppe nel vedere che era sbiancata e immobile e comprese immediatamente il suo errore. Come sempre aveva parlato troppo e l’aveva spaventata – cosa di cui lei non aveva bisogno perché era già preoccupata di suo.

“Oddio e se qualcuno li hai uccisi? Mio fratello è così piccolo e nonno non ha abbastanza poteri e-”

“Ehi, ehi, calmati. Non dovresti essere tu quella più capace di me a gestire la situazione? Sono io la testa calda qui e, invece, ho dovuto richiamarti all’attenzione più di una volta. Muoviti e vedrai che li troveremo presto.” Si colpì il naso con un dito artigliato e le sorrise, sincero. “Fidati di me.”

Kagome annuì, ingoiando un singhiozzo. Infine, gli salì in groppa e dopo un attimo partirono sulle tracce della famiglia di lei.





 


N/A: Bel capitolo ricco, che ne dite? 
Nel prossimo incontreremo vecchie nuove conoscenze che sono sicura aspettate con ansia. 

Ci rileggiamo tra due settimane, un abbraccio 🧡.
   
 
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