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Autore: LaTuM    08/09/2022    1 recensioni
Se a Kuroo Testurou avessero chiesto di scegliere un dolce per rappresentare Tsukishima Kei, non avrebbe esitato un solo secondo a rispondere.
E no, la risposta non sarebbe stato l'ovvio e abusato pan di Spagna alle fragole, affatto.
Lui assomigliava più al caramello salato.
Perché sì, Tsukki era capace di essere dolce.
Bastava leggere tra le righe.
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Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salted Caramel

Disclaimer: Haikyuu! non mi appartiene e da questa storia non ci ricavo neanche uno zellino.


Salted Caramel


Se a Kuroo Testuro avessero chiesto di scegliere un dolce per rappresentare Tsukishima Kei, non avrebbe esitato un solo secondo a rispondere.

E no, la risposta non sarebbe stato l’ovvio e abusato pan di Spagna alle fragole che il biondo sembrava amare così tanto, affatto.

Nel corso degli anni - a cominciare dalla prima amiche vole tra Nekoma e Karasuno, passando per i campus estivi, alla Battaglia della Discarica ai Nazionali, fino agli incontri saltuari ma costanti di quando Kei frequentava ancora al liceo e per concludersi con la più assurda delle convivenze Tokyo-Sendai che si fossero mai viste – aveva imparato a conoscere Tsukishima meglio delle sue tasche.

Kuroo oramai conosceva ogni sfumatura delle sue parole, dei suoi gesti; in base a come sceglieva le parole e le pronunciava all’interno della stessa frase, il significato della suddetta poteva cambiare completamente. Un po’ come un uso puramente verbale della punteggiatura.

Per questo, se avesse dovuto scegliere un dolce che rappresentasse al meglio il ragazzo che oramai era diventato una costante della sua vita – nonostante la distanza che li aveva sempre separati – Kuroo avrebbe sicuramente detto il caramello salato.

Perché Tsukishima era così: pungente e antipatico, sembrava dotato di un talento naturale per risultare sgradevole al prossimo senza nemmeno rivolgergli parola, eppure Kuroo era il testimone della dolcezza intrinseca che il biondo faceva del suo meglio per nascondere al resto del genere umano (e spesso anche a Kuroo stesso).

Eppure, per quanto al mondo Kei potesse apparire come l’essere umano meno affabile che fosse mai stato creato, poco prima uscire di casa gli lasciava sempre una tazza di caffè caldo e zuccherato sul comodino accanto al letto, in modo che girandosi per spegnere la sveglia sul cellulare, Kuroo potesse berne subito un sorso e permettere al suo cervello di carburare

Mica vorrai sembrare stupido di prima mattina!” gli aveva risposto Kei quando Tetsurou gli aveva domandando come mai gli portasse sempre una tazza di caffè… forse avrebbe meglio a non chiedere.


*


Kei non era un amante del cibo: non amava particolarmente mangiare, figurarsi cucinare! Eppure Kuroo non poteva dimenticare la prima volta che tornato a casa aveva trovato un piatto con uno sgombro bruciacchiato, del riso mezzo crudo e delle verdure stracotte condite con troppa salsa di soia… il tutto lasciato sul bancone della cucina, coperto con della pellicola. Sarà stata la fame - sicuramente - ma Kuroo non ricordava di aver mai mangiato qualcosa di più buono.


Cos’hai mangiato fino a oggi, merda? Perché mi sa che era pure più buona…”

Con il senno di poi non aveva torto, ma con il passare delle settimane, lo sgombro era sempre meno bruciato, il riso sempre più cotto, le verdure più croccanti e la salsa di soia bilanciata con miso, zucchero e aceto di riso…


*


Kei era decisamente pallido, una cosa abbastanza insolita per un giapponese, eppure la sua pelle era davvero troppo chiara, troppo sensibile e troppo delicata. Lo sapeva bene, vista l’attenzione che doveva fare per non lasciargli segni visibili che avrebbero destato troppe domande, soprattutto quando ancora la squadra di pallavolo del Karasuno non era a conoscenza – almeno, non ufficialmente – della loro frequentazione. Poi la voce aveva iniziato a girare. C’era da dire che l’ultima volta che si erano visti si erano lasciati un po’ troppo trasportare dall’entusiasmo del momento e forse gli era scappato un morso di troppo. Ma quella pelle diafana e la schiena inarcata del biondo erano state una tentazione troppo invitante e i denti di Kuroo non avevano resistito all’impulso di affondare, mordere e saggiare. Kei non gli aveva rinfacciato nulla, forse troppo concentrato sul piacere che stava riversando nella sua mano e dal grido strozzato che dovette soffocare su un cuscino per non farsi sentire dal compagno di stanza di Kuroo.

Alla fine l’intera squadra del Karasuno aveva visto i segni rimasti sulla sua pelle – e figurarsi se gente come il gemello separato alla nascita di Yamamoto e quel folle del loro libero potevano trattenersi dal commentare – e l’aveva messo all’angolo. Lui aveva semplicemente ammesso ciò che era già evidente a tutti (anche se non aveva fatto nomi), perché in fondo non vedeva cosa ci fosse di male. Non aveva però mancato di far presente che gli altri della squadra non è che fossero meglio o più discreti di lui. In questo modo li aveva zittiti tutti, facendogli passare la voglia di fargli il terzo grado.

Quella volta però che Kuroo era andato a prenderlo volutamente alla fine degli allenamenti, Kei non aveva più potuto negare chi fosse l’autore di quei segni.


Certo che potevi stare più attento, razza di idiota!”

Eppure, quella sera stessa, mentre gemeva sotto di lui, gli aveva ordinato chiesto di farlo ancora.

Voglio sbattergli in faccia che sono tuo e che scopiamo molto più di tutti loro messi assieme.”


Se fosse stato veramente un gallo, come spesso gli dicevano, Kuroo avrebbe arruffato tutte le piume.


*


Proprio per colpa della sua pelle Kei odiava andare al mare. Evidentemente il suo DNA aveva perso il gene della melanina per strada, però le rare volte che era capitato di avere qualche giorno libero, Kei non aveva detto di no proprio perch§é a Kuroo piaceva, sebbene una volta arrivati passasse tutto il tempo da qualche parte all’ombra a leggere. Alla fine Tetsurou non l’aveva più trascinato in spiaggia. Aveva detto che di giorno c’era troppa gente e che preferiva andare in spiaggia a guardare il tramonto. Erano rimasti in albergo a fare altro per buona parte della giornata. E non c’era nemmeno bisogno di preoccuparsi della crema solare. Non era garantito però che la pelle diafana di Kei non si arrossasse. Soprattutto nella parte interna delle cosce, dove gli bastava essere guardata per ritrovarsi piena di segni. Figurarsi se Tetsurou la marchiava davvero con morsi e baci.


Andiamo in spiaggia.”

Non ti da fastidio il sole?”

Al tramonto c’è meno luce. E tu adori vedere il sole tramontare.”

Kuroo non ebbe il cuore di rispondergli che non gliene importava un fico secco dei tramonti, perché l’unica luna che voleva vedere era lui, ma se ne guardò bene di dirlo ad alta voce.


*


Kei aveva sempre portato i capelli molto corti, non gli era mai importato che il suo taglio fosse alla moda o altro – c’era già Tetsurou ad avere dei capelli abbastanza assurdi – però con il passare del tempo aveva iniziato a farseli crescere un po’. Roba da poco, ma da quando una sera, un po’ brilli, in compagnia di Akaashi e Bokuto – con cui tanto gli capitava di vedersi quando erano insieme a Tokyo, in nome dei bei vecchi tempi (e in fondo erano stati davvero dei bei tempi, che avevano dato inizio alla loro vita così come la conoscevano adesso), Kuroo aveva raccontato del suo primo incontro con Morisuke e quanto fossero diversi, il discorso era finito sul fatto che a lui erano sempre piaciute le ragazze con i capelli lunghi.

Tsukishima si era leggermente rabbuiato, ma quella sera, a casa di Kuroo, il moro gli aveva fatto chiaramente capire che preferiva di gran lunga le zazzere bionde.


Tsukki, ti sei dimenticato di andare dal parrucchiere? Aveva domandato Kuroo passando una mano dei capelli biondi, inaspettatamente morbidi e decisamente più lunghi di quanto li avesse mai visti.

Ho dovuto risparmiare i soldi per prendere una nuova tastiera per il computer” aveva risposto Kei, socchiudendo gli occhi mentre le dita di Tetsurou lo accarezzavano dolcemente.

In effetti c’era una nuova tastiera luminosa davanti al computer di Tsukki, ma a detta di Kenma gli era costata meno di tremila yen.[1])

Quella sera, quando Kei l’aveva sbattuto senza troppe cerimonie contro la porta della sua stanza e gli si era inginocchiato davanti, le dita di Kuroo come non mai apprezzarono particolarmente quei capelli leggermente più lunghi, perfetti per essere afferrati e tirati quel tanto che bastava che incoraggiarlo a continuare. Dai suoni che provenivano dalla gola del biondo, non doveva essere l’unico ad apprezzarne i benefici.


*


A Kuroo erano sempre piaciuti gli animali, ma non poteva negare di aver sempre avuto una spiccata preferenza per i cani, a discapito del nome della scuola che aveva frequentato, i cani erano sempre stati la sua passione: vivaci, allegri, intelligenti ma sempre di buon umore. Sì, gli piacevano. A persone come Kei e Kenma invece piacevano di più i gatti: silenziosi, sempre sulle loro, tendenzialmente tranquilli e che richiedevano un po’ di coccole ma non attenzione costante (Tetsurou ogni tanto si chiedeva se le affinità elettive tra i due biondi e i gatti non fossero in realtà molto più profonde). Insomma, Kei era tutto fuorché una persona capace di sopportare l’entusiasmo costante dei cani, anche quando li incrociava per strada e questi cercavano di avvicinarlo – per qualche ragione, nonostante lui non li amasse, il biondo sembrava esserne l’idolo indiscusso – lui si tirava sempre indietro, senza riuscire a nascondere una smorfia infastidita.

Per questo, durante il suo secondo anno di università – e terzo anno di liceo per Kei - quando quest’ultimo venne a trovarlo a Tokyo durante un week-end , Kuroo si stupì quando finirono per caso (per caso?) a Shibuya davanti all’insegna di quello che il moro riconobbe essere uno dei più famosi dog café della città.[2]

Kei non disse nulla davanti allo sguardo perplesso di Tetsurou e si limitò a entrare, seguito dall’altro, ancora senza parole.

Ordinarono da bere e Kei rimase la maggior parte del tempo a osservare Kuroo coccolare qualsiasi palla di pelo gli si avvicinasse. Kei fece giusto un paio di carezze a uno o due di loro particolarmente insistenti, che alla fine erano riusciti a convincerlo a non allontanarli. Questo senza mai staccare gli occhi dal moro. Kei non ricordava di averlo così felice da quando… un po’ se ne vergognava ad ammetterlo, ma ricordava fin troppo bene il sorriso di Kuroo quella volta che non la smetteva di parlare ed era stato lui il primo a baciarlo. Forse era il terzo o quarto bacio che si scambiavano (il terzo, se lo ricordava benissimo, avrebbe potuto contarli tutti i baci che si erano scambiati) e per la prima volta era stato lui a baciare Tetsurou. Quel sorriso non l’avrebbe mai dimenticato.


Grazie, è stato bello” gli aveva detto Kuroo “Anche se non ti piacciono i cani.”

Non è che non mi piacciono, è che li trovo fastidiosi. Sbavano, fanno rumore e sono stupidi eppure riescono a farsi voler bene per forza. Ti somigliano anche fin troppo” aveva risposto il biondo sfiorandogli la mano con apparente noncuranza mentre camminavano e Tetsurou non aveva resistito all’impulso di intrecciare le dita con quelle dell’altro. Le dichiarazioni d’affetto di Kei erano sempre rare e difficili da interpretare, ma era diventato bravo a leggere tra le righe.


*


Kei non veniva spesso a Tokyo: tra lo studio e gli allenamenti con i Sendai Frogs, il tempo libero che gli rimaneva era davvero poco. Kuroo lo aveva preso in giro bonariamente per un bel po’ quando l’altro gli aveva detto di aver accettato la proposta che aveva ricevuto per giocare in seconda divisione (Non era solo un club?”) ma al tempo stesso non si era mai sentito più orgoglioso di lui. Forse solo quando li avevano stracciati ai Nazionali, ma quello era un ricordo dolce e amaro su cui non amava indugiare troppo.

Anche Kuroo aveva poco tempo e quello che aveva lo doveva trascorrere a organizzare le partite e gli eventi nazionali e della prima divisione, quindi lui di base guardava gli altri giocare. Ogni tanto capitava di fare qualche passaggio, in nome dei vecchi tempi, ma giocare davvero era quasi un lontano ricordo.

Era un anonimo giorno di ottobre quando andò a prendere Kei in stazione e lo vide scendere con un borsone da ginnastica dentro al quale di nascondeva un pallone Mikasa (Kei preferiva i Molten, ma quel giorno in borsa ci era finito un Mikasa… così, per caso).

Andiamo al parco” gli aveva detto senza troppe cerimonie, e Kuroo lo aveva accompagnato in un parco non molto lontano da quello dove lui e Kenma erano soliti giocare (non lo stesso, quello era un luogo solo loro).

Persero la cognizione del tempo tra alzate, schiacciate, passaggi e ricezioni terribili. Un uno contro uno è difficile da giocare quando sei abituato ad avere altre cinque persone in campo, però si erano divertiti, crollando alla fine sull’erba, stanchi ma soddisfatti.


Non volevi prenderti una pausa dalla pallavolo per un paio di giorni?”

Sì, ma tu avevi bisogno di giocare e non potevo prendermi una pausa da te.”

A Kuroo andò di traverso la bevanda isotonica al limone che stava bevendo.

Quando si fu ripreso scoprì che Kei ne stava bevendo una alla fragola, ma la cosa non lo stupì minimamente.


*


Kei non amava uscire a mangiare, per lui era uno spreco di soldi, a volte gli era più che sufficiente un onigiri e qualche verdura per saziarsi, ma Kuroo non era cambiato di una virgola e ci teneva che consumasse un pasto abbondate, ricco di carboidrati, vitamine e proteine. Così le volte che uscivano fuori a cena (spesso, se si trovavano a casa, visto che oltre al kahlua milk, il pan di Spagna con cui arrivava sempre Kuroo e un po’ di miso, natto e verdure surgelate, le scorte alimentari scarseggiavano), il moro cercava sempre di trascinarlo in qualche posto carino, ma alla fine ripiegavano sempre su un ramen o un curry.

Per quanto Kei amasse le cose dolci, Kuroo si era stupito quando il biondo gli aveva detto di apprezzare il cibo piccante. Così il ramen di Tsukki aveva spesso un brodo di un bel rosso vivo che Kuroo aveva provato ad assaggiare, pentendosene amaramente nel momento in cui aveva allontanato la bacchette dalla bocca.


Non ti sembra di esagerare?”

Non ti sembra di essere un po’ troppo sensibile?”

Hai la bocca anestetizzata dallo zucchero!”

Non è colpa mia se la tua bocca non tollera la capsaicina...”

Sono troppo abituato al cloruro e all’idrossido di sodio per tollerare un'altra sostanza irritante [3] aveva risposto Kuroo rivolgendogli uno sguardo un po’ offeso e un po’ deluso.

Kei rise… solo loro riuscivano a insultarsi a colpi di chimica organica.

Quella volta che Kei aveva ordinato il curry dolce perché – stranamente – non aveva molta fame. Così Tetsurou lo finì per lui e usciti dal locale i baci che si scambiarono non avevano mai avuto un sapore migliore.

Da quel giorno però Kei aveva iniziato a ordinare il curry un po’ più dolce e non chiedeva più l’aggiunta di olio piccante al suo ramen.

Un passo indietro per Kei, un passo in avanti per Tetsurou, fino a incontrarsi a metà strada: piccoli compromessi che gli permettevano di rimanere in equilibrio in quella cosa indefinita che era la loro relazione, anche se nessuno dei due aveva mai veramente provato a dargli un nome. Non aveva importanza.


*


Non era facile passare del tempo insieme, Kei aveva i suoi impegni tra l'università che ancora frequentava per tenersi aggiornato, allenamenti, e il lavoro fisso al museo dove aveva finalmente firmato il contratto appena laureato. Kuroo era quasi sempre in viaggio per lavoro, ma cercavano di combinare le loro agende per riuscire a incontrarsi da qualche parte in giro per il paese. A volte a Tokyo, a volte a Sendai, a volte in qualche città di qualche prefettura limitrofa dove si svolgevano le partite di seconda divisione in cui giocava Kei. Talvolta Kei andava a vedere anche quelle di prima divisione, e nel frattempo ne approfittava per vedere come se la cavavano quelli che erano stati i suoi avversari e i suoi amici (compagni no, visto che il Mandarino era volato di nuovo in Brasile e Kageyama si era addirittura trasferito in Italia). Era divertente vedere che Bokuto non era cambiato di una virgola e che spesso il suo sguardo era rivolto verso quel posto in tribuna che Akaashi era solito occupare. E dopo averlo visto sorrideva e riprendeva a giocare al massimo della sua potenza.

Kuroo presenziava sempre, nonostante la sua giovane età era diventato un personaggio di spicco per la JVA, e questo faceva sì che, a evento concluso, potessero sempre concedersi una bella camera in un albergo dotato di tutti i comfort che potevano desiderare.


Sono stufo di spendere soldi inutilmente…” aveva borbottato Kei osservando il soffitto senza riuscire a prendere sonno.

Oddio, inutilmente…” aveva replicato Tetsurou, ancora alquanto appagato, ma anche lui per nulla assonnato.

Ogni volta abbiamo i minuti contati. Odio che mi si metta fretta quando ho voglia di passare la mattina a letto.”

A dormire o scopare?”

La cosa è irrilevante” aveva risposto Tsukki caustico senza lasciare intendere quali delle due opzione gli stesse più a cuore “Dovremmo cercare un posto dove stare quanto ci pare e piace, senza limiti di orario.”

Tsukki, mi stai chiedendo di andare a vivere insieme?”

No, sto cercando di convincerti a condividere il mutuo.”

E’ un po’ la stessa cosa...”

Kei non aveva risposto e si era limitato a girarsi su un fianco e ad affondare il viso nell’incavo tra il collo e la spalla di Tetsurou, ispirando profondamente l’odore della sua pelle. Riusciva ancora a sentire una traccia di quel profumo costoso che Kuroo indossava fino a qualche ora prima. Adorava quel profumo, dalle note legnose e agrumate che si fondevano insieme.

Lo adora adesso come la prima volta che l’ha sentito.

Erano rimasti fermi, con Kuroo che gli carezzava gentilmente la schiena, tracciando dei ghirigori immaginari con la punta delle dita.

A Kei erano venuti brividi e così, per restituire il favore gli aveva morso leggermente la pelle sensibile del collo, tracciando poi con la lingua i punti in cui aveva affondato i denti. Per Kuroo era stato troppo e l’aveva sovrastato completamente. Di nuovo. E Kei l’aveva accolto con un gemito che per poco non l’aveva fatto venire seduta stante.

L’orgasmo fu intenso e appagante, i corpi di nuovo sudati e del profumo costoso di Kuroo non c’è più traccia. Puzzavano, ma non gli importava. Sulle labbra ancora il loro sapore e il suono dei loro nomi, sussurrati in mezzo a una serie di parole sconnesse, volgari ed eccitanti che hanno reso ancora più intenso il piacere.

Kuroo adorava perdersi nel calore del corpo di Kei e Kei non poteva più fare a meno di lui. Non voleva più fare a meno di Kuroo... anche se non glielo aveva mai detto.

Ha sempre sperato che i suoi gemiti parlassero per lui e che Kuroo fosse in grado di capire quello che Kei non era ancora in grado di dire a parole.


*


Tutti sembravano dell’idea che Tsukishima fosse un essere umano sgradevole, ma in realtà non lo conoscevano abbastanza: non sapevano quanto amasse il pan di Spagna alle fragole, i liquori dolci, quanto fosse appassionato di dinosauri, quanto gli desse fastidio il freddo o come gli bastasse accoccolarsi sulla sua spalla per prendere sonno ovunque si trovassero.


Ok, di base aveva una relazione con un pallavolista inappetente, nerd e sociopatico, forse gli altri non avevano poi così del tutto torto.

Eppure, con tutti i suoi difetti, agli occhi di Kuroo, Kei era perfetto.


Kei gli sembrava proprio simile a uno strano dolce che gli aveva fatto assaggiare quel Tendou Satori che giocava anni fa nello Shiratorizawa e che aveva incontrato in Polonia quando era andato a cercare Ushijma per coinvolgerlo nel grande vento All Star (solo dopo aveva capito perché Satori fosse lì… poteva arrivarci anche lui, in effetti).

Dimmi cosa ti ricorda…

Era un mattone (in tutti i sensi) con una base di biscotto, una copertura di cioccolato e in mezzo uno strato morbido di caramello salato. Sicuramente una ricetta raffinata e pregiatissima, ma Kuroo era riuscito solo a concentrarsi su quei sapori così avvolgenti e che sapevano di casa – nonostante la sua casa sapesse di fragole.

Kei… aveva mormorato Tetsurou senza nemmeno rendersene contro e Satori aveva riso.

Si, in effetti potrei chiamarlo Tsukki questo dolce. Tanto in Francia non capiscono nemmeno una parola di giapponese.

E Tetsurou aveva riso.


Sì, nonostante la sua corazza e l’apparenza da duro, lo sguardo acido e la lingua velenosa, Kei Tsukishima era esattamente come quel dessert: un cuore morbido, dolce e con quel pizzico di sale in grado di esaltare ancora di più i sapori.

Non piaceva a tutti, ma Kuroo non l’avrebbe voluto diversamente da così.



Note dell’autrice:

[1] circa 20€, che è quanto ho pagato la mia nuovissima (e fighissima) tastiera da gaming retroilluminata, perfetta per scrivere al buio. E chi meglio di Kenma sa quanto può costare una tastiera da gaming.
Il discorso dei capelli lunghi invece è omaggio al capitolo 8 della bellissima
Tsuki no Hikari. Leggetela, perché è un capolavoro.

[2] Mame Shiba Inu Cafe

[3] Non so nulla di chimica, ma per restare in Kuroo-style: cloruro di sodio (sale) idrossido di sodio (soda caustica), capsaicina (sostanza contenuta nel peperoncino).


Ecco, finalmente una KuroTsuki con un minimo di senso (ah, si?).

Mi piace il concetto, l’idea e finalmente questi hanno collaborato durante la stesura di questa (e altre) storie.


   
 
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