Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    19/09/2022    9 recensioni
[BodyOfProof!AU]
Quando il detective Overland decide di tornare a casa, il medico legale Bleket non ne è particolarmente felice, soprattutto perché alcuni misteriosi omicidi li costringono ad essere a stretto contatto. Ferite mai rimarginate tornano a sanguinare, mentre un nuovo tipo di giustizia si fa largo in città.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 5

 

«Se cerchi tuo cognato, è appena andato via»
Elsa si morse leggermente il labbro inferiore, a disagio «Veramente, è te che cercavo»
Jack sgranò gli occhi «Me? Eppure non ho visto neanche una cavalletta in giro, l’Apocalisse non sembra vicina»
«Non farmi pentire di essere venuta» lo ammonì «Ti ho cercato per una cosa importante, gradirei facessi la persona seria»
«Prendere la vita con leggerezza non denota meno serietà: che io faccia, talvolta, l’idiota – per usare parole care a tua sorella – non significa che lo sia per davvero»
Lei distese l’espressione del viso «Di questo non ne sarei particolarmente sicura»
«Vedi?» le disse divertito «Il sorriso che hai sulle labbra in questo momento era esattamente ciò che volevo ottenere»
Elsa maledì il calore che le era salito alle guance e ringraziò mentalmente il trucco che celava con abilità il tutto «Andiamo, ti offro da bere»
Qualunque cosa fosse - quella che doveva dirgli - aveva l'aria di essere davvero grossa.

Seduto di fronte a lei, Jack non poté fare a meno di pensare che Elsa, agli occhi degli altri, doveva sembrare la classica bellezza che - nel suo elegante tubino scuro, i tacchi alti e l’acconciatura perfetta – gradisse sorseggiare il suo champagne fra un’ostrica e una tartina al caviale. Non che la cosa le fosse sgradita ma, di certo, non era la sua preferita. Solo chi la conosceva veramente sapeva che, quando era stanca o nervosa, odiava sia i tacchi alti che portare i capelli raccolti e, soprattutto, amava bere una cosa soltanto: birra leggera, floreale e rigorosamente ghiacciata. Quella sera non aveva potuto abbandonare le sue décolleté ma, da come aveva liberato i suoi lunghi capelli biondi e dalla candida schiuma che le stava di fronte in un lungo bicchiere, doveva essere parecchio turbata. Senza contare che, fra tutti, era proprio a lui che si era rivolta. Per non rischiare di rompere il precario equilibrio creatosi, decise di chiudere le dita a pugno sul tavolino, per impedire al braccio di allungarsi e consentire, così, alla mano di spostarle dietro all’orecchio quella ciocca che le era scesa ribelle sul viso «Di che cosa volevi parlarmi?»
Elsa alzò gli occhi su di lui «Del caso» poi non lo guardò più «E di me»
Jack inarcò un sopracciglio «Che intendi dire?»
«Sono stata dal dottor Pitchiner»
«Cos… e perché?»
«E’ esperto in terapia del lutto, no?»
«Ti ha fatto una così buona impressione quando ci siamo andati?» le chiese accigliato.
«Puoi biasimarlo?» ribatté subito lei «Abbiamo messo in dubbio la moralità di due suoi pazienti…»
«Per l’omicidio di due criminali, lo so» completò per lei «Posso capire quello che dice ma non posso condividerlo con il mestiere che faccio e non dovresti neanche tu»
«Non ho detto che lo condivido» ribatté lei secca «Se ti avessi confermato arresto cardiaco per John Lionheart, adesso non staremo qui ad indagare su chi l’ha ucciso. Pensi sia stato facile per me dirvelo dopo aver scoperto cosa aveva fatto?»
Jack non trovò il coraggio di replicare.
Elsa sospirò e bevve un sorso «Anna vorrebbe vendere la casa dei nostri genitori ma io non so se sono pronta a farlo» giocherellò nervosa con il bordo del bicchiere «Ho pensato che avere un parere esterno e professionale avrebbe aiutato»
Ecco perché aveva deciso di non parlarne con Kristoff, perché non voleva che a sua sorella arrivasse indirettamente questa sua decisione. La guardò negli occhi, addolcendo lo sguardo «Non c’è modo di sapere chi di voi due abbia ragione. Lo sai, sì?» mandò giù un paio di noccioline «Se senti il bisogno di seguire una terapia per elaborare il tuo lutto è giusto che tu lo faccia ma, ecco, eviterei il dottor Pitchiner come la peste: è un uomo inquietante e non dovresti parlare di cose personali con persone coinvolte nel caso»
«Al momento, non mi pare ci siano indagini su di lui. O mi sbaglio?»
L’altro scosse il capo, sconfitto.
«Ma sul fatto che sia una persona ambigua non posso darti torto e, forse, è il caso di cominciare ad indagare anche su di lui»
«Che ti ha detto?»
«Niente di che, in realtà, ma mi ha fatto intendere di essere disposto a tutto pur di aiutare i suoi pazienti. Credo valga la pena di scoprire cosa intendesse»
«Uno psichiatra psicopatico? Degno della migliore serie poliziesca»
«Ha perso la moglie e la figlia, solo dopo si è specializzato in terapia del lutto»
«Pensi possa uccidere gli aguzzini dei suoi pazienti per mettere a tacere il suo di dolore?»
«Non mi sembra così impossibile»
«Mi costa ammetterlo» replicò lui, scoprendo i denti bianchi in un piccolo ghigno «Ma mi tocca brindare a questa deduzione geniale» alzò il bicchiere verso di lei.
Elsa scosse appena il capo ma, poi, levò anche il suo: il vetro tintinnò.

§

«Detective Overland, non so come mai ma questa sua convocazione non mi stupisce particolarmente. Avevo intuito di non starle granché simpatico ma immaginavo che la polizia si muovesse su basi ben più solide di una semplice antipatia personale»
«Le posso assicurare che averla qui non riflette minimamente quello che penso di lei» replicò Jackson, prendendo posto di fronte a lui: un tavolo a dividerli e una luce tenue ad illuminarli.
«Attento, detective: questa suona come una minaccia. Mi chiedo cosa ne dirà il suo partner, dietro a quello specchio, del suo abuso di potere»
«Abuso di potere?» inarcò entrambe le sopracciglia l’altro «L’ho solo chiamata per un colloquio informale»
«Questo lo credo bene. Per questo ho accettato, dacché non ho niente da nascondere»
«Sappiamo di sua moglie Seraphina e sua figlia Emily Jane» giocò subito a carte scoperte.
Kozmotis Pitchiner assottigliò gli occhi  e strinse i denti «Voi non sapete niente»
«Sì, invece» lo incalzò «Sappiamo che era già un affermato psichiatra ma che si è specializzato in terapia del lutto solo dopo la loro morte»
«E’ così che ho affrontato il mio dolore, non vedo come questo possa legarsi al suo caso»
«Il fatto che siano state uccise e che l’unico presunto colpevole fu rilasciato per mancanza di prove?»
«Presunto?» quasi ringhiò «Quel maledetto era colpevole: un altro caso in cui la giustizia ha fallito» si ricompose «Sì, ho provato sulla mia pelle tante delle cose che anche i miei pazienti sono costretti ad affrontare. Converrà con me che questo mi rende ancor più qualificato nel mio lavoro perché, come dire, so di cosa parlo»
«Su questo punto ha ragione» concesse Jackson «Ma non è che proprio a causa di questo legame lei prenda un po’ troppo a cuore il destino dei suoi pazienti?»
Kozmotis scoprì i denti in un sorriso ironico «Sta insinuando che io uccida gli aguzzini dei miei pazienti per vendicarli e mettere a tacere il mio dolore?»
«Questo è lei ad averlo detto…»
«Teoria interessante» si complimentò, posando le mani intrecciate sul tavolino, proprio nel mezzo «Ricapitolando: un analista con probabili problemi dissociativi, senza particolari mezzi a disposizione, riesce a portare giustizia là dove le autorità hanno sempre fallito. Capirà che non ci fate una gran bella figura»
«La giustizia non può essere un concetto individuale» sibilò Jackson «Sarebbe il caos»
«Caos o no, non cambia la verità: voi ci provate... e fallite»
«Non è sempre così»
«Se non è sempre è spesso ed è una casistica che non può essere tollerata. Quante volte la polizia svolge il suo lavoro superficialmente? Quante volte la legge permette alla difesa di attaccarsi ad invisibili cavilli?» Pitchiner lo guardò dritto negli occhi «Glielo dico io, detective: troppe!»
«L’omicidio non è la soluzione»
«Perché mi parla come se fossi stato io a commettere quegli omicidi?» gli chiese ironico «E’ chiaro che ha parlato con qualcuno ma le posso garantire che vi siete fatti entrambi un’idea sbagliata di me»
«E’ possibile ma lo ritengo poco probabile» gli rispose Jack sullo stesso tono.
Kozmotis alzò le spalle «Eppure sono venuto qui, senza avvocato, senza obiezioni perché non ho niente da nascondere. E, mi pare chiaro, non abbiate nulla contro di me, altrimenti – sono certo – la nostra chiacchierata sarebbe stata molto meno amabile di così. Coraggio, mi chieda dei miei alibi, che aspetta?»
Jackson strinse i denti «Stia pur certo che indagherò e indagherò ancora, finché non riuscirò a trovare la prova che la inchioda»
«Si accomodi, detective. Cerchi quanto vuole, il risultato non cambierà: fallirà. Non troverà alcuna prova contro di me perché io non ho fatto nulla»
L’altro si alzò, sporgendosi verso di lui «Questo lo vedremo»
Proprio in quel momento, la porta della stanza si aprì e ne entrò Kristoff «Dottor Pitchiner, può andare adesso»
Kozmotis si alzò a sua volta «La ringrazio, detective?»
«Bjorgman»
Gli fece un breve cenno di saluto con il capo «Detective Overland…» si congedò.
«Perché l’hai mandato via?» lo rimproverò Jackson.
«Ti stava provocando e tu, chiaramente, ci stavi cascando con tutte le scarpe» gli spiegò «Non possiamo permetterci passi falsi, soprattutto se è vero che è coinvolto. Altrimenti falliremo, esattamente come ha detto»
L’altro espirò rumorosamente col naso ma non replicò.
Kristoff gli posò una mano sulla spalla «Bene, ora che ti sei calmato, muoviamoci, ci sono novità: ti aggiorno strada facendo»
«Dove andiamo?»
«Per ora a prendere Freja: Anna è già abbastanza tesa per la mostra imminente, meglio non farla arrabbiare o mi ucciderà»

§

«Vuoi che ti lasci da sola con il tuo disegno, per caso?»
Giusto in quel momento, Jane si accorse di non essere più sola nel suo ufficio «Elsa!» esordì, arrossendo «Non ti ho sentita arrivare» cercò di mettere su il suo miglior sorriso, provando a coprire con disinvoltura il risultato dello schizzo che stava facendo sovrappensiero.
«Me ne sono accorta» le confermò l’altra, trattenendo a stento un sorriso «Hai fatto quello che ti ho chiesto?»
«Certo» rispose solerte «Ho controllato tutte le foto dei ritrovamenti ma non ho riscontrato nessuna corrispondenza. Ho provato anche a concentrarmi sugli sfondi, i possibili curiosi ma nessun volto si presenta su entrambi i luoghi» sospirò «Per sicurezza ho lanciato anche il programma di riconoscimento facciale e, beh, mentre aspettavo mi sono distratta» confessò con vergogna ma, per sua fortuna, una notifica acustica la salvò dall’imbarazzo «Oh, ha appena finito»
«Fa vedere anche a me» le disse Elsa, andandole vicino.
L’altra sospirò imbronciata «Ancora un buco nell’acqua: a parte le forze dell’ordine, nessuna corrispondenza»
«Jane» la richiamò «E’ John Greystoke, quello?»
Lei arrossì «L’hai visto pochi minuti, una volta soltanto e sei in grado di riconoscerlo da un disegno?»
Elsa inarcò un sopracciglio «L’hai visto pochi minuti, una volta soltanto e sei in grado di ritrarlo?»
«Veramente…»
«Cosa?» comprese «Hai rivisto una persona coinvolta nel caso e non me l’hai detto?»
«E’ stata assolutamente una casualità» si giustificò «Abbiamo preso solo un caffè»
«Un caffè?» ribatté Elsa sorpresa.
«Ok, detta così suona male» concesse l’altra «Sono tornata allo zoo per disegnare, lui mi ha vista e gli sono sembrata familiare, così mi ha parlato e una cosa tira l’altra…»
«Spero non abbiate discusso delle indagini in corso»
Jane si corrucciò «Assolutamente no, per chi mi hai preso?» le chiese, appena risentita «Mi ha solo chiesto come stessero andando, giusto per fare conversazione, e io – ovviamente – non gli ho risposto: non ne abbiamo più fatto menzione»
Elsa sospirò «Non volevo insinuare nulla. Le varie supposizioni della polizia le sai»
«Pensavo fossero decadute: John è un ragazzo così gentile»
«Ti dico solo di stare attenta: frequentare persone coinvolte nel caso non è opportuno, almeno finché non sarà fatta chiarezza»
«Inopportuno come frequentare dei colleghi, immagino» bofonchiò.
L’altra inarcò un sopracciglio «Come, prego?»
Oddio, l’aveva detto.
«Io e Jack non ci frequentiamo» continuò, però, quella.
«I nomi li hai fatti tu, non io»
Cavolo, perché non riusciva a tenere chiusa quella bocca?
Elsa, però, non si arrabbiò «Tu assomigli troppo a mia sorella…» esalò, rassegnata.
Jane sorrise sollevata «Magari è proprio per questo che hai deciso di tenermi come assistente»
«Magari l’ho fatto per le tue capacità, che dici?» ribatté «Capacità che gradirei vedere all’opera, se non ti dispiace»
«Subito!» rispose, drizzando la schiena e riportando l’attenzione sul suo computer «Elsa!» la richiamò prima che se ne andasse «Starò attenta, grazie»
La vide sorridere in risposta e avviarsi verso il suo di ufficio. La curiosità di sapere se mai avesse voluto raccontarle che cosa ci fosse fra lei e il detective Overland, però, se la tenne per sé.

§ 

«Andiamo!» esordì Jackson, lanciando un’occhiata divertita al suo compagno di squadra «Hai intenzione di tenermi il broncio tutto il giorno?»
Kristoff, alla guida, masticò qualcosa di non meglio definito fra i denti «Non. Parlare.»
«Staremo assieme ancora molte ore: lo sai che non riesco a stare zitto a lungo» lo provocò con un sorriso beffardo «Non puoi avercela con me, solo perché Freja è corsa fra le mie braccia anziché le tue»
«No, certo, continua… continua pure a distruggere il mio cuore di padre» borbottò l’altro, stringendo le mani sul volante «Io dovevo essere l’unico uomo nel cuore di mia figlia, poi arrivi tu – con i tuoi capelli brizzolati e i tuoi occhi color del cielo – e mandi tutto a rotoli»
«I miei occhi color del cielo?» Jackson rise «Quindi mi trovi attraente?»
«Piantala, lo sai cosa intendo»
«Non credi che se fosse innamorata di suo padre sarebbe un tantino inquietante?»
«Non intendo un amore romantico» ribadì, facendo una smorfia «E’ solo una bambina»
«Ed è di una cotta di una bambina di cinque anni che stiamo parlando» lo rassicurò l’altro «O pensi davvero che voglia sposarmi?» ridacchiò ancora.
«Questo è quello che dice…» borbottò.
«Io non mi preoccuperei, ne riparleremo piuttosto quando sarà adolescente e porterà il primo amichetto a casa»
«Non voglio nemmeno pensarci» digrignò i denti Kristoff «Chiunque sarà dovrà superare la prova della montagna»
«Credo di non voler neanche sapere di che si tratti ma, ti prego, cerca di non costringermi a doverti arrestare»
«Non te lo posso giurare» gli disse, svoltando sulla sinistra.
Jack spense il sorriso di divertimento sulle sue labbra e lo trasformò in uno più morbido «Sei un pessimo attore, lo sai?»
L’altro inarcò un sopracciglio «Che intendi dire?»
«Che, chiunque sarà il fortunato ad essere ricambiato da Freja – sempre che sia un bravo ragazzo – saprà conquistarti in un battito di ciglia»
Kristoff sorrise bonario «Non sono, infatti, i bravi ragazzi a preoccuparmi»
«In quel caso potrei chiudere un occhio sulle tue malefatte» riportò l’attenzione sulla strada «Quindi mi consideri un cattivo ragazzo?»
Questa volta fu il turno del compagno di ghignare «Tu sei solo vecchio»
«Gentilissimo» ringraziò, prima di sbuffare sonoramente «Certo che la sfortuna sembra perseguitarci in questo caso. Pitchiner è stato assolutamente di parola, non c’è niente di niente contro di lui, né una minima traccia che lo posizioni sui luoghi del ritrovamento dei cadaveri. Ora che avevamo questa pista del carico delle Iene, succede questo!»
«Già» confermò Kristoff «C’è quasi da dispiacersi che l’antidroga abbia svolto così tempestivamente il suo lavoro»
«Proprio ora che il tuo informatore aveva confermato la presenza di un rilevante carico di fenilciclidina: avevamo qualche chance di risalire al compratore ma adesso…»
«Non disperare» cercò di rassicurarlo l’altro «E’ rischioso e, magari, dovremmo aspettare un po’ di tempo data la notizia del sequestro ma, forse, possiamo ottenere l’autorizzazione per utilizzarla e tendergli una trappola. Eccoci arrivati»
Parcheggiarono nell’ampio piazzale del deposito designato e scesero dall’auto. Un vento gelido sferzò i loro visi e fu, quindi, con un certo sollievo che entrarono nel calore dell’edificio. Riuscirono a fare ben pochi passi che due agenti di polizia giudiziaria vennero loro incontro. Uno era alto e magro, l’altro basso e tozzo: entrambi avevano un bel nasone pronunciato e la loro aria stanca mostrava in tutta la sua magnificenza la loro voglia di pensione che, purtroppo per loro, doveva essere ancora troppo lontana.
«Identificazione, prego» grugnì il più alto dei due.
Sia Jackson che Kristoff mostrarono i loro distintivi e si presentarono.
Il più basso fischiò «Hai visto, Jasper? La squadra omicidi, roba grossa» disse al compagno, sistemandosi la cintura dei pantaloni «Come possiamo aiutarvi, signori?»
«Siamo qui per il carico sottratto dall’antidroga alla banda delle Iene. Dovrebbe essere arrivato in questi giorni»
«E perché mai vi interessa quel carico?»
«Temo che queste siano informazioni riservate, al momento» rispose Jackson, assottigliando lo sguardo.
«Horace, non fare l’idiota e non importunare questi ragazzi che giocano in prima linea» lo riprese il collega «Non hanno tempo da perdere con due tipi come noi»
«Se non vi dispiace, vorremmo parlare con il responsabile»
«Ma certo» gli disse quello che doveva essere Jasper con un sorriso che voleva essere affabile senza, però, riuscirci «Seguiteci»
Li scortarono verso la loro postazione, dove aspettarono per qualche minuto che un vecchio macinino dalle sembianze di un computer facesse il proprio lavoro «E' arrivato ieri, se n’è occupata la direttrice in persona»
Kristoff posò una mano sul bancone «E’ possibile parlare con lei?»
«Ne verifichiamo la disponibilità» continuò quello: prese la cornetta del telefono e digitò alcuni numeri. Una roca voce di donna rispose lapidaria alle sue spiegazioni, riagganciò «Può vedervi. Ufficio all’ultimo piano, in fondo al corridoio, non potete sbagliarvi. L’ascensore è da quella parte»
«Non dovreste scortarci?» chiese Kristoff perplesso.
«Suvvia» fece Horace, prendendo nuovamente posto sulla sedia, molto più interessato al suo panino che ad altro «Se non possiamo fidarci fra noi forze dell’ordine, mi domando dove andremo a finire…»

L’odore di fumo investì i due detective ancora prima di entrare nell’ufficio che gli era stato indicato. Non si stupirono, infatti, di trovare la donna – che sfoggiava una bizzarra acconciatura dalla colorazione bianca e nera – intenta a fumare una sigaretta attraverso il filtro di un lungo bocchino «Immagino voi siate i detective Overland e Bjorgman» li accolse con un sorriso viscido «Dottoressa De Vil, accomodatevi cari» li invitò, senza però premurarsi di interrompere quel che stava facendo «Come posso aiutarvi?»
Né Jackson, né Kristoff si lamentarono della cosa, nonostante avessero entrambi gli occhi già arrossati e ritenessero l’odore al limite del sopportabile, dato il gran caldo e la finestra chiusa. Tuttavia, nessuno dei due era intenzionato ad indisporre una possibile collaboratrice.
«Ci perdoni se non ci siamo preannunciati con anticipo, ma la faccenda è piuttosto urgente» si scusò Jack.
«Oh, è sempre urgente con voi, non è vero, cari?» sogghignò.
Lui ignorò la frecciata «Volevamo sapere se, per caso, nel carico sottratto alla banda delle Iene ci fosse della fenilciclidina»
Lei arricciò le labbra «Quel carico, certo, roba davvero grossa e di qualità rara ma non fenilciclidina, no»
I due si guardarono sorpresi.
«Ne è sicura?» chiese Kristoff.
«Certamente, caro» gli confermò «Data l’importanza, mi sono occupata personalmente delle analisi: oltre a gestire questo posto, sono anche una scienziata, sapete?» spiegò, spostandosi appena per fargli vedere la laurea appesa alla parete «Sono una donna superbamente a pezzi, ma non si può dire di no alle sollecitazioni del tribunale, non credete?» celiò, facendo cadere un po’ di cenere in un piattino stracolmo.
«E’ possibile comunque vedere il carico?»
La dottoressa De Vil assottigliò gli occhi scuri, truccati sui toni del verde «Detective, questa sua diffidenza mi ferisce. Inoltre, temo che non sia materialmente possibile fare quello che mi chiede»
«Come sarebbe?»
Lei li guardò ed espirò pesantemente la boccata appena tirata «Il carico è già andato in fumo questa mattina, dritto nell’inceneritore»
«Di già?» sbottò Kristoff che, preso in contropiede, non riuscì a trattenersi dal tossire pesantemente.
«Capite bene che, con le bande in subbuglio, è estremamente rischioso tenere in deposito carichi di quel genere. Come avete potuto notare, il supporto delle autorità è quello che è» finalmente spense la sua sigaretta consumata «Il tutto fatto secondo la procedura corretta, ovviamente: giudice, avvocati, tutti presenti. Vi manderò una copia della documentazione, così starete più tranquilli»
«Le saremmo grati» disse Jackson, alzandosi.
Kristoff fece altrettanto «Aspettiamo sue notizie, allora. Intanto grazie della sua collaborazione»
«Non c’è di che, cari»
Entrambi lasciarono l’ufficio di quella strana donna con l’aria abbattuta e un gran bruciore di occhi e gola. Pareva proprio che Rider avesse mentito, la domanda era: perché?

 §

Jackson prese un sorso di champagne ghiacciato, assaporandone le bollicine sulla punta della lingua. Dopo aver dato quella falsa pista, l’informatore di Kristoff sembrava misteriosamente sparito nel nulla e, quindi, si erano ritrovati - di nuovo - frustrati più che mai e con un pugno di mosche in mano. Chiunque si nascondesse dietro a quel caso – Pitchiner o meno – sapeva esattamente come non farsi trovare. Sospirò, almeno non aveva più colpito. Vuotò il suo bicchiere e lo posò sul vassoio di un cameriere che gli era appena passato accanto: quella sera non era fatta per i rimugini, quella era la sera di Anna Bleket e della sua galleria, bisognava mostrarsi sorridenti. E, per farlo, bastava dare un’occhiata a Kristoff nel suo elegante smoking nero, camicia bianca e cravattino scuro. Era palese che mal sopportasse il fatto di essere vestito a quel modo ma resisteva stoico e lo faceva per amore di sua moglie. Anna era meravigliosa nel suo vestito lungo, altrettanto nero, che le copriva il collo ma lasciava scoperte le spalle, facendo risaltare alla perfezione i suoi capelli ramati, completamente sciolti ad eccezione di un piccolo effetto raccolto sulla nuca.
Sorrise e sistemò il suo di papillon, di un intenso color blu notte, come il resto del suo completo. Non si poteva di certo dire che fosse un grande amante dell’arte contemporanea ma rifiutare quell’invito sarebbe risultato quanto mai scortese. Si era, tuttavia, presentato da solo, anche perché non si era azzardato a chiedere all’unica persona che gli interessasse veramente d’invitare: d’altra parte, non era difficile immaginarsi la sua risposta. Istintivamente la cercò con lo sguardo ma non la trovò. Si chiese cosa mai avesse potuto tenerla lontana da quella festa che, di sicuro, non si sarebbe persa per niente al mondo. Proprio come richiamata dai suoi pensieri, varcò esattamente in quel momento le porte della galleria. La vide liberarsi dal pesante soprabito e, per poco, non ci rimase secco. I capelli biondi erano acconciati in una vaporosa treccia laterale, mentre alcune ciocche erano state magistralmente lasciate libere di incorniciarle il volto. Anche il suo vestito era blu ma di una tonalità decisamente più chiara e brillante, con uno spacco audace e un taglio dritto sul seno a lasciarle completamente scoperte le spalle. Non lo degnò nemmeno di uno sguardo, concentrata com’era nel suo unico obiettivo di raggiungere la sorella. Quando la vide, Anna quasi saltò sul posto dalla gioia.
«Se non chiudi quella bocca, sbaverai»
Jackson si riscosse «Principessa, stai benissimo» si complimentò nel vederla con quell’elegante abito lilla dalla deliziosa scollatura a cuore e la sua lunga chioma bionda completamente libera di risplendere «Ti ho vista, sai? Scoppiare di entusiasmo davanti a quei quadri»
Lei si illuminò «Sì!» confermò entusiasta «L’uso del colore è così evocativo, una meraviglia per gli occhi»
A lui sembravano solo macchie buttate lì ma tant’è «Hai proprio ragione»
Rapunzel rise «Non assecondarmi solo perché vuoi cambiare discorso»
Jack ghignò «Non so di cosa parli»
Oh sì che lo sapeva ma fece finta di credergli «E’ arrivata Jane!» drizzò di colpo la testa, vedendola entrare proprio in quel momento «Devo assolutamente farle vedere Sogno di una notte di mezza estate» si avviò travolta dal suo stesso entusiasmo ma, prima di allontanarsi troppo, si voltò verso di lui ancora una volta «Vai» gli disse soltanto e, poi, tornò ai suoi propositi.
Jackson, dal canto suo, non era tanto sicuro di volere andare. Sapeva quello che voleva, certo, perché era ben conscio del quantitativo di relazioni buttate al vento per via di quei sentimenti che non se n’erano mai andati: quello che voleva lei, invece, era tutta un’altra faccenda. Si era chiesto mille volte che cosa sarebbe successo se non fosse stato così stupido da mandare tutto all'aria quella fatidica sera ma, quando la lucidità tornava a prendere il sopravvento, gli risultava chiaro come lei avesse già deciso di tagliarlo fuori dalla sua vita. Averle, però, dato il giusto appiglio per farlo gli bruciava non poco. Sin da quando era tornato in città, lei era stata subito molto chiara a parole almeno, eppure…
«Quindi sei venuto» gli disse, raggiungendolo alle spalle «Non mi risulta fossi appassionato»
Si voltò verso di lei e le sorrise furbetto «Infatti non lo sono ma non si rifiutano gli inviti di uragano Anna, non te l’hanno detto?»
«Sono consapevole di aver rischiato grosso» ridacchiò.
«Ho visto che sia tu che Jane siete arrivate in ritardo, non è una cosa da te. Problemi al lavoro?»
Lei annuì «Chiaramente, quando c’è qualcosa d’importante, un imprevisto deve sempre saltare fuori all’ultimo secondo» spiegò con una smorfia di rassegnazione «Ma Anna ha lavorato così duramente per questo evento che mancarlo era fuori discussione»
«Sei splendida…» gli sfuggì dalle labbra prima che riuscisse a trattenersi.
Inaspettatamente, Elsa – forse aiutata dallo champagne – alzò un sopracciglio e tirò appena le labbra di lato «Anche tu non sei male»
Questo gli diede il coraggio di continuare «Ho visto che sei venuta da sola»
Lei si irrigidì «Sì, ma non capisco come questo dovrebbe interessarti»
«Beh» non demorse lui «Dato che anche io sono venuto solo, potrei farti da accompagnatore»
«Con quale scopo?»
Jack scosse appena il capo, non capendo.
«Hai un unico fine, Overland, ed è quello di portarmi a letto»
«Così mi offendi, Bleket» si risentì lui, portandosi una mano al petto «Voglio solo godere della tua compagnia in questa piacevole serata, tutto qui»
«Quindi, vuoi dirmi che se io ora ti dicessi di lasciare questa festa e di andare assieme in una camera d’albergo tu mi diresti di no?»
«Ti direi perché scegliere una camera d’albergo, quando abbiamo a disposizione ben due appartamenti: il mio e il tuo»
Lei roteò gli occhi al cielo «Vedi? Sei incorreggibile…»
Jack inarcò le sopracciglia, stupito «Incorreggibile? Sono un uomo, Elsa…» la guardò dritta negli occhi «Un uomo che ti…»
Accompagnato dal tintinnio del bracciale che aveva legato al polso, avvertì le dita di lei sfiorargli le labbra. Non era certo fosse colpa del riverbero della luce o chissà che altro, ma i suoi occhi azzurri – magistralmente truccati sui toni del rosa – sembravano improvvisamente più lucidi «Non dirlo, per favore…» lo pregò.
Rilasciò appena un sospiro sulla pelle di lei, trattenendosi a stento dal seguire l’impulso di baciarla «Va bene»
Elsa spostò la mano con qualche secondo in più del consentito, distratta dalla vibrazione del cellulare proveniente dalla sua pochette «Scusami un attimo» lo recuperò, stupendosi non poco nel vedere sullo schermo la dicitura sconosciuto. Scambiò una rapida occhiata con Jack e rispose, inconsapevole che, una stanza più in là, a suo cognato stava succedendo esattamente la stessa cosa «Pronto?»
«Detective Bjorgman, Dottoressa Bleket» parlò un’artificiale voce metallica, facendola rabbrividire «Sarebbe gradito, da parte vostra, se la smetteste di interferire con i nostri progetti, d’altronde siamo tutti dalla stessa parte…»
«Chi sei?» chiese, la voce spezzata. Jack la guardò allarmato.
«Siamo la nera paura che vi sta crescendo nel petto, il ghiaccio che sta gelando il vostro cuore e mozzando il vostro respiro: siamo i Fearling. Non intromettetevi, non ostacolateci o ne pagherete le conseguenze» ci fu un attimo di silenzio «Mamma, papà…» singhiozzò una voce rotta dal pianto, la comunicazione si interruppe.
Mentre il cellulare di Kristoff cadeva sul pavimento e lo schermo si infrangeva in una miriade di schegge di vetro, Elsa sbiancò: registrò a malapena le mani di Jack che le si serravano rapide sulle spalle per sostenerla, l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi in quel momento era quella vocina disperata. Freja, avevano preso Freja.


Ebbene sì, la situazione è precipitata improvvisamente... la domanda è perché?
Ovviamente si scoprirà... ma a tempo debito ;)
Abbiamo avuto anche tre nuovi ingressi che potrebbero farvi drizzare le antenne... ma magari no ù_ù
Indubbiamente c'è del caos in questo caso, riusciranno i nostri eroi a districarsene? Ma, soprattutto, ci sarà una sola verità?
Nel mentre il tira e molla fra Jack ed Elsa sembra non avere fine, mannaggia a loro (a lei principalmente XD)
Il fatto che Kristoff sia geloso del rapporto fra Jack e la figlia è un mio personalissimo headcanon di cui mi diverto sempre particolarmente a scrivere, spero sia stato divertente anche per voi leggerlo.
Per quanto riguarda il nome della moglie di Pitch, in realtà non è noto e cercando Seraphina Pitchiner si viene riportati, comunque, ad Emily Jane. Tuttavia, in molte fic (compresa TWOIAN - La Battaglia del Crogiolo di evil 65) viene utilizzato come headcanon, diciamo che mi sono accodata a questa parte di fandom.
Il triste background di Kozmotis, come detto in precedenza, si rifa a quello del dottor Trent Marsh il quale, nella serie di riferimento, aveva perso la moglie per mano in un omicida rimasto impunito. L'interrogatorio fra Pitch e Jack segue molte delle dinamiche di quello fra Trent e Tommy.
Per finire i doverosi riferimenti a Body of Proof e a quanto Megan e Tommy abbiano dinamiche Jelsose, il loro scambio di battute finali - prima della fatidica telefonata - viene (anche se con opportune modifiche) direttamente dalle loro bocche.
Grazie per aver letto e, come sempre, qualsiasi segno del vostro passaggio vorrete lasciarmi mi farete molto felice ♥
Alla prossima
Cida


  
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