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Autore: Nat_Matryoshka    02/10/2022    2 recensioni
“Sei una strega perfetta. Non so se l’hai capito, ma mi hai già stregato a sufficienza, Cunningham.” Le sposta una ciocca dietro l’orecchio, soffermandosi a sfiorare la guancia quell’attimo in più che porta Chrissy a socchiudere gli occhi, godendosi il suo tocco. “Ormai non posso più toglierti gli occhi di dosso.”
[Chrissy Lives AU | Eddie/Chrissy | canon divergence, what if?, post-S4 ]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chrissy Cunningham, Eddie Munson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autunno – Interludio
 
 



“This could be the end of everything,
So, why don’t we go somewhere only we know?”
 
 


I.
 

Cassie è sottile come un fuscello e vigorosa come un albero scosso dalla tempesta, di quelli che, per quanto si pieghino al vento, non si spezzano mai. Chrissy lo impara subito, non appena messo piede a Finn Haven: con lei il mondo assume tutta una serie di colori differenti e anche ciò che sulle prime sembrava una follia acquista una concretezza nuova, quasi stupefacente. È davvero piena di risorse come le ha detto Eddie, una di quelle persone in grado di mettere in pratica tutto ciò che le passa per la mente, o quasi. Se qualcosa non viene bene si può sempre aggiustare, ha affermato con un sorriso mentre infilava una chiave tra le sue dita, ed è bastata quella semplice frase a conquistarla.

Di lei non sa molto – Eddie le ha riferito quel poco che bastava a inquadrarla, ossia che è stata la migliore amica di sua madre, che l’ha sempre considerata una specie di zia e che vive a contatto con una comunità di artisti suoi amici – ma sente che ci sarà tempo per impararlo: Cassie li ha accolti con un sorriso e senza chiedere troppe spiegazioni, annuendo a ogni svolta della storia che Eddie le ha riferito. Non le importa che siano praticamente scappati lì, e che i genitori di una ragazza all’apparenza di ottima famiglia siano convinti che la figlia alloggi in un college del Colorado, quando si è invece rifugiata in una cittadina di montagna dimenticata da Dio e dagli uomini: suo nipote è lì davanti a lei dopo anni e sembra felice. Non mi serve altro, ha aggiunto, mentre il cuore di Chrissy faceva l’ennesima capriola per la gioia.

“Casa di Carol è ancora lì dove l’ha lasciata,” conclude, bevendo un ultimo sorso di caffè. La caffetteria più carina della città ha i tavolini di legno e dei piccoli quadri alle pareti, di quelli realizzati a mano da artigiani del posto e acquistati nei mercatini stagionali. “Fino a due anni fa ci abitavo, adesso che ho trovato casa più vicino al lavoro ho iniziato ad affittarla, ma giusto a qualche turista in estate. Potete restarci quanto volete… il riscaldamento fa un po’ fatica ad avviarsi, ma possiamo pensarci io e Mick.”

“Tu dacci un prezzo zia Cas, e noi lo pagheremo,” ha tentato di contrattare Eddie con un sorriso che doveva sembrare assolutamente convincente e destinato a farle accettare in un istante qualunque condizione, ma lei è scoppiata a ridere.

“Stai scherzando? Non esiste che faccia pagare l’affitto al mio nipote preferito, non quando finalmente torna a trovarmi dopo quasi dieci anni. Consideralo un regalo di diploma, Eds… tua madre sarebbe al settimo cielo.” Sorride, spostandosi una ciocca di capelli dal viso, e Chrissy è improvvisamente colpita dalla sensazione che si tratti di una di quelle persone che non amano sbandierare al pubblico i propri sentimenti. “Mi basta sapere che stai… che state bene,  e che magari avete trovato un modo di guadagnarvi da vivere. Qui in città una mano serve sempre,” conclude, e prima ancora che Eddie possa fermarla ha già sistemato i soldi del conto nel posacenere di legno vicino alle loro tazze. “Vi piacerà questo buco dimenticato da Dio, vedrete. Di solito chi viene qui per iniziare una nuova vita poi finisce per restare.”

“Non sarebbe male,” commenta Chrissy prima di riuscire a fermarsi, e Cassie la ricompensa con un sorriso pieno di luce. Anche se non dice nulla, si sente validata dal suo sguardo.

La loro nuova casa è appena fuori città, separata dal centro cittadino da una stradina alberata che profuma di fiori tardivi. Cassie la percorre con passo sicuro, interrompendo il silenzio di tanto in tanto per indicare un negozio o per salutare qualcuno che conduce il proprio pick-up verso la montagna. Lì abita Angie, la proprietaria del negozio di dischi, quella casa è sfitta da anni, quel negozio ha aperto da poco ma i prezzi sono fantastici, ciao Susan, tutto bene a casa? e ogni parola è una novità, il tassello di un puzzle che si ricompone nell’insieme davanti ai suoi occhi, mostrandole un mondo che mai credeva di poter ammirare. Chrissy pensa di nuovo a quanta vita esista oltre a Hawkins, e quanto quel microcosmo sempre immobile, fermo in se stesso, abbia influenzato la sua di vita, in modi che nemmeno immaginava. Cosa sarebbe accaduto se fosse rimasta lì per sempre, incapace di liberarsi da quel bozzolo di aspettative statiche da realizzare?

Scuote la testa, inspirando il profumo che la circonda. La casa che hanno appena superato ha il giardino, dominato da un grande albero dai fiori bianchi. Per un attimo si immagina sotto le sue fronde, a leggere un libro mentre una pioggia di petali bianchi le copre le spalle, e quell’immagine è così vivida che le sembra di sentire il loro tocco gentile sul viso.

Eddie rallenta il passo perché lo raggiunga, allungando le dita per stringere le sue. Ogni tanto cerca il contatto fisico con lei, avvolgendole un braccio attorno alla vita o sfiorandole una mano quasi a chiederle una conferma senza parole ed è dolce, impacciato, quasi spaventato all’idea che possa ritrarsi. Non l’ha mai visto così fragile, ma quel suo nuovo aspetto la rende immensamente felice: è come se l’avesse conservato per anni per mostrarlo solo a lei, condividerlo con quell’unica persona che sente possa capirlo. E Chrissy gliene è immensamente grata, come ogni volta che si trova a contemplare un dono che la vita le fa, con le mani tese per accoglierlo e il cuore pieno di meraviglia.

Così accetta la sua mano. Il palmo caldo avvolge completamente il suo, riscaldandola fin nel profondo, anche se basta il minimo tocco con il metallo freddo degli anelli a spedirle un brivido delizioso fino alla base della spina dorsale. Chi avrebbe mai immaginato che ce l’avrebbero fatta, nonostante tutto e tutti?

Proseguono finché Cassie non si ferma davanti a una casa che spicca sulle altre per il tetto scuro e le imposte di legno, piccola ma circondata da un giardino di tutto rispetto. Il legno dello steccato è sbeccato in alcuni punti, così come quello della porta: il colore che un tempo doveva essere azzurro carico appare sbiadito, roso dagli anni. La cassetta delle lettere è stata probabilmente centrata da quello che sembra un colpo di pallone particolarmente ben piazzato e anche il legno del pavimento del porticato deve aver visto giorni migliori, ma Chrissy la osserva con gli occhi spalancati, ammaliata.

Sente Eddie trattenere il respiro. È un rumore lieve, quasi impercettibile, ma che la colpisce dritta al cuore quanto la stretta alle dita che segue poco dopo. Capisce immediatamente quello che sta provando senza che sia costretto a trasformarlo in parole: stanno per entrare di nuovo a casa di sua madre, quella casa in cui deve essere stato tante volte quando era bambino. Una casa a cui non sono rimasti altro che ricordi di voci e di momenti bloccati nel tempo, che forse restano ancora intrappolati tra le stanze e le tende bianche che fanno capolino dalla finestra affacciata sulla strada. Cassie l’ha abitata fino a qualche anno fa, certo, ma se quei ricordi fossero stati più forti del tempo? Se fossero rimasti lì tutti insieme, in attesa che la persona a cui erano destinati li richiamasse?

Lui abbassa la testa, poi la rialza. Un cenno del capo, impercettibile quando il respiro di poco prima: sono pronto. Chrissy intercetta il suo sguardo e lui le sorride, più sicuro, mentre la sua stretta si allenta appena.  

Cassie si sistema davanti alla porta con l’aria di un’agente immobiliare che sta per mostrare ai propri clienti il pezzo forte del tour tra le abitazioni del quartiere. Il suo sorriso è ancora più ampio e caloroso mentre gli fa strada verso l’ingresso e lascia che Eddie infili la chiave nella toppa, perché sia il primo a varcare la soglia di quella casa.
 
 

 

II.
 

“Un buco Hobbit”, l’ha definita Eddie la prima volta che sono entrati lì dentro, e per quanto Chrissy non conosca bene le opere di Tolkien – fanno parte di quei libri di cui le parla in continuazione con entusiasmo contagioso e che ha promesso di farle leggere – le è sembrata subito la definizione più calzante.

“Non è un buco brutto, sudicio e umido, pieno di vermi e intriso di puzza,” ha declamato passeggiando per il salotto poco dopo che Cassie se n’è andata, un dito che sollevava un filo di polvere restando macchiato di grigio, “e nemmeno un buco spoglio, arido e secco, senza niente su cui sedersi né da mangiare! No, signori miei… è un buco Hobbit, vale a dire comodo. Il miglior buco Hobbit che il Colorado abbia da offrire, pronto a mostrare le sue meraviglie a una raffinata signorina di città.”

Lei ha riso rifiutando quella definizione, poi ha lasciato che le prendesse le mani per improvvisare un ballo frenetico tra il divano sconnesso e il tavolo del salottino, urtando gli scatoloni che Cassie ha sparso ovunque. Quel buco Hobbit ha una cucina che si affaccia sul retro del giardino, un minuscolo salotto, un bagno e una stanza da letto quasi del tutto vuota. I mobili non sono nuovi, ma conservano quel fascino discreto degli oggetti usati con rispetto e conservati perché durino il più possibile: sfiorandoli, riesce quasi a sentire quanto sono stati amati. Cerca di immaginare la mamma di Eddie muoversi lì dentro, sistemare i libri nella libreria a muro fatta a mano, rinvasare le piantine nelle fioriere di pietra coperte di muschio che le intemperie hanno intaccato solo appena, come le imposte. La sua immagine continua a sfuggirle, ma le foto che Eddie conservava in camera sua le hanno fornito informazioni sufficienti a immaginarla: una donna con i suoi stessi capelli scuri e ricci e il naso dritto, il sorriso nascosto dietro una mano, come se l’idea di essere fotografata la imbarazzasse.

Diceva sempre che non era abbastanza fotogenica da sprecare pellicola per lei,  le ha confidato Eddie una volta, in uno di quei pomeriggi al lago in cui le chiacchiere, da distratte e casuali, iniziavano a riguardare più da vicino le loro famiglie. Invece era sempre sorridente. I suoi amici raccontavano che, quando lei sorrideva, io iniziavo a sorridere di riflesso. Lei gli ha accarezzato il viso, cercando di immaginare quella scena familiare così dolce, diversa dal rigore formale che ha sempre unito la sua famiglia. Si è sentita invadere da un senso di pace, ma allo stesso tempo una stilla dolorosa le ha punto il cuore, facendole scivolare una lacrima lungo la guancia. Ci ha messo un po’ per rendersi conto che si trattava di nostalgia. Nostalgia per un sentimento che non è mai esistito, forse anche più doloroso del rimpianto di qualcosa di passato e ormai perso.

Gli occhi no, quelli sono di suo padre. Di lui non sa praticamente nulla a parte quei dettagli che le ha raccontato nella stanza del motel: forse prima o poi avrà la forza di colmare quelle lacune per sfogarsi con lei, affidarle parole che ancora scavano un solco nel suo cuore. Quando verrà il momento, l’ha già deciso, si farà trovare pronta ad accoglierle.

Il loro buco Hobbit ha una lavatrice che funziona a singhiozzo, ma Cassie l’ha rassicurata sull’abilità di Mick di sistemarla in brevissimo tempo. Le finestre si chiudono tutte, l’isolante è stato rimesso da poco. E nella stanza da letto il matrimoniale praticamente nuovo: Eddie è corso a frugare nell’armadio e ne ha tirato fuori una coperta a quadri arancio e marrone, portandogliela con un sorriso enorme sulle labbra.

“Mi ci infilavo sempre dentro la sera, quando guardavo la tv con i miei. Pensavo Carol l’avesse portata chissà dove…”

“Che bella.” Chrissy allunga la dita per sfiorare la lana ruvida. Eddie la apre e gliela sistema sulle spalle, lasciando che giri su se stessa sprofondando in quel tessuto che profuma di vecchio armadio. “Mi fa pensare all’autunno.”

“Per questo l’ho presa!”

Eddie sorride e la distende sul letto, sistemando gli angoli, poi facendo un passo indietro per ammirare l’effetto finale. “La mobilia è un po’ scarsa, ma per ora può andare. Mancano giusto due o tre quadri con le vedute di montagna, un ricamo incorniciato, uno di quelli con scritto ‘Casa Dolce Casa’ o qualcosa del genere… ah, e un salmone di legno intagliato. Ci starebbe bene, che dici? Magari lì vicino alla porta, in quello spazio vuoto. Molto di buon gusto, all’antica.”

“Scemo.”

Lei ride, scuotendo la testa. Eddie si finge indignato.

“Cos’avrebbe contro i salmoni di legno intagliato, signorina Cunningham?”

“Beh, contro i salmoni in sé e per sé, nulla.” Chrissy sorride, avanzando di un passo per posargli un bacio sulla punta del naso. “Ma per quanto riguarda l’arredamento, beh… forse ho un’idea migliore.”

“Un’esperta di arredo d’interno, quindi. Chrissy Cunningham, ex reginetta del ballo, ex cheerleader capo e ora anche arredatrice part-time? Sei piena di risorse!”
Chrissy ride, correndo fuori dalla stanza come un uragano. Cassie ha parcheggiato il furgone fuori dal cancelletto ed è lì che si dirige, per cercare qualcosa sul sedile posteriore. Quando rientra in casa, un attimo dopo, stringe tra le mani la bandiera degli Iron Maiden che Eddie teneva appesa dietro alla porta della sua stanza nel trailer.

“Che ne dici di un tocco più personale?”

“Dico che è un ottima idea.”

Ha visto tante volte brillare i suoi occhi, ma mai in quel modo, mai con quell’intensità. Eddie la afferra e, dopo essere andato in cerca di qualcosa in lungo e in largo per la casa (Cassie farebbe invidia all’emporio dei Buckett di Hawkins, cavolo se non ha tutto quello che può servirti per tenere in ordine una baracca) torna con due puntine da disegno. Chrissy si sfila le scarpe per salire sul letto, lui la segue, e dopo una battaglia a colpi di battute, solletico e lembi spostati e raddrizzati da un verso all’altro, la bandiera degli Iron Maiden, regalo di Wayne per i suoi diciannove anni, domina la stanza da sopra il letto.

Eddie la ammira con le mani suoi fianchi, spostandosi una ciocca di capelli dal viso con aria soddisfatta.

“Ecco, ora si ragiona. Ora sì che è un buco Hobbit più personale e anche molto più metal.”
 
 


III.
 

Rimettendo in ordine la cucina è spuntata fuori una scatola piena di libri, quaderni di ricette e schede sfilate da chissà quale raccoglitore preso in prestito da amici o dalla biblioteca comunale e mai restituite: un tesoro che Carol, la madre di Eddie, ha accumulato per anni ma che non ha mai portato con sé a Hawkins. Lui ha commentato quella scoperta con un sorriso, portando tutto sul tavolo della cucina e suddividendo con pazienza le schede dai foglietti sparsi, osservando con interesse i due quaderni pieni di appunti presi con la calligrafia precisa di sua madre.

“Torta di mele con gelato… questa me la ricordo, la preparava sempre la domenica. Alcune di queste ricette potrei rifartele ad occhi chiusi, le conosco a menadito. Ehi, potrebbe essere una buona occasione per preparare qualcosa di buono! Ho vissuto per anni di cibo della mensa e roba da scaldare al microonde, pagherei per un’insalata con le noci come si deve…”

Lei si è improvvisamente finta molto interessata a una macchia di muffa sul muro della cucina, fissandola come se il suo unico pensiero fosse quello di trovare un modo di toglierla. La verità è che ha pensato da mesi a quell’eventualità, inevitabile e dolorosa: vivere insieme significa doversi occupare della cucina. È sempre stata sua madre a gestire quel regno che per lei contiene solo brutti ricordi, ad amministrare quello che ne usciva e controllare scrupolosamente ciò che entrava. Tolta la giurisdizione di Laura Cunningham, cosa le resta? Le ginocchia che premono sulle piastrelle fredde del bagno della scuola mentre svuota l’intestino nel gabinetto bianco come le pareti di un ospedale, Lizzie che si lamenta di come tutto il gelato le finirà sul sedere, sua madre che la sorveglia attentamente perché prenda solo due patate anziché tre. Il cibo è sacrificio, tensione. Un nutrimento obbligatorio che deve somministrarsi senza eccedere, pena una sfilza di rimproveri camuffati da preoccupazioni. Il cibo non ha nulla di bello da offrirle, a parte ricordi che preferirebbe cancellare, ed è un pensiero che le ha sempre fatto male.

Per fortuna, Eddie le è venuto in aiuto ancora una volta.

“Possiamo iniziare a preparare qualcosa insieme, se ti va. Che ne dici?”

Ha sospirato di sollievo, ma piano, senza farsi vedere. Sì, potrebbe farcela: forse è il genere di scossa di cui ha bisogno per dare uno strappo al passato e concentrarsi su un nuovo presente. Ha annuito appena e l’ha aiutato a scegliere qualcosa di semplice da preparare, qualcosa da mettere insieme con le poche cose con cui hanno riempito le borse di stoffa che Cassie gli ha portato per fare la spesa all’emporio al centro. Alla fine sono riusciti a mettere insieme un pranzo più che dignitoso, ed è riuscita a controllare che le uova non si bruciassero senza cedere e scappare in bagno per non sentirne l’odore. Una piccolissima vittoria.

“Non ne vuoi ancora?” le ha chiesto Eddie a un certo punto, indicando l’insalatiera. All’interno erano rimaste almeno altre due porzioni: quella nel piatto di Chrissy era piccola quanto i menù bambino dei fast food. Quei menù sono stati fatti da gente che se ne intende, ha sempre commentato sua madre in tono benevolo e soddisfatto, senza mai specificare di cosa. Ed Eddie era lì, a osservarla curioso e un po’ preoccupato, la forchetta a mezz’aria, un pezzetto d’uovo fritto miracolosamente in bilico tra i rebbi.

“No, ho mangiato abbastanza.”

“Ne sei sicura, Chris? A colazione hai solo bevuto caffè...”

“Io…”

Ha spostato lo sguardo, abbassandolo verso il piatto ancora pieno. Come è possibile concentrare anni di lotte contro se stessa, di sofferenza e di rabbia, di parole non dette e inghiottite al posto del cibo, in una sola giustificazione?

“Tendo a ingrassare facilmente, sai. Per questo devo mangiare poco.”

“E da quando prendere un chilo sarebbe un problema?”

Chrissy ha tenuto lo sguardo basso, senza aggiungere altro, imbarazzata. Ma come se le avesse improvvisamente letto nel pensiero Eddie si è irrigidito, mordendosi le labbra, e ha posato il tovagliolo.

“Chris…” ha mormorato, in tono ancora più pacato. Si sente in colpa per aver parlato troppo, quel pensiero le ha immediatamente attraversato la mente, e la tentazione di alzarsi di scatto dalla sedia e abbracciarlo con forza è stata difficile da zittire. “Non so cosa ti abbiano fatto pensare per anni e non voglio nemmeno saperlo, o mi incazzerei tanto da non potermi trattenere. Non ti forzerei mai, lo sai. Ma ho visto quanto eri felice al ristorante vicino al motel, quando mangiavi quei club sandwich…”

… grassi e altre schifezze tesoro, assolutamente no, domani sera dopo il cinema torni di filato a casa, lo dirò io alla signora Driscoll…

“E vorrei ti sentissi sempre libera di mangiare quello che ti piace quando vuoi, Chris. In barba alle cazzate di tua madre e di chiunque abbia osato farti sentire inadeguata.”

Ha allungato le dita sul tavolo per sfiorare le sue, di nuovo quel contatto pieno di dolcezza che le rivolge sempre quando gli sembra che stia smarrendo la strada. Lei si è lasciata sfiorare, ancora affamata di qualcosa di più del semplice cibo.  

“Se mangi, ti sentirai meglio. E se ti sentirai meglio, ci aspettano tante di quelle escursioni da farti venire la nausea delle montagne e del trekking, te lo assicuro.”

Lei ha riso di cuore, come non le capitava da giorni. Eddie le ha rivolto uno di quei suoi sguardi raggianti, quelli che riempiono le stanze buie dei suoi occhi di una luce calda, pomeridiana. Non è riuscita a finire tutta la porzione nella ciotola, ma pazienza: qualcosa è cambiato. Qualcosa di minuscolo, una certezza che fino a qualche ora prima non c’era e che quella discussione è riuscita a far nascere miracolosamente. Forse ci vorrà ancora del tempo prima che il cibo smetta di tirarsi dietro la sua zavorra fatta di attimi da dimenticare, ma – se non altro – è sulla buona strada.

Ma stamattina è diverso.

Stamattina si è svegliata con una nuova consapevolezza, che l’ha accompagnata da quando ha percorso i primi passi verso la cucina, ancora scalza, a quando ha bevuto il primo sorso di caffè guardando gli uccellini spostarsi da un albero all’altro nella bruma del mattino autunnale. Eddie è uscito a sistemare il furgone, l’ha sentito canticchiare una canzone che non conosce mentre cercava la cassetta degli attrezzi di suo nonno, lasciandole giusto il tempo necessario a elaborare il suo piano e a trovare il coraggio necessario a dargli il via. È stato il frigorifero a ispirarla, il suo ronzio basso e cupo da elettrodomestico vecchio ma ben funzionante, un anziano saggio che ha visto quella casa riempirsi e svuotarsi e poi ancora riempirsi. Quello, e il sorriso felice di Eddie nell’accogliere lo scoppio della sua risata, quel sollievo che era l’anticamera di un’altra risata piena: è bello vederlo felice. Così bello che non vede l’ora di vederlo sorridere ancora.

La torta di mele.

Per fortuna ne sono rimaste due nella fruttiera, rosse e gialle, che profumano d’autunno. Non ha mai preparato una torta in vita sua, ma il libro di cucina è pieno di foto dettagliate e gli ingredienti ci sono tutti… quanti errori potrà mai fare? E poi, è il risultato che conta. La sfida tra lei e il passato, tra la Chrissy di ora e quella che vive solo nei suoi ricordi, bloccata sulla strada della sua vita incerta come un cervo davanti ai fanali di un’auto.
Ha preso il libro per cercare la pagina giusta e poi gli ingredienti, uno dopo l’altro, per familiarizzare con quello spazio che occuperanno ancora per chissà quanto tempo. Ha stretto i denti per prepararsi a sensazioni che non conosce, ma di cui le sembra di avere meno paura che in passato. Monica correva sempre a controllare se c’era qualcuno in cucina prima di prendere qualcosa da mangiare. Sua madre, in quel regno fatto di piastrelle splendenti e canzoni romantiche alla radio, non faceva mai entrare nessuno. Il libro ha qualche macchia di chissà cosa sull’angolo della pagina ma non riporta le calorie, chissà perché non le scrivono mai? Ma a cosa servirebbe davvero, poi?

Appoggia il libro contro la bilancia, inspirando profondamente. È il risultato a contare. Ogni novità inizia con uno strappo a ciò che ormai è vecchio e immobile. Eddie è così bello quando sorride, così contagioso. Le fa venire voglia di disobbedire ancora, di prendersi tutto lo spazio che – ora lo sa – ha sempre meritato.

Le uova ci sono, le mele anche. La farina è anche più di quanta ne servirebbe, avanzerà per qualcos’altro. Le sembra tutto troppo facile e assurdamente complicato assieme, ma probabilmente è solo questione di tempo: in fondo, è la sua prima torta. Verrà come verrà, l’importante è averci provato, pensa, finalmente sorridendo.

Il tempo le ha insegnato che la cura migliore dopo una ribellione è accettare la nuova realtà appena costruita.

Prendere coscienza di ciò che si è, di quello che manca, del nome che si portano dietro quei tasselli sbeccati che formano la sua anima e che ha finalmente iniziato a reclamare e poi a esaminare con pazienza, con la risolutezza di chi vuole finalmente rimettere insieme una brocca di porcellana infrantasi anni prima. Desiderare amore non è un peccato: ora, almeno, sta iniziando a capire dove può trovarlo e dove, invece, non riceverebbe quello che fa per lei. Respirare profondamente nella nuova consapevolezza, lasciare che penetri in ogni fibra del suo essere fino a rinnovarlo, mentre mischia gli ingredienti nella ciotola.

Ho bisogno d’amore, di essere consolata, di essere accettata. Voglio che chi mi sta vicino mi riconosca per quello che sono, mi aiuti a trovare quello che cerco, mormora, prima solo mentalmente, finché non si accorge che quelle parole stanno davvero lasciando le sue labbra, e che la cucina è piena del loro suono.

Ho bisogno di essere guidata finché non riuscirò a camminare con le mie forze.

Controlla ancora una volta le dosi, stringendo gli occhi all’improvviso, pronta ad affrontare la voce di sua madre e a rispedirla da dove è venuta, ma tutto sembra tacere. Il ronzio del frigorifero è l’unico suono che accompagna i colpetti del mestolo.

So di essere debole. Ma sto diventando più forte.

In ogni caso, sono qualcosa che prima non esisteva.

Chrissy si ritrova a innalzare quella preghiera mentre il mestolo gira ancora nella ciotola e il profumo dello zucchero e delle mele appena sbucciate le solletica il naso, facendole quasi girare la testa. A Eddie piacerà anche senza il gelato, o almeno spera. Non gli ha detto nulla per fargli una sorpresa: l’unico genere di segreto che vorrebbe mai tenere con lui.
 
 


IV.
 

Quella notte si spoglia e scivola tra le braccia di Eddie come se fosse la cosa più naturale del mondo, ed è veramente così. Le sue braccia si tendono verso di lei e
Chrissy si lascia avvolgere, accogliendo il suo bacio come il benvenuto in un rifugio tutto per lei. Sentendosi di nuovo – per quella che sembra la prima volta in una vita ma è una tra le tante volte in cui glielo ha dimostrato – completa.

Eddie la sovrasta gentilmente, continuando a baciarla sulle labbra e sul collo, spostandole una ciocca di capelli dal viso come ha già fatto al lago, la prima volta che gli ha permesso di accarezzarla sotto al tessuto del costume. Baci che iniziano con dolcezza per diventare sempre più intensi, più disperati, finché Chrissy non avvolge la sua schiena con le braccia per tirarlo a sé e approfondire quel contatto, quasi avesse paura che quella casa, quella fuga, tutto l’amore che sta ricevendo siano solo sogni destinati a svanire al mattino, quando la sveglia suonerà e sua madre farà capolino dalla porta per chiederle come mai non sia già in piedi. Ma sua madre non è lì e Hawkins è lontana, si ripete come un mantra, accogliendo un bacio ancora più intenso. Ci sono solo lei e Eddie, e quella vita semplice e bella che ha tanto sognato.

Eddie non si è tolto il braccialetto, ma non importa. Ne sfiora il cuoio scuro con un dito, percorrendolo appena con la punta del dito, mentre lui disegna il profilo delle sue spalle con un’altra serie di baci lievi, delicati. I suoi capelli soffici le sfiorano il seno ormai scoperto, seguiti poco dopo dalle sue labbra. Labbra che esplorano, che baciano, che lasciano una traccia lieve anche quando mordicchiano un capezzolo chiaro, strappandole un gemito che viene avvolto dall’oscurità della stanza. Labbra che sembrano adorare ogni centimetro della sua pelle, seguite dal tocco lievissimo delle sue dita, che modellano e creano e non lasciano alcuna traccia, se non un fremito impercettibile. È così gentile, così attento: ogni suo movimento le fa capire quanta paura abbia di fare qualcosa di sbagliato, di irreparabile.

Di farle male.  

Jason non è mai stato così, nemmeno la prima volta. Le ha promesso che sarebbe stato bello, sì, che la sua prima volta andava celebrata, ma nemmeno dopo aver finito le ha detto ciò che avrebbe sperato dicesse. Il sesso con lui è stato qualcosa di doveroso, quasi sentisse la necessità di mettersi in mostra per offrirle una garanzia futura.
Un solo bacio, niente carezze: si è preso il suo piacere per poi chiederle se qualcosa non andasse, se le fosse piaciuto davvero. All’epoca era convinta che andasse bene così. In fondo cos’altro avrebbe dovuto dire, a parte ringraziarlo per averla desiderata fino a quel punto?

Mentre Eddie la bacia, disegnando una scia sottile che dall’incavo del seno scende fino all’ombelico, si rende conto di non essersi mai sbagliata tanto.

Quello è desiderio che non chiede altro in cambio, piacere che diventa gioia pura di essere lì con lei, in quel momento, nell’intimità gentile di una casa che aspettava solo la loro presenza per brillare di nuovo. I baci di Eddie si fermano ogni poco come i passi di una danza appena imparata, il suo sguardo si solleva per incontrare quello di Chrissy e chiederle se va bene, se deve smettere o se può continuare a venerarla nel suo personalissimo modo. Lei gli accarezza i capelli con un sospiro, affondando le dita tra le ciocche soffici, ringraziando chiunque la ascolti per averle concesso quella seconda possibilità di imparare cosa significhi amare.

Quando si solleva appena sulle ginocchia per sfilarle di dosso l’ultimo capo che ancora la copre, le permette di ammirare i suoi tatuaggi ancora meglio. Chrissy allunga le dita per sfiorarli di nuovo – stavolta la fila di pipistrelli che volano sul suo avambraccio – e lui ne approfitta per prendere la mano e baciarle, una per una.

È così bello, nella penombra della stanza. Così forte e delicato allo stesso tempo, le spalle larghe appena sfiorate dalla cascata di ricci scuri, i tatuaggi che spiccano sulla pelle chiara per raccontare le loro storie, le labbra morbide che sembrano modellate dalla luce stessa. Una bellezza gentile, che accoglie e protegge.

Un dono solo per lei.

“Chris… se non volessi farlo, lo capirei perfettamente.”

“Ma io voglio farlo.”

Lui le regala un altro sorriso dolce, disarmante, in cui Chrissy legge anche una nota diversa, quasi di sollievo. Come fai anche solo a pensare che possa non desiderarti, Edward Munson?

“Lo so. Ma se per un qualunque motivo non te la sentissi più e mi chiedessi di smettere… non ti costringerei mai a fare qualcosa che non desideri. E non dovresti preoccuparti di avermi deluso. Lo sai, vero?”

Chrissy annuisce. Ha imparato che le parole sono superflue, in molti momenti. Che a volte il silenzio possiede una forza ancora maggiore, soprattutto quando viene cercato, e riempito di momenti in cui si rivela un antidoto alla confusione della mente. E quando Eddie scende su di lei, abbassandosi sul suo ventre e facendo scorrere quella scia di baci più in basso, tra le sue gambe, il gemito appena accennato che le sfugge dalle labbra sembra rispondere perfettamente a quella logica.

Lui la ama in silenzio, sfiorandola con le labbra, prendendosi cura di lei senza pretendere di ricevere qualcosa in cambio. Le mostra cosa significhi devozione, che sapore abbia la dolcezza di un amante attento e premuroso. Il sesso non ha nulla di meccanico, con Eddie: è tutto spontaneità, risate, voglia di condividere qualcosa di prezioso, di importante. Se la prima volta con Jason le aveva restituito l’idea di un dovere che avrebbe dovuto imparare lei a trasformare in piacere, beh… questa è drammaticamente, meravigliosamente diversa. Chrissy sospira, affondando la testa nel cuscino, stringendo le lenzuola tra le dita sudate, mentre Eddie scende sempre più in basso e continua a baciarla in quel suo modo speciale, accarezzandola prima con la bocca, poi anche con le dita.

Perché nessuna delle sue amiche le aveva mai detto che potesse davvero essere così bello?

Eddie continua con la sua opera, stringendo la pelle umida dei suoi fianchi tra le dita: il contatto freddo con i suoi anelli le spedisce un nuovo brivido lungo la spina dorsale. È tutto così perfetto che le riesce persino difficile respirare, e ogni gemito si spezza sul più bello, lasciando la sua bocca in una nota così acuta da suonare irriconoscibile. E quando posa la testa tra le sue gambe dopo aver finito, i capelli che finalmente la sfiorano scaldandola, si sente così bene da sciogliersi quasi in lacrime, per scoppiare a ridere solo un attimo dopo. Le tremano le gambe, ed è così felice da non saperselo spiegare.

“Eddie…”

Lui respira piano, un respiro caldo e gentile che la protegge dal freddo della notte, che si è impadronito del resto della stanza. Quando solleva la testa, solo un raggio di luna illumina il suo sorriso e Chrissy si rende di nuovo conto di quanto goffe e imprecise possano suonare le parole in momenti come quello.

Si allunga verso la tasca anteriore dello zaino per cercare qualcosa con passo felpato, i gesti misurati di chi non vuole spezzare un incanto. La sua schiena nuda le dà le spalle, catturando quella stessa luce di poco prima, brillando come una stella vagabonda. Chrissy chiude gli occhi, godendosi quella beatitudine.

Finché un pensiero esterno non si fa strada in lei come un cuneo, facendo breccia e spaccando quella lastra sottile che le avvolge il cuore.
 
Non dovresti essere qui, sussurra una voce, ed è quella di Laura Cunningham. Dovresti essere al college, ad aspettare le prime lezioni e il ritorno a casa per il Ringraziamento. A contare i giorni che ti separano da quello in cui tornerai tra le braccia del tuo fidanzato.
Cosa stai cercando, Christine? Sai già che non troverai di meglio.

Chrissy stringe gli occhi. Cerca di opporsi con tutte le sue forze a quella deriva, di stringere la zattera a cui si è aggrappata con le dita bagnate che perdono la presa, ma il fluire dei pensieri è inesorabile, ruggisce come una tempesta attorno a lei. Alla voce di sua madre si aggiunge quella di Jason, insinuante e sottile, un Jason che non ha mai popolato i suoi pensieri con quell’astio.

Sei felice adesso, Chrissy? Sei soddisfatta che lo svitato ti scaldi il letto? Ma guardati… aveva ragione tua madre: senza di lei non sei niente, e nemmeno senza di me. Una sbandata. Una ragazzina con la testa piena di fantasie idiote. Se tornerai e chiederai scusa, forse sarò tanto gentile da accoglierti di nuovo.
Ma dovrai meritartelo.
Tu non meriti nulla.

Senza rendersene conto, inizia a tremare.

È Eddie ad accorgersene per primo: torna subito sul letto, sovrastandola, e un attimo dopo Chrissy appoggia la fronte contro il suo petto, protetta dal contatto con la pelle calda. Ha gli occhi pieni di lacrime, il respiro affannato, ma non importa: tutto ciò che desidera davvero è dimenticare, zittire quei fantasmi perché non la tormentino più. E magari anche prendersi a pugni per ciò che ha fatto, punirsi per quel momento così prezioso che è appena finito in pezzi tra le sue dita…
Ma Eddie la pensa diversamente. Eddie la accarezza mormorando appena parole che non riesce a capire, le sfiora i capelli distendendosi accanto a lei sotto alla coperta a quadri che hanno sistemato poco prima sul letto. Cullata dal suo calore, riesce finalmente a calmarsi.

“Eddie… scusami, ti prego. Non… non ce la faccio. So che ho rovinato tutto, m-mi dispiace! Forse ti aspettavi di meglio, non…”
“Shhh.”

Lui le appoggia un dito sulle labbra, sostituendolo poco dopo con le sue, di labbra. Quel tocco riesce a calmarla come nient’altro.

“Chris, no. Cosa ti ho detto poco fa? Che se non te la fossi sentita, avresti dovuto dirmelo… e sono felice tu l’abbia fatto. Sul serio.”
“Ma sei stato…” Un minuscolo singhiozzo le spezza il respiro. Perché devo essere così? “Hai reso tutto co-così bello, mentre i-io…”
“Oh, Chris.” Eddie la stringe a sé con un sospiro, spostandole i capelli dal viso per poterla guardare nonostante la penombra. “Ti voglio da sempre, lo sai. E continuerò a desiderarti anche domani, il giorno dopo, quello dopo ancora… ma non potrei mai fare qualcosa che non vuoi, nemmeno in un miliardo di vite. Sei troppo preziosa per me.”

Lei inspira di nuovo, improvvisamente invasa dal sollievo. È un’ondata buona, che la riempie come una boccata d’aria dopo un tuffo da cui sembrava impossibile riemergere, che la tiene a galla mentre il suo mondo sta ancora riprendendo lentamente forma. Eddie le accarezza i capelli piano, infilando le dita tra le ciocche, cercando di rassicurarla perché smetta di tremare.

“Non devi avere paura che ti rifiuti… non lo farei mai.”

Poco dopo infila il preservativo nel cassetto del comodino cercando di non farsi vedere, e lei finge di non accorgersi di nulla, ringraziandolo mentalmente per quella delicatezza. Eddie si infila di nuovo sotto le coperte, aspetta che si rimetta addosso almeno la biancheria intima e la accoglie, abbracciandola come ha fatto nel letto del motel, senza una parola di più. E Chrissy si lascia andare anche lei in silenzio, senza opporre resistenza, grata di quel rifugio e della mano gentile che le sfiora i capelli avanti e indietro, mormorando un pezzo fuori tempo per lei, stringendola quasi avesse paura di vederla sparire da un momento all’altro.

Si addormentano quasi nello stesso momento e, la mattina dopo, ha un vago ricordo di averlo visto uscire di casa presto. Deve averle sfiorato la guancia con un bacio per non svegliarla, un attimo prima che la porta si chiudesse alle sue spalle con un lieve cigolio dei cardini non ancora oliati come si deve: sul piatto mancava una fetta di torta e sul tavolo della cucina era appoggiato un biglietto, scritto su quella che sembra la carta del suo quaderno delle canzoni, quello con la copertina nera e le pagine segnate da una riga blu.

“Vado a cercare fortuna con Cassie… un lavoro, in realtà. Incroci le dita per me, miss Cunningham.”





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Ormai ho capito che ogni interludio deve contare almeno dieci pagine, per quanto possa iniziarlo pensando che sarà breve.......
Scherzi a parte, nonostante i rallentamenti dovuti al lavoro, sono felice che la storia stia prendendo la sua forma e facendo quello che vuole: io mi limito a scriverla e a cercare di dare una forma al cumulo di idee che mi girano in testa. Tanto che penso ci sarà un terzo capitolo dedicato all'autunno e incentrato su Halloween, dato che siamo nel periodo giusto! 

Grazie ancora a chi continua a seguirmi, silenziosamente o commentando. Spero che la storia continui a piacervi! ♥ 
Fede 

 
   
 
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