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Autore: LadyYuna94    03/10/2022    1 recensioni
Sequel della mia "Guard Me For Eternity" che è necessario aver letto prima di cominciare questa
"La tua anima gemella giace in un corpo perduto nel passato e rigenerato per un nuovo futuro [...] La sua mente è plagiata e la sua nera arma scintilla come una fiamma nel buio. Una fiamma distruttrice che ha sete di potere [...] Ricorda, figlia del solstizio d’estate, solo tu puoi vincere il gelo nel cuore di un’anima spenta e dimenticata"
Lyn Kon è la meravigliosa figlia adolescente di Rei ed Elena; il giorno del suo sedicesimo compleanno parte per la Cina insieme ai suoi genitori e, come membro della Tribù della Tigre Bianca, deve sottoporsi ad un rito di passaggio, nel quale le verrà predetto il futuro dal Grande Saggio della Tribù. Ma la profezia di cui l'anziano parla non presagisce nulla di buono...
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15:

Viktor se ne stava sul letto ad osservare il soffitto, con un braccio dietro la testa e uno sul petto.
Diede un’occhiata all’orologio sul comodino che segnava le quattro del mattino. Sospirò esasperato e cercò di chiudere gli occhi, comandando alla sua mente di disconnettersi.
Da quando era uscito dal coma gli era diventato piuttosto difficile addormentarsi, del resto aveva dormito per quarantacinque giorni filati sotto gli effetti dei farmaci, non era esattamente come schiacciare un pisolino pomeridiano.
Non che avesse mai amato dormire.
Da che ne aveva memoria, le sue notti erano sempre state tormentate e piene di incubi fatti di figure incappucciate, urla di ragazzi giovani come lui e tanta, tantissima sofferenza.
Sperava che iniziato il duro allenamento col Black Dranzer riuscisse in qualche modo a farsi sopraffare dalla stanchezza, ma notava che più combatteva con quello strano Beyblade, più si sentiva invaso da una forza eccezionale. Certo, quella sensazione gli piaceva ed era preso da una particolare euforia quando lanciava quel Bey, ma col passare dei giorni, quella stessa sensazione lo teneva sveglio anche di notte.
Quella notte in particolare.
Poi si ricordò di quello che era successo.
Gli occhi di quella ragazza lui li aveva già visti da qualche parte, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare dove. Magari in uno dei suoi sogni tormentati, anche se suonava impossibile, eppure lei lo aveva riconosciuto, sapeva il suo nome e per quanto la cosa lo agitasse, lei non sembrava essere spaventata.
E la sua voce, quella candida e melodiosa voce, ricordarne quel suono soave dava una sensazione di incredibile pace a Viktor.
Pace. Una parola che nel suo vocabolario non era mai esistita.
Quella ragazzina aveva in un attimo avuto il potere di farlo sentire sereno, soprattutto quando l’aveva tenuta tra le braccia mentre era svenuta. Il solo pensiero di doverle fare del male aveva innescato una lotta senza esclusione di colpi nella sua coscienza, evento più unico che raro e, quella sorta di agitazione, fu decisamente la ciliegina sulla torta per impedirgli di dormire.
Gli ordini di Vorkov, però, erano chiari e se voleva sperare di sapere qualcosa riguardo il suo passato, come suo padre gli aveva promesso, doveva portare a termine quella missione, senza esitazioni o distrazioni di alcun tipo. Quel bastardo era stato categorico, sia maledetto, pensò Viktor.
Lyn. Un nome particolare per una rompipalle.
Quel pensiero lo fece sorridere brevemente e pensare a lei stava funzionando, si stava rilassando e iniziò a sentire le palpebre sempre più pesanti.
Lo squillo del cellulare, però, fece riaprire di scatto gli occhi al giovane che imprecò sottovoce afferrando l’oggetto rettangolare dal comodino. Rispose senza neanche leggere chi fosse sul display, del resto c’era una sola persona al mondo in possesso del suo numero.
- Come procede?- chiese diretto Vorkov e Viktor dovette fare appello a tutte le sue forze per non mandarlo a fare in culo seduta stante.
- Senti, se vuoi ti compro un fottuto orologio- cominciò il giovane astioso, mantenendo a stento la calma.
- Hai idea di che cazzo di ore sono qui?- sbottò esasperato.
- Sì, all’incirca, ma so che il mio ragazzo è sveglio e vigile come sempre- si giustificò Vladimir, con un tono decisamente fastidioso.
Viktor sospirò, mettendosi seduto al centro del letto e scostando con forza le lenzuola.
- La ragazza. L’hai trovata?- chiese l’uomo con una certa impazienza.
- Sì- lo informò lui secco.
- Ebbene?- incalzò l’altro.
- Ebbene nulla. Il modo in cui mi ha parlato mi ha fatto pensare che mi conoscesse già- cominciò Viktor, alzando il tono della voce di un paio di tacche.
- C’è qualcosa che devo sapere?- chiese poi, sentendo che suo padre restava in silenzio.
- Ti basti sapere che tuo padre ha già pensato a tutto, prima di mandarti in Italia- disse Vorkov vago.
- Non mi basta- lo bloccò Viktor, chiarendo da subito la sua posizione.
- Te l’ho già detto. Se vuoi che porti a termine la missione, devo saperne di più- lo avvisò il ragazzo.
- Figliolo, tu devi solo cercare di farti amica quella mocciosetta, al resto penseremo noi- replicò infine Vorkov, liquidando la faccenda.
Viktor strinse gli occhi e serrò un pugno, stufo di essere tenuto allo scuro in un piano che nella maggior parte delle fasi della sua attuazione, lui ne era l’indiscussa pedina principale.
- Lei si fida di te, questo è già importante- continuò l’uomo tranquillo e Viktor si sentì per un attimo confuso.
- Come fai a sapere che si fida?- chiese.
- Beh, l’hai salvata da una brutale violenza di gruppo, come minimo sei il suo eroe e ti sarà riconoscente a vita- concluse Vorkov a voce bassa.
Viktor mise i piedi fuori dal letto e guardò oltre l’ampia vetrata della suite dell’hotel in cui Vladimir lo aveva sistemato, cercando di riordinare i pensieri.
- Sei stato tu...- mormorò, mentre la sua ira era in costante crescita.
Un conto era rubare dei Bit Power dai Beyblade dei proprietari, ma un altro era pagare dei tizi affinché stuprassero una ragazzina. Quel pensiero fece rovesciare lo stomaco a Viktor. Sapeva che suo padre fosse disposto a tutto per ottenere ciò che voleva, ma non credeva che arrivasse a tanto.
Vorkov si lasciò sfuggire una risatina.
- Andiamo, figlio, non è il momento di mettersi a fare sentimentalismi- ironizzò l’uomo al telefono.
- Ti ho affidato questo delicato compito, proprio perché tu sei una macchina da guerra, nata e cresciuta sotto la mia ala protettrice- cominciò lui con tono ammirato.
- Tu sei freddo, calcolatore, geniale. Proprio come tuo padre- concluse Vorkov, mentre il senso di nausea del ragazzo prendeva sempre più piede nel suo stomaco.
- Ora devo andare, domani mi alzo presto per allenarmi- tagliò corto il giovane, sperando di chiudere lì la telefonata.
- Bravo il mio ragazzo!- commentò fiero Vorkov.
- Ti aspettano giorni di gloria, figlio mio, se riuscirai a completare la missione- continuò suo padre, ma Viktor senza nemmeno rispondere ulteriormente chiuse la telefonata, lasciandosi andare di peso sul letto.
Si passò le mani tra i capelli e l’unica cosa su cui la sua mente riusciva a concentrarsi in quel momento era che voleva prendere a pugni qualcuno o qualcosa, fino a sentire le nocche rompersi.
Capendo che ormai neanche quella notte sarebbe riuscito a dormire, chiamò il servizio in camera, almeno avrebbe messo qualcosa sotto i denti.
Dopo qualche minuto qualcuno bussò alla sua porta, il cameriere gli aveva portato del petto di pollo ai ferri con delle patate e un dessert, offerto dalla casa.
Quello stronzo di Vorkov aveva davvero pensato a tutto, rifletté.
Mentre consumava la sua cena notturna, Viktor accese il televisore al plasma posizionato di fronte al suo letto e cominciò a girare distrattamente i canali, quando la sua attenzione venne attirata da un programma di cucina che al momento trasmetteva un’intervista agli chef stranieri che avevano ristoranti stellati in Italia.
Viktor non poté fare a meno di pensare che l’uomo che stava parlando ai microfoni e, contemporaneamente, cucinava col sorriso stampato sulle labbra, aveva una somiglianza impressionante con la ragazza che aveva conosciuto poche ore prima. Oltre che, una vaga aria familiare...
Quando il ragazzo lesse il nome dello chef in sovrimpressione fu pervaso da un miscuglio di sensazioni contrastanti.
- Rei Kon- ripeté quasi sottovoce, con una smorfia di confusione dipinta sul viso.
Poi prese a massaggiarsi le tempie.
Quel fottuto mal di testa che lo accompagnava da che ne aveva memoria, chiara conseguenza del suo poco sonno e non solo. Quel particolare sintomo si manifestava anche dopo uno dei suoi incubi ricorrenti, quando la sua mente compiva uno sforzo sovrumano per ricordare qualcosa del suo passato. Il medico che lo aveva avuto in cura per tutto il tempo che era stato in coma, si era raccomandato di condurre uno stile di vita sano e dormire almeno otto ore a notte, per evitare possibili effetti collaterali.
Quante cazzate, pensò Viktor.
Quando finì di mangiare, ripose i piatti sporchi sul carrello, richiamò il cameriere che gli aveva portato su la cena e poi spense la tv. Andò, quindi, a farsi la terza doccia della giornata, sperando che l’acqua calda riuscisse a farlo rilassare abbastanza da permettergli di addormentarsi. Uscito dal bagno, si preoccupò di impostare il cellulare sulla modalità silenziosa, qualora a Vorkov fosse venuto in mente di fare un’altra telefonata delle sue e guardò il sole sorgere, rassegnato.
In quel momento qualcuno bussò nuovamente alla sua porta.
- E’ ora della medicina, Viktor- la voce di quel cameriere era fastidiosa quasi quanto quella di Yuri.
Chi varcò la soglia della sua camera, era lo stesso uomo che gli aveva servito la cena. Viktor non fu affatto sorpreso nello scoprire che c’erano tirapiedi di suo padre anche e soprattutto nell’hotel dove lo aveva sistemato.
- Perché fingere di essere un semplice cameriere quando mi hai portato la cena?- disse il ragazzo, afferrando quella pillola che il tizio reggeva in una mano, per poi mettersela in bocca e buttarla giù con un po’ d’acqua.
- Mantenere un basso profilo, ricordi?- commentò l’uomo vestito di bianco e nero.
- Quanto siete coglioni- rispose Viktor, mentre l’altro si congedava con un inchino, lasciando da solo il figlio di Vorkov che si mise finalmente a letto e cercò di dormire, quanto bastava per recuperare un po’ le forze per allenarsi e la doccia e la cena leggera, insieme a quella medicina, parvero funzionare per una volta.
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Quella mattina Lyn era stata accompagnata a scuola da Rei.
Nonostante suo padre fosse tornato alle due del mattino, era stato messo subito al corrente da sua moglie da ciò che era accaduto quella sera alla loro figlia.
Rei ci aveva messo più di mezz’ora per calmarsi, il suo primo istinto era stato mettersi in macchina ed andare a scovare quei tizi, ovunque si trovassero per fargliela amaramente pagare, ma Elena, che con l’età era diventata leggermente più riflessiva dell’uomo che aveva sposato, lo dissuase da quella follia.
- Più tardi vado a recuperare il tuo scooter- promise Rei, parcheggiando fuori il liceo di sua figlia.
- Papà, va’ a riposare, sei stato sveglio tutta la notte- disse dolce Lyn.
- Ci vado io dopo scuola- propose la ragazza.
- Hai gli allenamenti con tua madre dopo scuola, dimenticato?- disse suo padre alzando un sopracciglio.
Gli suonava abbastanza strano che sua figlia dimenticasse gli allenamenti di Beyblade, ma era comprensibile che si sentisse ancora un po’ confusa e disorientata dopo quello che aveva subito.
- Lyn, voglio che tu tenga bene a mente una cosa- cominciò Rei, prendendo ad essere serio di colpo e agitando un po’ la ragazza seduta accanto a lui.
- I campionati del mondo sono alle porte, lo so papà- disse lei con un sorrisone, cercando di sciogliere la tensione, ma l’uomo era ancora serissimo.
- Al diavolo i mondiali- ribatté Rei guardandola negli occhi.
- Ciò che ti è successo ieri sera non dovrebbe accadere a nessuno. Mai. Per questo ti chiedo, semmai ne avessi bisogno, di parlarne con me o con tua madre, se ti senti più a tuo agio- la invitò suo padre.
- Se hai bisogno di aiuto, di qualsiasi aiuto, lo sai che devi solo chiedere- Rei mascherava a stento la sua preoccupazione e Lyn se ne accorse.
Sorrise dolcemente, grata per avere dei genitori tanto meravigliosi e premurosi, e poi prese la mano di suo padre.
- Bàba*, non ho bisogno di andare da uno strizzacervelli, sto benissimo- lo rassicurò Lyn.
- Mi basterà qualche lancio con Driger per dimenticarmi di tutta questa storia e vorrei che lo faceste anche tu e la mamma- continuò lei tranquilla.
- Capisco la vostra preoccupazione, ma davvero, io sto alla grande e non vedo l’ora di potermi allenare con voi e battere finalmente Makoto in finale- disse lei alzando il cinque con suo padre, che era visibilmente più rilassato.
- Brava la mia piccola Tigre, così ti voglio- disse Rei fiero.
- Ora scappo, altrimenti faccio tardi- Lyn uscì dall’auto, non prima di aver stampato un affettuoso bacio sulla guancia a suo padre e poi salì di corsa le scale della scuola, perdendosi tra miriadi di zaini e facce preoccupate da verifica.
Il cellulare di Rei prese a squillare.
- Amore- rispose, continuando a guardare sua figlia che spariva all’interno dell'edificio scolastico.
- Come l’hai vista?- chiese preoccupata Elena.
- Se la caverà, non vuole farcelo solo credere, sta bene davvero- la rassicurò Rei e sua moglie sospirò rumorosamente dall’altro capo del telefono.
​- Nostra figlia è forte, è una vera tigre, soprattutto nello spirito- continuò il cinese con un sorrisetto dipinto sulla faccia.
- Meno male ha preso tutto da te, in questo caso- aggiunse Elena.
- Beh, non sono io quello che ha sconfitto il Team delle Tenebre ed è diventata un’ispirazione per tutti i blader del mondo, quindi direi che ha preso anche un po’ da te- la elogiò lui con un pizzico di ironia, che alla donna non sfuggì.
- Te la faccio passare liscia solo perché hai promesso di preparare il pranzo- disse Elena e riuscì a strappare una risata a Rei.
- Torno tra poco- la avvisò lui.
- Ti aspetto… a letto- aggiunse lei con tono malizioso e Rei si mordicchiò un labbro.
- Sarò costretto a prendere qualche multa passando col rosso- rispose il moro, immaginando già la sua bella moglie nuda a letto che lo aspettava.
- Allora datti da fare e corri veloce- continuò Elena con fare sensuale e Rei chiuse la telefonata, partendo come promesso a razzo per arrivare presto a casa.

*Papà in cinese <3

   
 
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