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Autore: StagTree    05/10/2022    1 recensioni
Raccolta per il Writober 2022.
#4 occhio: “Diventerai cieco, prima o poi.” (harden)
#5 hospital: “Non è un problema che si risolve da un giorno all’altro,” tiene la mano destra sotto il tavolo. “Dovrò portare un busto.” (harden)
#6 morte: Delinea suo fratello nella nebbia.
#9 deviazione: Si tocca il viso, ricordando anni irrecuperabili. (perfectworld)
#17 sbagliato: Stomaco e collo – scia lasciva, che scivola e sbiadisce, e vorrebbe sparire, Guzma, ridursi infinitamente e ricomporsi nella polvere. (guzma/kukui)
#21 ladro: “Magari, semplicemente, mi hai portato via da lei. Come il criminale che sei.” (guzma/kukui)
#23 tempo: Malgrado tutto è una mattina di sole.
#25 sangue: Ingo non si sposta; raccoglie di nuovo la mano di Melli nelle sue e la guarda, impercettibile. (ingo/melli)
#30 giuramento: Un uomo bizzarro si introduce a lui senza un cognome. (emmet/volo)
#31 paura: Archie è nato dall’acqua; si estende su di lui come grosse onde, e lo stringe, finché la vita muore. (harden)
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Guzman, Ivan, Max (Team Magma), Professor Platan
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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neanche di martedì posso usare il computer quindi due prompt stasera amio(sss)

 

https://www.fanwriter.it/writober-2022/

 

 

 

 

  1. occhio

 

Si sostiene con la punta del gomito, la schiena, mentre preme, con ripetuta armonia, la tastiera di un computer portatile; sdraiato sul letto punta il mento sul palmo della mano destra e, fa male – il collo tira, e fa quasi male, fanno male gli occhi disidratati e stretti e stanchi, da un paio di palpebre che si vogliono chiudere, e dalle sopracciglia, premuti, e storte, in una smorfia di debole premura.

 

Campus, rumore, studio notturno, e tutto ciò che ne viene, tra cui

 

una porta che si apre, e chiude, e la maniglia che si piega e si lamenta.

 

Archie non bussa, dice, sussurra, “Maxie,” e Maxie non gli risponde, volutamente.

 

Si addensano i passi, sulla moquette, e non viene accesa – la luce, lo sa, Archie, lo infastidisce. “Diventerai cieco, prima o poi.” Archie si siede sul letto.

 

“Non credo di star facendo nulla di particolarmente inconsueto,” Maxie – si sposta il necessario, e Archie lo scavalca e gli si sdraia accanto – Maxie puntualizza, si riposiziona gli occhiali sul naso, “Diventerei cieco in ogni caso.”

 

Sono le tre del mattino e Maxie cambia gomito – scrive con la mano destra, a fatica, quando deve, e riposa la sinistra, e il rumore dei tasti non disturba. Archie – che si lamenta dello schermo, gira il viso verso il muro, e cinge, con un braccio, il fianco di Maxie – dorme, e russa, con la bocca aperta.

Campus, rumore – intimo e privato, lenti sospiri – e studio notturno, e tutto ciò che ne viene; sul suo piccolo letto stanno stretti, e i piedi gli avanzano appena dal bordo.

 

 

 

 

  1. hospital

 

“Quindi, il tuo dottore…”

 

“Ortopedico.”

 

“Sì,” usa la cannuccia – di plastica, nota, con fastidio; la tiene, vicino all’orlo, con l’indice e il pollice, e ci avvicina le labbra per bere. “Quello che è. Ha detto qualcosa?”

 

“Che ho la scoliosi?”

 

“Ah,” fa un mezzo sorriso, tira su. “Di nuovo?”

 

“Non è un problema che si risolve da un giorno all’altro,” tiene la mano destra sotto il tavolo. “Dovrò portare un busto.”

 

Il drink di Maxie è verde e fresco e invitante – e la sua cannuccia è di carta, nera, a strisce. Maxie mischia, distratto, e il ghiaccio schiocca. Guarda altrove; sta tramontando il sole e il parquet del dehors è sporco di sabbia – e il mare, mormora, a qualche metro da loro. C’è ancora gente in spiaggia, qualcuno che suona la chitarra.

Archie fa caso alle carezze morbide della luce della prima sera sul suo viso, le lentiggini sulla punta del naso, le occhiaie, dietro gli spessi occhiali. Ha una camicia di lino aperta e una maglietta bianca che non gli starebbe larga, non gli dovrebbe stare larga, di norma.

Sorride, di nuovo. “Maxie col corsetto.” E preme le labbra tra di loro – Maxie arriccia il naso, gira gli occhi.

 

“Ho detto busto,” obietta; le linee del viso diventano spigolose e ostili – e muove il viso, quei pochi gradi che servono per risaltargli la luce negli occhi.

Archie insiste, e beve, e sente l’alcol del suo cocktail blu – di cui si è scordato il nome – sulla lingua, giù per la gola. “Cosa cambia come lo chiami? Fa ridere.”

 

“Certo,” ora Maxie beve, anche lui, “Ridi.”

 

E mentre Archie arriva sul fondo della coppetta, fa una smorfia, dice, bleah, a voce alta – “Ridi,” ripete, Maxie; e mentre Archie si preme la lingua tra le labbra, la strofina sul palato, Maxie incrocia le braccia, gonfia il petto, fa un ghigno di trionfo.

 

“Ah!”, e di nuovo, “Ridi pure! Idiota,” con gli sguardi puntati e di sbieco, di altri clienti e camerieri, giudicanti, e il sole che si cala dietro le onde. “Io ho almeno l’accortezza di mischiare, prima di bere.”

 

 

 

 

 

 

 

vorrei precisare: per grazia divina non ho (e tocco ferro) mai avuto molte occasioni per essere in ospedale e in realtà la scoliosi ce l’avrei ma, suppongo?, è talmente minima che non ho mai avuto necessità di un ortopedico, quindi, se l’esperienza di maxie non è proprio fedele alla vita vera sappiate che mi sono affidata al sempre saggio google che, per quanto sapiente capisco non sia mai al cento percento corretto e, o, preciso …

colgo l’occasione di una nota a piè di pagina per intimare tutti a bere il drink di maxie che è buonissimo e freschissimo e bellissimo ed è il midori sour. e quello di archie (il blue angel) se volete provare l’equivalente in cocktail di un calcio nello stomaco

 

  
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