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Autore: AndyWin24    11/10/2022    5 recensioni
Tutta Camelot è in festa per il compleanno del suo amato principe. Morgana, però, ha in serbo per lui un regalo molto “speciale”. Come al solito, toccherà a Merlino tentare di salvare la situazione ed impedire che ad Artù accada qualcosa di male proprio in questo giorno.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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   Merlino entrò con fare frenetico nelle stanze di Artù.
   “Vi chiedo scusa! Sono in ritardo.”
   Quella mattina il giovane servo non si era accorto del sorgere del sole ed aveva tardato ad iniziare i suoi doveri. Non poteva credere che fosse successo proprio in quella giornata. Già si era preparato a sentire una lunga ramanzina, quando si accorse che il principe non gli aveva rivolto neanche uno sguardo. I suoi occhi fissavano la parete mentre sedeva sul letto, già pronto e vestito.
   “Artù? State bene?”
   A quel punto, il giovane cavaliere lo degnò finalmente della sua attenzione.
   “Certo. Perché non dovrei?” gli rispose con una forzata disinvoltura “Tu, piuttosto, sbrigati a mettere in ordine la camera. Oggi abbiamo un mucchio di impegni.”
   Merlino annuì e si avviò a raccogliere gli abiti sporchi e a metterli in una cesta. Voltandosi verso il tavolo, però, notò una grossa pila di oggetti, ammassati gli uni sopra gli altri.
   “Però!” esclamò con stupore “Quanti regali! Sono in molti ad avervi porto i propri omaggi nel giorno del vostro compleanno.”
   Artù sbuffò, tornando a fissare la parete.
   “Potevano evitare di disturbarsi…”
   Merlino lo guardò tristemente, poi si mise a sbirciare con interesse tra gli innumerevoli doni. Sapeva perché era di cattivo umore: quel giorno, oltre ad essere l’anniversario della sua nascita, era anche quello della morte di sua madre, Ygraine. Ogni anno, invece di festeggiare, Artù si chiudeva in se stesso e metteva il broncio.
   “Guardate! Vi hanno regalato anche un copricapo da cerimonia.” disse, alzando tra le mani un cappello abbastanza buffo, con tanto di piuma “E Gwen vi ha fatto avere una coperta. Credo che l’abbia cucita a mano personalmente.”
   “È stata gentile. Falle avere i miei ringraziamenti.” disse Artù, mostrando, almeno in quel caso, un minimo di entusiasmo nella voce.
   “E questo, invece, cos’è?” chiese Merlino, allungando una mano verso una custodia in legno piuttosto grande. I lati erano ben levigati e con dei motivi alquanto singolari.
   “Ahhh!” esclamò, facendola ricadere sul tavolo subito dopo averla afferrata. Nell’istante in cui l’aveva tenuta tra le mani, aveva avvertito una potente quanto oscura magia provenire dal suo interno, che lo aveva stordito e gli aveva fatto fischiare le orecchie. Il tonfo secco, intanto, aveva “risvegliato” Artù dal suo torpore.
   “Fa’ attenzione!” lo rimproverò con severità “È delicato.”
   “Cosa c’è dentro?”
   Il principe si alzò dal letto, si avvicinò al tavolo e aprì la custodia. Dentro vi era un grande arco di legno rifinito. Ora che la scatola era aperta, Merlino sentì amplificarsi ancor di più le sensazioni che aveva avuto poco prima.
   “Bello, non trovi?”
   “Chi ve l’ha regalato?” chiese il giovane mago, intuendo già la risposta.
   “È stata Morgana.” disse Artù, tornando a sedere “A tal proposito, dopo aver terminato qui, vai ad avvertire le scuderie di tenere pronti due cavalli per il pomeriggio.”
   “Va bene. Ma, come mai ne avete bisogno?”
   “Mio padre ha organizzato una battuta di caccia. Saremo solo noi due, oltre a te, ovviamente. Quindi, preparati a dovere. Ti toccherà portare la selvaggina che procacceremo.”
   “Fantastico!” esclamò Merlino in tono sarcastico “E quali armi devo farvi trovare pronte?”
   “Oh, niente. Non ce n’è bisogno. Userò l’arco che mi ha regalato Morgana. Non voglio farle un torto, altrimenti potrebbe dispiacersi. Inoltre, non ce ne sono molti così ben fatti tra quelli che abbiamo nell’armeria.”
   “Suppongo di no…” commentò, fissando di sottecchi l’oggetto.
 
***
 
   “Niente! Non trovo niente di niente!”
   Merlino chiuse di colpo un libro e ne prese un altro dalla pila sul tavolo. Era nell’alloggio di Gaius e, insieme al medico di corte, sfogliava senza tregua un tomo dopo l’altro.
   “Calmati, Merlino. Non c’è motivo di agitarsi in questo modo.”
   “Voi dite così, Gaius, perché non avete avvertito il grande potere che scaturiva da quell’arco. Era qualcosa di… spaventoso. Nessun incantesimo, per quanto potente, potrebbe emanare una simile sensazione.”
   “Comprendo, ma allora ti suggerisco di concentrarti sulla ricerca, invece di inveire contro questi poveri volumi.”
   “Ma non c’è più tempo!” esclamò il giovane mago, esasperato “Manca poco alla battuta di caccia e non abbiamo trovato la benché minima traccia di cosa possa essere!”
   “Sì, è vero, il tempo non gioca a nostro favore, ma non possiamo pretendere l’impossibile. Morgana ha potuto elaborare il suo piano con tutta calma, mentre noi abbiamo avuto appena qualche ora per consultare questi scritti. Dobbiamo pensare a un modo per restringere il campo di ricerca, altrimenti non riusciremo mai a trovare quello che ci serve prima che sia troppo tardi.”
   “Cosa suggerite?” chiese Merlino, un po’ più disteso e concentrato.
   “Descrivimi ancora l’arco, se non ti dispiace.”
   “Certamente. Era lungo e ben levigato. Non sono certo sul legno usato, ma credo che fosse un olmo. Il manico era in argento e la corda per incoccare era nera come la pece.”
   Gaius si portò una mano sotto il mento. Di colpo, si alzò dalla sedia e si posizionò davanti ad uno degli scaffali stracolmi di libri. Dopo una breve consultazione ne prese uno piuttosto grande, con la rilegatura rossastra.
   “Eccolo!” esclamò, indicando su di una pagina “Forse ci siamo.”
   Merlino gli si avvicinò in fretta ed inarcò la testa per sbirciarne il contenuto.
   “Cos’è un Kelpie?” chiese, leggendo il nome sopra la raffigurazione di uno strano quadrupede.
   “È una creatura dell’Antica Religione.” spiegò il medico “Più precisamente, è una bestia con le sembianze di un cavallo. Secondo questo libro, il Kelpie veniva usato dai popoli antichi come dono da offrire ai propri nemici.”
   “Quindi, era un regalo di riconciliazione?” azzardò Merlino.
   “Niente affatto. Il Kelpie era noto ai pochi esperti delle arti magiche del tempo come una sciagura da evitare ad ogni costo.”
   “Una sciagura?”
   “Sì, sempre secondo il libro, sembra che maledicesse chiunque osasse cavalcarlo, procurando al malcapitato atroci sofferenze e portandolo, infine, alla morte.”
   “Va bene, credo di aver capito. In sostanza, veniva usato come dono con l’unico intento di arrecare danno al destinatario. Quello che non capisco è cosa c’entra questo con l’arco che Morgana ha regalato ad Artù.”
   Gaius batté col dito su un paragrafo verso la fine della pagina.
   “Le storie più recenti sul Kelpie narrano che fu ucciso da un oscuro stregone, un certo Talaros, che ne creò un’arma al fine di poterne controllare appieno la sua magia.”
   “Un’arma?” domandò Merlino sbigottito.
   “Un arco, per la precisione, in grado di portare sventura a chiunque lo impugnasse. Lo stregone utilizzò il crine della bestia come corda.” rispose Gaius, leggendo poi una frase del testo ““Nera come il buio più assoluto.”
   Merlino si portò una mano sui capelli.
   “Quindi è la corda ad essere maledetta, non l’arco in sé. C’è scritto anche come può essere neutralizzata la sua magia? Perché ho provato ad usare la mia, ma è stato del tutto inutile.”
   “No, purtroppo. Nessuno fino ad ora, tranne Talaros, ci è mai riuscito, a quanto pare. Ma, come abbia fatto lui ad uccidere la bestia e a creare l’arma è un mistero ancora oggi senza alcuna risposta.”
   “Ma, allora, cosa possiamo fare? Se mi è impossibile avvicinarmi perché mi procura degli intensi mal di testa e se i miei poteri sono completamenti inefficaci, come riuscirò a fermarla?”
   “Temo che dovrai improvvisare. Ma almeno sappiamo cosa devi affrontare. È già un inizio.”
   “La fate facile, Gaius. Anche se servisse a qualcosa, come potrò usare la mia magia davanti a Uther e Artù senza che se accorgano? È impossibile!”
   Gaius si accigliò.
   “Beh, dovrai trovare un modo, altrimenti, se abbiamo ragione riguardo all’arco, non credo che Artù riuscirà ad uscirne incolume.”
   Merlino si sedette di nuovo sulla sedia, sospirando sconfortato.
   “Bene. Come al solito, nessuna pressione.”
 
***
 
   “Sorella!” esclamò Morgause mentre stringeva Morgana tra le braccia.
   Le due si erano incontrate fuori dal castello, in una via boschiva poco lontano dall’entrata nella città bassa.
   “Ti ha visto qualcuno?” chiese la giovane Pendragon, in apprensione.
   “No, stai tranquilla. Ma dimmi, piuttosto. Il principe ha gradito il tuo regalo?”
   “Certo che sì.” rispose Morgana con un sorriso malizioso “Come al solito, non sospetta niente ed ha intenzione di usarlo per la battuta di caccia organizzata da Uther. Non sa che sarà la sua fine.”
   “Bene.” convenne Morgause, rincuorata “In ogni caso, anch’io ho un dono in serbo per lui. Se non sarà il tuo regalo a finirlo una volta per tutte, ci penserà il mio.”
   La giovane strega aggrottò le sopracciglia.
   “Cosa hai in mente?”
   “Non preoccuparti, mia cara. Ti basti sapere che questo compleanno rimarrà ben impresso nella memoria di Artù, perché sarà l’ultimo.”
 
***
 
   “Sbrigati, Merlino!” esclamò Artù, spazientito.
   “Solo un secondo!” rispose il servo, boccheggiando per il fiatone “Avevate detto che avrei dovuto portare solo la selvaggina, non tutte le frecce che c’erano nell’armeria!”
   “Non lagnarti di continuo! È solo qualche faretra in più, giusto per sicurezza. Non vorrai che rimaniamo senza frecce nel bel mezzo della caccia, vero?”
   “Certo che no!” sbottò Merlino sarcastico mentre tentava di montare a cavallo “Tanto per sapere, avete in mente di cacciare l’intera foresta? Perché è già metà pomeriggio e non credo che ne avrete il tempo. Per quanto riguarda le frecce, invece, penso che avanzerebbero di sicuro.”
   “Cos’ha il tuo servo da blaterare?” intervenne Uther, avvicinandosi a cavallo.
   “Niente di che.” rispose Artù “A Merlino piace parlare. Dopo un po’ ci si fa l’abitudine.”
   “Direi di procedere, allora, prima che faccia buio.” propose il re, guardando poi di traverso proprio in direzione del servitore “Se durante la caccia la tua parlantina mi farà scappare anche solo una preda, ti sostituirò ad essa come bersaglio.”
   Merlino annuì e chinò la testa. Con un colpo di redini, poi, seguì i due reali verso la foresta subito fuori dal castello. Come aveva sospettato, si prospettava difficile riuscire a proteggere Artù senza essere notato né da lui né da suo padre. Comunque, durante il tragitto, si preparò ugualmente ad usare i suoi poteri, qualora si fosse reso necessario.
 
***
 
   “Padre!” sussurrò il principe, indicando un cespuglio poco lontano dalla loro posizione. Lì, un cervo si aggirava indisturbato con movimenti lenti e piuttosto aggraziati. Uther allungò una mano verso il figlio, facendogli segno che gli concedeva il primo colpo. Artù, allora, afferrò saldamente l’impugnatura dell’arco regalatogli da Morgana e mirò con cura il bersaglio. Poi, rilasciò la presa sul dardo, facendolo sfrecciare verso l’animale. Dopo aver percorso qualche metro in volo, però, la punta della freccia cambiò improvvisamente direzione e, ruotando su se stessa, tornò indietro a gran velocità, mirando stavolta proprio verso Artù. Fu allora che Merlino illuminò gli occhi e, accompagnando i suoi poteri con un gesto della testa, la deviò verso un albero.
   “Ma che diamine è successo?” domandò il principe, sbigottito.
   “A cosa vi riferite?” chiese in risposta il giovane servitore, con voce fintamente sorpresa.
   “Ma sei cieco?!” ribatté Artù, quasi con un grido “La freccia ha cambiato direzione tutto d’un tratto!”
   “Forse è stato il vento…”
   “No che non è stato il vento! La freccia stava tornando indietro, verso di me!”
   Merlino lo guardò di sottecchi.
   “Non è che vi è preso un abbaglio e non avete visto bene? L’idromele di Mercia, si sa, è molto forte e voi ne avete bevuto diversi calici prima, a pranzo…”
   “Non sono ubriaco, Merlino! So quello che ho visto!”
   “Chiedo scusa. Dicevo così, tanto per dire… Non importa se avete sbagliato la mira, può capitare…”
   Artù sbuffò esasperato, girandosi poi verso Uther.
   “Padre, voi avete visto cosa è successo?”
   L’uomo, però, non gli prestò molta attenzione. Aveva adocchiato un’altra preda ed era indaffarato a prendere la mira.
   “Centro!” esclamò compiaciuto dopo aver rilasciato il colpo.
   “Padre? Mi state ascoltando?”
   “Sì, certo, Artù, che ti ascolto. Però, questa è anche una gara tra noi due e ci tengo a farti vedere che dovranno passare molti anni prima che tu possa competere con me in merito alla caccia.”
   “Ma avete almeno visto lo strano movimento della freccia che ho lanciato? È schizzata via da una direzione all’altra senza alcun motivo.”
   “Accidenti, Artù! Non fare il melodrammatico! Mi ricordi quando avevi dieci anni e volevi che guardassi ogni tua prodezza. Ora, però, sei cresciuto. Ti prego di comportati più come un uomo che come un bambino.” lo rimproverò Uther “Adesso credo che andrò da questa parte, così potrò stare un po’ più tranquillo.” concluse, dando un colpetto al cavallo e facendolo avanzare verso una nuova area dove poter cacciare da solo e indisturbato. Merlino, intanto, si avviò a raccogliere la selvaggina.
   “Dove stai andando?” chiese Artù infastidito.
   “A prendere la preda di vostro padre.”
   “Beh, allora sbrigati! Voglio trovare di nuovo quel cervo che mi è sfuggito un attimo fa. Non deve essere andato troppo lontano.” disse il principe, dando uno strattone piuttosto brusco al suo destriero, tanto da farlo agitare. In quel momento, l’arco che aveva agganciato dietro alle spalle si illuminò all’improvviso. Quando Merlino se ne accorse, però, era troppo tardi. Una specie di scia nera era silenziosamente uscita dall’arma e si era fiondata sulle cinghie che tenevano bloccata la sella, rompendole. Il giovane mago riuscì appena in tempo ad usare i suoi poteri per stringere quanto più poteva la presa sulla cinta, evitando che Artù cadesse pericolosamente a terra.
   “Ma… che succede?” chiese, controllando sotto di sé.
   “Artù, credo che una delle fibbie si sia rotta.” disse Merlino, asciugandosi il sudore dalla fronte per quel salvataggio all’ultimo momento.
   “Oh! Hai ragione.” concordò il cavaliere “Per fortuna ce ne siamo accorti, altrimenti potevo fare una brutta caduta.”
   “Già. Per… fortuna.”
 
***
 
   Seguendo Artù per un sentiero della foresta, Merlino fu costretto ad intervenire con la sua magia in altre tre occasioni: due volte cercando di evitare che il cavallo si imbizzarrisse senza un apparente motivo ed una per deviare la caduta del ramo di un albero che si stava abbattendo proprio sulla testa del principe mentre questi vi passava sotto.
   “Eccolo!”
   I due fermarono la loro cavalcata e smontarono dalla sella. Sembrava che finalmente avessero trovato il cervo che era scappato via.
   “Siete sicuro che è lo stesso di prima? A me sembra diverso.”
   “È lo stesso! Ora, però, fa’ silenzio, altrimenti lo farai scappare.”
   A quel punto, impugnò di nuovo l’arco e prese la mira come meglio poteva. La loro posizione non era eccessivamente vantaggiosa per un attacco a distanza. Gli alberi nei dintorni coprivano una buona parte della visuale e, qualora avessero deciso di avvicinarsi, sarebbero sicuramente stati scoperti dall’animale, facendolo fuggire via all’istante.
   “Perché non proviamo ad aggirarlo?” chiese Merlino, intenzionato a prendere tempo e ad evitare che Artù usasse ancora l’arco maledetto.
   “Perché, invece, non fai silenzio?! Chi è il cacciatore tra noi due? Tu o io?”
   “…Voi.” rispose, sbuffando.
   Artù annuì e ritornò in posizione. Dopo pochi istanti, scoccò la freccia. Questa sembrò dirigersi verso il bersaglio, però, poi iniziò ad oscillare a metà strada. Fu allora che Merlino bloccò il suo cambio di direzione con la magia, mantenendola dritta, ma facendole mancare di poco il cervo.
   “Accidenti!”
   “Non abbattetevi, Artù. Ci siete andato molto vicino.”
   “Cosa importa?! Non l’ho preso! Oggi non me ne va bene una! Vorrei soltanto…”
   Di colpo, s’interruppe. Sentì un grido riecheggiare nella foresta.
   “Avete sentito?” chiese Merlino, preoccupato.
   “Sì. Sbrighiamoci! Credo che fosse la voce di mio padre.”
 
***
 
   “Padre!” esclamò a gran voce Artù, cavalcando a tutta velocità in direzione dell’urlo.
   Addentratosi nella foresta, in una zona piuttosto densa di vegetazione, dovette smontare da cavallo e proseguire a piedi, tanto si era fatta stretta e sconnessa la via. Merlino, che lo seguiva a ruota, lo imitò, cercando con la sua magia di vedere più in avanti di quanto la vista gli permettesse.
   “Da quella parte!” gli indicò il servitore.
   Artù, voltandosi, notò Uther sdraiato a terra, in una posizione innaturale.
   “Padre!!!” gridò, precipitandosi verso di lui “Padre! Rispondete!”
   “Non preoccupatevi, Artù. È ancora vivo.” sentenziò Merlino, dopo avergli ascoltato il battito del cuore.
   “Ma… ma… cosa gli è successo?” domandò il principe con agitazione “Come ci è finito qui?”
   “Ehm, Artù…”
   “Cosa c’è?”
   “Guardate là!”
   Nel punto indicato da Merlino, tra alcuni arbusti, spuntò fuori un animale selvatico: le sue sembianze ricordavano molto un cinghiale, ma sia per le dimensioni troppo esagerate che per le corna gigantesche, doveva trattarsi sicuramente di qualcos’altro.
   “Maledetto mostro!” esclamò Artù, estraendo la spada ed andandogli incontro.
   “Aspettate!” cercò di fermarlo invano Merlino.
   Il principe corse a grandi falcate verso la bestia, che intanto rimaneva immobile a fissarlo. Non appena il cavaliere gli si avvicinò abbastanza, assestò senza esitare ben due stoccate di fila contro il fulvido pelo. La creatura, però, non sembrò sentire alcun male dai suoi attacchi, che respinse senza problemi. Con un piccolo slancio all’indietro, invece, si preparò a contrattaccare con una vigorosa spinta, che scaraventò il giovane guerriero via di diversi metri, facendolo schiantare contro un albero. All’impatto con il tronco, l’arco maledetto andò in frantumi, emettendo una scia nera che si dissolse nell’aria.
   Intanto la bestia si avvicinava pericolosamente ad Artù, privo di sensi.
   “Forbærnan!”
   Merlino usò la magia per ostacolare la sua avanzata, creando delle fiamme che la circondarono in pochi attimi. Dopo alcuni secondi, però, l’oscura creatura emise un gemito acuto che risuonò per tutta la foresta, facendo sparire il fuoco all’istante. Nei suoi occhi, prima privi di alcuna espressione, si leggeva ora una rabbia fuori controllo, a tal punto da cambiare colore e diventare rossi come il sangue.
   “Oh, no!” esclamò Merlino non appena si accorse di essere diventato il suo nuovo bersaglio. Così, girò i tacchi e, con uno scatto repentino, corse via giusto un istante prima che il mostro iniziasse ad inseguirlo. Durante la fuga, voltò di tanto in tanto lo sguardo per controllare la distanza che lo separava dal suo inseguitore.
   “Almeno Artù è in salvo.” pensò, rincuorandosi, anche se non troppo. Quando gli aveva usato la magia contro, era certo di averlo parzialmente ferito, però pareva che non fosse stato sufficiente. Proprio come per l’arco maledetto, sembrava che anche quello strano cinghiale riuscisse a resistere ai suoi poteri. Così, continuò a correre a più non posso, ma all’improvviso inciampò in una radice e cadde rovinosamente a terra. Nonostante fosse rimasto un po’ stordito dalla botta, il primo pensiero una volta rialzato fu di guardarsi alle spalle. Come aveva temuto, la bestia era già lì, proprio dietro di lui.
   “Astrice!” recitò il giovane mago, scagliandoli addosso un raggio di luce.
   Il cinghiale deviò l’attacco con uno dei suoi corni, che però si ruppe e andò in frantumi.
   “GRRRROINK!”
   L’incantesimo di Merlino stavolta era stato efficace. Tuttavia, il danno ricevuto dalla bestia non fu abbastanza per metterlo fuori gioco, anzi, lo istigò ancor di più contro di lui. Infatti, stava per gettarglisi addosso, quando una freccia gli si conficcò sul dorso.
   “GRRROINK!”
   Un altro lamento si diffuse per l’intera foresta mentre Merlino si guardava attorno alla ricerca di chi avesse tirato quel colpo, salvandolo. In un primo momento, sembrava non ci fosse nessuno ma, osservando più attentamente, riuscì alla fine a vederlo: era Artù, su un masso sopraelevato in lontananza, con in mano arco e frecce. Per un attimo i loro sguardi si incrociarono e si scambiarono un cenno d’intesa. Poi, il principe incoccò di nuovo un dardo, pronto a colpire. La bestia, però, nel frattempo si era ripresa e si preparava a partire di nuovo alla carica contro Merlino. Artù doveva sbrigarsi o per il suo servo non ci sarebbe stata più via di scampo. La distanza che lo separava dal mostro era troppo esigua perché riuscisse a fuggire ancora una volta.
   La freccia partì nello stesso istante della corsa del cinghiale. Merlino guardò con paura, ma anche con fiducia, il volo del dardo mentre solcava l’aria e discendeva verso il bersaglio.
   “Bregdan anweald arwe!” sussurrò senza che Artù potesse accorgersene, facendo brillare la freccia un attimo prima che si conficcasse nel collo della bestia.
   “GRRRRRROOOOINK!!”
   Questa iniziò a dimenarsi in maniera forsennata, finché gli occhi non persero il colore rossastro e il corpo non si accasciò inerme sul terreno. Una volta al suolo, la carcassa del mostro si smaterializzò in una cortina di fumo nero che si dissolse nel vento. Alla fine, l’unione dei due attacchi si era dimostrata decisiva per sconfiggerlo.
   “Ufff!” sbuffò Merlino, mettendosi a sedere per la stanchezza.
   Artù sopraggiunse pochi minuti dopo.
   “Allora, Merlino? È andato?” chiese in apprensione.
   “È andato.” confermò il servitore con un cenno del capo “Grazie per avermi salvato, Artù.”
   “Di niente.” ribatté, porgendogli una mano per alzarsi “Per fortuna l’arco di mio padre era ancora integro, perché il mio è andato in frantumi. Tu, piuttosto, stai bene?”
   “Sì.”
   “Allora dammi una mano. Dobbiamo portare subito mio padre da Gaius. Ha bisogno urgentemente di cure.”
 
***
 
   Toc-Toc.
   “Avanti.”
   Merlino entrò nella camera di Artù.
   “Mi hanno chiesto di dirvi che la cena sta per essere servita.”
   “Scusami con tutti, ma dì che non ci sarò.”
   Merlino lo guardò stupito.
   “Ma… la cena è in onore del vostro compleanno. Non ha senso che non scendiate.”
   “Eppure è così che farò, Merlino.” ribatté secco il principe “Quindi, fammi il piacere di comunicarlo tu agli ospiti.”
   “Siete sicuro, Artù?”
   “Sì. Mio padre non ci sarà perché è nelle sue stanze a riposare e non ho voglia di sorbirmi il chiacchiericcio degli invitati che a malapena conosco.”
   “E Morgana? La lascerete da sola?”
   Artù sbuffò.
   “Morgana è indisposta e non verrà neanche lei.”
   “Indisposta?” domandò Merlino curioso.
   “Sì. Dopo che siamo tornati dalla foresta e ci ha visto in quello stato, deve essersi turbata perché si è chiusa immediatamente nelle sue stanze ed ha riferito che non uscirà prima di domattina.”
   “Capisco.”
   “Vai anche tu, Merlino. Tanto andrò a riposare tra poco. Ho voglia di mettermi questo brutto giorno alle spalle il prima possibile.”
   Merlino annuì e si avviò verso la porta, poi si ricordò di una cosa e tornò sui suoi passi.
   “Artù?”
   “Cos’altro c’è?” chiese il giovane principe, leggermente infastidito.
   “Volevo darvi questo prima che finisse la giornata.” rispose, prendendo dalla tasca un piccolo fagotto di stoffa “Buon compleanno!”
   “Cos’è?” domandò Artù guardandolo “Un tovagliolo?”
   “Apritelo.”
   Artù seguì il consiglio e lo spiegazzò tra le mani. D’improvviso, sgranò gli occhi e prese tra due dita l’oggetto al suo interno.
   “Questo è l’anello di mia madre!” esclamò stupefatto “Sono anni che è dato per perso. Ancora oggi mio padre non si dà pace e lo cerca disperatamente, senza successo. Come hai fatto a trovarlo?”
   “Voi avete le vostre abilità, io ho le mie.” rispose Merlino con un grande sorriso, tornando poi subito serio “Ho pensato che, dato che questo giorno vi ricorda vostra madre, vi avrebbe fatto piacere ricevere qualcosa che le apparteneva.”
   Artù fissò l’anello con gli occhi appena lucidi.
   “Mi manca ogni anno sempre di più. Non riesco a sopportare che ciò che le è successo sia solo causa mia.”
   “Cosa state dicendo?! Non è colpa vostra!”
   “Invece, sì. Mia madre è morta di parto. Io sono l’unico responsabile.”
   “No, vi sbagliate. Quello che è accaduto è stata solo una fatalità.”
   “Chiamala come vuoi, ma il risultato non cambia. Lei è morta per permettermi di nascere.”
   “Ve lo ripeto, siete in errore.” insistette Merlino con più veemenza “Vostra madre sarebbe orgogliosa dell’uomo che state diventando. Sono certo che non vi porta rancore e che è grata della vita che avete davanti. Il vostro destino è di diventare il più grande re che Camelot abbia mai avuto, non dimenticatelo! Fatelo per lei e per onorare il suo ricordo.”
   Artù lo fissò con uno sguardo un po’ sorpreso, poi gli fece un mezzo sorriso.
   “Forse hai ragione tu.” concordò, alzandosi e dandogli una pacca amichevole sulla spalla “Ora, però, ritirati. Voglio stare un po’ da solo.”
   Merlino annuì e si diresse verso la porta.
   “Merlino, aspetta.”
   Il servitore si fermò sulla soglia.
   “Sì?”
   “…Grazie.”
   “Non c’è di che.”
   Merlino uscì e si chiuse la porta dietro. Nel frattempo, Artù continuò a fissare l’anello appartenuto alla madre, rigirandoselo tra le mani. Ad un certo punto sorrise ampiamente.
   “Tutto sommato, oggi non è andata poi così male.”
   
 
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