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Autore: Manto    11/10/2022    1 recensioni
(Attenzione: questa minilong sarà ambientata dopo quello che ho immaginato essere un possibile scontro finale tra il Decadimento e l’Agenzia - e i suoi alleati -; il manga non è ancora arrivato a questo punto, quindi tutto verrà inventato da me).
(Sigma x Gogol')
In un giorno come un altro, Sigma e Nikolai aprono i propri occhi e scoprono di essere in una città sconosciuta, senza avere ricordi di come siano giunti lì, perché, e per quale motivo insieme. O almeno, questo è ciò che sembra: perché i ricordi ci sono e le risposte sono già state date, ma non tutti sono pronti ad accettarle subito.
E non da soli.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Nikolai Gogol, Sorpresa, Sygma
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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DISCLAIMER:
I personaggi sotto trattati non mi appartengono.
La storia non ha alcun scopo di lucro.



 

Roma Chiama, Caos Risponde



 

I🌙 Chi Ben Comincia, Non Sa Dove Si Trova

 

Acqua: acqua che scivola sotto i piedi nudi, che incontra le dita alzandosi in piccole creste, che fruscia e mormora e guida. La culla perfetta dentro la quale dormire fino alla fine dei tempi.
Qui, è necessario per me rimanere qui. Un giorno dissi: «Tutto è mio e vivrà per sempre; e io con esso.»
Intorno a lui, il mare incontra la spiaggia. Il sole è ovunque come una coperta dorata, ma ben poco tepore raggiunge la sua pelle: non è tempo per fermarsi nella luce, le profondità hanno atteso troppo.
Prima di ora, Sigma non si è mai riempito i polmoni dell’odore che accompagna le distese salate, quindi lo respira con forza e chiude gli occhi.
In verità mi è noto fin da sempre; e anche ciò che ribolle sotto la schiuma, che striscia e freme e si agita nel cuore di quest’acqua serena.
Tutto io conosco, tutto rimarrà.
Io resterò qui, qualsiasi cosa debba succedere.
Il mare manterrà questo ricordo fino al mio ritorno.

Nera, profonda e crudele la tempesta che cavalca nel cielo, andandogli incontro.

 

Quadro: quel quadro è l’opera più bella che abbia mai visto.
L’architettura umana, geniale e forte, si armonizza con la meraviglia della natura intorno e sembra muoversi sotto un sole che acqua e bruma stemperano in un’atmosfera onirica, soffusa e quasi impenetrabile. Il mattino sorge sacro sul Tamigi, e trasforma tutto ciò che tocca in cattedrale ― anche le mani insanguinate di un uomo, forse.
«Il Parlamento di Londra, Claude Monet. Ti piace?»
Sigma sorride, rabbrividendo appena sotto le labbra di cremisi che gli hanno appena sfiorato l’orecchio con un sussurro e una risata sottile, soffiata direttamente al cuore, per poi voltarsi verso la sua splendida interlocutrice.
Nella luce sovrannaturale del crepuscolo, il museo sembra far parte di un mondo che non è quello terrestre. Chi lo sa, magari l’intera struttura è caduta nelle mani di una giocosa divinità che con uno schiocco di dita l’ha spedita su Marte, e ciò che sta penetrando dalle finestre è una rossa realtà; oppure sono su Giove, in attesa di scorgere le sue settantanove lune, o ancor meglio sull’unica che accompagna la Terra, il satellite che tutto guarda e sempre tace, aspettando che altri parlino per esso.
In ogni caso, è qualcosa di straordinario.
«Sì, ti interessa parecchio. Non l’hai mai visto? Il Parlamento, intendo.»
«Mi duole ammetterlo, ma non ho avuto questo piacere, e di certo non con te al mio fianco. Quando vuoi, possiamo colmare questa mancanza.»
«Calma, ragazzo, non correre. Ho del lavoro da fare, lo sai ― d’altronde, sono qui a causa tua. Hai creato un’opera originale e anche raffinata, fattelo dire.» Un breve sospiro, e la Morte si sistema i lunghi capelli neri e bianchi su di una spalla, per poi lisciarsi la lunga gonna. L’odore di putrefazione e pioggia, di fiori stantii e freschi, di muffa e terra si mischia sulla sua pelle levigata creando un’armonia unica, mentre, Sigma se ne accorge solo accostandosi al suo collo, da dentro di Lei sembra provenire un torrente di musica: la più struggente che si possa immaginare, ma di certo non disperata né crudele.
L’uomo è cattivo e spietato, non chi porta a lui la Fine.
«Quindi niente ballo sotto la Luna, immagino.»
La Dama gli dà un buffetto sulla guancia e lo allontana lievemente mentre una smorfia divertita le muta i tratti in un volto quasi normale, quindi gli prende la mano e gli bacia il dorso. «Alla prossima, Mishima-san[1]. Mi raccomando, bada a te; e fai in fretta a lasciare la sala, i custodi sono in giro.»
Il giovane non la guarda sfilare via, l’attenzione nuovamente catturata dal capolavoro artistico appeso davanti a sé; quindi fa una smorfia che potrebbe essere scambiata per un cenno amichevole.
«Ah, dimenticavo! Per la Luna, terza porta del corridoio a sinistra.»
Sigma si bacia la mano nello stesso punto dove si sono posate le labbra dell’affamata creatura e la alza in saluto, poi si sistema la cravatta. «Andiamo», sussurra al cielo, «qui non è più tempo per noi.»
Quando i custodi giungono, allertati dalla sirena continua che annuncia qualcosa di terribile, l’intera sala è cambiata: dalle finestre, la sera entra per incontrare una parete completamente vuota, priva del suo tesoro; ma quella opposta presenta un’altra sorta d’opera, inaspettata e terribile.
C’è chi dice di aver sentito i muri ridere a lungo, quella volta, come se l’intera struttura si stesse divertendo malignamente; e chi è sicuro che in quel museo non ci tornerà mai più… qualunque cosa questo voglia dire.

 

Torre: una torre davanti alla sua finestra, antica quasi quanto il mondo e tanto alta da poter sbarrare le nubi che percorrono a frotte la volta celeste.
Ha piovuto a lungo durante la notte, e il mattino non promette diversamente: la luce è debole, entra esitante nella stanza e sfiora appena la scrivania e i fogli bianchi su cui la penna corre frenetica, scendendo nella pagina come se si trattasse di profondità marine o alzandosi al pari di un falco.
Improvvisamente la mano si ferma, bloccata da un lampo di percezione e sensazioni nuove, e il suo proprietario alza la testa, in ascolto; ma non è il rombo pesante e stanco di un tuono lontano a tenere vigile i suoi sensi, né a fargli scivolare quella goccia gelida di sudore giù sulla nuca e lungo tutta la schiena.
Davanti ai suoi occhi, la torre ha un tremito leggero ma percettibile; è scossa da un terremoto interessato solo a lei, oppure lui è in preda alle allucinazioni?
«Ecco che arriva Dos-kun! Mishima-kun, preparati per le presentazioni!»
Il ragazzo non riconosce la voce che gli parla, non ci bada neppure mentre si volta lentamente verso la porta e attende con calma; ma a mano a mano che i secondi sfuggono e un passo debole, lento e quasi pauroso, risale la scala che porta all’appartamento, il cuore si fa più inquieto e conscio di un grave pericolo.
Non è pioggia quella che sta arrivando dalle regioni del Nord, ma neve; una letale onda di ghiaccio che nulla risparmia, nessuno perdona.
E lui non ha bisogno di girarsi a guardare per sapere che la torre sta crollando su sé stessa.

 

Alla tempesta, al freddo e alla solitudine che quella porta sempre con sé, subentra viva luce: il sole con tutta la sua forza, il calore che uccide il male, bruciando fino a purificare la più sordida delle anime. 
E nel chiarore immenso lui apre gli occhi, cercando il mare e la torre e il quadro, il loro significato e la traccia che li unisce: sono immagini di un sogno, uno dei tanti che lo accompagnano, o memorie di un uomo diverso? 
Chi è il giovane che ha amoreggiato con la Morte così come con le onde, senza trovare distinzione in esse? Chi ha visto arrivare la neve e non è fuggito nonostante la Rovina ridesse di lui? Chi? 
Perché, se lo guarda in viso, vede… 
«… Sigma-kun… sei tu, vero?»
Tutto finisce con un leggero scoppio: la bolla è esplosa, è tempo di ritornare alla realtà ― ma anche quella lo era, solamente più lontana. Questi sono ricordi; ricordi che arrivano a frotte, al galoppo, senza tregua.
Ascoltali.
«Ahi ahi ahi, che mal di testa… ma che cosa sta succedendo…»
Sigma apre gli occhi lentamente, aspettandosi di vedere la luce arrivare con tale forza da ferirlo; tuttavia, il ligneo soffitto sopra di sé, che non riconosce, è pervaso da un lieve chiarore aranciato, allegramente scalfito dal gocciolio della pioggia giù da tetti e grondaie. Si è svegliato per veder morire un temporale.
C’è una finestra alla sua destra, la percepisce dalla frescura che entra da quella direzione e gli stuzzica le guance e il collo; c’è la calma di un tramonto e l’odore di pietra bagnata, mobili antichi… e sangue rappreso.
«No», mormora il ragazzo, come rispondendo a una domanda che lui stesso ha posto, alzando di scatto le mani e fissandole: sono rosse, così intrise di umore che le unghie appaiono nere, ricoperte di grumi e del sentore di ferro, di morte.
Pieno d’orrore, non osando immaginare il motivo dietro a quella macabra visione, si mette a sedere sul letto ― ma nel letto di chi? Dove si trova? ― e con uno sforzo gira lo sguardo stravolto verso sinistra, da dove proviene una sequela confusa di lamenti e gemiti…
… E urla. Urla con tutto il fiato che possiede, tanto che anche l’altro balza a sedere sul materasso e grida forte, fissandolo con spavento e confusione a pochi centimetri dal suo naso.
Così come sono sorte, le spaventose strilla di entrambe le parti si spengono in un silenzio rotto solamente dal proprio respiro, l’unico fatto che testimonia il loro essere vivi. Almeno per il momento.
«Sigma-kun? Sei davvero tu?»
«Go… Gogol’-san?»
Di nuovo silenzio; entrambi si voltano a guardare il muro davanti a loro, confusi, e infine ritornano a fissarsi. «Sei un disastro», mormora Sigma, «che cosa hai fatto? Ti sei rotolato sul pavimento di una macelleria?»
«La stessa cosa potrei dirla io su di te, mio caro; dovresti vedere come sono ridotti i tuoi abiti, per non parlare delle mani. Che cosa abbiamo fatto?»
Prima di rispondere, il manager lascia il letto e si guarda intorno nella camera; trova la porta che conduce direttamente a un piccolo bagno e si piazza davanti allo specchio, dentro cui può osservare il proprio volto stravolto da graffi, ematomi, sangue secco e pure brandelli di tessuto. I suoi meravigliosi vestiti sono ridotti a uno straccio in più punti, quasi abbia dovuto affrontare una belva; i capelli non sono più del loro colore naturale, perché mentre la parte bianca è svanita sotto strati di lordura, quella lilla è diventata magicamente grigia.
Il resto del corpo è nel medesimo stato.
«Se stai per vomitare dimmelo che me ne vado.»
Gogol’ sobbalza quando incontra il suo riflesso, perdendo immediatamente la voglia di fare battute; si mette di fianco a Sigma e si osserva, stentando a riconoscersi. Non possono essere suoi quei capelli sciolti, tanto intrisi di sangue e materia viscida da aver creato una sorta d’irregolare corona rigida intorno alla sua testa; e non è suo quel viso dagli zigomi anneriti da ematomi, con un taglio irregolare sulla fronte e dove compare un’enorme macchia scarlatta che parte da sotto il naso e arriva fino a metà guancia. «Ma che abbiamo combinato… e dove sono finiti i miei vestiti?»
Sigma non vorrebbe farlo, ma a queste parole la sua testa si volta comunque e lo sguardo cade sul corpo dell’altro. Non c’è nemmeno il tempo di far scendere un imbarazzato silenzio, perché Sigma si volta di scatto, il colore del viso che vira dal rosso porpora al viola melanzana, e scappa fuori dal bagno.
«Non c’è bisogno di offendermi così, Sigma-kun! Lo vedo da me di non essere nelle migliori condizioni!», lo insegue il tono risentito di Gogol’, che a sua volta ritorna in camera con un singhiozzo.
«SEI COMPLETAMENTE NUDO!», urla il manager, rivolto verso la parete per non rischiare di incappare nuovamente nello spettacolo di prima.
«Ma sentilo, non sappiamo neanche dove siamo e lui si sofferma sul fatto che sono nudo! Ti sembra il caso?»
«Rivestiti SUBITO!»
«Va bene, va bene! Smettila di gridare, ora mi vesto!»
Sigma chiude gli occhi e scuote la testa, chiedendosi perché certe situazioni debbano succedere proprio a lui e se per caso non abbia una certa attitudine nell’attirarle, quando il borbottio alle sue spalle s’interrompe improvvisamente.
Non è affatto un bene. 
«Ehm… non trovo i miei vestiti. Neanche il Cappotto.»
Il giovane boccheggia a questa notizia, trovandosi improvvisamente a corto di fiato. E ora, ora che fare?
«Beh, già che sono così…»
Una pausa.
«… Tanto vale che mi dia una ripulita. A più tardi!»
Il manager rimane fermo per qualche tempo, come se fosse stato tramutato in statua, quindi si rilassa lentamente e si siede al suolo. La sua mente è frastornata, tuttavia non si impedisce d’iniziare a cercare un senso a tutto, o almeno di fare un tentativo. E forse, il gesto di Nikolai è stato il primo passo necessario da cui partire… oltre a quello di indagare dove siano finiti e come.
E a causa di chi. 
Perciò, il tempo che il giullare impiega a recuperare la sua abituale fisionomia, Sigma lo sfrutta per indagare quello che scopre essere un piccolo, ma confortevole e lussuoso appartamento ai piani alti di un palazzo inserito in una città che, con i suoi campanili e monumenti e archi, da lassù appare così bella da bloccare le parole. Non ricorda di aver mai visto simili architetture in Giappone, ma durante il viaggio verso la prigione di Meursault visioni del genere sono spesso apparse ai suoi occhi: lontani, accarezzati dalle nubi come un gioco di veli, spesso toccati da fiumi, ecco apparire eserciti di palazzi, tetti aguzzi e torri, rumori di campane e profumi boschivi, misti al sentore della pietra lavorata. Non sa dare un nome al luogo dove si trova, ma di sicuro assomiglia più a quelle cattedrali europee di luci che ai calmi edifici giapponesi.
I libri che trova nella stanza adibita a biblioteca non aiutano a far maggiore chiarezza su dove diavolo siano: alcuni sono scritti in inglese, altri in quello che dovrebbe essere francese o forse tedesco, moltissimi in una lingua che gli fa scrollare la testa per la confusione.
Inoltre, tra le tante, c’è una questione urgente da affrontare: e se i legittimi proprietari dell’appartamento dovessero ritornare proprio ora, lui e Nikolai come potrebbero spiegare la loro presenza?
… O sono stati quelli a trovarli, chissà come, e a portarli nella propria casa per curarli? Sembra strano, ma può essere sicuro del contrario?
Tuttavia, se dovesse essere il primo caso, quindi una seppur involontaria (forse) violazione di proprietà privata di cui nessuno di loro due si ricorda (pare), come poter risolvere la questione? Se il Cappotto di Gogol’ dovesse essere ritrovato ― e assunto che esso sia abbastanza integro ―, potrebbero utilizzare l’Abilità di questi per scappare senza conseguenze; oppure… oppure potrebbero far leva sul suo ruolo.
D’altronde, la sua persona è nota oltre i confini giapponesi, e la storia di quanto successo allo Sky Casino avrà sicuramente fatto il giro del mondo: potrebbe inventarsi una storia su come sia finito lì ― ammesso che gliene diano il tempo.
E poi…
«Sigma-kun, ho finito. Il bagno ora è libero.»
La voce di Nikolai penetra dolcemente nella sua mente e arresta il fluire impazzito dei pensieri, e il ragazzo si volta verso il compagno come trasognato.
Rimossi gli strati di sporco e sangue, i capelli e il corpo chiusi dentro asciugamani di un blu elettrico così intenso da brillare, il giullare è ritornato riconoscibile: anche gli ematomi e il taglio sulla fronte sono meno vistosi di quanto fosse sembrato inizialmente, e nel viso campeggia un sorriso.
Tuttavia è rimasto qualcosa di diverso in lui, osserva Sigma nella sua mente: per una volta, manca della voglia di tediare e scherzare, ed è più preoccupato di quanto sembri. «Va bene, cerco di sbrigarmi», replica questi, «e perdonami, non ho ancora cercato i tuoi vestiti.»
«Non ti preoccupare, ora ci penso io.»
Gogol’ indietreggia per farlo passare, e il manager corruga la fronte. C’è ancora qualcosa che non va; questa volta non capisce cosa, ma è palpabile, lì con loro… quasi il clown sia intimorito ma non voglia darlo a vedere.
E per di più, sembra che sia spaventato da lui.
«Gogol’-san», inizia allora Sigma, «ti ricordi qualcosa di quanto successo… prima di questo? Come siamo arrivati qui?»
«Io ho un’altra domanda: dov’è qui
I due si guardano l’un l’altro, coscienti della risposta mancante, e Nikolai prende un grosso respiro. «Non ci resta che scoprirlo!», esordisce, dirigendosi poi verso la finestra che, a giudicare dalla confusione che fa entrare nella stanza, guarda su di una strada. Prima che Sigma possa dire qualcosa, l’altro si sporge fuori di mezzo busto e, tenendosi il turbante, si guarda intorno velocemente, per poi bloccarsi e allargare il sorriso.
Sperando che quello non combini un disastro, il manager lo sente chiamare qualcuno e parlargli in una lingua che non conosce; ma non può far altro che starsene alle sue spalle, discosto abbastanza perché nessuno lo veda e scorga le condizioni in cui si trova, e attendere.
Percepisce che è successo qualcosa quando sente qualcuno rispondere e vede il corpo di Nikolai bloccarsi, ma non è pronto ad affrontare né il viso sconvolto di questi quando si gira e lo guarda con entrambi gli occhi spalancati e increduli, né le parole che gli vengono rivolte.
«SIGMA-KUN, COME SAREBBE A DIRE CHE SIAMO A ROMA?!?»


 
 

NOTE 

[1] Allora, ALLORA, qui c’è da fare una lunga precisazione, che prende spunto da una teoria che io, come altre persone, ho formulato.
Non sappiamo chi sia davvero Sigma, ma abbastanza sicuramente il suo personaggio è ispirato a uno scrittore perché possiede un’Abilità (senza nome); e sappiamo che queste corrispondono sempre al titolo di un’opera realmente esistente (esempio: Gin e Naomi, personaggi che ritroviamo negli scritti di Akutagawa e Tanizaki, non hanno Abilità).
Quindi, dato per assodato che sia un autore, chi potrebbe essere? Forse, Yukio Mishima, lo scrittore de “Il Decadimento dell’Angelo”. Perché? Non solo perché è strano che non sia ancora comparso l’autore la cui opera dà il nome a un’associazione intera (e ripeto, Sigma non si sa chi sia), e poi perché Sigma è avvolto nel mistero: il suo passato del quale nulla ricorda, il fatto che Fyodor dica a Dazai che è più pericoloso anche di loro due… insomma, è un enigma.
Ci sono cover di capitoli dove compare con le carte in mano, come se stesse facendo lui la partita: ma su queste carte sono rappresentati Fyodor e Gogol’. Quindi è lui che sta conducendo tutta l’impresa?
Da qui, l’idea che potrebbe essere Mishima.
Se volete discuterne nei DM, io sono sempre disponibile, sappiatelo!

 

ANGOLO DI MANTO

Salve!
Gente, car* lettor*, date il benvenuto a Sigma, Gogol’ e le loro vacanze romane.
Era da più di un anno che avevo in mente questa parentesi, ma non sapevo bene come renderla: bene, ora ho capito come sbrogliare i fili e posso presentarvi questo lavoro che, come potete vedere da voi, presenterà sia parti comiche, che situazioni che richiedono più serietà e misteri, a partire da quell’enorme buco di memoria che entrambi i personaggi sembrano avere… sembrano.
Lungo la strada farò accenni a scene che ho inserito in altri lavori, ma non preoccupatevi, segnalerò i riferimenti a mano a mano che si presenteranno. Dico fin da subito che non ho idea di quanti capitoli saranno: forse quattro, forse meno, si vedrà!
Allacciate le cinture, quindi, e preparatevi a divertirvi per le vie della capitale! E anche a qualche sorpresa… e crossover (grazie all’adorata Clarice per le idee!) 💗
Un caro abbraccio,

Manto

 
   
 
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