Rebekha era
seduta al tavolo, china su un foglio di carta, intenta a tracciare dei
segni;
dietro di lei, la regina attendeva che la sua allieva finisse il
compito che le
aveva assegnato.
Era una
ragazza sveglia e intelligente, Isobel
non aveva avuto nessuna difficoltà nell’introdurla
allo studio dell’antica
lingua; da parte sua Rebekha si era subito lasciata guidare da quella
donna,
così severa e rigida, ma che, in quei giorni, aveva scoperto
molto ansiosa di
conoscerla e di insegnargli.
Aveva
appena finito la pagina quando nella stanza
irruppe Oliviana. Isobel guardò il sicario con uno sguardo
severo.
- Mia signora
– rispose.
-
Oliviana, dimmi pure -
-
E’ una questione delicata, Mia Signora – si
giustificò Oliviana lanciando uno sguardo di fastidio verso
Rebekha. Isobel sorrise
non appena capì il suo dilemma.
-
Rebekha, ci puoi scusare? - la ragazza, uscì in
silenzio, un poco contrariata, ma lieta di non essere più
nella stanza con
quella donna.
Una
volta uscita, l’assassina si girò verso la
regina.
-
Cos’è tutta questa fretta Oliviana, spero sia
una cosa urgente! – Altri avrebbero tremato di fronte
all’ira della donna ma il
sicario non si scompose minimamente.
- Un dei
draghi è in viaggio sulle nostre terre,
si dirigeva verso nord -
Il viso
di Isobel si fece rigido per un attimo - Ne sei
fermamente sicura? – la paura che aveva iniziato a
serpeggiare
tra la popolazione dopo la fuga di Murtagh aveva fatto moltiplicare a
dismisura
gli avvistamenti di draghi ed elfi, rendendo difficile per le sue
guardie individuare
eventuali piste giuste.
- Il mio
informatore è più che fidato, mia signora
-
- Di che
colore sono le squame del drago? -
Sul
volto di Oliviana si dipinse un sorriso
maligno - Si tratta della dragonessa e del suo cavaliere -
- Se
è così, seguili e portali da me -
- Con
piacere mia signora. Quando vuoi che parta? -
- Con
calma Oliviana, con calma – disse con un
ghigno.
-
Chiamami i Ra-zac -
Oliviana
trattenne un moto di stizza nell’udire
il nome di quei mostri, ma annuì all’ordine e,
celando il suo malcontento, si
dileguò per ritornare poco dopo con le due creature.
- Cosssa
desssiderate, Mia sssignora? - sibilarono
all’unisono i due mostri.
L’assassina
si stava allontanando ma la regia la
fermò.
-
Oliviana, rimani, mi servite tutti - poi
rivolgendosi ai due Ra-zac.
- Voi
due avete un’ultima passibilità: hanno
avvistato la dragonessa che vi è sfuggita, insieme al suo
cavaliere - gli disse
con voce melliflua.
-
Seguite gli ordini di Oliviana e portateli da
me affinché che non possano più nuocermi. -
***
Il villaggio di
Blow era un piccolo
centro abitato costruito vicino all'alto corso del fiume Strimone; era
abitato
da una cinquantina di famiglie, per lo più contadini e
fabbricanti di vasi a
cui si aggiungevano i numerosi mercati che frequentavano il mercato
allestito
periodicamente per la vendita delle loro merci. Qui Eleonor e la madre,
Lidia, erano
state presentate come delle lontane parenti di Miriam e Jerod Bedford,
una coppia
di coniugi molto apprezzati e stimati nel villaggio per cui madre e
figlia erano
state accolte con lo stesso rispetto.
Come
ogni sera Eleonor si trovava nella
sua stanza, al piano di sopra della casa dove erano ospito, a giocare
con le sue
bambole di pezza; Lidia era in cucina, al piano di sotto, a parlare con
Miriam.
Quest’ultima era una donna sulla sessantina
dall’aspetto corpulento e cordiale,
sempre pronta al pettegolezzo, ma dal cuore grande e generoso. I
coniugi
avevano accolto la donna e la bambina senza fare domande, nonostante
Aglaia gli
avesse spiegato la situazione.
Lidia aveva
ammirato molto il loro
coraggio e presto tra lei e la donna era nata una sincera amicizia.
Le conversazioni
attorno al focolare
erano diventate un’abitudine piacevole per entrambe le donne.
-
Oggi parlavo con il macellaio - le
stava confidando Miriam girando lentamente la minestra con il mestolo - corrono voci,
al mercato, che la regina stia per mettere le mani su dei
fuggitivi – Lidia saltò dalla sedia su cui era
seduta - Pensi stiano parlando di
Eleonor? – chiese sbiancando in viso – Miriam
lasciò il mestolo, prese un
braccio della donna con delicatezza e sorridendo la
tranquillizzò.
- Lidia,
da quando siete qui ci sono state anche una
decina di avvistamenti di draghi tra la Stonewood e le pendici del Gran
Massiccio, ma non significa che dobbiamo prendere per vero tutto quello
che viene
dalla bocca dei mercanti che passano da qui - Miriam fece una breve
pausa, riprendendo
a mescolare. La sua voce era piena di comprensione:
- Tu ed
Eleonor non dovete preoccuparvi. Aglaia è
per noi come una figlia, e se ci ha chiesto di proteggervi, noi lo
faremo con
tutti i mezzi a nostra disposizione -
Lidia
guardò la donna con affetto. Aglaia non
avrebbe potuto scegliere persone migliori a cui affidare Eleonor.
- Grazie
– aggiunse solamente.
Proprio in quel
momento qualcuno bussò
alla porta. Le due donne trasalirono.
Non aspettavano
nessuno quella sera. Il
marito di Miriam, Jerod, stava lavorando al forno e non sarebbe tornato
prima
dell’alba.
Miriam
nonostante le parole rassicuranti
di poco prima rivolse uno sguardo di intesa a Lidia che si
alzò per andare
nell’altra stanza.
- Chi
è? - fece
la donna.
- Miriam
sono io, Jerod. Aprimi è una cosa
urgente. -
Miriam
corrugò la fronte e fece un cenno a Lidia
di tornare prima di andare ad aprire al marito.
Jerod
entrò grondante d’acqua, fuori pioveva a
dirotto.
- Entra
e sistemati davanti al fuoco. Ecco vieni.
- Miriam prese il
mantello zuppo dell’uomo
e lo fece accomodare su una sedia.
- Grazie
Miriam - i suoi occhi si posarono
intensi sulla donna:
- Fuori
ci sono due persone che stanno facendo
domande sulla nostra famiglia -
Lo sguardo di
Lidia divenne ancora più bianco
mentre quello di Miriam era teso e determinato - Dove si trovano?
– chiese con
voce asciutta.
- Sono
entrati da poco nella locanda. Me lo hanno
riferito due ragazzi che hanno attaccato adesso il turno di lavoro e mi
sono
subito precipitato a casa. Le porterò io al rifugio -
affermò
l’uomo mentre Miriam annuiva per poi
rivolgersi a Lidia e spiegarle il loro piano.
-
Ascoltami bene Lidia, ora io e andrò alla
locanda - la donna si tirò su guardandola colpevole, ma
Miriam la zittì con un
gesto. - Non
c’è tempo per discutere. Tu vai
dalla bambina e stai pronta a scappare con Jerod nel caso fossero gli
uomini
della regina. Lui sa un percorso sicuro tra le montagne che vi
permetterà di nascondervi
fino a quando sarà necessario. - Lidia combatté
solo un attimo
nell’indecisione, poi non poté far altro che
accettare.
Così
Miriam si recò alla locanda, tutti i
presenti si voltarono dalla sua parte per distogliere subito lo sguardo
non
appena riconobbero la donna. Tutti tranne due uomini.
Miriam
aveva individuato i due forestieri e il
suo volto trasalì nel riconoscere uno di loro.
Più
di dieci anni fa la donna aveva aiutato
Par a fuggire dalle prigioni della regina. Era stata una vita fa, prima
di conoscere
Jerod, sposarlo e ritirarsi a Blow; era stato quando risiedeva ancora a
palazzo
e credeva che la giustizia fosse di questo mondo. Miriam sapeva che
accettare
l’incarico di Aglaia avrebbe smosso i fantasmi del suo
passato, ma non si era
aspettata così tanto.
L’elfo
era molto diverso
da come lo ricordava, ma non lo avrebbe potuto confondere con
nessun’altro.
- Miriam
tutto bene? sembra che tu abbia visto
uno spirito. - le chiese Trevor, il locandiere. L’uomo
vedendola entrare le era
venuto incontro per salutarla.
-
È probabile - fece lei elusiva – Sono loro i
forestieri che stanno chiedendo di me e Jerod? - L’uomo si
asciugò le mani con
un panno e le annuì con un borbottio –
Sì sono loro, è da un po’ che sono
seduti li, per lo meno hanno pagato – aggiunse con un tono
sostenuto della voce.
- Grazie
Trevor - Disse la donna prima di avvicinarsi
lentamente al tavolo.
Par,
osservò Miriam, erano seduti davanti
ad un boccale di birra, insieme a lui c’era un giovane uomo
dai capelli castano
chiari, quest’ultimo sembrava profondamente turbato e
agitato. Dall’altra parte
Par, notò ancora Miriam, mostrava una insolita calma
guardando il giovane con
aria serafica.
- Non ti
preoccupare – lo sentì mormoragli
- vedrai
che verranno loro da noi -
I due
sembravano proprio non averla notata.
Il
ragazzo stava per rispondere, quando Miriam
s’intromise nel loro discorso.
- Par,
Par, Par. Dopo quello che abbiamo passato più
di dieci anni fa non credevo di rivederti di nuovo -
A quelle
parole il volto dell’Elfo cambiò improvvisamente
espressione, e si volse sorridendo verso il ragazzo che gli sedeva
davanti:
- Hai
visto? -
Gli
occhi del giovane uomo si ridussero a due
piccole fessure, mentre scuoteva esasperato la testa; Par lo
ignorò, e
girandosi verso la donna le disse
-
Miriam. Non lo pensavo nemmeno io, ma eccomi
qua -
- Per
tutti gli spiriti, che cosa ci fai qui?! -
tagliò corto lei.
A quel
punto il ragazzo di fronte a Par si alzò
dalla sedia e le si avvicinò, la sua voce era velata
d’apprensione
- Siamo
entrambi qui per Eleonor. Dobbiamo parlargli.
È una cosa urgente. Aglaia ci ha detto che madre e figlia
sono da voi -
Miriam
fissò un attimo negli occhi il ragazzo.
Questi erano di un nocciola chiaro, limpidi.
- Non so
di quale Eleonor tu stia parlando – gli
disse la donna come a voler saggiare la sua reazione.
Eragon
non aveva tempo per lunghe spiegazioni, quindi
prese la donna per un braccio e la invitò a chinarsi, poi
girò il suo palmo
destro e si sfilò il guanto che lo copriva, rivelando
così il gedwey ignasia.
Gli
occhi della donna s’illuminarono sotto il
bagliore del marchio dei cavalieri. Eragon ricoprì subito il
palmo.
- Dille
del marchio, e capirà! –
Miriam
guardò ancora una volta quel
ragazzo e solo ora notò i suoi lineamenti, non era umano, ma
nemmeno un elfo
come Par; la donna aveva riconosciuto il simbolo sul suo palmo e questo
le
bastò per credergli. Miriam distolse lo sguardo dal ragazzo
per rivolgersi ad
entrambi.
-
Aspettatemi qui, torno tra poco -
-
Perché non possiamo venire con te? -
Gli fece
Eragon bloccandola ancora per un
braccio. - Non temere Cavaliere. In questo piccolo villaggio non ci
sono guardie
della regina, a meno che non le abbiano portate voi. –
aggiunse alzandogli
delicatamente il braccio per liberarsi. Eragon la lasciò
andare ricadendo
indietro sulla sedia mentre la donna uscì dalla locanda.
Ora
dovevano solo aspettare.
Rimasti di nuovo
soli Eragon cercò subito
con la mente Saphira
La
dragonessa li aspettava lontano dal villaggio.
Fuori la pioggia continuava a cadere in abbondanza ed Eragon
iniziò a percepire
dalla sua compagna una serie di sensazioni sull’ambiente
circostante: l’umidità
sotto le zampe, il fango che si infila dentro gli artigli e le gocce
d’acqua
che scivolano lungo le squame.
Abbiamo
incontrato Miriam e se tutto va bene tra
poco incontreremo Eleonor – le
disse Eragon
non ancora convinto del piano di Par. - Tu come te la stai
cavando?
Sto bene piccolo
mio, due gocce d’acqua non sono nulla per noi draghi.
Eragon sorrise
per rivolgersi di nuovo
verso Par, ma, in quel breve frangente l’elfo aveva avuto
tutto il tempo di
alzarsi e dirigersi al bancone ordinando un’altra birra. Non
si era nemmeno
accorto delle occhiate furtive che gli venivano rivolte.
Il
giovane cavaliere gli si avvicinò di corsa e
lo trascinò via.
- Par,
io non attirerei troppo l’attenzione -
L’Elfo
stava per rispondere a tono, ma vide in
viso il cavaliere che lo stava fissando livido, e ricacciò
indietro una risposta
mordace, limitandosi ad annuire.
Si
andarono a sedere ad un tavolo appartato. Una
volta seduti Eragon fissò a lungo l’elfo prima di
parlare.
- Ora che siamo
arrivati qui, credo che io
e Saphira ci siamo guadagnati il diritto di sapere il motivo per cui
hai voluto
Eleonor con noi –.
Alla sua domanda
Par aveva iniziato a far
roteare il boccale di birra tra le mani e alzando appena lo sguardo dal
tavolo guardò
Eragon di sott’echio
- Va bene, te lo
dirò. Ma vorrei che non giudicassi
la mia scelta in maniera frettolosa –
- Non sono
abituato a farlo – gli rispose
semplicemente.
Par
guadò Eragon per alcuni istanti prima
di parlare, come a voler saggiare la verità delle sue parole.
- Bene, tutto ha
avuto inizio con la
comparsa della cometa e con il sogno che mi è stato inviato.
- Eragon si
avvicinò verso il suo interlocutore per sentire meglio.
–
Inviato? Spiegati meglio -
- Come sai
già, ero perso nel mio mondo ormai
da anni, incurante di tutto ciò che mi circondava, quando un
sogno non mi ha riportato
nelle terre selvagge. Era come essere di nuovo li, non come negli
incubi che
spesso hanno tormentato i miei sogni. Era come… -
- una
premonizioni – finì di dire Eragon.
Par annuì contento di essere stato compreso.
-
C’erano una bambina e una dragonessa, io
potevo vedere loro ma loro non potevano vedere me –
- E pensi che
quella bambina sia Eleonor?
– chiese Eragon.
Par si
limitò solo ad annuire. – Quando
mi sono svegliato il mattino seguente ero come rinato. Non so spiegarti
come ma
tornai a parlare con la gente, così ho potuto sentire di
voi, il resto della storia
lo conosci – Eragon annuì con la testa poi chiese
ancora.
- La dragonessa
del tuo sogno, aveva le squame
bianche? – alla sua domanda Par rimase in silenzio, restio a
continuare.
- Par,
rispondimi – lo incalzò ancora una
volta Eragon. Par sospirò
- No, la
dragonessa non era bianca, ma
Zaffiro, si trattava senza dubbio di Saphira – disse
– non c’era nessun’altro.
Eragon
alzò un sopracciglio e rimase a
pensare alle sue parole senza giudicarle, come gli aveva chiesto di
fare, ma, da
qualsiasi parte guardasse il suo racconto, questo continuava a non
avere alcun senso
per lui.
– Ho
abbastanza espertizza con questo
genere di sogni da sapere che è impossibile conoscerne il
significato se non
nel momento in cui si avverano. Quando accadrà, ti assicuro,
sarò come un rompicapo
che magicamente si ricompone.
Se è
la tua visione che vai cercando,
spero solo che tu non abbia troppe aspettative a riguardo
perché in ogni caso ti
deluderà. – disse scuotendo la testa nel ripensare
a quello che aveva vissuto
lui.
- Davvero non
hai domande o obiezioni a riguardo?
– chiese Par stupito. Evidentemente l’elfo si
aspettava una reazione diversa.
- Una domanda
l’avrei – disse infine
Eragon. Par alzò lo sguardo – Dimmi –
- Riguarda
Miriam. Come fai a conoscerla?
– gli domandò Eragon. Par abbassò di
nuovo lo sguardo.
- Lei mi ha
aiutato a fuggire quando ero
prigioniero della regina a palazzo. Se non fosse per lei e per Phill,
non sarei
qui ora a raccontarti questa storia… -
Eragon avrebbe
voluto fare all’elfo altre
domande ma in quel momento nella taverna rientrò Miriam. La
donna non si era
nemmeno tolta la mantella dalla testa ma fece semplicemente loro cenno
con la
mano di uscire.
Par e
Eragon si alzarono di all’unisono e poggiando
anche loro i cappucci sulle loro teste e la seguirono fino ad una casa
appena
fuori dal centro del villaggio. Ad aprire loro la porta fu la madre di
Eleonor
Lidia. Eragon non la vedeva dal loro primo incontro ad Abalon.
- Le
circostanze della scorsa volta non ci hanno
permesso di presentarci a dovere, io sono Eragon –
- Ed io sono
Lidia. So che volete vedere Eleonor
- disse la donna senza troppi preamboli per poi condurli ai piani
superiori
della casa mostrando loro la stanza della bambina.
Non appena
Eleonor riconobbe il cavaliere
gli corse incontro con un sorriso di pura gioia dipinto sul piccolo
volto.
-
Eragon! – quasi gridò aggrappandosi alle sue
gambe.
- Anche
io sono contento di rivederti Eleonor –
le sorrise il ragazzo accarezzandole la testolina bionda. Eleonor lo
strinse
per un altro po’, poi si scostò appena per
guardare l’elfo dietro al ragazzo.
- Ciao Eleonor,
io son Par –
- Tu sei un vero
elfo? - chiese facendo
sorridere Par che le annuì, la bambina si
distaccò da Eragon e si avvicinò
all’elfo
per toccargli la punta delle orecchie. – Sei buffo
– disse con una semplicità disarmante,
Par si accigliò appena.
- Vuoi vedere
una cosa ancora più buffa?
– le chiese, la bambina annuì con la testa. Quindi
l’elfo si coprì il volto con
le mani e quando le riaprì aveva storto la bocca in
un’espressione divertente.
Eleonor scoppiò a ridere mettendogli le mani sul volto per
farlo tornare come
era prima. Anche Par toccò le sue mani e fu allora che
avvenne una cosa del
tutto inaspettata, gli occhi della bambina e di Par divennero
completamente
neri e i loro corpi si bloccarono per alcuni minuti
Quando
tutto tornò alla normalità la madre corse
immediatamente
da lei. Eragon non aveva assolutamente idea di cosa fosse accaduto tra
i due,
ma sentiva che non c’era stato alcun pericolo.
Lidia,
invece, preoccupata prese la bambina in
braccio passandole le mani sul viso le scrutò gli occhi.
- Stai bene?
–
- Sì,
sto bene mamma. Ho visto un posto
bellissimo, sai? Devo andarci con Par – Par ed Eragon si
guardarono senza
sapere come dire alla donna che la bambina aveva ragiona e che avevano
intenzione di portarla con loro per un viaggio oltre il confine delle
terre
selvagge.
Miriam, come a
intuire la situazione
difficile, intervenne
-
Perché non rimanete qui da noi questa
notte. Domani, una volta riposati, potremmo parlare di ciò
per cui siete
venuti. –
Sembra
che non abbiamo alternative, e accettare
il loro invito e date le circostanze mi sembra la cosa più
saggia. Gli fece
mentalmente Saphira, non appena il
cavaliere gli ebbe spiegato la situazione
Tu te la caverai
da sola?
Non temere. Voi
tre
riposate, ma domani mattina dovremo subito ripartire, dovessi
trascinare Par ed
Eleonor con i miei artigli! gli rispose la
dragonessa facendo scoccare mentalmente la lingua tra i denti,
strappando così
un sorriso al suo cavaliere.
D’accordo,
dolcezza, ma stai attenta.
Ad Eragon e Par
vennero mostrati due giacigli
di fortuna sistemati ad un angolo della cucina
- Questo
è il massimo che possiamo offrirvi – si
giustificò Miriam prima di lasciarli per andare ai piani di
sopra.
-
È il miglior letto in cui ho dormito nelle
ultime settimane. Vi ringrazio. - gli
fece Eragon con un sorriso sincero. Una volta soli, il cavaliere si
slacciò
prima il fodero della spada per poggiarlo vicino al letto, poi si
sfilò la
giacca. Rimasto solo con la camicia e i pantaloni si stese sul letto e
chiuso
gli occhi cercando di rilassarsi. Par accanto a lui aveva fatto
altrettanto, al
contrario di Eragon l’elfo riuscì quasi subito a
prendere sonno. Eragon rimase
ad ascoltare il suo respiro regolare fino a quando anche lui, esausto,
non
scivolò nel sonno.
Era quasi
l’alba nel villaggio di Blow, la
pioggia aveva smesso di cadere già da alcune ore e sul
terreno battuto, qua e
là, si erano aperte alcune pozzanghere d’acqua su
cui si riflettevano i profili
grigi degli edifici intorno alla strada. Oliviana
avanzava
lentamente davanti ai due Ra-zac su quella che
doveva essere la strada
principale.
La pista che
aveva seguito fino a quel
momento era stato un clamoroso buco nell’acqua. Invano aveva
fatto girare la voce
di un imminente arresto così da invogliare qualche lingua a
sciogliersi, ma il
cavaliere si era come dileguato e l’ultima pista utile che
aveva individuato
era vecchia di settimane. Stava per tornare ad Abalon con un pugno di
mosche in
mano quando avvertì qualcuno usare la magia. Si
stupì di quanto fosse vicina la
fonte. Avvertiti i Ra-zac, il sicario avevano
seguito la scia fino
a Blow. Un piccolo villaggio di contadino e artigiani.
Oliviana
tirò indietro il cappuccio
scoprendosi viso e in quel momento una follata di vento
arrivò leggera a
scompigliargli i capelli. Incurante dell’acqua che inzuppava
i suoi stivali
avanzò lentamente sul terreno battuto, lungo la strada non
c’era anima viva ad eccezione
di un cane randagio che gironzolava in cerca di qualche osso; Oliviana
chiuse
gli occhi ed espanse la sua mente come le aveva insegnato tempo
addietro Isobel.
La donna poteva avvertire le coscienze d’ogni singolo
abitante farsi largo
nella sua mente, ognuna con i suoi problemi e le sue preoccupazioni.
Pigramente
si aggirò tra loro fino quando la su attenzione non fu
attirata da una mente in
particolare, vi si avvicinò piano, ma subito potenti
barriere la bloccarono.
Oliviana aprì i suoi occhi grigi con un ghigno sul viso, la
fortuna stava dalla
sua parte. Chiamò a sé i due Ra-zac:
- State
pronti ad attaccare. -
Dalla
posizione supina Eragon avvertì un fastidioso
formicolio alla mano che gli fece spalancare gli occhi allertando tutti
suoi
sensi. D’istinto alzò le sue barriere mentali, non
prima di lanciare a Saphira
un grido di allarme. Prese con sé Speranza e se
l’allacciò rapido alla cintura.
Nel villaggio
era arrivato qualcuno in
grado di usare la magia, lo aveva appena sfiorato ma gli era
bastò per capire
che non era un amico.
Andò
per svegliare Par. La camera era ancora avvolta
dall’oscurità, ma il cavaliere non ebbe alcuna
difficoltà a individuare l’elfo e
scuoterlo con decisione lo svegliò.
- Par ci
hanno trovato, dobbiamo subito andare via
– l’elfo ancora confuso e assonnato rispose con un
mezzo grugnito.
-. Par devi
alzarti! Qualcuno ci ha
scoperto – Par era del tutto sveglio adesso e
guardò Eragon spaventato
Subito
dopo la porta della casa fu battuta con
violenza. Eragon digrignò i denti e fece cenno a Par di
saliere le scale – Vai
da Eleonor e Lidia e portale via! Io li terrò occupati
– Par non se lo fece
ripetere due volte e sparì al piano di sopra.
Eragon rimase ad
osservare l’entrata con entrambe
le mani chiuse sull’elsa della spada. La porta venne aperta
con un calcio. Il cavaliere
si trovò a fronteggiare Oliviana e i due Ra-zac.
Erano tre contro
uno pensò allarmato.
- Ci si
rivede Cavaliere - gli fece sorridendo la
donna.
Con un
segnale silenzioso i due mostri
scivolarono nell’ombra sparendo alle spalle di Eragon.
Eragon
non poté impedirglielo, occupato a badare
ad Oliviana che avanzava verso di lui. I suoi occhi grigi incrociarono
per un
attimo quelli nocciola di Eragon.
- Dove
si trova il tuo drago, e cosa vi ha
portato in questo villaggio? – gli chiese alla ricerca di un
punto debole nelle
sue barriere mentali.
Eragon
continuava a fissarla senza parlare.
Anche il
cavaliere saggiò le difese mentali della
donna e, trovandole protette da potenti barriere, passò
subito all’attacco.
Incominciarono
così a scambiarsi una
serie di fendenti molto veloci. Oliviana era agile per essere
un’umana, ma ben
presto Eragon riuscì ad avere la meglio su di lei. La
disarmò con un agile
colpo, mandò la sua spada lontano e le impedì di
riprenderla. La donna cadde in
ginocchio, e fissò il cavaliere. Aveva il respiro affannato.
Eragon le puntò la
lama sul suo collo, ormai indifesa
-
Alzati! - le ordinò secco
Oliviana
obbedì, ma non sembrava per nulla
turbata. Si alzò riprendendo fiato, mentre con un sorriso
maligno, lanciò il
suo sguardo alle spalle del suo avversario. Eragon si girò
di scatto, e dalla
porta ne emersero i due Ra-zac.
Il
cavaliere osservò con orrore che uno di loro teneva
tra le sue grinfie Par ed Eleonor, mentre l’altro stava
trascinando con sé
Lidia e Miriam.
Eragon
abbassò lentamente Speranza, mentre
Oliviana, riprese la sua spada e la puntò trionfante contro
di lui.
- Ora
abbassa le tue difese, e dimmi cosa stavate
cercando e dove eravate diretti. - le
disse osservando divertita il suo sguardo allarmato. Intanto i Ra-zac
avevano oltrepassato Eragon, e spinti a terra Par e Eleonor. Il volto
di
Oliviana si allargò dallo stupore quando riconobbe chi aveva
davanti.
- Non vi
credevo così sciocchi da condurmi la
bambina su un piatto d’argento. Vi ho sopravalutato a quanto
pare! - disse
guardando ora il cavaliere, poi si avvicinò piano alla
bambina.
Lidia
cercò subito di liberarsi dalla presa del Ra-zac,
che non cedette di un millimetro.
-
Eleonor! - Gridò disperata. Oliviana infastidita
dalle urla si girò di scatto dalla sua parte e la
guardò con freddezza, dietro
di lei Miriam lottava per conquistare una posizione comoda tra le
grinfie di
quei mostri.
- Voi non mi
siete di alcuna utilità - e
a un suo cenno i due Ra-zac le
trafissero
al cuore con i loro artigli. Tutto avvenne nel giro di un battito di
ciglia. Le
due donne non ebbero nemmeno il tempo di rendersene conto, con gli
occhi
spalancati fissarono il vuoto mentre i loro i loro corpi crollavano a
terra
come delle bambole di pezza. Eragon rimase immobilizzato sul posto.
- No!
– gridò mentre cadeva in ginocchio sotto il
suo stesso peso. Cercò con lo sguardo Par, l’Elfo
aveva avuto l’accortezza di
coprire il volto della bambina con una mano per impedirle di guardare
la scena.
In quel momento soltanto un intervento di Saphira poteva ribaltare la
loro
situazione, ma il cavaliere non osava aprire la propria mente per non
rivelare
il piano ad Oliviana.
Sperò
ardentemente che la dragonessa
stesse già sopra la casa.
La sua attesa
non durò a lungo, presto
vennero raggiunti da dei rumori sopra il tetto, come di una folata di
vento.
- Che
cosa succede? - disse Oliviana guardando al
soffitto.
Eragon
approfittò di quel momento di distrazione
per cercare di raggiungere Eleonor e Par, ma la lama
dell’assassina lo
raggiunse in un lampo, impedendogli di avanzare.
- Che
credi di fare Cavaliere? - gli
disse, premendo la lama sul suo petto.
Eragon indietreggiò lasciandosi scappare un gemito quando la
lama penetrò nella
carne, ferendolo. Eleonor, ancora tenuta stretta da Par
cercò con lo sguardo il
cavaliere. Era spaventata a morte. I loro sguardi si incrociarono per
un
attimo, ed Eragon ebbe la chiara l’impressione che stesse per
mettersi a
piangere, ma non lo fece. Un guizzo passò tra i due, la
frazione di un attimo.
Poi l’iride dei suoi occhi divenne bianca ed Eragon
avvertì una forte energia
sprigionarsi dalla piccina.
La casa,
intanto, aveva cominciato a tremare
sotto i colpi di qualcosa che le stava sopra. Era Saphira, che
avvertito il
dolore del proprio cavaliere, si era abbattuta a capofitto sulla casa;
una
crepa si aprì sul soffitto, uno dei Ra-zac
si appiattì ad una parete,
nel tentativo di evitare un calcinaccio.
Oliviana
si apprestò a dare un colpo che avrebbe
tramortito Eragon, ma in quel momento avvenne l’inaspettato.
Dal petto della
bambina proruppe una luce accecante, che squarciò
l’aria, e che avvolse i
presenti, allargandosi, fino a raggiungere anche la dragonessa. Poi una
dolce
quiete avvolse tutti loro, mentre la luce si affievoliva per poi
spegnersi del
tutto.