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Autore: Mary P_Stark    05/11/2022    2 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Cap. 30

 

 

 

Stiracchiandosi svogliatamente mentre, poco alla volta, il suo corpo e i suoi sensi tornavano a famigliarizzare con la vita di tutti i giorni, Ragnhild aprì gli occhi al nuovo giorno e sbatté confusa le palpebre.

Le pareti intonacate con stucchi color pesca erano intervallate da ampie vetrate, vaporosi tendaggi in leggera seta di ragno e arazzi di sopraffina bellezza.

Ragnhild non aveva idea se le scene ricreate da quelle magnificenti opere d’arte fossero scorci di antiche guerre o sprazzi di mistici racconti, ma amava osservarli a ogni suo risveglio.

In quei giorni si era spesso persa in contemplazione di quegli stupendi ricami e, più di una volta, Sthiggar l’aveva colta di sorpresa, abbracciandola alle spalle prima di sorridere della sua sorpresa.

Da quel che era venuta a sapere per bocca di Snorri, quegli arazzi erano stati confezionati dalla sua defunta moglie e, proprio per questo, Raghnild si era ben guardata dal fare ulteriori domande in merito ad essi.

Sapendo le cause della morte della madre di Sthiggar, aveva preferito non indagare troppo, pur se la curiosità ancora la accarezzava diabolica ogni qualvolta i suoi occhi si posavano su quelle opere.

Fu proprio per questo che distolse lo sguardo, lanciando un’occhiata oltre la barriera trasparente offerta dai vetri molati delle vetrate, scrutando il contorno morbido e accarezzato dal vento delle chiome degli alberi al di là dei confini della villa.

Alte mura di cinta ad ali di gabbiano cingevano la vasta proprietà in cui ora dimorava e, quand’anche l’ultimo frammento di sonno fu scomparso, Ragnhild si ritrovò a sorridere, pensando a dove si trovasse esattamente quella proprietà.

Le colline che sovrastavano Hindarall, capitale di tutti i regni muspell, erano state risparmiate dalla battaglia e quando lei, Sthiggar, Snorri, Thrym e Flyka avevano raggiunto la villa, l’avevano trovata miracolosamente intonsa.

Nascosti in una stanza e armati di bastoni e altre armi di fortuna, i domestici di casa Glenrson avevano pianto di gioia, alla vista del loro signore e, quand’anche Sthiggar aveva fatto la sua apparizione, ognuno di loro aveva plaudito il suo ritorno.

Concitate erano state le domande in merito a quanto avvenuto in città e Snorri, ben sapendo come potessero sentirsi, aveva concesso a ogni membro della servitù di recarsi presso le rispettive famiglie per sincerarsi delle loro condizioni.

Solo a quel punto aveva mostrato ai suoi ospiti le camere in cui alloggiare, e a Sthiggar era rimasto il compito di mostrare a una assonnata Ragnhild dove si trovasse la sua camera da letto.

Con movimenti gentili, l’aveva quindi sistemata tra le coltri e, con un bacetto, l’aveva lasciata al suo sonno.

Che era perdurato per tre interi giorni, intervallato solo da brevissimi – quanto confusi – stati di veglia, in cui Sthiggar l’aveva nutrita con pasti leggeri prima di lasciare che tornasse al suo sonno rigenerante.

Al quarto giorno, Ragnhild si era infine risvegliata, più riposata di quanto non fosse giunta in quella casa enorme e bellissima, ma anche affamata come poche altre volte era stata in vita sua.

Ritrovarsi Sthiggar al fianco, addormentato e meraviglioso, con il simbolo della Fiamma Viva ben evidente sulla sua ampia schiena, l’aveva resa felice, ma la fame l’aveva comunque strappata alle coltri, spingendola a cercare la cucina.

Avvolgendosi nella vestaglia del compagno – ben decisa a non svegliarlo – si era quindi aggirata per casa finché non aveva trovato uno dei domestici che, gentilmente, l’aveva accompagnata fino alle cucine, lasciandola nelle mani della cuoca.

Lì, era stata servita con frutta fresca, latte caldo e aromatizzato con una spezia che le aveva ricordato molto la cannella dopodiché, ormai stremata dalla fame, si era gettata su dei panini dolci appena sfornati, facendo la felicità della domestica.

Sthiggar l’aveva trovata ancora in cucina e, quando si era avvicinato per darle il buongiorno, lei lo aveva accolto con un abbraccio e un sorriso.

Da quel primo risveglio erano passati almeno dieci giorni, eppure ogni mattina si sentiva stranita, quasi le sembrasse tutto un sogno e avesse il timore di risvegliarsi davvero da un momento all’altro.

“Ancora dubbiosa, lylyhan?” mormorò Sthiggar, sorprendendola con un bacio sul collo e chiamandola teneramente con il suo nuovo nomignolo; fiammella.

Sthigg l’aveva presa bonariamente in giro, rammentandole quanto lei si fosse divertita – a suo tempo – chiamandolo ironicamente stoppino, coniando così per lei quello sciocco, ma dolcissimo, nomignolo.

Lei sorrise appena nel volgersi verso Sthiggar e, lasciatasi avvolgere dal suo corpo nudo e bollente, mormorò di piacere un dolce buongiorno prima di ammettere: “Ho sempre il terrore di svegliarmi di nuovo a Luleå e di scoprire che, non solo tu non ci sei, ma che tutto questo non è mai avvenuto.”

“Posso assicurarti che è tutto vero, e passerò il resto dei miei giorni a convicerti” le promise lui, carezzandole teneramente il corpo prima di sussurrare: “Voltati piano e guarda verso il bosco.”

Ragnhild lo accontentò e, nel portarsi una mano dinanzi alla bocca per non lanciare un grido di pura meraviglia, fissò costernata la stupenda creatura che stava passeggiando al limitare della boscaglia, proprio vicino al muro di cinta.

Quando Ragnhild aveva scoperto la presenza di quei fantastici animali, ne era rimasta strabiliata, perciò Sthiggar era stato felice di dirle che, nei pressi della loro abitazione, ne esisteva un intero branco.

Sollevandosi piano in ginocchio per meglio ammirarlo, Ragnhild sentì le lacrime bagnarle gli occhi per l’emozione così, nello scacciarle con rapidità, mormorò: “Ripetimi ancora il loro nome, per favore.”

Ragnhild” sussurrò lui, dandole un bacio sulla spalla per poi imitarne la postura. “I destrieri di fiamma di sua maestà il re. Guidano il cocchio del sovrano, e le loro ali di fiamma illuminano i cieli, quando li solcano portando Surtr verso la battaglia.”

“Avviso. Di battaglia” gorgogliò lei, rammentando il significato del proprio nome che, per tanti anni, aveva detestato.

Sthiggar le baciò la carne tenera dietro l’orecchio proprio mentre il ragnhild all’esterno della villa si involava leggiadro verso il centro della foresta e, in un mormorio sensuale, asserì: “Te l’avevo detto di non denigrare il tuo nome, o sbaglio?”

“Già” assentì lei, sorridendogli prima di gettargli le braccia al collo e sbilanciarlo fino a farlo cadere tra le coltri calde e stropicciate.

Sthiggar rise divertito, la avvolse gambe e braccia con le proprie e mormorò divertito: “Ricordo un’altra volta, in cui ci siamo trovati in una posizione simile, sai?”

Lei sorrise deliziata, annuì e disse: “Il nostro primo bacio. Lo rammento bene.”

“E ti andrebbe di ricordare anche altri momenti?”

“Con vero piacere…” sussurrò lei, affondando nella sua bocca per un bacio pieno di passione. “… ma dovremo fare in fretta. Oggi c’è la cerimonia.”

“Abbiamo tutto il tempo” gorgogliò lui, lasciando che loro auree si fondessero tra loro.

***

Molte ore dopo, e dopo diversi tentativi di venire a patti con gli strani abiti da cerimonia che il sarto della regina Ilya aveva personalmente confezionato per loro, Ragnhild lanciò un’occhiata alla se stessa riflessa nello specchio.

Indossava non meno di quattro strati di abiti e armi, se non contava i confortevoli – anche se strani – indumenti intimi in seta scura che la regina aveva commissionato per lei.

Una leggera gonna a balze color canna di fucile era stata abbinata a una camiciola rosso fuoco, legata sui fianchi da esili nastri ricamati in oro. Ragnhild ne aveva riso un po’; che senso aveva ricamarli, visto che sarebbero stati nascosti dal resto degli abiti?

Quanto, però, Sthiggar le aveva spiegato che i ricami erano intessuti di magia protettiva, la giovane lasciò perdere qualsiasi altro commento per continuare a indossare il suo complesso abito da cerimonia.

Un sopratunica smanicato di un tono più scuro di rosso le era stato sistemato sulle spalle, mentre una leggera cotta di maglie in oro brunito le era stata posta sul torace per essere poi fissata sui fianchi e le spalle tramite stringhe di cuoio morbidissimo.

Alla cotta di maglie era stata affiancata una lunga e leggera spada dall’elsa filigranata in oro e intrisa di microscopici rubini, inserita in un elegante fodero di pelle bianca, su cui era stato ricamato il simbolo della Spada Fiammeggiante.

A tutto ciò, infine, era stata aggiunta una tunica nera a ricami d’oro sulla schiena, in tutto simile a quella che indossava Sthiggar, e che rappresentava la loro unicità di Elsa e Lama.

Non ancora del tutto convinta, si mosse dubbiosa di fronte allo specchio per osservare le ampie maniche della tunica che, leggere, galleggiavano nell’aria a ogni suo movimento, prima di domandare al compagno: “Sei sicuro che sia giusto che io indossi un’armatura, pur non essendo un soldato?”

“Tuo malgrado, lo diventerai. Yothan ha già fatto sapere che ci prenderà come suoi allievi personali, perciò mettiti il cuore in pace. Stai solo anticipando di qualche decennio ciò che avverrà in futuro” le ricordò lui, vedendola storcere il naso in risposta.

“Mi sembra comunque di rubare” sottolineò lei, tastando con un dito la cotta di maglie che, per quanto pesante, era davvero ben confezionata.

Sapeva che era un indumento cerimoniale, più che un vero oggetto di guerra – l’oro non era un materiale resistente, e sarebbe stato disastroso combattere con una simile cotta di maglie – ma non le sembrava comunque giusto indossarlo.

“Te la sei meritata sul campo, e nessuno avrà da ridire sull’armatura da cerimonia da Fiamma Purpurea che hai indosso” replicò lui, sistemandosi l’orlo della tunica prima di afferrare l’elmo con il pennacchio che Ragnhild aveva scorto, mesi addietro, nei suoi sogni.

Contrariamente a lei, Sthiggar indossava un’armatura più complessa, comleta di schinieri, bracciali, pettorale e, per l’appunto, elmo, ma anch’egli indossava una tunica identica alla sua, oltre a pesanti medaglioni e nappe colorate.

Ciò che vedeva era esattamente lo spettro di quello che aveva visto nella sua visione/sogno di qualche tempo addietro, solo che ora anche lei indossava quelle vesti, ed era a pieno titolo una muspell come l’uomo che amava.

Era strano pensare ai percorsi così differenti che avevano avuto nelle loro vite e al fatto che, nonostante la distanza che li aveva separati alla nascita – sia temporale che fisica – loro erano comunque riusciti a incontrarsi e a far risvegliare la Spada Fiammeggiante.

Non voleva dare il merito al Destino del loro amore, perché era più che certa che alcune cose – almeno quelle – fossero ancora nelle loro mani, ma il fatto di essere destinata a divenire lo specchio di Sthiggar, la sorprendeva ancora.

Lei e lui erano le due parti di un Tutto, Elsa e Lama della Spada Fiammeggiante, l’arma più potente e temuta dei Nove Regni – ops, Otto – e, per quanto si sentisse ancora inadeguata a ricoprire quel ruolo, aveva dato mostra di sapere il fatto suo.

“Tranquilla, fanciulla. Avrai al tuo fianco ottimi maestri, e confido che Sthiggar sia maturato abbastanza per esserti di aiuto, finalmente in grado di dimostrare l’amore che ha dentro” mormorò dentro di lei Sól.

La giovane sorrise nell’udire la voce della dea – da quando l’avevano incontrata nei pressi di Yggdrasil, spesso la sua presenza sicura e protettiva l’aveva accompagnata per mano – e, annuendo tra sé, replicò: “Mi fido di loro. Soltanto, è strano poter dire di essere felice.”

“Ci si abitua anche alla felicità… ma non permettere che ti venga a noia.”

“Dubito succederà” replicò sicura Ragnhild, prendendo per mano Sthiggar per poi uscire dalle loro stanze.

Ad attenderli nel salone trovarono Snorri, abbigliato coi paramenti di Gran Sacerdote e, quand’anche Thrym e Flyka li raggiunsero – in abiti civili, ma sempre abbigliati dal sarto reale – Sthiggar prese un gran respiro e disse: “E’ ora di andare.”

“Vedi di non cacciarci nei guai, guidando il cocchio reale” gli strizzò l’occhio Thrym, facendolo scoppiare a ridere.

“Ormai ho capito come evitare i casini, credimi, e ho chi mi fa buona guardia” replicò Sthiggar, ammiccando a una sorridente Ragnhild.

In buon ordine, il gruppo si spostò quindi nel cortile antistante la villa e, da lì, poterono scorgere i lavori di rigoverno della città e i segni ancora inequivocabili della battaglia avvenuta un paio di settimane addietro.

Hindarall avrebbe portato ancora a lungo le ferite di quell’assalto, così come i suoi abitanti, ma i muspell erano abbastanza forti e resilienti per resistere anche a quello scorno.

Si sarebbero rialzati ancora una volta, più forti di prima e, stavolta, a governarli sarebbe stata solo la mano forte e sicura del re, non più frenata – o deviata – dagli istinti corrotti dei traditori che avevano tentato di minarne il potere.

Elevatisi sulla città con il cocchio offerto loro dal sovrano, il gruppo raggiunse quindi la reggia senza perdere altro tempo e, quando infine gli zoccoli dei ragnhild si poggiarono sul pavimento del cortile antistante il palazzo, Sthiggar sorrise.

Lì, radunati in schiere ordinate, le Fiamme del re attendevano solo il loro arrivo e, sul palco predisposto innanzi alle immense porte del maniero, i reali attendevano ritti e immobili, in attesa che loro li raggiungessero.

Guidati da Snorri, che apriva la fila, Sthiggar, Ragnhild, Thrym e Flyka oltrepassarono due ali di Fiamme in alta uniforme e, quando sfilarono dinanzi a Hildur, lei strizzò l’occhio al cugino prima di vederli passare con passo sicuro.

Raggiunto infine il palco, Snorri ne salì gli scalini ricoperti da un pesante tappeto rosso e nero, mentre il resto del gruppo si inginocchiò ossequioso alla presenza di Surtr e della regina Ilya.

Dopo essersi sistemato al fianco della sovrana, il Gran Sacerdote sorrise al re, dando così ufficialmente inizio alla Cerimonia di Investitura.

Surtr non si fece certo attendere e, con voce tonante, rammentò ai presenti le gesta dei celebrati, sottolineando come la venuta della Spada Fiammeggiante fosse un orgoglio che tutto Muspellheimr doveva festeggiare.

In privato, stavolta, senza invitati esterni e con i cancelli di Bifrost ben chiusi. Giusto per evitare guai.

Questa precisazione fece sorgere diverse risatine a stento controllate, ma Surtr non si scompose, né se la prese. Aveva anzi sperato che le Fiamme reagissero così.

Vi erano stati troppi caduti, troppi tradimenti e troppi voltafaccia, anche tra le file dell’esercito, e il cuore di ognuno di loro aveva sofferto e stava ancora soffrendo per quanto accaduto. Era perciò necessario che anche la gioia tornasse a far parte delle loro vite.

Stringendo quindi per un momento la mano di Ilya, che aveva pianto per giorni la morte del fratello, essendo stata lei stessa l’artefice della sua fine, il sovrano le consegnò la scatola contenente le medaglie da designare ai celebrati.

La regina, a quel punto, discese dal palco e, dopo aver nominato uno a uno coloro che si erano distinti durante la battaglia di Hindarall, permise loro di sollevarsi in piedi e mise al collo di ognuno la medaglia per i servigi resi.

A questo, seguì un bacio sulla guancia in segno di ringraziamento.

Con Sthiggar, però, Ilya ruppe il protocollo e, strettolo in un abbraccio, gli mormorò un grazie  di puro cuore e Ragnhild, al suo fianco, sorrise ironica e sussurrò: “Raccomandato.”

Sthiggar rise di quella battuta e Ilya, nello strizzare l’occhio alla giovane, replicò: “Lo so, sono di parte.”

Ciò detto, tornò sul palco assieme al marito – che stava sogghignando divertito – e decretò il termine ufficiale della premiazione per permettere ai presenti di rompere le righe.

Vi sarebbero stati momenti meno felici, nel futuro, una volta che anche i più sperduti traditori del regno fossero stati trovati e condotti a palazzo per una degna punzione, ma non era questo il giorno in cui pensarci.

Osservando come gli amici di Sthiggar stringevano le mani dell’amico, o si complimentavano con Ragnhild per il successo del loro arrivo a Muspellheimr in grande stile, Surtr sorrise soddisfatto.

Era vitale che la Spada Fiammeggiante fosse ben voluta, poiché molta della sua forza dipendeva dall’animo di coloro che la componevano.

Un tempo, Sthiggar non sarebbe mai stato in grado di padroneggiare un simile potere, e neppure la stessa Ragnhild ne avrebbe avuto la forza o la determinazione ma, assieme, creavano un Unico indissolubile. Una Leggenda divenuta reale, un’arma dalle inimmaginabili potenzialità ma, agli occhi di Surtr, soprattutto due giovani amanti che, insieme, avevano dimostrato di potersi riscattare dal loro infelice passato.

“Non sono bellissimi, insieme?” mormorò al suo fianco Ilya, stringendosi al suo braccio.

Surtr si limitò ad assentire, sapendo di non poter mettere a parole le molteplici motivazioni per cui li trovava splendidi ma Ilya, ben conoscendo il marito, non si aspettò una risposta e aggiunse soltanto: “Sarà un peccato non poterli avere qui con noi, più avanti. Yothan ha detto che li addestrerà ben lontano dalla capitale.”

Il re allora ghignò all’indirizzo della sua regina e replicò: “Ma non eri tu che ti esasperavi al solo sentir nominare Sthiggar, quando ce lo portavano qui?”

La regina fece finta di non capire, limitandosi a replicare: “Ti sbagli con qualcun altro. Io ho sempre adorato quel ragazzo.”

Surtr allora rise, ammiccò a un orgoglioso Snorri e celiò: “Forse mi confondo con qualcun altro, vero amico mio?”

“Può essere, Sire. Può essere” ammiccò Snorri.

 

 

 

 

N.d.A.: qui terminano gli eventi di Muspellheimr e, con l’epilogo della settimana prossima, metterò la parola "Fine" su questa storia. Non so se altre ne verranno, o se mi concentrerò solo su storie brevi od OS. Tutto dipenderà da cosa mi dirà la testa. Per ora, vi ringrazio e vi attendo per i saluti finali.

  
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