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Autore: pampa98    06/11/2022    4 recensioni
[Storia Partecipante alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna]
Fix-it. Lucerys accetta di pagare il suo debito.
«Dove… Dove siamo?» chiese.
«A Capo Tempesta.» Lucerys sospirò, lieto di essere ancora in un territorio, per così dire, neutrale. «Volare con questo tempo non è sicuro, specie nelle tue condizioni.»
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aemond Targaryen, Lucerys Velaryon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Occhio per occhio




 

Si svegliò con il rombo dei tuoni attorno a sé. Aprì le palpebre, mentre la luce dei lampi attraversava le finestre, rendendogli difficile mettere a fuoco l’ambiente circostante. Lentamente, il suo occhio destro si aprì. Il sinistro rimase chiuso.

Lucerys sbatté le palpebre più volte, provocandosi una forte fitta di dolore alla testa. Allungò una mano a toccarsi la tempia sinistra e le sue dita incontrarono il tessuto morbido di una benda.

I ricordi si ammassarono nella sua mente. 

L’arrivo a Capo Tempesta. Vhagar. Lord Borros che lo chiamava ragazzino e gli chiedeva quale delle sue figlie avrebbe sposato in cambio della sua lealtà. 

Aemond.

Il debito. Lo zaffiro. Il coltello.

Il sangue e il dolore.

Provò ad alzarsi, ma una mano sulla spalla lo ancorò al materasso. Quando ne riconobbe il proprietario, trattenne a stento un gemito.

«Calma, ragazzo.» Aemond si sedette accanto al letto, con le gambe incrociate e le mani strette sui braccioli. «Evita gli sforzi inutili, in questo momento hai bisogno di riposo.»

Lucerys deglutì. Avrebbe voluto parlare, ma aveva la gola secca e la presenza dello zio lo terrorizzava. Il silenzio circostante era rotto solo dal crepitio delle fiamme nel camino e dalla pioggia che sferzava implacabile contro i vetri. 

Erano soli.

«Vuoi un po’ d’acqua?» gli chiese Aemond, la voce che non lasciava trasparire alcuna emozione. Lucerys guardò il bicchiere posto su un piccolo tavolino accanto al letto – dovette girare completamente la testa per farlo, perché la sua periferica sinistra era solo una macchia nera. «È acqua normale» lo rassicurò, forse intuendo il suo timore di venire avvelenato, e per dimostrarlo ne bevve un sorso. 

Quando gli portò il bicchiere alle labbra, Lucerys lo accettò. L’acqua fresca gli alleviò il bruciore alla gola, dandogli la forza per parlare. 

«Dove… Dove siamo?» chiese.

«A Capo Tempesta.» Lucerys sospirò, lieto di essere ancora in un territorio, per così dire, neutrale. «Volare con questo tempo non è sicuro, specie nelle tue condizioni.»

Lucerys si portò una mano dove fino a poche ore prima si trovava il suo occhio sinistro. Si morse il labbro inferiore, cercando di mascherarne il tremore, e voltò il viso dall’altra parte: non voleva dare ad Aemond la soddisfazione di vederlo piangere. 

Rimase steso su un fianco, col suo vendicativo zio alle spalle, finché non arrivò Lord Borros a fargli visita. Aemond aiutò Lucerys a sedersi mentre il loro ospite si informava circa il suo stato di salute e il futuro di casa Baratheon. 

«Come fedele servitore della corona, il tuo futuro può solo essere roseo, mio signore» disse Aemond, impassibile. 

Lucerys non aveva la forza di ribattere. Che si tenessero pure le Terre della Tempesta: Jace avrebbe avuto successo laddove lui aveva fallito e avrebbe portato a sua madre – la vera regina – la Valle di Arryn e il Nord.

«Confido che io e mio nipote saremo i benvenuti, finché lui non sarà guarito.»

Lord Borros si prostrò in inchini e rassicurazioni: potevano restare tutto il tempo che volevano. Quando lasciò la stanza, Lucerys si sdraiò di nuovo. Si sentiva tremendamente debole e solo. Il suo unico alleato, vero alleato, era Arrax che però non poteva aiutarlo mentre lui era dentro le mura del castello. Si chiese se stesse bene e si appuntò di chiederlo quando avesse visto nuovamente Borros.

«Hai fame?» chiese d’un tratto Aemond. Era rimasto in piedi, rivolto verso la porta. «Posso chiedere che ti venga portato qualcosa di caldo.»

«Perché?» 

Il ragazzo si voltò. Occhio nell’occhio, Lucerys scorse una strana luce nell’iride viola di Aemond. Un misto di curiosità e incertezza, assieme a qualcos’altro che non seppe identificare. Ma quello sguardo che avrebbe dovuto congelargli il sangue nelle vene, lo fece invece sentire al sicuro. Senza alcuna spiegazione logica, in quel momento Lucerys capì che Aemond non gli avrebbe più fatto del male.

Perché siamo uguali, ipotizzò, e quel pensiero fu meno doloroso di quanto avrebbe creduto.

«Nutrirsi è importante, se vuoi recuperare presto le forze» rispose Aemond.

«No, io intendevo… Perché sei ancora qui? Hai ottenuto ciò per cui eri venuto, e anche di più. Non hai bisogno di restare per assicurarti che i Baratheon mantengano la loro parola. Hai sentito, no? Io non ho niente da offrire.»

Aemond assottigliò la palpebra. «Hai molto da offrire, Lucerys» disse, dopo un lungo momento di silenzio.

Lucerys sgranò gli occhi. Non ricordava di aver mai udito il suo nome pronunciato dalle labbra dello zio. Le poche volte che si erano parlati, da bambini, lo aveva chiamato soltanto Luke. E dopo…

Bastardo. 

Mio Lord Strong.

«Se non hai fame…»

«Ce l’ho!» esclamò, prima che Aemond potesse sedersi di nuovo. Abbassò lo sguardo, imbarazzato. «Mi… Mi farebbe piacere, mangiare qualcosa.»

«Mmm.»

Aemond si diresse verso la porta e uscì, senza proferire parola. 

Lucerys emise un lungo sospiro. Completamente solo, la tensione e l’orgoglio abbandonarono la sua mente, lasciandola preda solo della disperazione. Il suo corpo fu scosso dai singhiozzi e le lacrime che aveva combattuto fino ad allora sgorgarono dal suo occhio come un fiume in piena. 

Quando Aemond tornò, stava ancora piangendo. Cercò di nasconderlo, passandosi velocemente le mani sul viso – anche sul lato sinistro, sebbene fosse rimasto asciutto. 

«Brodo di pollo» disse Aemond, posando il vassoio con una ciotola fumante e un pezzo di pane accanto al letto. «Appena ti calmi, ti aiuto a prenderlo.»

Lucerys avrebbe dovuto apprezzare l’apparente gentilezza del ragazzo e l’indifferenza verso il suo sfogo. Invece, lo trovò solo irritante e tutte le emozioni che aveva tenuto sotto controllo fino a quel momento divamparono come un mare infuocato.

«Sei soddisfatto, adesso? Dev’essere una goduria per te, vedermi così: ferito, distrutto, alla tua mercé. Direi che l’ho ripagato a sufficienza il tuo dannatissimo debito!»

Gli angoli della bocca di Aemond si sollevarono in un piccolo sorriso beffardo.

«Il tuo debito, mio piccolo Strong. Sei stato tu a cominciare. E sei stato anche tu a finire.»

Una nuova lacrima calò lungo la guancia di Lucerys. «Avevi detto che un occhio per un drago era un equo scambio.» 

«Accettabile, senza dubbio. Ma non equo.»

Lucerys scosse la testa. Si asciugò il viso e si tirò a sedere, allungandosi per prendere la ciotola. Aemond fece per aiutarlo, ma lui lo allontanò.

«Le mani le ho ancora» disse, portandosi il piatto in grembo e riuscendo a non rovesciarne il contenuto. 

Anziché infuriarsi per i suoi modi, Aemond sembrò ancora più divertito.

«Anche la tua tempra è rimasta intatta, ne sono lieto.»

Lucerys lo ignorò. Non gli andava di litigare mentre mangiava. Non gli andava di litigare mai più. Lo scatto di poc’anzi aveva consumato le poche energie che aveva e intraprendere una battaglia con Aemond, anche soltanto verbale, avrebbe portato solo alla sua disfatta. 

Mangiò in silenzio, sforzandosi di ignorare lo sguardo di suo zio fisso su di sé. La sensazione che non gli avrebbe fatto del male rimase, ma il modo in cui lo guardava lo faceva sentire terribilmente a disagio. Quando ebbe finito, Aemond lo aiutò a riporre il piatto e Lucerys non si oppose. Si sdraiò, mentre la stanchezza prendeva il sopravvento su ogni altra sensazione.

«Non credevo lo avresti fatto.»

Impiegò un po’ a capire che Aemond gli stava parlando.

«Che cosa?»

«Cavarti un occhio. Sei stato… Mi hai sorpreso.»

Suo malgrado, Lucerys sorrise. «Non credevo ci fosse qualcosa in grado di sorprenderti.»

«Nemmeno io.» Gli rimboccò le coperte e per un momento Lucerys ebbe la sensazione che le sue dita gli stessero sfiorando i capelli; ma probabilmente era solo il sonno a confondere la realtà con il desiderio di avere sua madre accanto. «Ma avrei dovuto sapere che, se esisteva qualcuno in grado di farlo, non potevi che essere tu.» 




 
   
 
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