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Autore: Ode To Joy    23/11/2022    1 recensioni
[BakuTodo]
[DabiHawks]
[Past- BakuDeku]
Touya davvero non lo capiva.
“Perché continui a provarci tanto ostinatamente con me?”
Tutti avevano gettato le armi, dichiarandolo una causa persa, un fallimento. Tutti. I due uomini più importanti della sua vita per primi.
E ora arrivava questo fanciullo, che aveva il suo stesso viso ma non lo conosceva affatto.
Un estraneo. Suo fratello.
“Perché quando ti guardo vedo me,” rispose Shouto, con voce rotta. “Perché qualcuno mi ha salvato, nonostante io non stessi chiedendo aiuto.”
“Tu non mi conosci, Shouto.”
“Nemmeno tu conosci me. Ma mi conoscerai, stanne certo.”

[...]
A seguito di una guerra vinta a caro prezzo, il Principe Shouto viene cacciato dalla corte di suo padre perché aspetta un figlio da Katsuki, il Drago di cui è Cavaliere. Cerca rifugio dal fratello maggiore, esiliato otto anni prima, che ha rinunciato al nome della loro famiglia per divenire Dabi.
[Fantasy AU]
[Questa storia partecipa al Writober 2022 di Fanwriter.it]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Prompt: It is what it is


XIX

The Past Between Us 



 

So tell me what you want to hear

Something that will light those ears

I'm sick of all the insincere

So I'm gonna give all my secrets away

This time

Don't need another perfect lie

Don't care if critics ever jump in line

I'm gonna give all my secrets away

[“Secrets” - OneRepuplic]



 

La riunione del Concilio Ristretto stava andando avanti senza che Shouto sentisse una sola parola. 

Aveva capito che stavano parlando di ricostruzione e avrebbe dovuto seriamente porre attenzione alla scena, ma non ce la fareva. Se qualcuno avesse chiesto la sua opinione sull’argomento, sarebbe rimasto a boccheggiare come un idiota. Quel giorno, fu la prima volta in cui fu felice di essere l’unico fanciullo della sua generazione ad avere il permesso di partecipare a quegli incontri. Se Ochaco e Tenya fossero stati lì, non avrebbero mancato di tenerlo d’occhio da distante e, sicuramente, si sarebbero preoccupati per il suo mutismo. Sotto tutta quella pressione, seppur premurosa, Shouto non ce l’avrebbe fatta a mantenere le apparenze. I suoi occhi eterocromatici erano fissi sul tavolo, vagavano sulla mappa che vi era disegnata sopra, tracciavano le strade che lui e Katsuki aveva percorso nel loro lungo viaggio e nessuno si accorgeva di come continuava a portarsi la mano in grembo.

“Basta così,” disse il Re, alzandosi in piedi.

Gli altri Lord seguirono l’esempio e Shouto li imitò in modo meccanico, lo sguardo ancora basso.

“Metteremo in pratica le decisioni prese oggi e faremo un bilancio dei risultati per la fine del mese,” aggiunse il sovrano, poi li congedò.

Prima di muoversi, Shouto aspettò che gli altri fossero arrivati alla porta. Quando suo padre lo fermò afferrandogli la spalla, sentì il respiro venire meno ma fu bravo a mantenere il controllo.

“No, tu no,” disse Enji, invitandolo a sedersi di nuovo.

Il Principe ubbidì, guardando i Lord che, uno dopo l’altro, varcavano la porta della stanza. Hawks fu l’ultimo. Prima di andarsene, si fermò sull’uscio e guardò suo padre. Il Re gli fece un cenno e il Cavaliere se ne andò. Shouto non sapeva se fosse un vantaggio per lui o meno: non voleva restare da solo col genitore, ma era certo che Hawks si sarebbe accorto che qualcosa in lui era diverso.

“Sei stato distratto per tutto il tempo,” disse Enji, spingendo la propria sedia contro il tavolo.

Shouto ingoiò a vuoto.

“Mi dispiace,” disse.

“Non ti stavo rimproverando,” lo rassicurò il genitore. “Voglio solo sapere cosa ti preoccupa.”

Ho scoperto di aspettare un bambino, era la risposta giusta. Ho scoperto di aspettare un bambino e ho paura. Ma non poteva dirlo.

Non aveva importanza quanto suo padre si stesse impegnando per farlo sentire a suo agio nei momenti in cui erano da soli, il Principe non poteva permettersi di essere sincero prima di aver parlato con Katsuki. 

“Che fine ha fatto il Principe Drago?” Domandò Enji.

“Non chiamarlo Principe,” lo corresse Shouto, gentilmente. “Non gli piace.”

“Non è forse l’Erede della sua Casata?”
“È un Clan, non una Casata.” Il fanciullo sollevò gli occhi sul viso del padre. “Se vogliamo renderli nostri alleati, sono differenze che dobbiamo imparare.”

Enji appoggiò il braccio allo schienale della propria sedia.

“Da quando siete tornati, si è parlato di alleanza più d'una volta,” disse. “Ma nessuno ha organizzato un incontro tra me e la Regina, mi pare.”

“Mettiti in testa di chiamarla Capo Clan, invece di Regina e potremmo cominciare a parlarne.”

“È davvero così importante?” 

Shouto non avvertì alcuna critica nella domanda di suo padre, si stava seriamente interessando, voleva capire - per quanto superficialmente si potesse fare attraverso una singola conversazione - in che cosa la loro dinastia e quella dei Bakugou erano differenti.

“Secoli di storia e nessuno ha memoria di una Regina seduta sull’Alto Trono,” spiegò il Principe. “Noi prediligiamo gli eredi maschi, i Draghi danno valore alla forza dell’individuo. Mitsuki era figlia del Capo Clan prima di lei, ma ha dovuto dimostrare di essere degna del suo titolo.”

“Non è quello che facciamo anche noi?”

“Nessuno mette in discussione la legittimità di un erede perché non è abile nell’arte della spada,” ribatté Shouto. “I Todoroki che compiono più imprese hanno solo più possibilità di divenire delle leggende, tutto qui.”
“Nel modo che hanno i Draghi di gestire le cose, rischiano una guerra di successione a ogni generazione,” obiettò Enji. “Le loro idee vanno contro ogni principio di stabilità.”

“Non ho detto che i loro metodi sono migliori dei nostri,” puntualizzò Shouto. “Sono solo diversi. All’atto pratico, il diritto di sangue non fa di un erede un Re degno e, nel loro caso, la forza bruta non fa di un guerriero un leader capace. Per questo, io e Katsuki pensiamo che un’alleanza possa essere costruttiva. Entrambi le parti hanno molto da imparare e da migliorare.”

“Non ne dubito.”

Shouto non ricordava l’ultima volta che lui e suo padre avevano discusso di politica. A pensarci bene, forse non ne avevano mai avuto l’occasione. Erano passati appena due anni dai giorni in cui il Principe si era posto come obiettivo quello di segnare la fine di una delle più grandi Dinastie del Fuoco, trasformando se stesso in un Signore del Ghiaccio. L’Enji Todoroki di allora non avrebbe perso tempo ad ascoltare il suo punto di vista, figurarsi a prendere in considerazione l’idea che un altro popolo, loro nemico dall’inizio dei tempi, potesse insegnare qualcosa al loro.

“Tuttavia, Shouto, le alleanze devono basarsi su qualcosa,” disse Enji. “L’amicizia non basta.”

Ma un erede in comune, sì, pensò il Principe. No, non era quello il momento di dirlo e dal modo in cui suo padre lo guardava, era ovvio che lui per primo voleva proporre qualcosa.

“A che cosa hai pensato?” Domandò Shouto.

La reazione di Enji a quella domanda fu inedita. Era indubbio che avesse già la risposta pronta e, forse, si era preparato a quella conversazione da tempo. Sul momento, si ritrovò incapace di dire quello che doveva, come se l’argomento lo imbarazzasse.

“Papà?” Incalzò Shouto, smarrito dal modo in cui il genitore continuava a gesticolare, senza dire una parola.

Alla fine, Enji appoggiò il mento al pugno chiuso e fissò un punto nella stanza, molto lontano dal viso del figlio.

“Quello che lega te e…” Inciampo sulle parole.

“Katsuki.”

“Sì, lo so come si chiama. Quello che lega te e Katsuki ti rende felice?”

Shouto avvertì una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come una vertigine, simile a quella che aveva sperimentato la prima volta che aveva volato in groppa al suo Drago, stretto a Izuku.

“Io… Io…” 

Era certo che suo padre avesse dovuto preparare se stesso per porgli una domanda tanto semplice, ma così intima, importante. E ora era Shouto che non sapeva come rispondere, anche se lui e Katsuki non si erano mai nascosti. Di fatto, suo padre non gli stava chiedendo cosa c’era tra lui e il giovane Drago, quello doveva averlo capito chiaramente dai loro atteggiamenti. Il suo interrogativo scavava più a fondo.

Shouto dovette stringere i pugni per impedirsi di portarsi una mano in grembo.

Contro ogni precedente, fu proprio suo padre a correre in suo soccorso.

“Parlane con lui,” disse Enji. “Decidete insieme cosa volete fare del vostro futuro.”

Matrimonio. 

Suo padre evitò accuratamente di usare quella parola, ma era chiaro ciò a cui si riferiva quando diceva che un’alleanza aveva bisogno di basi solide. 

“Qualunque cosa tu scelga di fare, ti sosterrò,” concluse Enji.

Shouto si aggrappò ai braccioli della sedia, come se non sentisse più la terra sotto i suoi piedi.

“Ma non fare niente che non sia un tuo esplicito desiderio,” aggiunse suo padre. “Se il sentimento che provi per Katsuki non è tanto forte, se non sei certo che sia lui quello giusto, non-”

Shouto si alzò di colpo e lo zittì.

Rimasero così, immobili e in silenzio come due idioti. Per il Principe era troppo da mettere in ordine, d’accettare, ma non era per forza una cosa negativa. Aspettava un figlio da Katsuki e suo padre era pronto ad appoggiarlo in qualunque decisione avesse preso per la sua vita.

“Grazie, papà.” 

Furono le uniche due parole che riuscì a dire.



 

Pochi giorni dopo, Enji Todoroki lo avrebbe tradito per l’ultima volta.




 

-Alcuni mesi dopo-



 

Touya aveva avuto paura.

Quando Shouto gli aveva detto di aver udito quella voce, aveva avuto paura.

Dopo aver trascinato suo fratello al Castello Vecchio e averlo lasciato nelle mani del suo Drago, era andato a cercare il Primo Cavaliere del Re nell’ala della rocca in cui sapeva che si ritirava per andare a dormire. I sensi di rapace avrebbero dovuto annunciare il suo arrivo, ma Touya l’aveva trovato addormentato, disteso sullo stomaco, con il viso rivolto verso il muro. Aveva pensato di svegliarlo con un calcio o in qualche altro modo sgarbato, ma quando si era avvicinato e si era accorto dell’ustione che ricopriva quasi interamente la schiena del più giovane, si era bloccato.

Touya era rimasto lì, in piedi, mentre la prima luce del giorno scivolava nella stanza attraverso l’unica finestra. Il Cavaliere si era svegliato e il Principe aveva giustificato la sua immobile presenza con un commento beffardo. 

Quella notte fu diverso: Hawks non riusciva a dormire.

Il fuoco nel camino si era ridotto a un ammasso di braci, che gli occhi dorati fissavano senza realmente vederle. Era disteso sul fianco sano, il vecchio tappeto di pelliccia era l’unica cosa a dividerlo dal pavimento di pietra. Non se ne lamentava. Fin tanto che il posto era asciutto e aveva un tetto sopra la testa, era facile per lui adattarsi. Aveva il braccio piegato sotto la testa, a mo’ di cuscino e aveva avvolto le ali intorno a se stesso. Da quante notti gelide lo avevano salvato durante la sua infanzia, anche durante la guerra gli avevano impedito di patire il freddo nelle tende da campo. 

Prima di Touya, di Enji, della corte dell’Alto Trono, i suoi genitori non erano mai stati in grado di tenerlo al sicuro. Le sue ali, sì.

Era per questo che, da bambino, aveva promesso a se stesso che le avrebbe usate per proteggere gli altri. Ora, poco più che ventenne, era il secondo uomo nella gerarchia che governava il regno più grande del mondo conosciuto, la gente lo chiamava eroe, serviva il Re come Primo Cavaliere dalla sua fanciullezza, ma non si era mai sentito vicino a raggiungere il suo obiettivo.

A questo pensava, mentre fissava quelle braci morenti, a come il ritorno di All For One fosse una sconfitta personale anche per lui. 

Hawks non aveva mai avuto la presunzione di divenire l’uomo che avrebbe causato la sua caduta, non era destinato a divenire il protagonista di nessuna grande storia e non gli importava esserlo. Quando il momento era arrivato, gli era bastato sostenere il suo Re e il Principe della Corona in battaglia. Non c’erano stati festeggiamenti per quella vittoria, quello che All For One aveva portato via non sarebbe mai stato restituito, ma Hawks aveva provato un oscuro senso di conforto nel saperlo ridotto in cenere o a pezzi, divorato dai vermi. 

Sapeva di non avere alcun diritto di soffrire del ritorno del mostro come Katsuki o Shouto, ma la sopravvivenza di All For One era una ferita inferta su di un’anima già ridotta a brandelli, la sua.

Non era riuscito a salvare Touya, non era stato un braccio destro in grado di evitare che il Re piegasse la testa e non aveva fatto assolutamente nulla per Shouto.

A che cosa servono le tue ali?

Lo scricchiolio della struttura in legno del letto fu come un colpo di cannone, gli spezzò il respiro. I piedi scalzi di Touya - perché solo di lui si poteva trattare - toccarono il pavimento di pietra senza far rumore. Hawks chiuse gli occhi, anche se era improbabile che il Principe riuscisse a vederlo in viso con tutto quel buio, e fece finta di dormire. L’oscurità fu il suo rifugio ancora per poco.

Un barlume blu illuminò la stanza, riaccendendo le braci nel camino. Hawks sgranò gli occhi, mentre il fantasma di un dolore antico gli attraversava la schiena. Stiracchiò le ali, come per assicurarsi che ci fossero ancora.

“Non ho intenzione di ridurre in cenere il tuo potere.”

Lo voce di Touya non era affatto rassicurante. Lo sentì sedersi sul tappeto, alle sue spalle, tanto vicino d’avvertire il suo calore contro la pelle nuda. 

“So che sei sveglio,” disse il Principe. “Evitati una figura ridicola e smettila di fingere di dormire.”

“Non mi hai dato il tempo di parlare, come puoi dire che la mia intenzione era fingere?” Ribatté Hawks.

“Perché mi eviti.”

Il Primo Cavaliere non aveva bisogno di guardarlo in faccia per sapere che stava ghignando.

“Quando abbiamo stretto quel patto, mi sono consegnato a te. È il contrario di evitare, più un condannarsi.”

“Ti serviva il permesso di accedere al Castello Vecchio e assicurarti delle condizioni di Shouto. La Spada di Fuoco è stata un prezzo simbolico.”

“Se era solo simbolico, perché ti ha convinto?”

“Perché nel grande disegno della mia vendetta contro il Re anche la simbologia è importante. Non ho bisogno di quel fuoco e nemmeno di una spada, ma che uomo dei miei tempi sarei se non ne portassi una al mio fianco?”

A dispetto di come parlava e si atteggiava, a Touya non piaceva essere l’oggetto dell’attenzione di tutti, ma il ruolo che era stato suo per diritto di nascita lo aveva sempre costretto a stare al centro della scena. Si era adattato, sì, ma senza preoccuparsi di rimanere fedele all’ideale del Principe giusto, gentile e valoroso all’occorrenza. In questo era come suo padre. La differenza sostanziale era che il Re sapeva di avere la responsabilità di mantenere le apparenze; dopo la nascita di Shouto, Touya non si era fatto scrupoli a scatenare il caos pur di avere per sé l’attenzione di Enji.

“Che cosa avevi intenzione di fare?” Domandò Hawks. “Deve essere stato divertente sapere che tuo fratello si è dimostrata una delusione per tuo padre, certo. Ma che cosa avevi intenzione di fare?”

Touya appoggiò il mento al palmo aperto, gli occhi fissi sul letto, dove Shouto dormiva pacificamente.

“Non lo dirò a te, Hawks.”
“Va bene, allora dimmi che cosa hai intenzione di fare adesso.”

“L’ustione sulla tua schiena è stata causata dal mio fuoco.”

Quella di Touya non era una domanda. In otto anni, Hawks poteva aver combattuto decine di battaglie in nome della Corona e l’ultima, quella contro All For One, sembrava essere stata più apocalittica di altre, ma non aveva dubbi su cosa avesse inferto al Primo Cavaliere una ferita simile.

“Tu eri lì,” disse Touya. “Quel maledetto giorno, tu eri lì.”

La sua voce non tradiva sorpresa, forse amarezza.

“Te l'avevo detto,” gli ricordò Hawks. “Non mi hai creduto.”

“Perché non mi hai mostrato le tue ferite allora?”
“Ho un’ustione anche sul viso e non l’hai notata per ben due volte.”

Touya ridacchiò, beffardo.

“Perdonami, se la mia distrazione ti ha fatto soffrire,” disse, sarcastico.

“Non sei distratto,” replicò Hawks. “La distrazione non ti appartiene. Mi guardi in faccia senza vedermi, perché non lo sopporti, perché qualcuno ha fatto sì che il mio viso divenisse uno dei tuoi peggiori incubi.”

Enji Todoroki li aveva allontanati, ma All For One li aveva distrutti.

“Cambia qualcosa sapere che ero lì?” Domandò Hawks.

Touya non rispose immediatamente.

“Tu pensi che cambi, Hawks?”
Hawks era un ottimista, non un illuso. 

“No, lo so bene che è troppo tardi.”

Il Principe aveva passato da solo molto tempo, tanto che aveva cominciato a identificare se stesso con il nome della tragedia che aveva segnato la sua caduta: Dabi

“Era troppo tardi anche otto anni fa,” puntualizzò Touya, facendo scivolare lo sguardo sull’ustione che ricopriva la schiena del Cavaliere, risalendo su per il collo, fino alla guancia sinistra. Immaginò Hawks che si guardava allo specchio e, ogni giorno, trovava nel suo riflesso il morso del fuoco blu, un eterno promemoria di quello che avevano condiviso e perduto per sempre. Forse era a causa di quel marchio indelebile che era stato il suo guardiano per quasi un decennio, mai abbastanza vicino da toccarlo ma nemmeno tanto lontano da lasciarlo andare.

Touya aveva un problema con le ossessioni, era un difetto di famiglia ma, forse proprio a causa della sua vicinanza con i Todoroki, Hawks non era molto diverso da lui. 

“Voglio farti la stessa domanda che tu hai fatto a me,” disse il Principe. “Quando mi guardi, che cosa vedi?”

Hawks chiuse gli occhi per un istante. Non poteva rispondere, ne andava del proprio bene. Sarebbe stato di gran lunga più facile e meno pericoloso pugnalarsi da solo allo stomaco. Le fiamme blu nel camino sembravano incalzarlo a rispondere. Poteva continuare a essere un codardo e mentire. Touya se ne sarebbe accorto, certo, ma lo avrebbe deluso abbastanza da convincerlo che non valeva la pena metterlo con le spalle al muro.

Katsuki varcò la porta d’ingresso in quel momento, ponendo fine alla conversazione.

Stando attento a non urtare il Principe con le sue ali, il Primo Cavaliere si sollevò a sedere.

“Sta per piovere,” disse il giovane Drago.

Anche Touya lo guardava.

“Shouto sta bene,” disse, prima che l’altro lo chiedesse.

Gli occhi di Katsuki non riflettevano alcuna gentilezza nel rispondere al suo sguardo, ma quando parlò, lo fece con calma: “dobbiamo parlare…”

“Oh, senza ombra di dubbio.” Touya si alzò dal tappeto di pelliccia, e si lasciò cadere seduto sul bordo del letto. Lo scossone bastò a destare Shouto, che emise un mugolio e si sollevò su di un gomito.

“E anche il principino è dei nostri,” disse il Principe Esiliato.

Katsuki lo fissò come se lo volesse azzannare.

“Potevamo parlare anche senza disturbarlo!”

Hawks si aggrappò al davanzale del caminetto e si alzò in piedi, nel dubbio che servisse qualcuno a dividere i due litiganti.
“Sto bene, Katsuki,” intervenne Shouto. “Inoltre, anche io ho qualcosa da dirvi.”
“Allora comincia tu,” propose Touya. “Se sente la tua voce, il rettile si tranquillizza.”

Per tutta risposta, il giovane Drago ringhiò a bassa voce.

Il Principe di Fuoco e Ghiaccio si mise a sedere contro la testiera del letto, le mani appoggiate in grembo e lo sguardo basso. 

“Ti chiedo scusa, Katsuki,” disse.

Katsuki inarcò le sopracciglia. 

“Per cosa?” Domandò.

“Per quello che sto per dire…” Mormorò Shouto, cercando gli occhi del compagno. “Io so che…” Ingoiò a vuoto. “So che One For All ti permette di parlare con Izuku.”

L’aria nella stanza divenne improvvisamente tesa. Touya impiegò qualche istante a capire quello che suo fratello aveva detto, ma nemmeno ripetere le parole nella sua testa servì a dargli un senso. Katsuki era rimasto attonito da quella confessione, gli occhi scarlatti sgranati e le labbra dischiuse, forse nemmeno respirava più.

Izuku Midoriya era morto. Morto.

Touya guardò Hawks in cerca di una spiegazione, ma il Cavaliere sembrava versare nello stesso stato di Katsuki. Non gli piacque affatto.

“Fermi,” disse il Principe Esiliato, sollevando entrambe le mani. “Il giovane Campione è caduto contro All For One, no?” Cercò conferma, sentendosi un idiota - anche se era più probabile che fossero gli altri tre a esserlo. “E che cos’è il One For All?”
Hawks fece un passo in avanti.

“Lascia che ti spieghi-”
“No, non tu,” lo interruppe Touya, poi guardò il rettile. “Avanti, Drago, raccontami tutta la storia dall’inizio?”

Katsuki si riscosse. “Io?” Domandò, sospettoso. “Perché proprio io?”

“Perché lui è molto bravo a mentire,” rispose Touya, indicando il Primo Cavaliere. “Lui ha l’aria di uno che sembra avere il caos  in testa,” aggiunse, riferendosi al fratello minore. “Tu, invece, se il tipico idiota che non è in grado di dire bugie neanche per il suo bene.”

“Ma come osi-”

“Tutta la storia,” ripeté Touya, scendendo ogni parola. “Dall’inizio.”





 

Ci volle un po’.

Shouto e Hawks intervennero sporadicamente per aggiungere dettagli di cui Katsuki non era consapevole. Quando la narrazione fu conclusa, dalla finestra stava entrando la prima luce del giorno e Touya se ne stava appoggiato al davanzale, gli occhi rivolti verso l’alto. Il Drago aveva ragione: sarebbe stato un giorno di pioggia.

“Avevo completamente frainteso le sue intenzioni,” disse Touya, voltandosi verso l’interno della stanza. “Quando quel mostro parlava di erede, pensavo si riferisse a un figlio, non a un corpo da possedere.”
“Non lo abbiamo capito immediatamente neanche noi,” ammise Hawks. “All For One ha il potere di rubare i poteri e consegnarli a chi vuole, ma un corpo qualunque non potrebbe mai reggere un simile peso. Tenko era il suo prescelto, ma non sarebbe durato per sempre.”

“E i Todoroki sono leggendari,” aggiunse Touya. “Sapeva che ero difettoso ma, in caso di figli sani, i poteri di una famiglia accrescono generazione dopo generazione. Qualcosa di nostro,” gli veniva il voltastomaco solo a pensarci, “aveva buone possibilità di divenire un’arma senza precedenti.” Guardò il fratello minore. “Sei sicuro che non sappia di tuo figlio?”

Shouto annuì, deciso.

“Ne sono certo.”
“Possiamo concludere che il bastardo stesse inseguendo il One For All,” dedusse Touya, guardando Katsuki. “Ha attaccato me perché io e lui abbiamo un conto in sospeso e Shouto è rimasto coinvolto.”

“Non credo che sia così semplice,” obiettò Hawks. “Se sa che Izuku ha passato il suo potere a Katsuki, deve anche sapere che i rapporti tra Shouto ed Enji sono incrinati. Vi ha attaccati perché entrambi provate rancore verso vostro padre e ha tentato di fare leva su questo.”

Touya sollevò l’angolo della bocca in una smorfietta.

“Peccato non sappia che è proprio il rancore per nostro padre che ci ha insegnato a non fidarci degli uomini di potere.”

“Infatti…” Concordò Shouto.

“Perché non mi hai mai detto che puoi parlare con Izuku?” Domandò Katsuki a bruciapelo, le dita strette a pugno e tutto il corpo attraversato da un leggero tremolio. Era arrabbiato, tanto arrabbiato. Shouto sapeva che, in un’altra circostanza, non si sarebbe fatto scrupoli a esplodere ma non era la presenza di suo fratello o del Primo Cavaliere a inibirlo. No, Katsuki si tratteneva per il bambino e nient’altro. 

Il Principe di Fuoco e Ghiaccio si umettò le labbra, scacciando la voce molesta in fondo alla sua testa che gli ricordava che l’Erede del Clan Bakugou era al suo fianco per senso del dovere.

Touya parlò prima di lui: “guarda come stai reagendo,” disse, giudicante. “Ha avuto tutte le ragioni di tenertelo nascosto.”

Shouto non voleva che si mettesse in mezzo.

“Touya, non-”

“Questi non sono affari tuoi!” Ringhiò Katsuki.

Il Principe Esiliato si allontanò dalla finestra, infilando le mani nelle tasche della giacca nera. 

“Dobbiamo tornare a discutere di ciò che è e non è mio, Drago?”

Nonostante la ferita al fianco facesse male, Hawks fece un passo in avanti per essere pronto a evitare il peggio..

“Nemmeno tu mi hai detto di Izuku,” ribatté Shouto, calmo, gelido. “È una cosa vostra, l’ho rispettata. Potresti fare lo stesso con me?”

“Rimandate i litigi tra innamorati per quando sarete da soli. Restate concentrati sul presente,” li rimproverò Touya. “Il rettile e il giovane Campione sono legati da questo One For All, questo l’ho capito. Che ruolo ha mio fratello in tutto questo?”

Anche Katsuki si poneva la stessa domanda. 

Shouto lo guardava senza vergogna e con altrettanta fermezza disse quello che doveva: “penso di aver usato One For All.”

Gli occhi rossi di Katsuki si fecero grandi, allibiti.

“Che… Che cosa? Quando?!”

“In sogno,” rispose Shouto. “All For One mi stava soffocando, ma non riuscivo a svegliarmi e… Non lo so, ho sentito un potere che non era il mio attraversarmi ed è solo grazie a quello che sono riuscito a respingerlo e salvarmi. So che era il One For All, lo so.”

Il Drago sentì il respiro venire meno. Sul suo viso dovette comparire un’espressione allarmante, perché Hawks gli afferrò la spalla, come per sorreggerlo o trattenerlo.

Touya era l’unico abbastanza distaccato da poter affrontare la questione con lucidità.

“Il Campione ha passato il One For All al suo Drago,” rifletté ad alta voce. “E il rettile ha…” Gli occhi del Principe si posarono sul grembo del fratello minore. “Beh, ha senso.”

Shouto intuì il suo ragionamento e si guardò la pancia. “No…” Mormorò, scuotendo la testa. “No, non è possibile!”

“Cosa non è possibile?” Touya stava perdendo la pazienza. “I poteri si ereditano dai genitori, io e te esistiamo proprio per questo!”

“No, non è affatto possibile!” Tuonò Katsuki. “Il One For All non si passa da genitore a figlio, non è quel genere di potere!”

“Abbiamo dei precedenti?” Domandò il Principe Esiliato.

“Ma che cazzo ne so!”
“Quello che dice Touya ha senso,” intervenne Hawks, le dita ancora strette sulla spalla di Katsuki. “Sappiamo che Lady Shimura ha avuto un figlio, che Tenko era suo nipote, ma se avesse ereditato il potere dopo essere divenuta madre, non si potrebbe considerare un precedente.”

Touya sbuffò in anticipo. “Fammi indovinare: non sappiamo quando Lady Shimura ha avuto il One For All.”

“Temo di no,” confermò Hawks.

“Questo non significa niente!” Katsuki era fuori di sé. “One For All è ancora dentro di me, non posso averlo passato a mio figlio!”

“Quando All Might ha reso Izuku il suo erede, non ha perso il suo potere,” gli ricordò Shouto. “One For All ha vissuto in entrambi per un po’, ricordi?”

“Stai zitto, Shouto!” Urlò il giovane Drago, sfoderando la stessa rabbia con cui lo aveva aggredito il giorno in cui gli aveva detto di aver vegliato il cadavere di Izuku senza di lui. Le circostanze di allora lo avevano in parte giustificato, ora era tutto diverso: la storia che stavano scrivendo, i loro ruoli al suo interno e, soprattutto, il motivo per cui erano legati. 

Katsuki si rese conto immediatamente di aver sbagliato. 

“Shouto…” Fece un passo in avanti, cercando di superare lo stronzo, ma anche Hawks si mise di mezzo.

“Con calma, Katsuki,” disse il Primo Cavaleri, serio. 

Il giovane Drago non poteva credere ai suoi occhi.

“Che diavolo stai facendo?” Domandò.

Hawks parlò con calma, gentilmente, cercando di arrivare al suo lato ragionevole: “non posso immaginare quanta rabbia tu stia provando in questo momento,” disse. “Comprendo che questa sia una situazione che spinge chi è coinvolto a perdere il controllo, ma-

“Togliti di mezzo, Hawks!”

“Mentre versi in questo stato, non posso permetterti di avvicinarti a Shouto!”

Touya guardò suo fratello: teneva lo sguardo basso, gli occhi nascosti dalla frangia bicolore, e si toccava la pancia, come se il bambino che portava in grembo fosse l’unico appiglio a cui aggrapparsi o, forse, era l’unico argine a impedirgli di perdere la calma. Il Principe di Fuoco e Ghiaccio era perfettamente in grado di reagire ma, visto lo squilibrio dei suoi poteri, aveva paura che farlo lo avrebbe spinto a farsi di nuovo del male e a mettere in pericolo la sua creatura.

Touya sbuffò. 

“Devo sempre fare tutto io,” borbottò, afferrando il Drago per il colletto della blusa e trascinandolo, come se fosse un animale dispettoso. 

Prima di riuscire a reagire, Katsuki si ritrovò col fondoschiena sull’erba. Mentre la mano del Principe Esiliato lo lasciava andare, ingoiò un’imprecazione fin troppo violenta - ci mancava solo che qualche cacciatore di passaggio intervenisse sulla scena - e guardò il viso sfigurato dello stronzo dal basso verso l’alto.

“Come ti permetti, pezzo di-!”

“Noi andiamo a farci un giro!” Disse Touya, rivolgendosi ai due ancora all’interno del casino. “Andiamo alla ricerca di alcune cose utile. Hawks, se Shouto dice di sentire freddo, mettilo a sedere di fronte al caminetto e avvolgilo in tutte le coperte del letto. Non ci metteremo molto!” Chiuse la porta, senza aspettare una replica.

Katsuki fu svelto a obiettare. Provò ad alzarsi.

“Io non vengo da nessuna parte con-!”

Touya gli piantò uno stivale nello stomaco, costringendolo a rimanere dov’era.

In termini di mera forza bruta, Katsuki era superiore. Bastava uno sguardo per comprenderlo: Touya era poco più alto, ma la sua massa muscolare era pressapoco inesistente, tipico di guerrieri dotati di un potere violento, che non perdono tempo a esercitarsi in altri tipi di combattimento, come quello con le lame o corpo a corpo.

Ma se si parlava di potenza di fuoco…

C’era stato un tempo in cui, per orgoglio, Katsuki sarebbe stato pronto a sacrificare anche il Nido delle Montagne Rubino, in cui era nato e cresciuto. La guerra gli aveva fatto assaggiare il sapore della perdita e aveva imparato che la boria non valeva tanto quanto l’amore.

Touya Todoroki era pazzo, pericoloso e potente. Tre P che il giovane Drago non aveva intenzione di sfidare, mentre Shouto era costretto a letto e con un bambino in grembo.

Suo malgrado, Katsuki sollevò le mani sopra la testa.

Touya smise di schiacciarlo, ma non sollevò il piede da lui.

“Prima fai una scenata perché non sopporti che m’interessi preservare l’incolumità di Shouto,” disse, beffardo. “E adesso dimostri chiaramente di non essere degno né di lui né del figlio che ti darà.”

Katsuki strinse le labbra, fino a farle diventare una linea sottile: lo stronzo era sveglio e sapeva leggere le debolezze delle persone fin troppo bene. Peccato che quando si trattava dei sentimenti di Shouto e Hawks, quell’acume venisse completamente meno.

“Tutto per un morto,” aggiunse il Principe Esiliato.

“Attento a come parli!” Lo minacciò Katsuki.

“Izuku è morto e Shouto è vivo,” disse Touya, scandendo ogni parola. “Se non riesci a fare distinzione tra le due cose, non sarai mai in grado di proteggere mio fratello e tuo figlio da All For One.” Sollevò il piede e si addentrò tra gli alberi del boschetto, precedendo il più giovane. “Decidi tu cosa vuoi fare, Drago.”

Katsuki non si alzò in piedi. I suoi occhi scarlatti si persero nel cielo plumbeo sopra di lui e non si mosse neanche quando le prime gocce di pioggia caddero e lo bagnarono.

Era arrabbiato, ma se lo era stato con Shouto non lo ricordava già più.

Quello che gli faceva davvero perdere la testa era che lo stronzo aveva ragione.




 
   
 
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