I mesi erano volati e tra un’amichevole e l’altra, gli esami e la preparazione al torneo primaverile era arrivato il Natale. La squadra al completo affollava la piccola aula del club, discutendo animatamente su dove fosse meglio posizionare l’albero di Natale che aveva a disposizione. Tutti i ragazzi si erano impegnati per risparmiare qualcosa e alla fine, grazie anche al contributo di Takeda-san e Ukai-san, erano riusciti a comprarne uno bello alto, talmente tanto da toccare quasi il soffitto. Risate, battibecchi e ceffoni bonari animavano la scena. Tanaka e Nishinoya tra una decorazione e l’altra facevano come sempre gli scemi con Shimizu, sostenendo che fosse perfetta come stella da mettere in cima all’albero; Suga, Daichi e Asahi avevano preparato la cioccolata calda per tutti e indossavano tre maglioncini natalizi adorabilmente abbinati; Yamaguchi si stava occupando delle luci e non perdeva occasione per richiamare l’attenzione di un “Tsukki” che ostentava indifferenza dal suo angolino e sbuffava mentre intrecciava ghirlande di carta. Ma qualcuno più di tutti gli altri era emozionato al punto da non riuscire a stare fermo e aveva un sorrisone da bambino eccitato stampato in faccia. Nel club di certo non mancavano persone di una certa statura per le quali porre la stella in cima all’albero sarebbe stata una passeggiata ma Hinata aveva insistito così tanto e aveva preso tutti per sfinimento riuscendo ad accaparrarsi quell’onore. Peccato che per farlo avesse bisogno di una scala, vista la differenza di centimetri tra lui e l’abete.
“Hinata… fai attenzione, non possiamo permetterci che la nostra esca si faccia male!” gli intimò Ukai-san.
“Va tutto bene! Devo solo…” rispose quello nello sforzo di allungarsi il più possibile e fece traballare pericolosamente la scala.
“Ehi! Hinata! Non ti sporgere così!” gridò Ennoshita.
“Mi sembra chiaro che non ci riesca neppure con la scala” tagliò secco Tsukishima alzando gli occhi al cielo.
“Lascia stare, Shoyo! Troveremo un altro modo” gli gridò Nishinoya.
“Posso farcela..!” continuò imperterrito quello, dando riprova a un tempo stesso della sua tenacia e della sua follia nel momento in cui decise di saltare. Proprio come quando era in campo e durante una partita saltava con tutte le proprie forze, decise che avrebbe volato pure questa volta, dandosi lo slancio dall’ultimo gradino della scala, lasciando tutti sgomenti. Effettivamente riuscì a scaraventare nella maniera più sgraziata possibile la stella in cima all’albero (come questo non cadde appresso a lui non saprei dirlo…), solo che poi iniziò la sua caduta libera trascinandosi dietro la scala.
Ci fu il panico: qualcuno riuscì a tenere alla bell’e meglio la scala e qualcun altro si tese verso Shoyo nella speranza di prenderlo al volo. Ma non fu necessario perché il ragazzo dai capelli corvini che lo aveva tenuto d’occhio per tutto il tempo con uno sguardo torvo e indecifrabile li anticipò tutti. Hinata cadde letteralmente tra le braccia di Kageyama con gli occhi chiusi, strizzati, come quando schiacciava le veloci strambe.
Tutti trattennero il fiato. Hinata aprì lentamente prima un occhio e poi l’altro e sorrise quando incontrò lo sguardo severo dell’altro.
Dopo essersi accertato che il piccolo demonio fosse tutto intero Kageyama sbraitò: “Brutto idiota! Sei il solito spericolato! Come puoi fare una cosa del genere senza pensare alle conseguenze?!”. Era furioso ma il modo frenetico in cui il suo petto si alzava e si abbassava tradiva anche la preoccupazione che lo aveva attraversato.
Fu allora che Hinata rispose con una sincerità assolutamente disarmante dicendo: “Sapevo che mi avresti preso. Ogni volta che salto è perché mi fido di te al 100%”
 e costrinse tutti ad abbassare lo sguardo tra risatine imbarazzate, sbuffi e un Kageyama decisamente rosso in viso.
“Boke…!” grugnì quest’ultimo frustrato, ma senza mollare la presa su di lui. Non lo avrebbe mai fatto.