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Autore: Quella Della Pasta    12/12/2022    2 recensioni
[Poirot]
Pensavano che Poirot sarebbe durato oltre cent’anni, che li avrebbe accompagnati uno per uno alle loro tombe. Perché, chi meglio del loro piccolo belga per rassicurarli su cosa ci fosse realmente oltre la morte?
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Scritta per la Maritombola #13 di Lande di Fandom col prompt 41. Pigiama di flanella.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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(Titolo e citazione dall'omonima romanza della Bohème)



 

Ora che i giorni lieti

fuggir, ti dico: addio

fedele amico mio.

 

E così cadono i potenti, è quel che pensa James Japp, vedendo Poirot seduto alla finestra. Sicuramente non per sua volontà: c’è un mazzo di carte intonso, sul comodino, ma nessun castello in pericolo di cadere sulla piccola scrivania in fondo alla stanza, dove invece avrebbe visto il suo vecchio amico, corrucciato dietro i mille fili dei suoi pensieri. Ma sono ormai lontani i tempi in cui Hercule Poirot poteva permettersi di far estendere i limiti del suo cervellino oltre i più remoti confini dell’universo.

L’infermiera gli ha detto che ha poco tempo. Per i malati, si capisce, meglio non irritarli più del dovuto. Con quella guerra maledetta, poi, nemmeno i medici hanno più riposo: i pazienti sono aumentati e c’è sempre un visitatore, nel listino del giorno, da dover medicare perché un suo parente, in preda alla crisi, gli ha lanciato contro un bicchiere, credendolo un soldato nemico. O l’abbia cacciato via di stanza perché non lo riconosceva affatto.

Poirot non riconosceva più da tempo nemmeno la figlia del buon capitano Hastings, a cui aveva avuto giusto il tempo di fare da padrino, prima che il portiere di Whitehaven Mansions lo ritrovasse caduto lungo le scale. L’inscalfibile pessimismo caustico di James Japp gli aveva fatto chiedere quando sarebbe successo anche a lui.

Non si azzarda a fare un passo oltre la soglia, nemmeno ad emettere un fiato. Dopotutto, Poirot non lo riconoscerebbe. Non l’ha riconosciuto neanche quando James ha accompagnato la signora Lemon in ospedale, quando è arrivata loro la lieta notizia che il loro monsieur avesse ripreso i sensi.

Tratto in gioco dal suo stesso cervello… è inquietante, a pensarci bene. Non che Japp fosse un filosofo, lui non ne sa niente di grandi ponderamenti e questioni del bene e del male. Solo quel che bastava ad acchiappare chi fosse nel torto e portarlo a processo. Era Poirot che si occupava, sempre, di quel labile confine nebuloso. Prima che di nebbia si riempisse anche la sua mente.

La verità, è che a James gli si spezza il cuore nel vederlo così. Con un sorriso trasognato, sotto i baffi inconcepibilmente rasati, a guardare le chiome degli alberi ondeggiare lievemente oltre la finestra. E vestito di un pigiama di flanella grigio e impersonale, sicuramente scomodo, che pizzicherà da morire, ma i sensi ormai appannati di Poirot non lo registreranno di certo. E dire che non molto tempo prima, Japp lo ricorda bene, aveva fatto una scenata alla povera miss Lemon perché la sua vestaglia preferita s’era infeltrita…

Non è più lui, gli suggerisce il suo cervello, malandato dalle bombe ma ancora incredibilmente funzionante. Pensavano che Poirot sarebbe durato oltre cent’anni, che li avrebbe accompagnati uno per uno alle loro tombe. Perché, chi meglio del loro piccolo belga per rassicurarli su cosa ci fosse realmente oltre la morte? Japp era convinto che Poirot lo sapesse, in fondo. E che non l’avesse mai detto loro perché, da bravo maestro, li avrebbe lasciati ad arrivare da soli alla verità.

Ed eppure…eppure, verrà seppellito con quell'orrido pigiama e non un solo pensiero verso la vita che amava. Quando invece si meritava funerali di stato, carrozze funebri in pompa magna, elogi dai più grandi re della Terra e una vestaglia di seta ancor più dignitosa come sudario. Non quei vecchi stracci che potevano casomai appartenere a uno dei poveracci del quartiere portuale.

James richiama con un cenno l’infermiera di passaggio. Non intende restare in quell’istituto un minuto di più, né a gelare, né a farsi ulteriormente del male. Quello che vede davanti, vestito di un pigiama di flanella che pare più un’uniforme da carcerato, non è Hercule Poirot. Il suo amico gli ha detto addio la sera prima del suo incidente, davanti alla sua bottiglia di birra inglese preferita, e al vino francese che ha stappato per sé, in una cena che, per una volta, non sarebbe stata seguita da un omicidio. Non avevano parlato del futuro, del paese da ricostruire dall’ennesima guerra che non ci voleva, ma dell’eterna disputa tra quale fosse il vino migliore, del matrimonio dell’ex-miss Lemon, e anche che a Japp ormai, per l’età, servisse un cappotto più elegante, e anche un cappello d’occasione, perché no. Poirot gli avrebbe presentato il suo sarto, gli aveva detto. Chissà se, quand’era caduto sulle scale, era uscito di casa proprio per organizzare l’incontro. Nessuno l’avrebbe saputo mai.

Addio, amico mio, pensa il commissario con legion d’onore James Japp, vedendo Hercule obbedire docilmente alle cure dell’infermiera che lo riporterà a letto. Gli piacerebbe pensare, se fosse inguaribilmente ottimista come il capitano Hastings, che le sue celluline grigie si stiano rivoltando, anche per quel pigiama di flanella a buon mercato che l’hanno costretto a indossare.

Al contrario, Japp preferisce pensare che il riposo a cui Poirot sta per lasciarsi andare, sia quello eterno. Ora che è ridotto alla crisalide del grand’uomo che era.

   
 
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