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Autore: Nazuhi    23/12/2022    0 recensioni
Sono passati diversi mesi dalla morte di Aspros e la partenza di Defteros, ma Asmita non ha mai smesso di pensare al gemello minore. Non riesce a toglierselo dalla testa, neanche la notte o durante le sue sessioni di meditazione, e le sue emozioni sono così dolorose che a volte gli sembra di non riuscire a respirare. Non sa come chiamarle, non sa neanche se sono reali o solo un'illusione, ma sa che potrebbe trovare la soluzione sull'isola di Kanon, dalla persona che ha dato inizio a tutto quanto.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Deuteros, Virgo Asmita
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Filling the void

 

Una brezza fredda accarezzò le guance di Asmita e gli scivolò tra i lunghi capelli biondi. Odorava di alghe marce e acqua di mare, con una punta solforosa di lava vulcanica. Non poteva vedere il vulcano di fronte a lui, ma ne percepiva la presenza: si stagliava come un gigante di roccia e fuoco, feroce e selvaggio come l’uomo che si nascondeva lì nelle vicinanze. Sapeva che Defteros era lì, anche se non avrebbe potuto vederlo.

Fece un altro passo avanti, ma una voce lo fermò.

«Asmita.»

Feroce, rude e selvaggia. Una voce che aveva infestato i suoi sogni fin dalla morte di Aspros, che aveva desiderato così a lungo da aver creduto di poter impazzire.

«Che diavolo ci fai qui?»

Asmita esitò e lo avvicinò in silenzio. Avrebbe potuto dirgli che voleva solo assicurarsi che fosse ancora vivo, ma non lo fece.

«La situazione al Santuario è sotto controllo, ma non sappiamo ancora dove sia Hades.»

Defteros fece un verso di stizza. «Non me ne frega nulla.»

«No, in realtà ti interessa.»

Asmita non poteva vedere la sua espressione, ma qualcosa gli disse che l’altro aveva appena aggrottato la fronte.

«Se non hai nient’altro da dire, puoi anche andartene. Ho cose importanti da fare.»

«Come piangere tuo fratello morto?»

Il silenzio scese tra di loro. Era stato troppo rude, lo sapeva, ma non era venuto per consolarlo. Non era mai stato un uomo capace di farlo e Defteros lo avrebbe odiato; in fondo non voleva la sua pietà.

Ma forse era andato troppo oltre.

Il suono di passi riverberò nel silenzio e Defteros lo afferrò per il colletto della tunica. «Che diavolo vuoi, Asmita? Fare a botte?»

«No, io… Volevo solo venirti a trovare.»

Le parole gli uscirono di bocca a malapena tenute a bada dalla sua mente. Avrebbe potuto dire di più. Avrebbe potuto dire che il suo dolore aveva riempito il vuoto dentro di sé, che solo durante il loro scontro si era sentito di nuovo umano. Un essere completo e fragile. Ma non lo fece. Defteros non avrebbe compreso.

L’altro allentò la presa e lo lasciò andare. «Sei davvero strano, lo sai? Non riesco proprio a capire cosa stai pensando, ma te l’ho già detto quella volta: non voglio la tua compagnia. Mi piace stare solo.»

«Perciò dovrei andare via?»

«…No.»

Asmita sollevò le sopracciglia. Aveva appena esitato o era stata la sua immaginazione?

Defteros lo afferrò di nuovo, questa volta per il braccio destro, e lo attirò a sé.

«Vieni con me» mormorò vicino il suo volto, con un tono di voce brusco e aspro.

Asmita non ebbe neanche il tempo per replicare o protestare ché si sentì trascinare.

«Lo sai che non posso vedere, vero? Per un uomo cieco camminare può essere difficile a volte.»

L’altro rise. «Ma tu non sei un uomo comune. Sei un Gold. Se puoi vedere la mia anima e aiutarmi a liberarmi dalla tecnica di mio fratello, puoi benissimo camminare per un po’.» Si fermò. «A meno che tu non preferisca essere portato in braccio.»

Asmita avvampò e voltò la testa di lato, nel tentativo di nascondere il rossore che di sicuro aveva fatto capolino sulle guance. «No, posso camminare, non preoccuparti.»

«Non sono preoccupato.»

Defteros gli lasciò andare il braccio e riprese a camminare, e Asmita non ebbe altra scelta che seguirlo. Alla fine, però, aveva ottenuto ciò per cui era venuto: la sua attenzione e un po’ del suo tempo.

«Sei sicuro di non voler tornare al Santuario?» gli chiese.

«Odio quel posto.»

«Potremmo aver bisogno della tua forza. E la cloth di Gemini…»

«Non è mia» lo interruppe l’altro. «Sono un fantasma, Asmita, niente più di un’ombra. La mia esistenza non ha significato ed è sempre stata un problema per mio fratello. Non sarei neanche mai dovuto nascere.»

«Quello sarebbe stato un vero peccato.»

«Di che parli?»

«Della tua nascita. Sei una persona gentile, Defteros, il mondo avrebbe bisogno di più persone come te. E sono sicuro che la tua esistenza ha un significato. Tutto ha un significato.»

Di nuovo silenzio, ma questa volta Asmita avvertì qualcosa di tiepido crescere tra loro, come la piccola fiamma di una candela nel cuore della notte, e desiderò toccarla e toccare anche la sua anima. Solo un’altra volta.

«Fammi capire, sei venuto per farmi la predica?» gli chiese Defteros.

«No, come ho detto, volevo solo vederti.»

«Divertente, considerato che non puoi vedere.»

«Io vedo in modi diversi.»

«E cosa?»

Asmita esitò, ma alla fine non gli rispose. Sarebbe stato troppo personale e non era pronto per esplorare i suoi veri sentimenti, né per accettarli. Non sapeva ancora cosa Defteros significasse per lui, né se quei sentimenti fossero reali o solo una suggestione della sua stessa mente. Forse tutto quello era solo un’illusione, una falsa immagine che rifletteva qualcosa che, nel profondo della sua anima, voleva a tutti i costi trovare. Era per quel motivo che era andato fino all’Isola di Kanon: per scoprirlo.

«Dove mi stai portando?» gli chiese, invece.

«A casa mia. È già il tramonto e di notte fa freddo qui fuori. Dentro, posso accendere un fuoco e scaldarci.» Una breve pausa. «Sempre che tu non voglia ritornare al Santuario.»

«Non ho ancora finito, preferirei rimanere.»

Defteros grugnì qualcosa che sarebbe dovuto essere il suo consenso e Asmita sorrise. Poteva anche essere rude, selvatico e aspro come il paesaggio arido che li circondava, ma in fondo alla sua anima era gentile e puro. E lui si trovò di nuovo a desiderarlo, a voler vedere un po’ di più quel lato di Defteros. A toccare la sua vera anima: un cuore così puro che poteva accecare persino un cieco. Forse era quello ciò che la gente chiamava “amore”.

O forse era solo un’illusione.

L’altro uomo sospirò e si fermò. «Io davvero non riesco a capirti, ma se vuoi rimanere, allora prego, rimani.» Gli prese di nuovo la mano e la strinse in una presa forte e sicura che fece accelerare il battito del cuore di Asmita. «Solo nel caso tu inciampi. Il sentiero da qui in poi è instabile.»

«Grazie.»

«Non ce n’è bisogno. Hai una faccia carina, sarebbe un peccato se tu inciampassi, cascassi in terra e ti ferissi.»

Asmita sollevò un sopracciglio. «Davvero?»

«Davvero cosa?» C’era confusione nella sua voce.

«Davvero trovi carino il mio volto?»

«Bè, è più carino del mio. Io sono brutto, non è un problema se mi ferisco.»

«Tu non sei brutto.»

Defteros fece un verso a metà tra la stizza e il divertito, come una specie di risata soffocata.

«Non mi dire, adesso ci vedi? Devo urlare al miracolo?»

«Come ti ho già detto, io vedo in modi diversi.»

«Vedi i colori?»

«No.»

«Vedi le facce o, non so, gli oggetti?»

«…No.»

«Allora non puoi davvero vedere.»

Asmita piegò la testa di lato. «Posso vedere la tua anima ed è bellissima. Tu puoi fare la stessa cosa?»

L’altro non gli rispose e il silenzio scese di nuovo tra di loro. Questa volta Asmita avvertì la piccola fiammella della candela diventare più grande e calda di prima, come se fosse pronta per germogliare in un incendio.

Ma forse era solo un’illusione.

 

La casa di Defteros confuse i sensi di Asmita fin dal suo ingresso. Era fredda e tetra, e gli causava una stretta al petto, come se una mano gigante gli avesse strizzato i polmoni.

«Non è… molto grande» mormorò il compagno. «Solo due stanze.»

«L’hai costruita tu o era già qui?»

«L’ho costruita. Non è molto bella.»

«Non m’interessa, non potrei vederla. Ma fa abbastanza freddo qui.»

«Dammi solo un secondo e accendo il fuoco. Ho anche una coperta se ne hai bisogno, ma non so se è sufficiente contro il gelo della notte.»

«Non preoccuparti, sono abituato a notti ancora più fredde.»

Asmita accarezzò le pareti di legno della stanza alla sua destra con i polpastrelli e fece un paio di passi avanti. Uno strano rumore provenne dalla sua sinistra e attirò la sua attenzione: sembrava come di due pietre che sfregavano l’una contro l’altra. E poi, venne il calore del fuoco. Disperse le ombre fredde della notte come fantasmi in fuga e persino il suo mondo di eterne tenebre sembrò rischiararsi un po’.

«Puoi sederti qui, se vuoi.»

Asmita annuì e, seguendo il suono della sua voce, prese posto su un comodo materasso di paglia. Per un po’ ci fu solo silenzio.

«Posso chiederti una cosa?» gli chiese Defteros.

Asmita si voltò verso di lui e annuì.

«Come puoi dire che non sono brutto se non puoi vedermi?»

«Posso vedere la tua anima.»

L’altro fece un verso di stizza. «Dovrei crederti, visto che parli di una cosa che io non posso vedere?»

«Non vuoi credermi?»

«Non posso crederti.» Un basso ringhio. «Per quel che ne so potresti essere come tutti gli altri. Come quei… bastardi che mi chiamano demone o bestia, e mi picchiano solo perché sono diverso da loro.» La sua voce virò verso un tono irritato. «Per me, potresti essere solo un bugiardo.»

«Anche se ti ho aiutato?»

«È per quello che non posso fidarmi. Fin da quando ero un bambino mi sono fidato solo di mio fratello e poi… lui…»

Asmita si voltò dall’altra parte. «Io potrei dire la stessa cosa. Hai detto che il mio volto è carino, ma dal momento che sono cieco come posso credere alle tue parole?»

«Non sono un bugiardo!»

«Nemmeno io.» Sorrise. «Puoi mettermi alla prova se vuoi.»

Defteros rimase in silenzio per un po’, poi lo afferrò per il polso e poggiò la sua mano sul proprio volto. «D’accordo, allora dimmi: sono brutto o no?»

Asmita sollevò un sopracciglio, confuso. «Vuoi che ti tocchi?»

«Esattamente.»

Avvampò di nuovo. Quello era… decisamente audace. Ciononostante, desiderava così tanto accarezzarlo che non poteva tirarsi indietro. Neanche voleva farlo.

Fece scivolare le punte delle dita sui suoi zigomi e sul resto del volto. La sua pelle era come seta, calda e liscia, e il suo naso era diritto. Strusciò un pollice sulle sue labbra e avvertì qualcosa di affilato.

Sollevò un sopracciglio: era un canino, quello?

«I tuoi denti sono…»

«Affilati e lunghi come zanne» finì Defteros per lui. Prese il suo dito e lo premette sui denti. «Li senti?»

«Sì. E nonostante tutto continuo a non trovarti affatto brutto.»

L’altro fece schioccare la lingua in un verso infastidito. «Se lo dici tu.»

Asmita ignorò il tono sarcastico e continuò a toccargli il volto. Niente, in Defteros, era brutto o bestiale, neanche i suoi strani denti. Era solo un uomo normale. Un bell’uomo normale.

Fece scivolare la mano verso il collo e il petto. I muscoli fremettero sotto la pelle al suo passaggio, Asmita poteva avvertire il calore del suo corpo, il battere frenetico del suo cuore e persino lo scorrere del sangue nelle vene. Era così diverso dal suo: era allenato e molto più muscolo di quanto sarebbe mai potuto essere lui, e gli dava la sensazione che, stretto nelle sue braccia, avrebbe potuto sentirsi di nuovo umano.

Quel pensiero lo fece sussultare e allontanare la mano dal suo torace. Erano pensieri pericolosi, che avrebbero potuto condurlo via dalla Via. Era venuto lì solo per trovare la vera risposta alla sua domanda, non per fantasticare sul suo corpo. Eppure, non riusciva a fare a meno di desiderare quell’abbraccio. Fin dal loro primo incontro, durante quella funesta battaglia contro Aspros. Non era ancora riuscito a toglierselo dalla testa, neanche durante la notte. Per quello era venuto fino all’Isola di Kanon. Per questo aveva deciso di restare per la notte. Non per peccare, ma per trovare la verità.

«Non sei brutto e non m’interessa se non mi credi.» Appoggiò le mani sul proprio grembo. «Non sono qui per ottenere la tua fiducia.»

«E allora perché sei qui?»

«Per trovare risposte.»

«A quale domanda?»

Asmita esitò di nuovo, ma alla fine decise di essere onesto con se stesso, i suoi sentimenti e con Defteros.

«Ti amo davvero o è solo un’illusione?»

Il silenzio scese su di loro e si trascinò per un po’. Asmita si era aspettato che l’altro scoppiasse a ridere o dicesse qualcosa, invece si era comportato come se fosse sordo e non lo avesse neanche sentito.

«Non credevo potessi essere così diretto. Di solito alle persone non piace parlare dei loro sentimenti.»

«Io sono abbastanza diverso dagli altri.»

«Puoi dirlo forte.»

Asmita sorrise. «Non sono sicuro che sia qualcosa di cui essere fieri.»

«A me piace.»

«Davvero?»

«Sei onesto. Mi piacciono le persone oneste.»

«Sono onesto perché sono cieco.» Abbassò la testa. «Avverto la miseria e il dolore del mondo fin da quando sono bambino, ma nessuno può comprendere davvero quanto sia doloroso sentire la sofferenza altrui e sapere di non poterci fare nulla.»

«Non sembra una bella cosa.»

«Non lo è infatti. Ad un certo punto divenne così intollerabile che alla fine decisi di sopprimere tutto quanto: i sentimenti del mondo e i miei stessi. Ho provato a raggiungere il Vuoto con ogni mezzo possibile così da poter sopravvivere alla mia stessa condizione, ma non ci sono riuscito del tutto. Smisi persino di mangiare e di parlare con le altre persone; mi limitavo a meditare per ore e ore. Non avevo più alcun interesse verso le cose materiali o il mio stesso corpo. Alla fine divenni vuoto, ma non smisi di pensare che ci fosse qualcosa che non riuscivo a comprendere.» Sorrise. «Comunque sia, i sentimenti per me hanno un diverso significato. Non posso considerarli come qualcosa di privato dal momento che posso avvertire quelli altrui.»

«Se credi di amarmi, vuol dire che non sei poi così vuoto.»

«Non lo sono. Non più, perlomeno, e devo ringraziare te. Sei la prima persona ad avermi fatto sentire qualcosa. Il tuo dolore mi ha soffocato e mi ha riempito. Nessuno lo aveva mai fatto, per questo sono qui. Questi sentimenti… Voglio solo capire se sono veri o un’illusione.»

Defteros scoppiò a ridere, così forte e così a lungo che Asmita pensò che potesse strozzarsi da solo. Non gli dava fastidio che ridesse, la trovava una reazione sincera e onesta e sapeva che non lo stava prendendo in giro. Era solo il suo modo di fare, un lato di lui che apprezzava.

«Sei davvero incredibile! Davvero, non avrei mai pensato che potessi essere così impressionante. No, non impressionante, dire più… inaspettato.»

«È un complimento?»

«Sì, ed è raro che li faccia.» Defteros si fece silenzioso per qualche secondo. «Mi sono chiesto la stessa cosa, sai? Ma al momento non ho ancora una risposta.»

«Credevo mi considerassi un bugiardo.»

«No. Ho detto che potresti mentirmi e quella sarebbe una cosa… terribile per me. Perché ti credo, anche se non vorrei farlo. Anche se sono terrorizzato a fidarmi di nuovo di qualcuno dopo quello che mio fratello mi ha fatto. Sono spaventato di scoprire che possono essere tradito di nuovo. Per questo non dovrei crederti, ma lo faccio lo stesso.»

«Non farei mai nulla di così crudele, hai la mia parola.»

«Lo so, io… ti ho guardato un po’, lo faccio fin da quando sei giunto al Santuario. Non so dirti il motivo, ma mi attiravi. Forse perché eri in qualche modo diverso da me o forse perché eri solo e sofferente come lo ero io. In entrambi i casi, ho continuato a guardarti e la mia curiosità si è trasformata in qualcos’altro. Non so ancora cosa, ma penso che valga la pena scoprirlo.»

Asmita avvampò e si voltò dall’altra parte. «Quindi stai dicendo che mi spiavi.»

«Ma non quando eri nudo. Non sono un pervertito.»

«Bè, no, quello sarebbe stato disgustoso.»

Defteros rise e lui non poté trattenere un piccolo sorriso.

«Posso tornare qui di tanto in tanto?» gli chiese. «Mi piace parlare con te.»

L’altro smise di ridere e il silenzio scese di nuovo tra loro. Fu come se una pesante coperta fosse stata gettata su entrambi. Asmita iniziò a credere di averlo offeso in qualche modo, ma poi un paio di mani gli afferrarono il collo. Labbra screpolate premettero sulle sue e una lingua si fece strada a forza nella sua bocca. Calore e desiderio si intrecciarono, mentre lui si trovò ad annegare in quelle nuove sensazioni.

Lo baciò a sua volta, afferrandolo per le spalle e attirandolo a sé. Non era venuto per questo, non aveva neanche mai immaginato che una cosa del genere potesse accadere, ma non voleva tirarsi indietro e fuggire come un codardo e continuare a vivere fingendo di non provare niente. Non era più vuoto, Defteros lo aveva riempito e lo aveva reso di nuovo umano.

Si separarono e per un po’ i loro respiri accelerati furono l’unico rumore che osasse rompere la quiete.

«Scusami…» mormorò l’altro. «A volte sono troppo avventato e… non ti ho neanche chiesto se volevi essere baciato.»

«Non importa, va tutto bene.»

«Posso… chiederti una cosa?»

Asmita annuì e Defteros lo abbracciò e premette la fronte sul suo collo.

«Ti andrebbe di… fare l’amore con me, stasera?»

Avvampò di nuovo, per l’ennesima volta da quando aveva messo piede sull’isola. «Sono… del tutto inesperto su questo… genere di cose.»

«Anch’io, ma…» L’altro sospirò. «Non importa, non preoccuparti. Possiamo attendere finché non avremo le nostre risposte.»

Avrebbero potuto, sì, ma Asmita aveva già trovato la verità che stava cercando. Si trovava in quel primo bacio e in quell’abbraccio che avrebbe potuto scuotere tutte le sue certezze.

  
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