Filling the void
Una
brezza fredda accarezzò le guance di Asmita e gli
scivolò tra i lunghi capelli biondi. Odorava di alghe marce
e acqua di mare,
con una punta solforosa di lava vulcanica. Non poteva vedere il vulcano
di
fronte a lui, ma ne percepiva la presenza: si stagliava come un gigante
di
roccia e fuoco, feroce e selvaggio come l’uomo che si
nascondeva lì nelle
vicinanze. Sapeva che Defteros era lì, anche se non avrebbe
potuto vederlo.
Fece
un altro passo avanti, ma una voce lo fermò.
«Asmita.»
Feroce,
rude e selvaggia. Una voce che aveva infestato
i suoi sogni fin dalla morte di Aspros, che aveva desiderato
così a lungo da
aver creduto di poter impazzire.
«Che
diavolo ci fai qui?»
Asmita
esitò e lo avvicinò in silenzio. Avrebbe potuto
dirgli che voleva solo assicurarsi che fosse ancora vivo, ma non lo
fece.
«La
situazione al Santuario è sotto controllo, ma non
sappiamo ancora dove sia Hades.»
Defteros
fece un verso di stizza. «Non me ne frega
nulla.»
«No,
in realtà ti interessa.»
Asmita
non poteva vedere la sua espressione, ma
qualcosa gli disse che l’altro aveva appena aggrottato la
fronte.
«Se
non hai nient’altro da dire, puoi anche andartene.
Ho cose importanti da fare.»
«Come
piangere tuo fratello morto?»
Il
silenzio scese tra di loro. Era stato troppo rude,
lo sapeva, ma non era venuto per consolarlo. Non era mai stato un uomo
capace
di farlo e Defteros lo avrebbe odiato; in fondo non voleva la sua
pietà.
Ma
forse era andato troppo oltre.
Il
suono di passi riverberò nel silenzio e Defteros lo
afferrò per il colletto della tunica. «Che diavolo
vuoi, Asmita? Fare a botte?»
«No,
io… Volevo solo venirti a trovare.»
Le
parole gli uscirono di bocca a malapena tenute a
bada dalla sua mente. Avrebbe potuto dire di più. Avrebbe
potuto dire che il
suo dolore aveva riempito il vuoto dentro di sé, che solo
durante il loro
scontro si era sentito di nuovo umano. Un essere completo e fragile. Ma
non lo
fece. Defteros non avrebbe compreso.
L’altro
allentò la presa e lo lasciò andare.
«Sei
davvero strano, lo sai? Non riesco proprio a capire cosa stai pensando,
ma te
l’ho già detto quella volta: non voglio la tua
compagnia. Mi piace stare solo.»
«Perciò
dovrei andare via?»
«…No.»
Asmita
sollevò le sopracciglia. Aveva appena esitato o
era stata la sua immaginazione?
Defteros
lo afferrò di nuovo, questa volta per il
braccio destro, e lo attirò a sé.
«Vieni
con me» mormorò vicino il suo volto, con un
tono di voce brusco e aspro.
Asmita
non ebbe neanche il tempo per replicare o
protestare ché si sentì trascinare.
«Lo
sai che non posso vedere, vero? Per un uomo cieco
camminare può essere difficile a volte.»
L’altro
rise. «Ma tu non sei un uomo comune. Sei un
Gold. Se puoi vedere la mia anima e aiutarmi a liberarmi dalla tecnica
di mio
fratello, puoi benissimo camminare per un po’.» Si
fermò. «A meno che tu non
preferisca essere portato in braccio.»
Asmita
avvampò e voltò la testa di lato, nel tentativo
di nascondere il rossore che di sicuro aveva fatto capolino sulle
guance. «No,
posso camminare, non preoccuparti.»
«Non
sono preoccupato.»
Defteros
gli lasciò andare il braccio e riprese a
camminare, e Asmita non ebbe altra scelta che seguirlo. Alla fine,
però, aveva
ottenuto ciò per cui era venuto: la sua attenzione e un
po’ del suo tempo.
«Sei
sicuro di non voler tornare al Santuario?» gli
chiese.
«Odio
quel posto.»
«Potremmo
aver bisogno della tua forza. E la cloth di
Gemini…»
«Non
è mia» lo interruppe l’altro.
«Sono un fantasma,
Asmita, niente più di un’ombra. La mia esistenza
non ha significato ed è sempre
stata un problema per mio fratello. Non sarei neanche mai dovuto
nascere.»
«Quello
sarebbe stato un vero peccato.»
«Di
che parli?»
«Della
tua nascita. Sei una persona gentile, Defteros,
il mondo avrebbe bisogno di più persone come te. E sono
sicuro che la tua
esistenza ha un significato. Tutto ha un
significato.»
Di
nuovo silenzio, ma questa volta Asmita avvertì
qualcosa di tiepido crescere tra loro, come la piccola fiamma di una
candela
nel cuore della notte, e desiderò toccarla e toccare anche
la sua anima. Solo
un’altra volta.
«Fammi
capire, sei venuto per farmi la predica?» gli
chiese Defteros.
«No,
come ho detto, volevo solo vederti.»
«Divertente,
considerato che non puoi vedere.»
«Io
vedo in modi diversi.»
«E
cosa?»
Asmita
esitò, ma alla fine non gli rispose. Sarebbe
stato troppo personale e non era pronto per esplorare i suoi veri
sentimenti,
né per accettarli. Non sapeva ancora cosa Defteros
significasse per lui, né se
quei sentimenti fossero reali o solo una suggestione della sua stessa
mente.
Forse tutto quello era solo un’illusione, una falsa immagine
che rifletteva
qualcosa che, nel profondo della sua anima, voleva a tutti i costi
trovare. Era
per quel motivo che era andato fino all’Isola di Kanon: per
scoprirlo.
«Dove
mi stai portando?» gli chiese, invece.
«A
casa mia. È già il tramonto e di notte fa freddo
qui fuori. Dentro, posso accendere un fuoco e scaldarci.» Una
breve pausa.
«Sempre che tu non voglia ritornare al Santuario.»
«Non
ho ancora finito, preferirei rimanere.»
Defteros
grugnì qualcosa che sarebbe dovuto essere il
suo consenso e Asmita sorrise. Poteva anche essere rude, selvatico e
aspro come
il paesaggio arido che li circondava, ma in fondo alla sua anima era
gentile e
puro. E lui si trovò di nuovo a desiderarlo, a voler vedere
un po’ di più quel
lato di Defteros. A toccare la sua vera anima: un cuore così
puro che poteva
accecare persino un cieco. Forse era quello ciò che la gente
chiamava “amore”.
O
forse era solo un’illusione.
L’altro
uomo sospirò e si fermò. «Io davvero
non
riesco a capirti, ma se vuoi rimanere, allora prego, rimani.»
Gli prese di
nuovo la mano e la strinse in una presa forte e sicura che fece
accelerare il
battito del cuore di Asmita. «Solo nel caso tu inciampi. Il
sentiero da qui in
poi è instabile.»
«Grazie.»
«Non
ce n’è bisogno. Hai una faccia carina, sarebbe un
peccato se tu inciampassi, cascassi in terra e ti ferissi.»
Asmita
sollevò un sopracciglio. «Davvero?»
«Davvero
cosa?» C’era confusione nella sua voce.
«Davvero
trovi carino il mio volto?»
«Bè,
è più carino del mio. Io sono brutto, non
è un
problema se mi ferisco.»
«Tu
non sei brutto.»
Defteros
fece un verso a metà tra la stizza e il
divertito, come una specie di risata soffocata.
«Non
mi dire, adesso ci vedi? Devo urlare al
miracolo?»
«Come
ti ho già detto, io vedo in modi diversi.»
«Vedi
i colori?»
«No.»
«Vedi
le facce o, non so, gli oggetti?»
«…No.»
«Allora
non puoi davvero vedere.»
Asmita
piegò la testa di lato. «Posso vedere la tua
anima ed è bellissima. Tu puoi fare la stessa
cosa?»
L’altro
non gli rispose e il silenzio scese di nuovo
tra di loro. Questa volta Asmita avvertì la piccola
fiammella della candela
diventare più grande e calda di prima, come se fosse pronta
per germogliare in
un incendio.
Ma
forse era solo un’illusione.
La
casa di Defteros confuse i sensi di Asmita fin dal
suo ingresso. Era fredda e tetra, e gli causava una stretta al petto,
come se
una mano gigante gli avesse strizzato i polmoni.
«Non
è… molto grande» mormorò il
compagno. «Solo due
stanze.»
«L’hai
costruita tu o era già qui?»
«L’ho
costruita. Non è molto bella.»
«Non
m’interessa, non potrei vederla. Ma fa abbastanza
freddo qui.»
«Dammi
solo un secondo e accendo il fuoco. Ho anche
una coperta se ne hai bisogno, ma non so se è sufficiente
contro il gelo della
notte.»
«Non
preoccuparti, sono abituato a notti ancora più
fredde.»
Asmita
accarezzò le pareti di legno della stanza alla
sua destra con i polpastrelli e fece un paio di passi avanti. Uno
strano rumore
provenne dalla sua sinistra e attirò la sua attenzione:
sembrava come di due
pietre che sfregavano l’una contro l’altra. E poi,
venne il calore del fuoco.
Disperse le ombre fredde della notte come fantasmi in fuga e persino il
suo
mondo di eterne tenebre sembrò rischiararsi un po’.
«Puoi
sederti qui, se vuoi.»
Asmita
annuì e, seguendo il suono della sua voce,
prese posto su un comodo materasso di paglia. Per un po’ ci
fu solo silenzio.
«Posso
chiederti una cosa?» gli chiese Defteros.
Asmita
si voltò verso di lui e annuì.
«Come
puoi dire che non sono brutto se non puoi
vedermi?»
«Posso
vedere la tua anima.»
L’altro
fece un verso di stizza. «Dovrei crederti,
visto che parli di una cosa che io non posso
vedere?»
«Non
vuoi credermi?»
«Non
posso crederti.» Un basso ringhio.
«Per
quel che ne so potresti essere come tutti gli altri. Come
quei… bastardi che mi
chiamano demone o bestia, e mi picchiano solo perché sono
diverso da loro.» La
sua voce virò verso un tono irritato. «Per me,
potresti essere solo un
bugiardo.»
«Anche
se ti ho aiutato?»
«È
per quello che non posso fidarmi. Fin da quando ero
un bambino mi sono fidato solo di mio fratello e poi…
lui…»
Asmita
si voltò dall’altra parte. «Io potrei
dire la
stessa cosa. Hai detto che il mio volto è carino, ma dal
momento che sono cieco
come posso credere alle tue parole?»
«Non
sono un bugiardo!»
«Nemmeno
io.» Sorrise. «Puoi mettermi alla prova se
vuoi.»
Defteros
rimase in silenzio per un po’, poi lo afferrò
per il polso e poggiò la sua mano sul proprio volto.
«D’accordo, allora dimmi:
sono brutto o no?»
Asmita
sollevò un sopracciglio, confuso. «Vuoi che ti
tocchi?»
«Esattamente.»
Avvampò
di nuovo. Quello era… decisamente audace.
Ciononostante, desiderava così tanto accarezzarlo che non
poteva tirarsi
indietro. Neanche voleva farlo.
Fece
scivolare le punte delle dita sui suoi zigomi e
sul resto del volto. La sua pelle era come seta, calda e liscia, e il
suo naso
era diritto. Strusciò un pollice sulle sue labbra e
avvertì qualcosa di
affilato.
Sollevò
un sopracciglio: era un canino, quello?
«I
tuoi denti sono…»
«Affilati
e lunghi come zanne» finì Defteros per lui.
Prese il suo dito e lo premette sui denti. «Li
senti?»
«Sì.
E nonostante tutto continuo a non trovarti
affatto brutto.»
L’altro
fece schioccare la lingua in un verso
infastidito. «Se lo dici tu.»
Asmita
ignorò il tono sarcastico e continuò a
toccargli il volto. Niente, in Defteros, era brutto o bestiale, neanche
i suoi
strani denti. Era solo un uomo normale. Un bell’uomo
normale.
Fece
scivolare la mano verso il collo e il petto. I
muscoli fremettero sotto la pelle al suo passaggio, Asmita poteva
avvertire il
calore del suo corpo, il battere frenetico del suo cuore e persino lo
scorrere
del sangue nelle vene. Era così diverso dal suo: era
allenato e molto più
muscolo di quanto sarebbe mai potuto essere lui, e gli dava la
sensazione che,
stretto nelle sue braccia, avrebbe potuto sentirsi di nuovo umano.
Quel
pensiero lo fece sussultare e allontanare la mano
dal suo torace. Erano pensieri pericolosi, che avrebbero potuto
condurlo via
dalla Via. Era venuto lì solo per trovare la vera risposta
alla sua domanda, non
per fantasticare sul suo corpo. Eppure, non riusciva a fare a meno di
desiderare quell’abbraccio. Fin dal loro primo incontro,
durante quella funesta
battaglia contro Aspros. Non era ancora riuscito a toglierselo dalla
testa,
neanche durante la notte. Per quello era venuto fino
all’Isola di Kanon. Per
questo aveva deciso di restare per la notte. Non per peccare, ma per
trovare la
verità.
«Non
sei brutto e non m’interessa se non mi credi.»
Appoggiò le mani sul proprio grembo. «Non sono qui
per ottenere la tua
fiducia.»
«E
allora perché sei qui?»
«Per
trovare risposte.»
«A
quale domanda?»
Asmita
esitò di nuovo, ma alla fine decise di essere
onesto con se stesso, i suoi sentimenti e con Defteros.
«Ti
amo davvero o è solo un’illusione?»
Il
silenzio scese su di loro e si trascinò per un
po’.
Asmita si era aspettato che l’altro scoppiasse a ridere o
dicesse qualcosa,
invece si era comportato come se fosse sordo e non lo avesse neanche
sentito.
«Non
credevo potessi essere così diretto. Di solito
alle persone non piace parlare dei loro sentimenti.»
«Io
sono abbastanza diverso dagli altri.»
«Puoi
dirlo forte.»
Asmita
sorrise. «Non sono sicuro che sia qualcosa di
cui essere fieri.»
«A
me piace.»
«Davvero?»
«Sei
onesto. Mi piacciono le persone oneste.»
«Sono
onesto perché sono cieco.» Abbassò la
testa. «Avverto
la miseria e il dolore del mondo fin da quando sono bambino, ma nessuno
può
comprendere davvero quanto sia doloroso sentire la sofferenza altrui e
sapere
di non poterci fare nulla.»
«Non
sembra una bella cosa.»
«Non
lo è infatti. Ad un certo punto divenne così
intollerabile che alla fine decisi di sopprimere tutto quanto: i
sentimenti del
mondo e i miei stessi. Ho provato a raggiungere il Vuoto con ogni mezzo
possibile così da poter sopravvivere alla mia stessa
condizione, ma non ci sono
riuscito del tutto. Smisi persino di mangiare e di parlare con le altre
persone; mi limitavo a meditare per ore e ore. Non avevo più
alcun interesse
verso le cose materiali o il mio stesso corpo. Alla fine divenni vuoto,
ma non
smisi di pensare che ci fosse qualcosa che non riuscivo a
comprendere.»
Sorrise. «Comunque sia, i sentimenti per me hanno un diverso
significato. Non
posso considerarli come qualcosa di privato dal momento che posso
avvertire
quelli altrui.»
«Se
credi di amarmi, vuol dire che non sei poi così
vuoto.»
«Non
lo sono. Non più, perlomeno, e devo ringraziare
te. Sei la prima persona ad avermi fatto sentire qualcosa. Il tuo
dolore mi ha
soffocato e mi ha riempito. Nessuno lo aveva mai fatto, per questo sono
qui. Questi
sentimenti… Voglio solo capire se sono veri o
un’illusione.»
Defteros
scoppiò a ridere, così forte e così a
lungo
che Asmita pensò che potesse strozzarsi da solo. Non gli
dava fastidio che
ridesse, la trovava una reazione sincera e onesta e sapeva che non lo
stava
prendendo in giro. Era solo il suo modo di fare, un lato di lui che
apprezzava.
«Sei
davvero incredibile! Davvero, non avrei mai
pensato che potessi essere così impressionante. No, non
impressionante, dire
più… inaspettato.»
«È
un complimento?»
«Sì,
ed è raro che li faccia.» Defteros si fece
silenzioso per qualche secondo. «Mi sono chiesto la stessa
cosa, sai? Ma al
momento non ho ancora una risposta.»
«Credevo
mi considerassi un bugiardo.»
«No.
Ho detto che potresti mentirmi e quella sarebbe una
cosa… terribile per me. Perché ti credo, anche se
non vorrei farlo. Anche se
sono terrorizzato a fidarmi di nuovo di qualcuno dopo quello che mio
fratello
mi ha fatto. Sono spaventato di scoprire che possono essere tradito di
nuovo.
Per questo non dovrei crederti, ma lo faccio lo stesso.»
«Non
farei mai nulla di così crudele, hai la mia
parola.»
«Lo
so, io… ti ho guardato un po’, lo faccio fin da
quando sei giunto al Santuario. Non so dirti il motivo, ma mi attiravi.
Forse
perché eri in qualche modo diverso da me o forse
perché eri solo e sofferente
come lo ero io. In entrambi i casi, ho continuato a guardarti e la mia
curiosità si è trasformata in
qualcos’altro. Non so ancora cosa, ma penso che
valga la pena scoprirlo.»
Asmita
avvampò e si voltò dall’altra parte.
«Quindi
stai dicendo che mi spiavi.»
«Ma
non quando eri nudo. Non sono un pervertito.»
«Bè,
no, quello sarebbe stato disgustoso.»
Defteros
rise e lui non poté trattenere un piccolo
sorriso.
«Posso
tornare qui di tanto in tanto?» gli chiese. «Mi
piace parlare con te.»
L’altro
smise di ridere e il silenzio scese di nuovo
tra loro. Fu come se una pesante coperta fosse stata gettata su
entrambi.
Asmita iniziò a credere di averlo offeso in qualche modo, ma
poi un paio di
mani gli afferrarono il collo. Labbra screpolate premettero sulle sue e
una
lingua si fece strada a forza nella sua bocca. Calore e desiderio si
intrecciarono, mentre lui si trovò ad annegare in quelle
nuove sensazioni.
Lo
baciò a sua volta, afferrandolo per le spalle e attirandolo
a sé. Non era venuto per questo, non aveva neanche mai
immaginato che una cosa
del genere potesse accadere, ma non voleva tirarsi indietro e fuggire
come un
codardo e continuare a vivere fingendo di non provare niente. Non era
più
vuoto, Defteros lo aveva riempito e lo aveva reso di nuovo umano.
Si
separarono e per un po’ i loro respiri accelerati
furono l’unico rumore che osasse rompere la quiete.
«Scusami…»
mormorò l’altro. «A volte sono troppo
avventato e… non ti ho neanche chiesto se volevi essere
baciato.»
«Non
importa, va tutto bene.»
«Posso…
chiederti una cosa?»
Asmita
annuì e Defteros lo abbracciò e premette la
fronte sul suo collo.
«Ti
andrebbe di… fare l’amore con me,
stasera?»
Avvampò
di nuovo, per l’ennesima volta da quando aveva
messo piede sull’isola. «Sono… del tutto
inesperto su questo… genere di cose.»
«Anch’io,
ma…» L’altro sospirò.
«Non importa, non
preoccuparti. Possiamo attendere finché non avremo le nostre
risposte.»
Avrebbero
potuto, sì, ma Asmita aveva già trovato la
verità che stava cercando. Si trovava in quel primo bacio e
in quell’abbraccio
che avrebbe potuto scuotere tutte le sue certezze.