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Autore: Afaneia    24/12/2022    0 recensioni
La testa mozzata di netto di un Grublin rotola ai suoi piedi fermandosi davanti alla punta della sua spada infissa al suolo mentre Sidon, che ancora non ha smesso di gridare il suo nome e lo ha appena salvato, si precipita da lui e lo afferra per le spalle.
«Link!» Continua a gridare. Perché grida?

[Fanfiction scritta in occasione del Secret Santa indetto sul forum Ferisce la spada, dedicata a Stag Tree. Buon Natale, tesoro.]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Link
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia prima Silink, scritta come regalo per Stag Tree in occasione del Secret Santa indetto dal forum Ferisce la penna.

Buon Natale, tesoro. Spero di esser riuscita a scrivere qualcosa di tuo gradimento anche senza allontanarmi troppo dai miei headcanon. Ti auguro di leggerla a stomaco pieno di pandoro o panettone, circondata da tantissimo affetto e amore: per quel poco che vale, questo è un piccolo segno del mio.

 

 

Accadere ancora

 

 

Gli gira la testa. Ha la bocca piena di nausea e di sangue, impastata, che sa di ferro e fango; gli tremano le gambe. S’appoggia all’elsa della spada per non cadere; è una spada lunga, da guardia reale, alta quasi quanto lui; gli manca il respiro. Ogni volta che il suo petto s’allarga a fatica in cerca d’aria, le sue costole ululano di dolore e la sua bocca esala un rantolo strano.

Forse morirebbe se non fosse per Mipha. Ma il potere di Mipha è costante eppure lento, scorre addosso a lui come fosse acqua, sanando le sue ferite ma troppo lentamente, e Link si contrae sull’elsa della spada e singulta in un rantolo. Tiene gli occhi spalancati per non svenire, vorrebbe urlare per esser proprio certo d’essere ancora vivo, ma l’aria che inspira a fatica non discende abbastanza in fretta nel suo ansimare da arrivargli fino ai polmoni.

Sente urlare il suo nome in mezzo al fischio indistinto che odono le sue orecchie. Non ha forza abbastanza da voltarsi. Sa che il nome proviene dalle sue spalle, sente correre, frusciare, gridare per un momento; ma la forza che gli richiederebbe il semplice atto di girarsi e guardare è troppa per il suo corpo e per le sue ferite. Spalancando gli occhi che hanno la vista appannata di sangue, nel presentimento o forse nella certezza di un colpo che sta per arrivargli alle spalle, Link ha a malapena la forza di restare in piedi aggrappato alla spada. Se deve morire ora, non c’è niente che possa fare per impedirlo.

La testa mozzata di netto di un Grublin rotola ai suoi piedi fermandosi davanti alla punta della sua spada infissa al suolo mentre Sidon, che ancora non ha smesso di gridare il suo nome e lo ha appena salvato, si precipita da lui e lo afferra per le spalle.

«Link!» Continua a gridare. Perché grida? Link è qui, lo sente sebbene non lo capisca: le sue parole sembrano emergere rallentate, ovattate da una corrente rumorosa che lo sfiora e Link riesce appena a distinguerne una parte. Perlopiù il proprio nome. «… Link! Resisti ancora…»

Ancora per il tempo che la preghiera di Mipha faccia il suo effetto, ancora per cento anni della sua vita – per quanto ancora? Link fa cenno di sì col capo, chiederà al suo corpo di resistere come ha fatto cento anni prima, come ha fatto in ogni momento, contro le ferite e contro il dolore; ma proprio mentre cerca di dir di sì col capo, che resisterà, sente che le forze scivolano via dalle sue membra come acqua e che l’elsa della spada gli sfugge dalle dita.

Non prova la minima paura, per una volta. Abbandonandosi tra le braccia di Sidon che lo sostiene, Link sente di essere al sicuro come nel mare calmo.

 

Si sente cullato come dalle onde, raggomitolato nel grembo materno del mare. Talora ha le vertigini, si sente sul punto di precipitare, spalanca gli occhi mentre cerca con le mani un appiglio cui aggrapparsi; allora una mano gli sfiora la fronte e Link sente intorno a sé il supporto solido e rassicurante della terra. Non c’è lo sgomento del vuoto attorno a lui. Si riaddormenta sotto il tocco di quella mano.

A poco a poco riprende conoscenza, dapprima a sprazzi, lentamente, in attimi di coscienza e d’incoscienza che si susseguono senza sosta. A essi Link si abbandona senza provare paura.

Sidon sta districando con le mani inumidite i suoi capelli sporchi di fango e di terra. C’è nei suoi gesti una strana abitudine, come se avesse compiuto quel gesto innumerevoli volte: non lo sta neppure guardando in volto. Ha il volto corrucciato ma calmo, assorto, e passa le dita tra i suoi capelli annodati senza mai distoglierne lo sguardo.

Forse dovrebbe alzarsi di soprassalto, mostrarsi stupito e a disagio, quantomeno dar segno d’essere sveglio; ma il tocco delle sue dita fresche sulla sua cute è confortante e rassicurante come il cullare delle onde che gli pareva di percepire quand’era svenuto. Rimane disteso immobile cogli occhi aperti, col petto che a ogni suo respiro si gonfia d’aria e grida di dolore ma con grida più fioche e tollerabili che sul campo di battaglia.

«Questa volta mi hai fatto spaventare davvero» dice Sidon concentrandosi sui suoi capelli. Link non risponde. «Hai smesso di rispondere, di reagire. Non riuscivo ad avvertirti. Quel grublin stava per ammazzarti.»

«Sapevo che c’eri tu a salvarmi.» La sua voce lo spaventa più del sangue, più del dolore: sembra che non parli da giorni, è roca e graffia la sua gola come sabbia.  Lo scuote un accesso di tosse che lo fa piegare su se stesso: Sidon lo trattiene per le spalle e lo sostiene perché la carne del suo ventre non si contragga.

Quando la tosse si è acquietata Sidon lo aiuta a bere. Del suo aiuto e del suo sostegno Link non prova vergogna né umiliazione, beve dalla coppa della sua mano con la naturalezza di un gesto che è dovuto e spontaneo da parte di entrambi. Con le spalle sollevate dal braccio di Sidon che lo sostiene intravede il proprio ventre strettamente fasciato e il petto cosparso di ematomi che stanno già virando al violaceo, là dove è stato colpito e le sue costole sono incrinate. È là che gli fa male quando respira. Il sottile potere di Mipha lavora in silenzio nella profondità segreta dei suoi organi, ma ci vorrà del tempo perché guarisca le sue ferite. Questa volta se l’è vista brutta davvero.

Sidon torna ad adagiarlo a terra lentamente: Link lo ringrazia con lo sguardo. Riprendono la conversazione proprio là dove si è interrotta.

«È per questo che sei stato tanto imprudente?»

Ci mette un po’ a capire a cosa si stia riferendo, forse per la violenza dei colpi che ha subito o forse perché quella per lui non era affatto imprudenza e non è abituato a considerarla così – imprudenza gettarsi tra i nemici a testa alta, col petto protetto dallo scudo e il braccio armato della sola sua spada, e spronarli a venirlo a prendere?

Si copre gli occhi con la mano per un momento. La spalla gli duole al movimento del braccio. «Non volevo essere imprudente. Volevo solo…»

Chissà poi che cosa voleva: combattere e annichilirsi nella battaglia e nel sangue, scomparire nella sua spada e nel suo scudo come parti di sé. Ora che Zelda è al sicuro, che Hyrule è salva, che lui e Sidon stanno sconfiggendo gli ultimi mostri sbandati che infestano le montagne, non gli rimane altro da fare che annullarsi nella lotta.

«So cosa volevi fare» risponde Sidon a bassa voce. Link gli è grato di avergli risparmiato di dirlo ad alta voce. «Ma hai comunque rischiato di morire.»

Link sorride appena. «Quando sei già morto una volta, l’idea non è più molto spaventosa.»

Sidon gli concede la grazia di una mezza risata dal fondo della gola, scuotendo il capo. «Pensi davvero che non ti rimarrà altro per cui vivere ora che Hyrule è salva?»

Se solo non avesse le costole incrinate, Link scrollerebbe le spalle. «Non ho mai fatto altro che combattere, in questa vita.»

«E nell’altra?»

Link non sa cosa rispondere. Sa che c’era altro nella sua vita, prima, ma non lo ricorda con chiarezza: quello che è certo è che gli è stato portato via.

Sidon gli lascia tempo a sufficienza perché possa rispondere; ma parole per rispondere Link non ne ha. Distoglie lo sguardo.

«So che lo amavi, Link. Non pensi che potrebbe accadere ancora?»

Link non cerca il suo sguardo nella grotta. Non ne ha il coraggio: forse il suo cuore ha saltato un battito, o forse ha smesso di respirare. Non sa neppure perché: sapeva che questa conversazione sarebbe arrivata, che è rimasta nell’aria tra loro fin dal giorno di Vah Ruta, che è aleggiata ai margini della sua coscienza per quasi tutta la sua seconda vita cosciente. Non ha risposte da dare e non intende mentire.

«Non lo so» risponde. Gli deve la verità perché non possiede altro.

Sidon accoglie la sua risposta con la comprensione che Link si attendeva da lui. Non risponde neppure: continua a districare i suoi capelli con dita delicate, lente, e Link sa che in quel gesto c’è tutta la sua pazienza e la sua comprensione. Va bene così, dicono le mani di Sidon, e Link quasi si addormenta sotto di esse.

«Non è un no» mormora prima di addormentarsi.

«Lo so» risponde Sidon accarezzandogli i capelli.
   
 
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