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Autore: fabman    15/01/2023    0 recensioni
Tre scene infilate nel continuum spazio-temporale di Jurassic Park/World, per "riabilitare" finalmente – e in maniera spudoratamente parziale – la più grande star dei film. Al cuore non si comanda, nemmeno quando l'oggetto del proprio amore è un rettile carnivoro lungo dodici metri.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Grant, Altri, Ian Malcolm
Note: Movieverse, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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1. Tre secondi

Isla Sorna, 2001.

 

Non appena sentì l'ultimo Velociraptor – la matriarca – scomparire nel sottobosco con l'uovo delicatamente fra le fauci, Grant balzò in piedi. Il cuore gli batteva a mille. Era sopravvissuto una seconda volta all'incontro con gli animali che erano stati protagonisti dei suoi incubi per otto anni. Ma non aveva tempo di pensarci. Un rumore diverso, non naturale, riempiva l'aria.

– Lo sente anche lei? – disse Paul Kirby alle sue spalle.

– Lo sento, sì. È un elicottero.

Grant prese a correre. Non si preoccupò se i Kirby stessero al passo. Seguiva un istinto impellente, che era nato al centro del suo stomaco e che lo spingeva violentemente in avanti. Potevano farcela.

Corse come un pazzo per la scarpata, ferendosi gli stinchi contro i rami. Nelle narici penetrò l'odore di salsedine. Erano vicini all'oceano.

Dopo qualche centinaio di metri, però, si congelò in piena corsa. Inciampò malamente.

Un'onda di paura l'aveva bloccato di botto.

I suoi sensi si erano acuiti da quando era sull'isola: lo avevano avvertito prima che ci arrivasse la testa. L'ambiente aveva subito una variazione.

Paul lo raggiunse e gli si accovacciò a fianco. Con la coda dell'occhio vide apparire Amanda ed Eric, che si tenevano per mano.

– Che diavolo succede ora? – disse Paul.

Grant non rispose. Fissava davanti a sé, cercando una spiegazione della vibrazione che avvertiva sotto i piedi.

Passi. Qualcosa di vivo, e di grosso.

Si immobilizzarono. Attoniti, videro l'enorme testa squadrata, di un verde sbiadito, che si faceva strada fra le fronde a un'altezza di cinque metri. Due occhi vitrei li fissarono. Un ringhio grave e sonoro, terribilmente familiare per Grant, gli trafisse i timpani, si diffuse nel petto e gli inoculò un panico cieco in tutto il corpo.

– Non vi muovete, – mormorò. Ma sapeva che era inutile: il Tirannosauro li aveva individuati e fiutati.

In effetti, non era nemmeno più sicuro che quella teoria fosse vera.

Valutò le possibili vie di fuga. Percepì i Kirby fare lo stesso. Ma una fitta barriera di tronchi e radici intrecciate sbarrava loro la strada da entrambi i lati. L'unica era voltarsi e correre, ma il suo corpo non stava rispondendo. Anche gli altri sembravano pietrificati.

C'erano così vicini.

Il Tirannosauro era immenso, e si muoveva col passo cauto ma sicuro di un animale dominante nel proprio territorio. In quel momento stava valutando se valesse la pena attaccarli. Pregò un qualsiasi dio che avesse mangiato da poco, e che non li considerasse una minaccia.

– Ora uno Spinosauro ci farebbe comodo.

Era stato Eric a parlare. Grant non fece in tempo a sorprendersi per la frase. L'aria si riempì di un suono raggelante e inaspettato – l'urlo di decine di creature uscite dai peggiori incubi mescolate insieme.

Ma le fauci del Tirannosauro non si erano aperte.

Grant trovò finalmente un po' di coraggio. Scattò di lato, afferrando Eric per un braccio. Doveva aver preso una storta quando era inciampato, e quando si mosse una fitta di dolore lo trapassò. Arrancò verso una nicchia fra i giganteschi fusti degli alberi e schiacciò sé stesso e il ragazzo contro il muschio. Paul trascinò Amanda accanto a loro e la strinse a sé.

Mentre strisciavano lungo i tronchi, cercando un vano, erano a malapena coscienti dello Spinosauro che irrompeva nella radura, creandosi con facilità disarmante un varco fra i tronchi che per gli umani erano una barriera impenetrabile. Schegge di legno li raggiunsero. Erano a meno di una decina di metri.

Lo sguardo gelido del Tirannosauro si incatenò a quello del nuovo arrivato. L'intruso aveva catalizzato immediatamente la sua attenzione.

La sorpresa non durò nemmeno tre secondi. Nessuno dei due predatori si fermò a studiare l'altro, né a cercare di intimidirlo. Il Tirannosauro inarcò i possenti muscoli del collo e si lanciò dritto contro lo Spinosauro, che a sua volta scattò in avanti. Tutto si congelò per altri tre secondi.

Silenzio. Poi fragore, insopportabile, come una tempesta di neve.

Quando gli umani alzarono gli occhi dal vano più lontano che avevano trovato, la collisione fra i due animali aveva spinto lo Spinosauro di lato, abbattendo la parete di tronchi per tutta la sua lunghezza e facendolo rovinare a terra in un marasma di schegge, frammenti e fogliame strappato. Anche il Tirannosauro sbandò di lato, puntellandosi con una zampa posteriore, ma recuperò la posizione e attaccò alla cieca nel polverone. Le mandibole si chiusero sul muso dell'altro, e strattonarono violentemente. Il collo dello Spinosauro si torse in risposta, e si sarebbe spezzato in due se il punto d'appoggio dell'altro non fosse stato malfermo. Ma le lunghe braccia artigliate scattarono prima che il T-Rex riuscisse a riguadagnare l'equilibrio, lasciando segni sanguinosi sul suo torace. Le fauci affusolate dello Spinosauro trovarono la carne alla base del collo, affondandoci. Il Tirannosauro muggì di dolore, si divincolò con un altro strattone e contrattaccò puntando ancora al muso. Ma l'altro era piegato sulle zampe anteriori, e la bocca del T-Rex trovò solo le spine della vela dorsale, spezzandole con un crack inquietante.

Grant e i Kirby continuavano ad annaspare sull'intreccio di radici, muovendosi di lato come gamberi per cercare di trovarsi sempre nel punto opposto allo scontro. Lampi nero-rossastri e verde scuro precedevano gli impatti tremendi fra i dinosauri, le zanne non trovavano mai la giugulare e la lotta finiva per puntare a stressare sempre più violentemente ossa, tendini e muscoli del nemico, fino al momento in cui un colpo meglio assestato avrebbe frantumato, lacerato o spezzato qualcosa di vitale. I due titani si muovevano con una rapidità impressionante per animali tanto pesanti, occupando gran parte del suolo e trovandosi sempre a bloccare le possibili vie d'uscita da quel cerchio della morte.

Dannazione!

Grant non voleva morire lì. Non dopo tutti quegli sforzi. E non sarebbe successo. Dovevano solo aspettare il momento giusto. Bastava solo un attimo.

Come un orso impossibilmente grande, lo Spinosauro sferrò due potenti zampate, lasciando sei strisce di sangue sul muso del T-Rex. Ma gli costò un momento di troppo. Le fauci del Tirannosauro si fecero strada verso la sua gola, indifesa per un secondo. Quando lo Spinosauro reagì, era già stretto in una morsa implacabile che gli perforava il collo. Mandò un verso acuto e strozzato, che tagliò la cappa di calore della giungla. Poi uno schiocco, chiaro e terrificante. Il grido cessò.

Il Tirannosauro mollò la presa, lasciando che la gravità facesse il resto. Il corpo del gigantesco rivale si accasciò al suolo, producendo un piccolo terremoto. Rimase solo l'ansimare del vincitore, in un silenzio di morte.

Ci vollero altri tre secondi. Grant si accorse che stava trattenendo il fiato. Guardò il sentiero che portava alla spiaggia. Era libero.

Il T-Rex posò una delle enormi zampe posteriori sul fianco dello Spinosauro, e finalmente ruggì di vittoria. Dentro quel suono di un altro mondo c'erano trionfo e frustrazione liberata. Gli equilibri del suo regno, messi in crisi dall'intruso, erano stati ristabiliti. L'isola era di nuovo tutta sua. Era questo che stava annunciando. Strida di uccelli gli risposero, facendo eco sulle frequenze acute al messaggio del sovrano restaurato di Sorna.

Grant decise che era il momento. Afferrò il polso di Eric, che era il Kirby più vicino. Ma lui sembrava ipnotizzato. Fissava il Tirannosauro, che torreggiava sul corpo disarticolato dello Spinosauro e continuava a lanciare ruggiti assordanti in tutte le direzioni, come se sentisse il bisogno di chiarificare qualcos'altro ancora.

– Io me lo ricordo.

Grant ci mise un attimo a registrare quello che aveva detto Eric. – Cosa?

– L'ho già visto.

Amanda si avvicinò stranita. Il ragazzo sembrava sotto shock. Eppure doveva averne viste di scene del genere, e non pareva particolarmente impressionabile.

– Cosa vuoi dire, Eric? – mormorò Paul, tirandolo. – Su, andiamo.

– Sbrighiamoci, – disse Grant. Eric sembrò svegliarsi dalla trance.

Scattarono verso la spiaggia, con Alan che arrancava tenendosi il polpaccio. Il T-Rex li notò appena. Probabilmente, decise che non meritavano la sua attenzione in quel momento.

– Dico che l'ho visto in televisione, – disse Eric, la voce più acuta per il respiro affannoso. Il rumore di motori si intensificava, e sembrava mescolato a una voce umana che urlava attraverso un megafono. – Quattro anni fa. Incidente di San Diego.

– Eric, possiamo parlarne dopo? – gridò Amanda.

– Stesse cicatrici. Stesso disegno sul dorso. Non è mai passato dove stavo io. Era in questa parte dell'isola.

Eric si zittì, come se avesse detto quello che doveva dire, e scattò in avanti.

Mentre caracollava più rapidamente che poteva, la mente di Grant si era avviata, senza che potesse fermarla. Gli venne in mente Malcolm, il suo ruolo nel far venire alla luce l'incidente del Jurassic Park e l'esistenza del Sito B. Per quanto lo detestasse, pensò che era venuto il momento di chiedergli scusa per non averlo mai appoggiato in otto anni.

E pensò al suo scavo nel Montana, il motivo per cui aveva accettato i soldi della InGen per non creare problemi. Lì lo aspettavano dinosauri innocui, più reali, più appassionanti, fatti solo di ossa fossili – quelli che nessun esperimento genetico e nessuna morte violenta erano mai riusciti a rovinargli.

La luce del sole si faceva strada tra le fronde. Ora c'era anche il rumore del mare. L'ultimo, sbiadito ruggito li raggiunse da quella che pareva ormai una lunga distanza.

Eppure, voltandosi un istante, a Grant era sembrato di vedere ancora una scena. La figura maestosa del Tirannosauro, tornato calmo dopo aver eliminato l'unica creatura che potesse minacciarlo, veniva raggiunta da un suo simile, che gli si sfregava contro come se fosse un familiare...

Ma erano troppo lontani: era di sicuro un'illusione ottica. Ormai erano usciti dal fitto della giungla, e pochi arbusti iniziavano a lasciare spazio alla sabbia. Si concentrò di nuovo sulla corsa, ignorando il dolore alla gamba e sperando ardentemente che fossero davvero alla fine di quell'avventura.

   
 
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