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Autore: ombranelbuio    20/01/2023    1 recensioni
Rivisitazione de "la lampada di Aladino" in chiave fantasy per la mia campagna di D&D. I giocatori dovrenno scoprire e risolvere il mistero riguardo il terzo desiderio per sbarazzarsi del demone.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che tra queste dune, sepolta sotto le calde sabbie del Deserto Centrale nei pressi della ridente città Tariq'Al-Naar, un viaggiatore dotato di particolare fortuna possa imbattersi nella famosa Lampada d'Oro, abbandonata in tempi remoti dalla sua ultima proprietaria: la pontente maga Selindra, che la usò per ottenere ogni conoscenza e realizzare i suoi desideri.

 

La leggenda infatti vuole che tale lampada sia in realtà un antichissimo oggetto magico, un contenitore in cui un potente genio venne imprigionato eoni or sono e che costui sia in grado di esaudire tre desideri per chiunque la trovi, guadagnandosi così la libertà.

Ma le storie che si narrano sulla misteriosa Lampada sono tante e varie, ciascuna con le proprie sfumature e le proprie regole. Tutte però concordano su un fatto: che il genio alla fine non è mai stato liberato e che la lampada assieme ai desideri abbia portato anche una buona dose di sventura dopo essere stata utilizzata. Tranne a Selindra, una giovane vagabonda che è stata la sola a sfuggire a tale destino.

 

Ma partiamo dal principio.

Non si sa molto di Selindra, tranne che era una fanciulla povera, ma ricca di arguzia. Non era particolarmente avvenente e non possedeva grandi qualità, goffa e sgraziata passava piuttosto inosservata. La sua sola dote era l'intelletto, uno spiccato intuito e un acume fuori dal comune. Ma la sua estrema timidezza le aveva sempre impedito di fare buon uso di tali doni ed essere nata in una famiglia ai margini della società non fu d'aiuto. Ben presto si ritrovò sola ed affamata, costretta per qualche motivo ad intraprendere un viaggio attraverso il deserto.

Vagando per giorni tra le desolate dune, schiacciata dal sole cocente e dalla sete, ben presto si smarrì.

Quando le ultime forze la abbandonarono, stremata, cadde nella sabbia rassegnata al suo destino. Fu qui che la sua mano incontrò qualcosa: un oggetto metallico lucido e liscio. Afferrò la piccola lampada ad olio notando che era fatta interamente d'oro e ci si specchiò osservando il riflesso del suo viso deformato dalla superfice curva dell'oggetto finchè non sopraggiunse il buio. Ad un tratto, del fumo blu iniziò a fluire dalla lampada ed esso assunse le sembianze di un uomo alto e possente, un genio dall'aspetto terrificante e maestoso.

 

"Chi sei tu, oh padrone della lampada? Dimmi il tuo nome!" Tuonò la sua voce che riecheggiò nel cielo in ogni direzione.

"Sono Selindra, questo è il mio nome... e voi chi siete?" Rispose tremante la fanciulla.

"Io sono il genio della lampada, e ti concedo tre desideri, poi sarò libero. Avanti esprimi il primo, comandami qualunque cosa e io la esaudirò."

 

A tale richiesta Selindra rimase attonita. Esitò a rispondere iniziando a riflettere. Era inquieta e non capiva cosa stesse accadendo ma il suo intuito le suggeriva di vagliare a fondo ogni eventualità. Perchè proprio a lei una tale inestimabile opportunità? Chi era quell'essere? Poteva davvero fare quanto detto? C'era un prezzo da pagare? Era benevolo o malvagio?

 

Tormentata da tali ed altri innumerevoli quesiti non riuscì a pensare a un desiderio. Al momento voleva solo dell'acqua e del cibo ma era un peccato sprecare un desiderio per qualcosa del genere.

Così disse al genio: "Sommo genio della lampada, ho in cuor mio numerosi desideri ma vedete, sono solo una povera sventurata, affamata e debole. Se non troverò sostentamento al piu presto perirò e la lampada tornerà sepolta qui in mezzo al nulla".

 

Il genio sorrise e le rispose: "Ebbene pronuncia le parole desidero da bere e da mangiare, ed io apparecchierò per te la piu immensa e sfarzosa tavola imbandita che tu abbia mai sognato, ogni cibo e bevanda di questo mondo, ogni piatto e leccornia da fare invidia a qualsiasi corte reale, tu l'avrai in abbondanza e potrai disporne a sazietà".

Ma Selindra chinò il capo con umiltà dicendo:

"E' forse consono domandare a un fabbro di affilare uno spillo? O ad un cavaliere di condurre un pascolo? Sommo genio, voi vi manifestate a me con tale possanza e fierezza che io temo l'offendervi piu che la morte stessa".

Allora si distese sulla sabbia e giacque lì a riposare.

Il genio contrariato si accigliò, incrociò le braccia e ritornò nella lampada tra sbuffi di fumo turchese.

 

Selindra restò immobile cercando di dormire per quanto la sete e i dubbi la tormentassero. Trascorse così tutta la notte e alla fine si addormentò esausta.

La voce del genio la ridestò all'alba:

"Sento che il tuo stomaco raglia piu che cento muli, le tue labbra sono secche quanto queste stesse lande e il tuo sonno è flebile piu del volo di una libellula, eppure non esprimi alcun desiderio. Forse hai perduto la capacità di parlare? Perciò ecco, io ti indico che cento passi a sud troverai del cibo sufficiente a rinfrancarti".

 

Selindra con grande sforzo si trascinò nella direzione indicata e scorse dei cactus gonfi e succulenti. Ne recise alcuni dissetandosi col loro succo. E mentre beveva avidamente quella polpa carnosa, notò una serpe morta da poco lì nel mezzo. La mangiò e ritrovò le forze, allora il genio comparve nuovamente:

"Ebbene? Esprimi il tuo primo desiderio. Se hai una famiglia o persone care, posso condurti da loro in un istante, forse non desideri rivederli? O posso portarli qui, e far apparire un castello con servitori e ricchezze infinite. Qualunque cosa tu abbia mai sognato, io posso dartela!"

 

Selindra meditò ancora. Non aveva mai sentito nulla a proposito di una lampada e di un genio che esaudisce i desideri. Si accorse però che, banalmente, il genio non si era ancora presentato.

"Sommo genio della lampada, il mio nome è Selindra come vi dissi ieri, ed è buon costume riferire il proprio quando ci si presenta. Qual è dunque il vostro?"

Il genio si adirò.

"Io sono il genio della lampada, questo ti basti. Appellati a me in tal modo o dammene un altro di tuo gradimento se preferisci, non ha importanza. Purchè tu ti affretti ad esprimere il primo desiderio".

La ragazza riflettè allora un momento sul nome da dare al genio ma qualcosa non le tornava. Sorrise capricciosa, poi disse:

"Con il mio primo desiderio, desidero che mi riveliate il vostro vero nome!"

Il genio spalancò gli occhi in un espressione di rabbia e stupore per quella bizzarra richiesta, ma le regole della sua prigionia lo obbligarono a obbedire.

Pronunciò il suo vero nome in maniera limpida ed austera, tuonando per quelle distese solitarie ed esso aveva un suono ultraterreno che nessun uomo o donna mortali avrebbero mai potuto udire nemmeno in cento vite.

"Ho esaudito la tua richiesta, mio malgrado... ora affrettati ed esprimi il tuo secondo desiderio."

 

Ma Selindra era una ragazza semplice, le bastava avere quel poco sufficiente a sopravvivere per essere soddisfatta. Possedere quell oggetto magico la faceva sentire speciale, la incuriosiva, e oramai non aveva nessun luogo a cui tornare, nessuno che la aspettasse da qualche parte, perciò decise di approfittare ancora un po della compagnia del genio.

"Sommo genio della lampada, il vostro saggio consiglio stamane mi condusse presso una fonte di nutrimento, ma come vedete si è gia esaurita ed io ho bisogno di tempo per meditare con cura i miei restanti due desideri. Voi che siete come un dio non siete certamente schiavo del tempo e della fame come me misera mortale, per cui imploro che abbiate pazienza affinchè la mia mente inesperta partorisca un desiderio degno della vostra grandezza".

Il genio parve dapprima stizzito a tale richiesta, però non potè negare la verità insita in quelle parole per quanto suonassero falsamente lusinghiere, perciò senza dire nulla si ritrasse nella lampada.

 

Passarono tre giorni. Selindra aveva esaurito gli ultimi rimasugli di cactus e riprese a patire la fame. Pensò che dopotutto quel genio doveva essere davvero malvagio per lasciarla così a soffrire. Aspettava forse, per ripicca, di vederla nuovamente stremata prima di condurla ad altro cibo? Da sola ne aveva cercato invano nel frattempo ma i suoi occhi erano riusciti a contemplare solamente un infinita distesa di sabbia. Solo quando cadde ormai indebolita, il genio tornò a parlarle seppur con tono piuttosto seccato:

"Segui il volo di quel passero del deserto finchè non scorgerai delle rocce all'orizzonte, oltre di esse troverai un oasi con acqua e frutti in abbondanza. Lì potrai riflettere con cura sui due desideri che ti restano". Detto questo si congedò.

 

La ragazza fu soddisfatta quando giunse all'oasi. Benchè avesse dovuto sopportare la punizione del genio dispettoso, alla fine aveva ottenuto quello che voleva, cibo e acqua in abbondanza. La solitudine non la spaventava poichè di tanto in tanto il genio veniva fuori ad incalzarla, allettandola con sempre nuovi desideri, intrattenendola insomma senza volerlo col metterla al corrente ora di questo bel principe di una terra straniera, ora di quel favoloso tesoro dalle capacità prodigiose. Trascorsero così diversi giorni.

 

Selindra era tentata di chiedere oro e ricchezze per se, la vita eterna, una bellezza ineguagliabile, l'amore del principe piu affascinante del mondo e così via, eppure la sua curiosità la tratteneva. Voleva sapere di piu su quell'essere bizzarro che sapeva così tanto del mondo pur essendo sempre rimasto chiuso nella lampada e di come fosse finito in tale prigionia nonostante quegli incredibili poteri. Chi era stato in grado di soggiogare un essere che puo realizzare qualsiasi cosa con uno schiocco di dita? Forse un Dio? E per quale motivo era stato punito? Il genio si mostrò restio a rispondere a qualsiasi domanda personale.

 

Pensò che, anche qualora avesse ottenuto tutto ciò che desiderava, Selindra non avrebbe mai piu avuto occasione di conoscere le risposte a tali quesiti, apprendere fatti che riguardavano esseri e mondi superiori a quello umano, perciò decise di serbare il terzo desiderio per le ricchezze, e spendere il secondo per soddisfare ancora una volta un suo capriccio.

Pensò anche che se il genio aveva celato il suo nome e la sua storia, era per propria convenienza, ancor di piu perchè si rifiutava di spiegare nel dettaglio il funzionamento di quei prodigi degni di un dio o del perchè dovesse compierli e in che modo lo avrebbero potuto liberare.

 

Sospettava che la lampada celasse qualche segreto inganno, così animata dalla diffidenza, Selindra sorrise per la seconda volta e disse:

"Col mio secondo desiderio, desidero poter apprendere per la prima volta la vostra vita e ricordarla, per cui ogni giorno da mezzodì al tramonto me la narrerete distesamente tutta a ritroso, per digressioni, partendo da questo momento e giungendo fino a quello della vostra nascita in maniera che sia a me comprensibile".

Il genio rimase sconcertato da quella richiesta, non solo per la sua singolarità, ma soprattutto per le varie implicazioni che essa comportava. Avrebbe dovuto svelare tutti i segreti che fino ad allora aveva taciuto e narrare millenni di storia, cosa che avrebbe richiesto secoli. E come poteva un umana ascoltare una storia così lunga per così tanto tempo?

 

Selindra aveva riflettuto a lungo su quel desiderio, lei voleva sapere tutto e allo stesso tempo voleva assicurarsi di poter vivere abbastanza a lungo da poter ascoltare ogni cosa e non essere tormentata da un racconto che durasse giorni interi senza poter dormire o rischiare che venisse pronunciato in una lingua o a una velocità incomprensibili. Voleva che fosse narrato a ritroso perchè essendo consapevole della propria ignoranza, aveva bisogno di comprendere gli eventi a partire da ciò che le era familiare piuttosto che ritrovarsi in mezzo a conflitti di divinità, creazioni di mondi e cose colpicate del genere, voleva altressì conoscere prima di tutto la sorte spettata ai precedenti proprietari della lampada e infine, così avrebbe avuto il tempo dopo il tramonto di trascrivere la storia.

 

L'oasi era circondata da pareti rocciose che le offrivano spazio in abbndanza su cui scrivere. Frutta e acqua non mancavano, così passò settimane impegnata in quell'operazione. Avvenne poi che un vecchio mercante di passaggio sostò presso l'oasi per rifocillarsi. Notando le prime pareti incise, prese a leggerle, guidato da Selindra fiera del suo lavoro e felice di poterlo condividere finalmente con quelcuno. La storia era solo all'inizio, ma il mercante ne rimase colpito e poichè era interessato a conoscerne il seguito promise alla ragazza di ritornare il mese seguente, portandole in cambio carta, inchiostro e altri doni. Da quel momento Selindra smise di scrivere sulle rocce e prese a comporre delle pergamene. Man mano divenne piu abile a scrivere così che impiegava sempre meno tempo nelle trascrizioni e ne aveva di piu per dedicarsi alla lettura. Poco a poco si fece recapitare dal mercante svariati libri, soprattutto di magia, coi quali accrebbe la sua conoscenza e sviluppò doti arcane. Il mercante intanto rivendeva i rotoli di Selindra a un ricco visir e con parte dei ricavati acquistava nuovi libri da darle in pegno.

 

Passarono diversi anni. Il vecchio mercante morì e fu sostituito da un servitore del visir, il quale talvolta si recava personalmente all'oasi dell'ormai nota maga. I segreti che i suoi scritti rivelavano parlavano non solo di uomini, moralità e peccato, ma anche di altri mondi, poteri soprannaturali, incantesimi proibiti e segreti divini. Il genio non potè nascondere nulla di ciò che aveva visto e udito dall'alto della sua potenza ultraterrena. Questo permise a Selindra di affinare le sue ritrovate capacità arcane. Si dice che prese a scrivere due tipi di rotoli, uno per se stessa con la storia per intero, e una per il visir con alcune parti e nozioni mancanti che lei ritenne troppo pericolose da rivelare.

 

Col passare dei decenni Selindra prese a invecchiare. Benchè mantenesse una salute forte e un buon udito, nel suo desiderio non era contemplata l'eterna giovinezza. Ne era consapevole fin dall'inizio, ma confidava che a un certo punto del racconto del genio avrebbe scoperto qualche segreto per risolvere il problema, era anche per questo che aveva chiesto di farsi narrare tutto a ritroso, poichè i rimedi per la mortalità umana potevano trovarsi solo in ere in cui gli umani esistevano già. Fu un azzardo su cui decise di scommettere a occhi chiusi, e la sorte la premiò. Ormai canuta ed ingobbita dall'età, la vecchia Selindra venne infine a sapere di un modo per riacquistare la giovinezza. Invano il genio l'aveva esortata a utilizzare il suo terzo desiderio per quello scopo. Invece lei lo ottenne con la pazienza e le sue sole forze.

 

Da quel momento in poi la storia si fa nebulosa. Il visir morì di vecchia, la maga Selindra smise di produrre rotoli da vendere e, ritrovata la gioventù perduta, proseguì ad ascoltare il genio per svariati secoli a venire.

 

Nel frattempo aveva preso a viaggiare per il mondo accumulando ricchezze e conoscenza grazie alle sue doti ma senza mai rivelare la propria identità. Le venne la curiosità di cercare informazioni sui precedenti possessori della lampada d'oro, coloro dei quali il genio le aveva narrato e che avevano visto esauditi i propri desideri. Si aspettava di trovarne le regge monumentali, i pronipoti, le leggende. Invece nulla. Per quanto assiduamente potè cercare in lungo e in largo, non trovò neppure una singola traccia della loro esistenza. Nessuno li ricordava nè ne aveva mai parlato o scritto benchè fosse nota la leggenda della lampada d'oro che realizza i desideri e tutti i loro beni materiali fossero presenti come il genio li aveva narrati ma con storie e proprietari differenti. Eppure il genio era vincolato dalla sua maledizione a raccontare il vero, non poteva averle mentito. Questo fatto la insospettì e decise di attendere la fine della storia per conoscere la verità.

 

Quando la storia del genio fu sul punto di terminare, Selindra comprese che anche la sua vita avrebbe subito la stessa sorte poichè, nonostante conservasse la giovinezza nel corpo grazie alla magia, la sua esistenza aveva ecceduto gia da tempo rispetto agli anni che le erano stati concessi in quanto essere mortale. Lei era vincolata a quel racconto tanto quanto il genio lo era alla sua lampada, per questo poco prima che la parola fine fosse pronunciata dal genio, espresse il suo terzo desiderio:

"Con il mio terzo desiderio, desidero dimenticare tutta la storia che mi avete narrato quando sarete a una parola dalla fine, cosicchè dobbiate ricominciare da capo".

La ragazza infatti confidava di poterla rileggere nei suoi preziosi mille rotoli.

Il genio a quel punto reagì come se qualcosa gli fosse tornato alla mente e piombò nella più totale disperazione.

 

Sbarrò gli occhi a bocca aperta con le lacrime agli occhi, assunse un aspetto pietoso che mai ci si sarebbe aspettato di vedere in un entità tanto vigorosa e fiera, parlando a Selindra per la prima volta con voce implorante.

"Ti supplico, non farlo. Non ancora. Ti prego basta! Questo stesso desiderio lo hai gia espresso tante volte quanti i grani del deserto. Questa storia si è gia ripetuta innumerevoli volte poichè col tuo secondo desiderio mi imponesti di narrarti la mia vita PER LA PRIMA VOLTA e in modo che tu te ne possa ricordare, e poichè la legge della lampada mi vieta di influenzare la mente del suo padrone non posso cancellarla dalla tua memoria, per cui l'unico modo che mi resta per esaudire il terzo desiderio facendoti dimenticare ogni cosa in modo da narrarti di nuovo la storia come se fosse per la prima volta, è riavvolgere il tempo fino al momento in cui il mio racconto ebbe inizio. Io stesso ne sono vittima oramai e solo all'udire del tuo terzo desiderio riacquisto memoria di tutti i cicli precedenti. E' un peso intollerabile. Hai generato un gorgo nella trama del tempo in cui ogni cosa è intrappolata, stagnante e gli Dei primigeni che dominano oltre la creazione non tollereranno ancora a lungo un simile scempio. Se perseguirai ancora sarà la fine di tutto, perciò desisti te ne prego!".

 

Selindra fu sconvolta dalla rivelazione. Voleva solo prolungare la propria vita di qualche secolo evitando la sorte dei precedenti padroni della lampada, non sconvolgere a tal punto le leggi del creato. Ritirò quanto detto poco prima e riflettè con maggiore attenzione sul desiderio da esprimere. Doveva comunque fare in fretta perchè una sola parola la separava dalla fine del racconto del genio.

 

Pensò a tutti i possibili espedienti per impedire al genio di pronunciare quell'ultima parola, ma si rese conto che qualunque soluzione poteva essere aggirata oppure sarebbe entrata nuovamente in conflitto col secondo desiderio e non aveva idea di quali danni cosmici avrebbe potutto procurare.

 

Infine ebbe come un illuminazione. La maga Selindra sorrise per la terza volta ed espresse il suo ultimo desiderio.

Nessuno sa quale sia, ma una cosa è certa: tutti ricordano ancora chi è Selindra e la lampada d'oro continua a passare di mano in mano avverando i desideri dei fortunati che riescono a trovarla.

E chissà, magari, sepolta da qualche parte, prima o poi qualcuno troverà anche la milleunesima pergamena di Selindra che racconta come risolse tutto per il meglio.

  
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