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Autore: elenatmnt    27/01/2023    2 recensioni
Ogni tanto bisogna allentare la presa, questo può avere conseguenze? Leonardo sospetta che qualcosa non va.
DAL TESTO:
“Vado a letto, ho sonno”.
È ciò che ha detto Raph prima di chiudersi nella sua stanza alle nove di sera.
Chi ci crede più? Io no di certo. E poi alle nove? No, sul serio non ci credo per niente.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note di quella che scrive: 
 
Storia che partecipa alla Challenge ADVENT CALENDAR 2022 del Gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO.
E con questa oneshot si concludono tutte le storie partecipanti a questa meravigliosa challenge che mi ha accompagnata durante tutto il periodo natalizio. Ringrazio infinitamente chi leggerà!!
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OMISSIONE
 

“Vado a letto, ho sonno”.
 

È ciò che ha detto Raph prima di chiudersi nella sua stanza alle nove di sera.
Chi ci crede più? Io no di certo. E poi alle nove? No, sul serio non ci credo per niente.
 
Da quando il Sensei ha iniziato a sentirsi poco bene, abbiamo deciso di diminuire le pattuglie serali, non ci va di lasciarlo solo. Per non rendere troppo evidente la cosa, abbiamo ridotto il tempo delle ronde ad un’ora al massimo due; oppure usciamo solo in coppia alternandoci.
Ci nascondiamo dietro a scuse sciocche per giustificare le nostre limitate uscite, lo facciamo per non farglielo pesare e questo il Sensei lo sa.
Lo sa fin troppo bene.
 
A Raph sta stretta questa situazione, lui uscirebbe ogni notte. E lo fa, di nascosto ovviamente; il problema è che non so cosa faccia. So che dovrei dirgli qualcosa a riguardo, però non me la sento di stargli troppo addosso, lo conosco. Finiremmo solo per litigare pesantemente e questo nuocerebbe a noi, ma soprattutto a nostro padre e non voglio dargli un motivo in più per stare male.
Quindi accetto che mio fratello testa calda esca di nascosto. Per ora.
 
 
Stasera il turno di ronda è toccato a me e Donnie. È stata una serata tranquilla; noiosa lo ammetto, però ciò significa che nessuno ha avuto problemi, meglio così.
 
Tornati a casa, il primo pensiero va a mio padre, sono andato da lui per accertarmi che stesse bene; dormiva sereno e non ho potuto fare a meno di sorridere. È grande, sta invecchiando e la presa di coscienza della realtà fa male.
Suppongo che sia nell’ordine naturale delle cose. Un figlio che si preoccupa della vecchiaia del proprio genitore.
Caccio via il pensiero, non voglio diventare triste.
 
Michelangelo ha il potere di addormentarsi con una rapidità sorprendente; sono tornato appena dieci minuti fa ed era sveglio che giocava ai videogames, ora sta russando come una motosega. Mi fa ridere anche quando dorme. Non tento nemmeno di svegliarlo, ormai è andato; gli poggio una coperta addosso e anche stasera dormirà sul divano in salotto.
Passo davanti alla camera di Donatello, la porta è chiusa, ma intravedo la luce accesa da sotto l’uscio. Spero vada a letto e che non faccia per l’ennesima notte le ore piccole.
Raph russerebbe anche lui, ma non lo sento. Sicuramente è sgattaiolato fuori come tutte le sere, altro che ‘vado a letto, ho sonno’.
 
Mi incuriosisce il fatto che abbia lasciato la porta socchiusa, non è da lui, solitamente si preoccupa di chiuderla. So già che non troverò nessuno, però qualcosa mi spinge a guardare dentro.
 
Curiosità? Accertarmi di avere ragione? Preoccupazione?
 
Non lo so, so solo che ho aperto piano la porta lasciando che la flebile luce del corridoio invadesse la camera, quando con mia sorpresa, ha visto Raffaello nel letto.
Dormiva sul serio.
Il mio istinto indagatore, anzi no, il mio istinto da leader e fratello maggiore, mi ha gridato a gran voce di andare dentro e controllare; al massimo mi sarei beccato un bell’insulto, niente di più ovvio da quella testa calda di mio fratello.
Qualcosa però non quadra… non russa! La sarabanda vocale, normalmente si sente fino al piano di sotto, invece sento un respiro affannato e irregolare.
Ecco che inizio a preoccuparmi.
Mi avvicino e vedo che è infagottato nelle coperte, quasi non ci respira lì sotto, tanto si è rannicchiato.
No, non è da lui.
Gli metto una mano sulla spalla e lo chiamo. Una, due, tre volte. Mugugna ma non si sveglia, immediatamente gli metto una mano sulla fronte.
Scotta.
Lo chiamo con più foga e decide, con mio sollievo di aprire gli occhi.
 
“Raph. Fratello, svegliati”.
“Mmm?”.
“Raph, Raffaello. Come ti senti?”.
“L…Leo?”.
“Credo tu abbia la febbre”.
“Mmm… ok…”.
“No non è ok”.
 
È chiaro che Raph sia stordito e io turbato. So che è solo una febbre, capita, ma non posso fare a meno di preoccuparmi per la mia famiglia.
“Raph, vado a chiamare Donnie”.
“N…no. Non… serve. Fammi dormire. Domattina starò megl…” un colpo di tosse gli taglia la frase.
“Fatti visitare”.
“Leo… è… ok. Non chiamar...lo…”.
“Almeno vado a prendere il termometro, così misuriamo la febbre”.
“Mmm…”.
 
Non aspetto il consenso, scendo nel laboratorio di Donnie, lui ha tutto lì. Non mi stupisco del fatto che ci sia la luce accesa e Donatello che lavora al computer.
“Leo?”.
“Ormai non ti chiedo più perché sei qui e non in camera tua”.
“Mi sono ricordato che dovevo scrivere solo un paio di appunti. Finisco subito e vado a letto, promesso!”.
Il ‘paio di appunti’ richiedono almeno tre ore, conoscendolo. Non so più come dirgli di non ammazzarsi di lavoro.
 
Forse sto lasciando a tutti troppa tregua? Forse sto venendo meno al mio compito di leader? Dovrei essere più severo? Senza la costante guida di mio padre mi sto perdendo anche io nel mare dei dubbi e delle incertezze, faccio tutto quello che posso eppure sembra non sia mai abbastanza.
 
“Leo?” Donnie mi ridesta dai pensieri. “Ti serve qualcosa?”.
“Dove hai il termometro?”.
“Termometro? Stai male?”, si allarma subito. Se uno di noi si fa solo anche un piccolo livido, lui è già in modalità dottore.
“Non è per me, credo che Raffaello abbia la febbre”.
“Vengo a dargli un’occhiata”.
Inutile dire che in dieci secondi ha preso la cassetta del pronto soccorso ed è uscito fuori dal laboratorio.
 
 
Donatello si siede sul letto accanto a Raph, il respiro è diventato ancora più affannato di prima.
“Raph. Raph, apri gli occhi. Su svegliati ho bisogno di visitarti”.
“Mmm? D…Don?” Raph sbuffa. “Le…o... perché lo…hai chiamato?”.
Risponde Don per me.
“Ero sveglio e sono venuto di mia spontanea volontà. Leo non c’entra”. Ha risposto mentre prende ciò che gli occorre. Gli sposta le coperte e gli mette il termometro sotto l’ascella. Raffaello trema visibilmente.
“Fred…do…” si lamenta.
“Lo vedo, hai i brividi. Qualche altro sintomo?”.
“Sono… stan…co e ho ma…le…”.
Man mano parla, Raffaello sembra abbandonarsi al sonno e la cosa non mi piace per nulla. Per ora sto fermo a guardare, mi fido di Don, lui sa cosa fare.
“Dove hai male?”
Tace. Apre e chiude gli occhi, sembra voglia combattere per rimanere sveglio, ma la spossatezza prende sempre di più il sopravvento.
“Raph. Hei Raph… Raffaello su fai uno sforzo. Dove hai male?”.
“Gam…ba…”.
Donatello fa uno sguardo strano, la sua mente indagatrice sta elaborando le informazioni che Raffaello gli ha dato. Il suo flusso di pensieri, come il mio nervosismo vengono interrotti dal suono del termometro. Donatello lo prende e sgrana gli occhi alla visione del numero.
“Per la barba di Einstein! È troppo alta” si lascia scivolare via.
“Alta?”.
“Cavoli sì. E ho un sospetto…”
“Sospetto?”.
“Ti risulta che si sia fatto male?”.
“No… che io sappia no”.
“Dammi un minuto”.
 
Il genio toglie completamente la coperta da Raffaello, scoprendo che si è coricato con tutta la sua attrezzatura ninja, non si è tolto né cintura né fasce di protezione, a stento ha buttato i sai a casaccio sul pavimento insieme alla sua maschera rossa.
Con cura, Don sfila via le fasce di protezione in cuoio che avvolgono le gambe di Raffaello fino alle ginocchia.
La testa calda si lascia manipolare senza dire nulla, questo è una delle tante conferme che sta proprio male. Apre e chiude gli occhi, non capisco se è conscio di ciò che gli sta accadendo intorno o meno.
“Don cos’ha?”, gli chiedo con un tono che grida preoccupazione.
“Ha detto che ha male alla gamba e temo che…”
 
Donatello si blocca all’istante.
 
“Merda!” reprime un urlo.
Il mio stomaco si rivolta alla vista di quello che vedo, Raffaello ha una ferita alla gamba, la cosa peggiore è che ha fatto infezione. L’odore che ne viene fuori è nauseabondo, a Don pare non dargli fastidio, o lo nasconde bene, però è evidente nei suoi occhi la voglia di prendere a pugni Raph.
“Che pezzo di idiota!” ringhia Donatello. È tremendamente arrabbiato. Quella rabbia si trasforma in apprensione, cosa che non può permettersi in questo momento. Torna lucido in pochi secondi e con la precisione di un chirurgo mi dice cosa fare.
 
“La ferita ha fatto infezione. Devo togliere via i punti che malamente si è messo da solo, pulirla e ricucirla. Dopo di che dovrò somministrargli un forte antibiotico”.
Istintivamente mi porto una mano sugli occhi e li chiudo; ho bisogno di prendere un profondo respiro per andare avanti in questo casino.
“Devo chiamare Sensei e Mikey?”.
“No Leo. Papà si preoccuperebbe e consiglio di evitarlo; Mikey sverrebbe al solo pensiero del sangue e degli aghi e francamente eviterei altri problemi. Ce la caveremo noi due”.
Accenno con la testa.
“Dimmi cosa devo fare”.
“Spoglialo del resto dell’attrezzatura e sveglialo, deve rimanere più lucido possibile. Io arrivo subito, c’è altro che devo prendere dal laboratorio”.
 
Siamo entrambi preoccupati, le mie mani tremano un po’. Donatello è in tensione, ma non si lascia trasportare dalle emozioni, ha la capacità di rimanere risoluto anche nelle situazioni più disperate, specialmente se la responsabilità grava su di lui.
E questo mi fa male.                
 
È tutta colpa mia. Se mi fossi imposto, se avessi fermato Raffaello, se avessi fatto più attenzione… tutto questo non sarebbe accaduto. Sento che mi si stanno formando le lacrime agli occhi, le reprimo con tutta la mia forza, non è il tempo di piangere o di commiserarsi. È tempo di agire.
 
Spoglio velocemente Raph e lo chiamo, gli schiaffeggio leggermente la faccia pur di tenerlo sveglio.
Donatello in pochi minuti è già qui.
 
“Raph, su stai sveglio!” se non conoscessi bene Don, direi che nella sua voce c’è un po’ di rabbia. Tanta. “Raffaello, ora ti medicherò il casino che ti sei fatto alla gamba. Hai capito?”.
“Mmm…”.
“Hai capito?” ripete. La sua voce è dura.
Mai far arrabbiare Don, potresti scoprire che è il peggiore di tutti. Quello più pacato e gentile si trasforma in una furia.
“S…sì…”.
 
Poi si rivolge a me.
“Leo, aiutami a metterlo su un fianco, rivolto verso di me”, mi posiziono dall’altra parte del letto e con delicatezza e precisione, giriamo Raph, che nemmeno tentata di muoversi.
Il genio prepara meticolosamente tutto ciò che gli serve per la medicazione, poggia ogni cosa su uno sgabello e poi si inginocchia a terra.
“Leo, tienigli ferma la gamba. Farà male, quindi abbi una bella presa”.
Poggio una mano appena sopra la caviglia e l’altra poco sopra il ginocchio e inizio a esercitare una forte pressione. A quella costrizione eccessiva, Raffaello sussulta.
“Tranquillo Raphie, ora ti rimettiamo in sesto. Tu… cerca di rilassarti” cerco di consolarlo, anche se non sono il migliore in questo. Non c’è una concreta ribellione da parte sua, sta male; è debole e trema, tuttavia è più sveglio rispetto a poco fa.
 
“Raph…” inizia Donatello imbevendo il cotone di disinfettante “…non ti dirò bugie. Sarà doloroso, ma ho bisogno assolutamente che tu rimanga fermo il più possibile. Ok?”.
“O..ok” risponde con un’espressione che non è solita nella faccia di Raffaello, più che spaventato mi sembra mortificato.
Il genio non perde tempo, immediatamente applica il batuffolo sulla ferita e Raffaello si contorce nel dolore. Sta facendo di tutto per non urlare, improvvisamente è più sveglio e affonda la faccia nel cuscino per reprimere anche il più piccolo gemito di dolore. Dei piccoli spasmi muovono il suo corpo in tensione mentre cerco di fare del mio meglio per non farlo muovere.
Temo che la mia presa aggiunga altro supplizio, mi dispiace tanto però è inevitabile.
“Raph, respira. Fai dei bei respiri profondi, ti aiuteranno” consiglia Don senza smettere di lavorare a quella macabra ferita.
Il sudore impregna il letto e il cuscino, il respiro si fa corto e veloce. Non ho mai visto Raffaello in queste condizioni, solitamente ha una resistenza impressionante al dolore; questa volta è diverso. La febbre deve averlo indebolito parecchio, non ricordo nemmeno l’ultima volta che è stato malato.
 
“D…on… ba…sta… Basta…!”, inizia a supplicare.
“Solo un altro poco Raph. Sarò veloce, tu cerca di resistere”, l’atteggiamento del genio è cambiato. La sua rabbia è volata come cenere al vento.
Ci scambiamo uno sguardo, e ci capiamo. Vedere Raffaello supplicare è straziante, mai più in vita mia vorrò rivedere questa scena. Preferisco un Raph arrabbiato, furioso e burbero; piuttosto che un Raph sofferente e supplichevole.
“Fa… male…”.
“Lo so fratello. Sono sicuro che ce la puoi fare, manca poco” gli rispondo.
“Ba…sta...”.
“Te la stai cavando bene, ragazzone. Ci siamo quasi” Don non muove gli occhi dal suo arduo compito.
“Mi dispi…ace… scusa..temi…” non ci voglio credere eppure Raffaello sta piangendo.
Mi si stringe il cuore nel vederlo così. Forse è la febbre a farlo reagire in questo modo, ciò non cambia il fatto che è straziante.
 
“Fatto”.
“Hai finito?” gli domando speranzoso.
“La ferita è sistemata. Devo solo fasciarla per bene e somministrargli un antibiotico”, continua a spiegare senza smettere la medicazione.
“Credi che l’infezione sia grave?”.
“Per risponderti con certezza dovrò fargli delle analisi del sangue e capire se e quanto l’infezione abbia causato dei danni”, mi dice con franchezza. “Tuttavia, nostro fratello è una roccia, sono sicuro che se la caverà con un po’ di febbre, almeno una settimana a letto e… una bella lavata di testa!”, scherza per drammatizzare leggermente la situazione.
“Lo spero Don”.
“Vado a preparare l’antibiotico e Leo…”. Lo guardo, ha cambiato tono, sembra condiscendente. “So già cosa stai pensando Leonardo e ti rispondo subito: non è colpa tua!”.
Accidenti se mi conosce.
“Io… non ne sono così sicuro”.
“Io sì invece. Non farti carico di colpe che non ti competono”.
Donatello ha il potere di far stare bene la gente, sa curare le ferite del corpo e quelle del cuore. Gli voglio bene, non ho parole per dire quanto. Rispondo con un semplice sorriso.
Si alza e si disinfetta le mani; prima di uscire si avvicina a Raph e lo accarezza sulla testa, non è più arrabbiato, glielo si legge in viso.
 
Il mio fratellino in rosso ha gli occhi chiusi, però è sveglio. Gli rimbocco nuovamente le coperte e mi assicuro che sia a suo agio.
“L… Leo?”.
“Dimmi Raph” mi siedo sul letto e gli poggio una mano sul guscio.
“Scu…sa…mi…”.
“Non hai nulla di cui scusarti”.
“In…vece…sì…”.
“Raph ne parleremo appena starai meglio. Ora riposati”.
Raffaello si addormenta all’istante e mi sembra innocente e infantile mentre si rannicchia tra le lenzuola. Scatto una foto nel mio cuore.

Domani tutto tornerà come prima, lo so.
   
 
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