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Autore: Giorgi_b    14/02/2023    14 recensioni
«Posso…?» gli chiese con una voce morbida e zuccherosa indicando con un dito una porzione di pavimento al suo fianco.
Ah. Adesso fai la gentile?! Dieci minuti fa mi hai urlato di sparire e non farmi vedere mai più!
Per nulla impressionata dal suo silenzio punitivo, si sedette imperterrita vicino a lui, una gamba a penzolare giù dal gradino e l’altra piegata, stretta contro il petto, la guancia sul ginocchio. Si sforzò con tutto se stesso di ignorare quanto fosse carina in quella posa. 
Una piccola storia fluffosa per San Valentino! Buona lettura!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Beati coloro che si baceranno sempre al di là delle labbra.
 
 
 
 
“Beati coloro che si baceranno
sempre al di là delle labbra
 varcando dei gemiti
il confine del piacere
per cibarsi dei sogni.”
 
Alda Merini
 
 
 
 
Glossario:
BL: Boy’s love. Racconti romantici omosessuali tra ragazzi.
Engawa: una stretta veranda che corre intorno agli edifici tradizionali giapponesi.
Hentai: manga porno.
Kata: nelle arti marziali giapponesi sono una serie di movimenti codificati che rappresentano varie tecniche di combattimento, in modo da evidenziarne i principi fondanti e le opportunità di esecuzione ottimali.
Kawaii: grazioso, carino, adorabile.
Ki (o cinese Qi): è il nome dato all'energia interna del corpo umano.
Kun: suffisso che si aggiunge al nome per indicare un compagno coetaneo di studi o un collega. Di solito riferito ai soli uomini, ultimamente utilizzato anche tra donne.
Periodo Edo: fase della storia giapponese dal 1603 al 1868; prende il nome dall’antica denominazione di Tokyo, all’epoca sede dello shogunato.
Ronin: un samurai senza signore né padrone.
Shojo: manga per ragazze, tra i 13 e i 20 anni.
Shonen: manga per ragazzi tra i 13 e i 20 anni.
Spokon: manga sportivo.
Yamato: antico nome del Giappone.
Yaoi: manga con tematiche omosessuali maschili con scene esplicite.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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«Che fai?»
«…»
«…»
«Leggo.»
«Addirittura. Pensavo ti limitassi a guardare le figure!»
«Ah, ah, ah. Molto spiritosa.»
«Tieni, baka. Te lo manda Kasumi.»
Ranma alzò pigramente gli occhi dal suo manga, portando lo sguardo dietro di sé, oltre la propria spalla, sollevando la testa dalla mano destra che la sorreggeva. Il resto del corpo, sudato e vestito solo di un paio di boxer blu scoloriti, rimase adagiato su un fianco sul pavimento fresco dell’engawa che affacciava sul giardino di casa Tendo, riarso dalla siccità estiva. 
Akane gli stava offrendo un ghiacciolo con un gran sorriso. 
Come una molla il suo sopracciglio scattò in su, in una posa scettica. Mi hai preso per un bambino?! Se pensi di comprarmi con un gelato ti sbagli di grosso!
Rimase a guardare per qualche secondo l’involucro, indeciso sul da farsi, poi risalì con lo sguardo dalla mano fino ai suoi occhi. 
Qualche goccia si staccò dalla confezione e gli cadde sul braccio che teneva aperto il manga facendolo rabbrividire.
«Kasumi, eh?! Ma guarda… non sarà, invece, un tuo patetico tentativo di riappacif…»
«Mhmm-mm, assolutamente no, proprio un’idea sua.» Lo interruppe scuotendo la testa con aria innocente e occhi caldi, caldissimi, più caldi del caldo infernale di quel pomeriggio di giugno da cui non si trovava riparo. 
Ranma distolse in fretta lo sguardo per non finire ustionato. Maledetta
«Insomma, noiosone, lo vuoi o no?!» 
Chiuse il manga, rotolò sulla schiena stiracchiandosi, le strappò la ovvia e penosa offerta di pace dalle mani e si raddrizzò incrociando le gambe e dandole le spalle. 
«Posso…?» gli chiese con una voce morbida e zuccherosa indicando con un dito una porzione di pavimento al suo fianco.
Ah. Adesso fai la gentile?! Dieci minuti fa mi hai urlato di sparire e non farmi vedere mai più! 
Per nulla impressionata dal suo silenzio punitivo, si sedette imperterrita vicino a lui, una gamba a penzolare giù dal gradino e l’altra piegata, stretta contro il petto, la guancia sul ginocchio. Si sforzò con tutto se stesso di ignorare quanto fosse carina in quella posa. 
Non credere che ti basterà sbattere le ciglia, stavolta…! 
Sentiva gli occhi incendiari di Akane tracciare sul suo corpo un percorso infuocato ovunque si posassero. Quella donna era fiamma viva, sempre, nel bene e nel male: quando era arrabbiata e quando era felice, quando era un mostro assetato di vendetta e quando era talmente kawaii da fargli ardere ogni centimetro della pelle. Strinse le palpebre obbligandosi a non guardarla e contrattaccò succhiando molto rumorosamente il ghiacciolo. Sapeva che quella cosa la mandava in bestia. 
Lei però non raccolse la provocazione – o, almeno, finse benissimo – prese il volumetto da terra e fece frusciare velocemente le pagine, soffermandosi qui e là su alcuni pannelli, poi lo chiuse e tornò a bruciarlo vivo con lo sguardo.
«Sarebbe bello vivere in un manga, non credi Ranma?»
«Qualcuno che disegni quello che mi succede, che decida per me cosa pensare, cosa dire…? Non credo proprio. Voglio vivere da solo la mia vita!»
Le cicale iniziarono a frinire come per riempire il silenzio che, tutt’a un tratto, si era fatto ingombrante, gonfiandosi tra loro.
Spiccò uno sguardo sbieco e la sorprese con gli occhi puntati su un orizzonte lontano, ben oltre il muro di cinta o gli alberi che costeggiavano la strada appena fuori casa Tendo, al di là dei tetti, delle antenne e del cielo di Nerima. 
Ultimamente succedeva spesso, la trovava assorta negli angoli più impensati della casa, assente dietro il vetro opaco delle pupille, dispersa in un luogo imprecisato dentro di sé. E lui, a sua volta, si incantava a osservare lei, in un tempo sospeso fatto della stessa consistenza del pulviscolo che, dentro il buio di stanze oscure, nuotava leggiadro negli spicchi di sole.
Ranma si chiese in quali altrove fosse diretta stavolta e sentì il bisogno di riportarla a casa prima che si smarrisse chissà dove. 
«…E poi, lo sai, in queste cose sono talmente sfortunato che se vivessi in un manga finirei sicuramente in uno shojo romantico di liceali innamorate… Quelle robe che odio, tutto zucchero, arcobaleni e unicorni! Oh, kami, per carità!»
Con suo grande sollievo vide Akane tornare lì con lui con una risata, gli occhi stretti e la testa gettata all’indietro mentre si passava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Un gesto che faceva sempre quando rideva a cuor leggero e che aveva amato dalla prima volta che glielo aveva visto fare. 
«Oh, sì, certo, magari quei fumetti dove sei circondato da ragazze intraprendenti pazze di te… ah, no, aspetta: è già così
«Cos’è questo sarcasmo, scusa?! Quelle tre squilibrate sembrano davvero uscite dalla fantasia di una mangaka malata di mente e tu te la prendi sempre con me! Più che dir loro di lasciarmi in pace e che… ormai, beh… insomma, dovrebbero averlo capito da sole!»
Akane sospirò con enfasi. «Insisto che sarebbe bello vivere in un manga, magari ti disegnerebbero un po’ più sveglio e meno baka
«Ancora con questa storia! Sono solo un ragazzo molto riservato, non mi sembra un gran problema! Vorresti che fossi… non so, disinibito e sicuro di me come… come il personaggio di un hentai? Non credo saresti contenta…» borbottò la frase finale arrossendo.
«…Di un hentai? Ti piacerebbe, pervertito!» sibilò, ma a lui non sfuggì il rossore che le imporporò le guance. 
Non mi dire… che invece apprezzeresti, maschiaccio?!
«Pensa piuttosto che ridere se finissi in uno yaoi o un BL da liceali! Ti immagini che triangolo tu, Kuno e Ryoga…» si avvicinò pericolosamente con uno sguardo ammiccante e una voce bassa sussurrando a pochi centimetri dal suo volto: «Ranma-kun…Chi sceglieresti tra loro, il tuo senpai o il tuo amico d’infanzia, mmmh? A chi daresti il tuo primo bacio?!»
Ranma si irrigidì; la spinse con l’indice sulla fronte per mettere spazio tra loro e per cercare, nel frattempo, di calmare il concerto di tamburi nel suo petto.
«Stai lontana da me, cretina, sono ancora arrabbiato!»
«Allora questo me lo riprendo!» gli strappò il ghiacciolo dalle mani e se lo portò alla bocca. Deglutì cercando senza successo di distogliere lo sguardo dalle labbra di Akane che si avvolgevano intorno a quel cilindro verde menta, le guance incavate nella suzione, la gocciolina che scappò via correndo sulla pelle e che le sfuggì tuffandosi giù, proprio in mezzo ai suoi seni insolitamente turgidi. Con una vocina irresistibile sussurrò un ops che diede il colpo di grazia al cuore di Ranma. Si voltò verso di lui e si asciugò il mento con il dorso della mano, mentre la bretellina del top le scivolò lungo la spalla, gli occhi liquidi e la bocca arrossata dal ghiacciolo. 
Da… da quando in qua questo… questo gorilla violento è diventato così… ehm, così…
Fortunatamente lei interruppe i suoi pensieri, non si sarebbe mai perdonato di usare la parola “sensuale” per descrivere Akane.
«Continuiamo questo gioco, mi sto divertendo. In che tipo di manga vorresti vivere?» 
Ranma dovette prima accavallare le gambe per cercare di nasconderle l’effetto che gli faceva, poi, stringendosi con le dita il ponte del naso e schiarendosi la voce, rispose: «Mmmm… vediamo… Se proprio dovessi scegliere, mi piacerebbe essere il protagonista di una storia epica… che ne so, una roba di samurai ambientata nel periodo Edo… in cui, magari, io sono un ronin di un’antica stirpe di immortali e vado in giro per lo Yamato a tagliare la testa a tutti i miei simili finché, alla fine, non resterei soltanto io!» accompagnò la frase finale con un eloquente gesto della mano, impugnando una katana immaginaria.
«Una trama intensa e drammatica: sembra bella.» Annuì seria mentre lo diceva ma Ranma le vide quella scintilla nello sguardo che presagiva una delle sue stoccate e si preparò. 
«E invece che ne diresti di un bellissimo spokon sul pattinaggio sul ghiaccio in cui Mikado Sanzenin ti fa da mentore?!»
«Dunque, fammi pensare…» si prese il mento con aria assorta. «Posso decapitarlo con una lama del mio pattino come fosse una katana e ambientarlo nel Giappone feudale del 1746?» Akane scosse la testa ridendo. «Allora no, grazie!»
Vederla felice per merito suo era, tutto sommato, una piccola cosa, eppure un fuoco d’artificio esplose dentro di lui al richiamo della risata cristallina di Akane e senza fare in tempo ad imbrigliare quel pensiero prima che fosse troppo tardi, si sentì estremamente grato alla vita per aver messo Soun Tendo lungo la strada di suo padre, che fossero diventati migliori amici e che insieme, un giorno, avessero deciso di farsi una promessa tanto stupida quanto benedetta.  
«A me invece piacerebbe essere in uno di quegli shonen romantico/demenziali in cui i protagonisti sono adolescenti buffi e litigiosi. Quelle storie confusionarie, grottesche, piene di cose assurde ed espedienti magici… tipo… maledizioni che trasformano le persone in animali, antiche leggende cinesi…»
«Ma che assurdità!»
«Perché, scusa?! Tu puoi essere invincibile e immortale e io non posso immaginare un mondo in cui, per esempio, ogni volta che… che mi bagno con l’acqua fredda divento un maschio?»
«Ahahahah! Cretina! Ma come ti viene in mente?! Nessuno leggerebbe una simile stupidaggine! E poi, non farmi sottolineare l’ovvio: non hai bisogno di maledizioni, tu sei già un maschiaccio!»
Gli fece una linguaccia e il suo volto si arricciò intorno al naso in maniera adorabile, fino a diventare una cosina dolce e graziosa come una caramella di zucchero. Prima che Ranma la mangiasse in un sol boccone, lei si ricompose e mormorò a fior di labbra: «Allora baka… potresti essere tu a trasformarti al posto mio, magari in una ragazza carina… e forse, non so… rimanere incinta e partorire…?»
Bingo. Ecco dove voleva andare a parare.
«Akane, vuoi dirmi di cosa hai paura?»
Sussultò. Abbassò la mano che impugnava il ghiacciolo sul grembo, mentre l’altra con il palmo ben aperto sul pavimento sorreggeva il peso del suo corpo. Adagiò la testa sulla spalla ed esitò un paio di volte prima di rispondere.
Immobile, Ranma aspettò paziente che fosse pronta riempiendosi gli occhi della sua figura delicata, la pelle bianca arrossata dall’afa estiva, i piedi accavallati che dondolavano, lo sguardo concentrato su una risposta che faticava a mettere insieme.
«E se… se insomma, a un certo punto diventassi solo un peso per te? Non voglio essere lasciata indietro, Ranma, ho ancora talmente tante cose da imparare, tanti posti da vedere… e soprattutto… non voglio che tu ti senta responsabile per me! Ho paura… di diventare grande, di invecchiare, di non essere all’altezza di ciò che mi aspetta… di ciò che ci aspetta!»
Ranma le accarezzò una guancia confidando che le sfuggisse il leggero tremore delle sue mani e lei si voltò guardandolo con gli occhi pieni di lacrime. Un incendio in mezzo al mare. Maestoso e devastante. 
«Ma… ma cosa dici, sciocca, hai solo ventitré anni, non dovresti nemmeno conoscere il significato della parola “invecchiare”! Mentre per il resto… beh, certo che hai ancora molto da imparare, continui ad essere una pippa nelle arti marz…» il pugno lo colpì con una precisione millimetrica al centro del diaframma facendolo piegare in due. 
Akane scattò in piedi come morsa da un serpente. «Baka, lo vedi?! Sei un idiota! Io ti apro il mio cuore e questo è il massimo che riesci a dirmi?!»
Tenendosi lo stomaco con una mano, con l’altra Ranma le agguantò un polso e con un leggero colpo dietro il ginocchio la fece atterrare direttamente tra le sue braccia, seduta sulle sue gambe incrociate. 
«Cretino! imbecille! Deficiente! E se mi fossi fatta male?» Lo gridò con una tale disperazione nella voce che lo ferì più del pugno che gli aveva appena dato. «Ti rendi conto che non possiamo rischiare di…» Ranma le prese il viso e la baciò.
Era l‘unico modo per farla stare zitta e smettere di pugnalarlo con quelle parole. Era vero: era un cretino, un imbecille, un deficiente perché lei avrebbe potuto ferirsi per colpa sua. E continuò a baciarla con tutta la foga e l’impeto con cui avrebbe voluto cancellare quello che aveva appena fatto e la paura delle conseguenze che un gesto tanto sciocco, quanto pericoloso, avrebbe potuto portare. 
Ma quando lei – il suo inferno e il suo paradiso – lo abbracciò rispondendo con dolcezza al bacio, capì che lo aveva già perdonato e che voleva che anche lui lo facesse. Accarezzava le sue labbra con le proprie come a voler dire: Non è successo niente, calmati. Lo stordiva con il suo sapore pungente di menta: sto bene - stiamo bene - sono qui - siamo qui - insieme.
Continuarono a tranquillizzarsi l’un l’altra con il tepore dei loro baci per un altro po’, finché il ronzio delle api intorno al ghiacciolo ormai sciolto sul pavimento non li risvegliò dall’idillio. Ranma si scostò leggermente e posò la propria fronte sulla sua: era giunto il momento di comportarsi da uomo e mettere via la propria timidezza. 
«A-Akane, ascoltami. T-ti sei sempre fidata di m-me, vero? Posso dirti solo questo: fallo anche stavolta. T-ti prometto che andrà tutto bene!» Si complimentò con se stesso per il coraggio dimostrato, tuttavia gli occhi di fronte a lui affamati di conforto gli dissero che era sulla buona strada, ma che non era ancora abbastanza. Deglutì. 
«Insomma… Come… come potrei lasciarti indietro? Io… io… non devi aver paura di nulla, perché io…» Desiderò davvero di essere teletrasportato nello strano manga immaginato da Akane per sfuggire con uno stratagemma assurdo alla tortura di quelle pupille che lo stavano incenerendo, attente, voluttuose e dolcissime allo stesso tempo, mentre la sua lingua si intrecciava e il cervello andava in panne. E con la consapevolezza, oltretutto, che dalle parole che avrebbe detto sarebbe dipeso buona parte del suo futuro. 
Ed eccoti qui, Ranma Saotome, di fronte alla più grande sfida della tua vita. Te la caverai anche stavolta?!
Si concentrò sul proprio ki e insufflandolo nelle sue parole le liberò: «Tu mi rendi migliore, s-so… so che sarò felice per sempre con te, Akane Tendo. L-l’ho saputo dal primo momento che ti ho vista; lo sapevo quando camminavamo lungo i canali di Nerima in silenzio andando a scuola, quando ti esercitavi da sola per ore cercando di ripetere i miei kata, lo sapevo quando mi spiavi durante gli allenamenti con mio padre; lo so ogni volta che provi a cucinare per me, quando litighiamo, quando mi tieni testa. L’ho sentito quando ho capito che non vuoi nulla da me, ma che voglio darti ogni cosa di me.»
Sorrise commosso, stavolta lei non avrebbe potuto lamentarsi, aveva detto davvero tutto quello che una donna avrebbe desiderato sentirsi dire. 
Ma che Akane non fosse come le altre, lo aveva imparato da molto tempo, ben prima di quell’afoso pomeriggio di giugno. Eppure, si stupì lo stesso quando lei, invece che sorridergli e lanciarsi con le braccia al collo felice, esplose in lacrime e lo prese a pugni sul petto cercando di divincolarsi e fuggire dalla stretta delle sue braccia.
«Bugiardo! Farai come Genma-san, un giorno partirai per un viaggio di addestramento e non tornerai mai più! Lo hai detto anche tu, poco fa: “voglio vivere da solo la mia vita”!»
Stavolta le tolse il fiato con un bacio dolce, che parlava dell’uomo che era diventato grazie a lei e al suo amore paziente, costante, talvolta infantile, geloso e necessariamente violento; quell’amore che gli aveva insegnato la fame insaziabile che non sapeva di avere di tenerezza; la sete inestinguibile che non sapeva di avere di calore; il bisogno incolmabile che non sapeva di avere di lei e della sua pelle candida. 
«Fingerò di non aver sentito che hai appena tentato di paragonarmi a quel debosciato di mio padre, cretina che non sei altro!» Akane si coprì il viso con le mani e continuò a singhiozzare sommessamente. Ranma le prese i polsi e le scostò le dita dagli occhi, perdendosi ancora una volta in quello sguardo dorato e bollente che gli toglieva il senno. 
«Davvero hai paura che ti abbandoni? È per questa stupidaggine che negli ultimi giorni sei più litigiosa, antipatica e insopportabile del solito?» Si gustò i due nanosecondi che Akane impiegò per passare dalla modalità “fragile donzella” a “oni dalla bocca larga e lingua biforcuta”... degna figlia di suo padre. Per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, si chiese se i loro bambini avrebbero ereditato quella caratteristica e provò un moto di commozione. Trovò quella “cosa Tendo” estremamente adorabile e la baciò per la terza volta. 
Era sempre stato un disastro con le parole, ma da qualche anno aveva scoperto con gioia che con i loro corpi erano in grado intendersi piuttosto bene e così, quando non sapevano cosa dire, si mettevano in un angolino della propria testa, Ranma e Akane – i testardi, gli infantili, i litigiosi – e facevano parlare le mani, le labbra, gli occhi con un lessico di baci umidi e carezze di fuoco. Era stato facile, alla fine, e ogni volta che ripensava agli anni persi in sciocchi litigi, gelosie e a sfuggirsi l’un l’altro, si sarebbe mangiato anche i gomiti. Ma ora lei era lì, tra le sue braccia, sotto le sue dita, contro la sua bocca, sulla sua lingua. Ed era l’unica cosa che contasse davvero. 
«E nel tuo manga di immortali io che ruolo avrei?» disse con un filo di voce che si posò delicato direttamente sul suo cuore.
«Mettiamola così, tu saresti l’unica a poter uccidere con un solo sguardo il più forte: cioè, me. Direi che puoi considerarti la mia più grande debolezza, Akane Tendo.»
«E lui…?» sussurrò accarezzandosi il ventre.
«Lui, lei, loro… saranno la mia debolezza numero due, tre, quattro… oh, sì, non guardarmi così: è solo il primo di una lunga ser…»
«E tutto questo davvero non ti spaventa, Ranma?» lo disse con occhi grandi, grandissimi. E lui combatté l’istinto di allontanarsi per non cascarci dentro.
«L’unica cosa che mi fa paura è… è vivere il resto della mia vita senza di te…»
Lei rise arrossendo leggermente. 
«Quindi domani… m-mi dirai di sì, maschiaccio?!»
«Mancano ancora ventiquattro ore, dipende tutto da te, vedi di comportarti bene, baka
«Farò del mio meglio!» le infilò una mano tra i capelli e si avvicinò alle sue labbra.
«Akane, è arrivata la sarta per la prova!»
«Arrivo, Kasumiii!» 
Gli stampò un bacio sulla bocca e scattò in piedi lasciandolo lì, a terra, mezzo nudo ed emozionato.
«Guai a te se ti muovi da qui e vieni a sbirciare!»
«Cos’è, una sfida?»
«No, idiota, nessuna sfida: lo sposo non deve vedere l’abito della sposa prima del matrimonio, porta sfortuna!»
Ranma la guardò allontanarsi in una nuvola di risate leggere, menta e occhi luminosi; tornò a sdraiarsi e aprì di nuovo il suo manga cercando di distrarsi dal fuoco sotto la pelle che Akane gli aveva lasciato, sospirando con un sorriso sciocco sulla bocca e pregando i kami che arrivasse presto domani.
 
 
 
 
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Ecco, io credo che mi si siano cariate anche le dita delle mani e la tastiera
mentre scrivevo questa cosa dolcissima e romantica...! XD
Ma è san Valentino, signore e signori, e se non ci abbuffiamo di tenerezza oggi, quando?!
Ci sono due riferimenti in questa os che molti di voi avranno riconosciuto:
uno è l’anime “Yuri!!! On ice” (in cui Mikado Sanzenin starebbe a Victor Nikiforov come Ranma a Yuri Katsuki… ce li vedete? XD) 
e l’altro, ovviamente, è un omaggio a 
“Ne resterà soltanto uno”,
l’opera titanica della mia carissima sensei, nonché Magnifica, Tiger Eyes.
 
Un amorevole ringraziamento alla mia amichetta Orikunie che mi ha fatto venire l’ispirazione e a Moira78 che insieme a Tiger ha letto per prima: grazie di cuore ragazze!
 
Vi abbraccio tutti e vi ringrazio per aver letto fin qui, fatemi sapere se vi è piaciuta <3!
   
 
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