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Autore: CervodiFuoco    14/02/2023    1 recensioni
[Willow]
[Willow]La storia racconta del ritorno a Tir Asleen dei membri della compagnia di avventurieri protagonisti della prima stagione della serie TV "Willow". La regina Sorsha decide di indire una settimana di festeggiamenti con giochi, musica e cibarie, i cui protagonisti saranno proprio quelli della serie stessa. Esploro sia il lato spassoso dell'avvenimento, sia quello psicologico che per ogni personaggio può significare il "tornare a casa" dopo l'avventura vissuta, il tutto ricreando la stessa atmosfera leggera, ironica ma avventurosa della serie, con la speranza di divertire ma anche trasmettere qualcosa di speciale. Buona lettura!
Genere: Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11. Un grande illusionista

 

Al suo risveglio, Kit si trovò immersa nel piacevole tepore di coperte calde. Un soffitto di legno e un sontuoso lampadario accolsero i suoi occhi assonnati appena aperti. La luce chiara entrava attraverso le tende chiuse della finestra per mezzo di una lama abbagliante che andava a disegnare una ferita bianca contro il muro buio. Doveva essere l’alba fuori dalla sua camera.

Kit si girò nel letto e si accorse che Jade dormiva lì accanto a lei. Ne rimase sorpresa, ma per poco. Sopraggiunse il desiderio di stiracchiarsi e abbracciarla. Però al contempo non voleva svegliarla.

Poi arrivarono i ricordi, uno a uno, limpidi e reali più che mai. Le ali, la sensazione del volo. La possanza di un corpo che non era il suo… o si? Il fuoco eruttato dalle fauci, il calore, la battaglia… e Jade. Anche lei si era trasformata, in quella… cosa, d’ombra, rapidissima. E strafottente!

«Ehi» gracchiò in quel mentre Jade. Aveva socchiuso gli occhi. Stese le braccia fuori dalle coperte e sbadigliò.

Kit ruotò il busto sul materasso per esserle di fronte e fissò il suo volto. Sembrava riposata e in perfette condizioni. I capelli spettinati e le palpebre cementate dal sonno la rendevano adorabile. Indossava una camicetta da notte.

«Ehi» rispose Kit. Allungò una mano e le carezzò una guancia. «Dormito bene?»

«Si, credo di si» fece Jade, ad occhi chiusi, godendosi la coccola. «Come un sasso.» Sospirò. «Ma che è successo?»

«Credo che le pozioni di Willow abbiano fatto il loro effetto» commentò Kit, assorta sui lineamenti della compagna.

«Oh.» Lentamente Jade sollevò le palpebre, la fronte appena aggrottata. «Ora ricordo.»

«Già.»

Rimasero a guardarsi. Poi entrambe, quasi all’unisono, si mossero per darsi un bacio. Fuori gli uccelli cinguettavano. L’aria nella stanza era fresca e non appesantita da chi vi aveva dormito dentro; qualcuno doveva essere entrato e aver aperto le finestre nel mentre.

«Un drago?» disse poi Jade, lasciando che la testa affondasse di nuovo sul cuscino. Sorrideva. «Veramente?»

«E che ne so.» Anche Kit sprofondò con la nuca nel suo cuscino, guardando il soffitto. Teneva per mano Jade sotto le coperte. «Non l’ho voluto io.» Ma non appena lo disse strinse le labbra, colta dal dubbio. Davvero non l’aveva voluto lei? Non ne aveva idea. Riusciva a ricordare per filo e per segno che cos’era accaduto dal momento in cui era uscita dalla tenda assieme a Jade, ma nella sua mente non trovava alcun nesso con l’essersi tramutata in un enorme drago sputafucoco, eccetto l’aver trangugiato l’elisir alchemico di Willow.

«Forse è stato come nella prima prova.»

«Cioè?» domandò Kit, tornando a posare gli occhi su Jade. Lei non aveva smesso di contemplarla.

«Quando abbiamo tagliato il ceppo. Ed è uscita quella roba, quell’effetto magico. Willow ha detto che era una cosa personalizzata, dipendeva da noi. Dal nostro animo. Ricordi?»

«Adesso che me lo dici, in effetti si.» Kit dovette ammettere che quella di Jade era una supposizione vincente. In effetti dal suo ceppo era uscito un drago di fiamme – a tre teste invece che una, ma non è che cambiasse molto. Da quello di Jade, però, non era mica uscita un’ombra munita di liane… una spada, forse? Si, doveva essere stato uno spadone infuocato, così aveva detto lei.

«Che ora è?» domandò Jade. Aveva staccato la testa dal cuscino.

«Credo le sei o le sette del mattino» rispose la principessa, sollevandosi sui gomiti. «Vuoi alzarti?»

«Ho un certo languorino» ammise Jade. E si mise seduta scostando le coperte. «Colazione?»

Nella penombra protettiva della sua camera da letto, Kit osservò il profilo dell’altra indorato di polvere di luce. Era bellissima. E sensuale. Anche conciata così.

«Ancora un attimo.» Kit si spostò e l’abbracciò forte per i fianchi, ficcando la faccia contro il suo ventre, nel tessuto della camicia intiepidito. «Uno solo» bofonchiò soffocata.

Jade tornò a distendersi, cingendola a sua volta con le braccia. Coccole time!

 

 

 

Vestite e uscite di stanza, scesero gli scaloni che portavano al pianterreno del castello. Kit aveva intenzione di portare Jade a fare una colazione intima nelle cucine, come usava fare di solito, ma un vociare chiacchierone e ridarolo proveniente dal salone principale attirò l’attenzione di tutte e due.

«Boorman» mugolò Jade.

«Andiamo a dare un’occhiata?» propose Kit.

Così si avviarono verso il salone. Anziché discendere l’ennesima rampa di scale tortuosa, piegarono a destra infilandosi in un ampio corridoio illuminato dalla luce di una serie di finestroni a sesto acuto. Le voci si fecero più cristalline: ebbene si, non ce n’era soltanto una – quella di Boorman – ma anche quella di Elora, più acuta. Ed altre di tonalità più basse in sottofondo.

Quando Jade e Kit, per mano, sbucarono per mezzo di un’arcata nel muro nel grande salone principale del castello, videro Boorman, Airk, Elora e Graydon seduti ad uno dei grandi tavoli che chiacchieravano e consumavano una ricchissima colazione. Non c’era nessun altro a parte un paio di guardie piantonate alle entrate.

«Ah! Ecco le belle addormentate!» esclamò Elora. Doveva averle notate. Fece loro cenno di avvicinarsi. Quando le due fanciulle raggiunsero il tavolo imbandito, le chiacchiere non erano cessate: come al solito Boorman teneva banco. Tutti mangiavano contenti e scoppiavano di salute. Il sottile timore che Willow li avesse avvelenati con le pozioni abbandonò del tutto la testa di Kit, che andò a sedersi con Jade vicino a Elora.

«Ehilà» disse Boorman, interrompendo il vivace racconto. Indossava un’elegante vestaglia arancione con ricami blu e neri arzigogolati, i capelli neri raccolti in un codino. Stava spalmando copiose quantità di burro su una lunga pagnotta tagliata a metà. «Dormito bene, eh?»

Kit e Jade risposero affermativamente.

Elora puntò i gomiti sul tavolo e si sporse verso di loro. «Ma lo sapete quanto avete dormito?»

«Una notte?» suppose Kit.

«Due giorni» ridacchiolò Elora. Anche lei portava una sorta di vestaglia, un soprabito verdino molto leggero e una sciarpa di seta avvolta larga intorno al collo.

Stordita, Kit cercò intesa negli occhi di Jade e la trovò in pieno: com’era possibile?

«Anche voi vi siete svegliati stamattina?» chiese incuriosita Jade.

«Oh, non è mattina» rispose Boorman, che aveva finito col burro ed era passato alla marmellata di arance. «E’ pomeriggio, mia cara.»

Ammutolite e più confuse di prima, Kit e Jade decisero che era arrivato il momento di sentire cos’avevano gli altri da dire, ma soprattutto di mettere qualcosa sotto i denti. C’era di tutto: latte caldo e freddo, caffè, tè e tisane, biscotti, montagnole di pagnotte ben ammonticchiate, cesti di frutta fresca e succhi di frutta, uova strapazzate e sode, striscioline di carne abbrustolita, panetti di burro e piattini di formaggi assortiti.

Mentre Boorman ricominciava a cicalecciare, Kit spiò suo fratello dall’altra parte del tavolo. Stava ricurvo sulla sua tazza come se dovesse vederci dentro qualcosa, i capelli sciolti e sfatti. Non aveva una bella cera, o almeno quella era l’impressione che dava. Graydon, di fronte a lui, invece, era pimpante e fresco come una rosa nella sua camicia bianca sotto al gilet di pelle marrone – aveva persino i baffi lucidati?

«Mancate soltanto voi due all’appello, ragazze» aveva detto Boorman, riferendosi a Jade e Kit. «Noi non abbiamo visto quel che avete combinato quando avete combattuto. Nessuno lo ha fatto, eccetto Willow, Sorsha e… beh, tutta Tir Asleen.»

«Non appena è finito lo scontro, siamo caduti addormentati» disse Graydon, con un biscotto mezzo morsicato in mano.

«A quanto pare rientrava negli effetti della pozione. O Willow ci ha fatto un incantesimo, non lo sappiamo ancora» disse Elora.

«E chi ci ha portati al castello? Come?» domandò Jade, che stava versandosi un bel po’ di tè fumante nella tazza.

Prima di affondare i denti nel suo panino, Boorman disse: «Suppongo mister stregone.»

«Anche le vostre pozioni facevano schifo?» chiese Graydon con sincero e acuto interesse.

«Terribili.» Kit aveva quasi riempito il suo piatto di carne, uova e pane e si fece passare il burro da Elora. «Sapevano di fango, più o meno.»

E così ebbe inizio l’accurata ed entusiasta condivisione di ciò che era loro accaduto durante il gioco del Duello, l’ultimo dei festeggiamenti.

Il primo scontro si era svolto tra Elora e Boorman. Sulla ragazza l’elisir aveva avuto l’effetto di permetterle di scatenare fulmini e saette a volontà, le quali le avevano permesso persino di sollevarsi in volo. Era mutata anche nell’aspetto, diventando una specie di dea del tuono o qualcosa del genere (così disse lei). Boorman invece aveva assunto la consistenza della gomma: ammise che non fu un’esperienza del tutto piacevole all’inizio, perché fu come svuotarsi delle ossa del corpo e perderne totalmente il controllo. Ma poi fu divertente, moltissimo. Era riuscito a schivare (e in realtà a diventarne assolutamente incolume) ogni colpo fulminante di Elora, che per vincere lo scontro aveva dovuto immobilizzare le mosse sguscianti e saltellanti dell’altro con un reticolo elettrico e rendere così inoffensivi i suoi attacchi che sferrava allungando spropositatamente braccia e gambe.

«Eri troppo inquietante» rabbrividì Elora.

«Beh, tu non eri da meno, sai?» Boorman aveva finito a tempo record il panino e sorseggiava del succo. «Sarai stata alta due metri e mezzo.»

A Graydon scintillavano gli occhi neri, la guancia accomodata sul palmo di una mano. «Avrei voluto vederti.»

Poi Kit e Jade raccontarono ciò che era avvenuto durante il loro, di scontro. La cosa suscitò sgomento (e invidia, persino) in quasi tutti; anche Airk era stato dissuaso dal fissare la propria colazione e si era messo ad ascoltare, con uno strano cipiglio scostante ma interessato.

«Un drago, dannazione» inveì Boorman.

«Sarà stato bello, immagino» disse Graydon.

Kit raccontò dell’euforia spumeggiante e della voglia di giocare e combattere che l’aveva empita improvvisamente, subito dopo la mutazione magica. Gli altri convennero sul fatto che era avvenuta anche a loro la medesima cosa.

«E tu eri veramente così veloce?» chiese Elora a Jade.

Lei annuì con soddisfazione. «La stavo battendo.» Indicò Kit con un cenno del capo.

«Si, come no» ribatté Kit, a bocca piena.

«E voi due, invece?» riprese Jade guardando in fondo al tavolo, dove Airk e Graydon chiudevano la combriccola. Quest’ultimo si schiarì la gola.

«Beh, anche il nostro scontro è stato… molto avvincente.»

Dall’espressione che Boorman fece nel nascondere la faccia dietro la tazza sollevata per bere, Kit intuì che Graydon fosse stato troppo generico e gentile. Si rivolse direttamente a suo fratello. «Airk?»

Quello inarcò un sopracciglio e la degnò di un’occhiata rapida e devastata.

«Ma… hai dormito? Stai bene?» si assicurò lei.

Airk sbuffò e si alzò in piedi. «Scusatemi, non ho fame. Vado di sopra.»

Una marea di rumorose proteste si innalzò scatenata da quella frase. Boorman, già in piedi accanto a lui, gli mise una mano sulla spalla. «Fratello. Lo so che non è facile. Ma ti riprenderai. Non è successo niente di così grave. E’ solo un gioco, d’accordo? La gente se ne sarà già dimenticata.»

«Si.» Elora si mise in mezzo. «Resti sempre il principe di Tir Asleen.»

Afflitto, Airk tornò a sedersi. Sollevò le braccia sconfitto, mentre un risolino gli congelava le labbra. «Raccontalo tu, Graydon, per favore. Io una seconda volta non la reggo.»

E dunque Graydon si mise a spiegare. Che il loro duello si era svolto con lui tramutato in un essere ibrido umano-albero, i piedi composti di radici e le braccia fatte di rami. Era stato in grado di dominare il terreno sabbioso e terroso di cui era composto lo spiazzo dell’arena scatenando brevi ma forti scosse di terremoto, e anche prolungare i propri arti-radici-rami per rintracciare Airk a grande distanza. Aveva utilizzato gli uccelli come alleati.

E il principe, invece? Beh… Airk si era tramutato in… un maiale. In realtà un maialino davvero adorabile: non troppo grosso, non troppo sporco e nemmeno troppo a quattro zampe. Un maialino-Airk. Era rimasto sempre lui nelle fattezze, ma aveva assunto connotati suini – con tanto di dolce codino a cavatappi a fuoriuscire dalle brache. Il suo superpotere era consistito in...

«Beh?» incalzò Kit. Graydon si era fermato per l’ennesimo sorso di bevanda calda, evidentemente a disagio. «Cosa potevi fare, tu?» Stava cercando di moderare l’ilarità nella voce, al contrario di Boorman che non riusciva a smettere di sorridere e nasconderlo con il cibo o il bere. Persino Jade dovette riempirsi la bocca di pancetta per non scoppiare a ridere a un certo punto.

«Ecco, Airk poteva… far innamorare chiunque lo guardasse» si decise infine a rivelare un Graydon tremendamente a disagio.

Airk aveva messo la faccia nelle mani e scuoteva la testa.

«Come?» fece incredula Kit.

Eh si. Graydon si era immediatamente infatuato del bel principe suinoso: nonostante i suoi tentativi di vincere la battaglia con i mezzi in suo possesso, alla fine si era arreso al desiderio irresistibile di andare da lui a dargli un bacino. Peccato (ma non poi tanto, forse) che in seguito qualcosa glielo avesse impedito. Doveva essere stato l’effetto dell’elisir. Graydon sapeva solo di essersi addormentato a metà strada.

«Ridevano tutti» disse Airk, con ancora le mani sulla faccia.

«Beh, dai, fratellino! Almeno Tir Asleen ti ha visto sotto una nuova luce.» Fu un tentativo inutile e pure sbagliato di tirargli su il morale da parte di Kit, che lo aveva detto senza impedirsi che suonasse come una battuta. Fu triste e assieme contenta del fatto che gli altri ridacchiassero, e preferì abbassare la testa tra le spalle per non infierire ulteriormente. Sapeva quanto fosse permaloso suo fratello in quei delicati frangenti.

«Ha ragione, Airk» continuò Elora in tono dolce. «La gente non lo sa, che abbiamo bevuto una pozione magica. Pensaci bene. Crede che tu abbia voluto fare quello che hai fatto, in un certo senso. Vedila così. Puoi ancora far prendere la piega che vuoi tu alle cose!»

Per qualche momento sulla tavola imbandita calò un silenzio tintinnante di posate e piatti. Poi una porta da qualche parte cigolò sui cardini aprendosi.

«Buongiorno, ragazzi» esclamò con un po’ d’eco la voce di Willow. Stava discendendo una rampa di scale che lo avrebbe portato al livello dei tavoli. Portava una casacca spartana e un nastro blu gli legava una porzione dei capelli sopra la nuca. Anche lui appariva ben riposato e pimpante.

La compagnia lo salutò, ma non così allegra come probabilmente lui si aspettava, perché disse: «Che vi succede, vi hanno tagliato la lingua?»

«Buon giorno, capo» rispose con più vigore Boorman, levando in alto una tazzina di caffè. «Vieni, siedi con noi.»

«Ma certo.» Il Nelwin trovò posto vicino a Graydon, di fronte al principe, sul quale posò uno sguardo indiscriminato. «Allora, che mi raccontate? Vi sentite rigenerati, non è vero?»

Titubanti, gli altri dovettero ammettere di si.

«Come sospettavo. Me ne compiaccio. Vedete, tra gli effetti delle pozioni che ho preparato per voi rientrava quello di potente sonnifero. A innesco un po’ ritardato, ma… l’ho fatto apposta.»

Tagliente, Kit disse: «Ci avevi assicurato che avremmo usato armi e armature a nostra scelta.»

Willow si accigliò. «Se non l’avessi fatto, non avreste mai preso parte al gioco. Ho dovuto mentire. Mi dispiace. Ma era l’unico modo.» Fece una pausa scrutando le loro facce: chi assorto, chi incupito. «E poi, non ditemi che la trasformazione non vi è piaciuta!» Prese un tozzo di pane e lo spezzò per spalmarci sopra qualcosa.

Nessuno osò mentire. No, era piaciuta a tutti, per quanto li avesse colti di sorpresa.

«Risponderò alle vostre domande, se ne avete» proseguì Willow, e addentò la sua fetta di pane e marmellata.

«Mmh, vediamo» esordì Boorman, fingendosi dubbioso. «Vorrei chiederti, perché diavolo ci hai rifilato delle pozioni così pericolose!» In quel frangente, era evidente la maturità di Boorman; per quanto si gongolasse in racconti e pettegolezzi al riguardo, era un adulto fatto e finito (circa) e forse scorgeva alcuni piccoli dettagli prima degli altri.

«Uno.» Willow mostrò un dito della mano. «Ve lo ripeto per l’ennesima volta, le pozioni erano innocue. Per quanto i poteri che avete scatenato sembrassero reali, non avrebbero fatto male nemmeno a una mosca. E così è stato. Lo avete visto. E poi ho alzato una barriera protettiva, così che nessuno fra il pubblico si spaventasse.» Morsicò, masticò e deglutì. «Due,» altro dito, «ho pensato che un po’ di brivido vi servisse. Dopo quello che abbiamo vissuto… tornare alla normalità è strano. Anche per me.»

Non uno di loro ribatté.

«Ho provveduto a inserire un po’ di sonnifero come effetto conclusivo della pozione, di modo che poteste dormire un bel po’, dopo il duello. Riposare, distendere i nervi. Penso che ne abbiate abbastanza di lottare, per quanto vi manchi l’avventura. Un paio di giorni di riposo completo vi avrebbero aiutato a rimettervi totalmente in sesto. E mi pare che sia proprio così!»

Kit alzò gli occhi sugli altri. Si guardavano a vicenda, un po’ sgomenti; ma in fondo ai loro cuori cominciavano a capire. Prima, così coinvolti nei giochi, non lo avevano afferrato bene. Willow era sempre stato dalla loro parte, fin dall’inizio; ma al contempo non aveva potuto né osato contraddire Sorsha, concedendole quel “capriccio” di indire i giochi a Tir Asleen. Così si era messo sotto a preparare quelle pozioni, in modo da “rimediare” alla situazione cercando di far contenti tutti. E ci era riuscito, più o meno.

«Resti sempre un grande illusionista, dopo tutto» esclamò Kit, con una nota particolarmente zuccherina nella voce.

«E’ quello che so fare meglio, principessa» le sorrise Willow.

«E per quanto riguarda me, che cos’hai da dire?»

Era stato Airk a parlare, che fino a quel momento se n’era stato zitto in disparte. Ora gli brillavano gli occhi.

Willow lo squadrò con calma e fermezza, continuando a mangiare. «Le pozioni non erano fatte per trasformarvi in qualcosa di casuale. Non era questione di scegliere quella migliore o di avere fortuna. Hanno semplicemente tirato fuori la parte di voi che in quel momento voleva venir fuori più di ogni altra.»

Questa informazione fece cadere e rovesciare lo stomaco a Kit. E doveva averlo fatto anche con gli altri, perché tutti si fecero allibiti e contenti.

«Come ti sentivi, prima di bere la pozione?» insistette Willow.

Airk non dovette pensarci. «Avevo paura» disse amaro. «Di… »

«Che ti spuntasse la coda di maiale» lo aiutò Boorman, spigliato. «L’hai detto nella tenda. Lo ricordo perfettamente.»

«Esatto» confermò Willow, ben più serio del ladro. «Avevi paura di quello, ma soprattutto volevi ad ogni costo risultare affascinante agli occhi di chi ti guardava, suppongo.»

Colto in scacco, Airk non dovette nemmeno annuire. Digrignò i denti e si mise finalmente a fare colazione.

«Non ti preoccupare. Sei andato alla grande. Ho parlato con un sacco di gente in due giorni e ti posso assicurare che nessuno ha riso di te» cercò di rincuorarlo Willow. «Non nel modo che pensi tu.»

Continuarono a consumare la loro abbondante colazione-pranzo, parlando del più e del meno e coinvolgendo il più possibile anche Airk, il quale si rasserenò man mano che passavano le ore. Potevano prendersi quel giorno per loro, ma l’indomani si sarebbe svolto l’ultimo evento dei festeggiamenti: il gran Ballo.

   
 
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