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Autore: Keeper of Memories    21/02/2023    2 recensioni
Dal testo:
"Soppesò la situazione per alcuni istanti.
«In cosa consisterebbe questo lavoro, dunque?» chiese, riportando lo sguardo sulla giovane.
«Alla fine di quest’anno, si terrà un evento nella città di Philadelphia. Un prezioso opale verrà esposto per un breve periodo durante una festa, prima di essere donato a un membro di una famiglia di reali europei. Il committente vuole quell’opale.»
«Mi state chiedendo di rubare!»
Natalia distese la sua espressione, dipingendo un dolce sorriso innocente sul suo volto fanciullesco.
«Mi è stato detto che le vostre mani sono molto abili. È corretto?»
Francis sorrise serafico. «Lo sono, in più modi di quanti possiate immaginare.»"
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Quattro persone assoldate da quattro misteriosi committenti; quattro incarichi che li vedranno nemici, poiché la posta in gioco è troppo alta per lasciar correre. Chi ne uscirà vincitore? Ma soprattutto, chi sono questi misteriosi committenti?
[Human!AU]
[FrUk] [Ameripan]
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera, Alfred si osservò con attenzione allo specchio. Non amava indossare quel genere di abiti, troppo eleganti per i suoi gusti. Di fatto, aveva iniziato ad apprezzare i comodi blue jeans che a San Francisco erano diventati così comuni. Quel frac gli stava bene, ma non si sentiva certamente a suo agio. Scosse la testa, rassegnato. Non aveva esattamente scelta, l’occasione gli richiedeva un abbigliamento di quel tipo, non poteva farci nulla. Se non altro aveva un bell’aspetto, questo era indubbio.
Scese lentamente le scale cercando con lo sguardo il suo nuovo amico, che sicuramente lo stava aspettando. Individuò Kiku Honda quasi immediatamente, rimanendo per un lungo istante quasi stupefatto da ciò che i suoi occhi vedevano. Il giovane timido e imbarazzato sembrava essere stato completamente sostituito da un uomo dal portamento fiero, impeccabile. Indossava un’uniforme nera, con controspalline dorate e decori floreali sul petto e attorno al colletto alla mandarino. In mano, notò che reggeva un cappello a bicorno con delicate decorazioni rosa pallido e una spada assicurata al fianco.
Kiku, notando la sua presenza, gli rivolse un sorriso cordiale.
«Questo abito vi dona, Alfred» gli disse.
«Anche a voi…» biascicò, non esattamente sicuro di come rispondere «Vogliamo andare?»
 
«Quello che indosso ha qualcosa che non va?»
Alfred si riscosse dal flusso dei suoi pensieri, realizzando di non aver ancora staccato gli occhi dal giovane Honda. Guardò fuori dalla finestrella della carrozza, scoprendo che ormai si trovavano a più di metà strada. Scosse la testa.
«Non mi aspettavo… voi, così.»
Kiku piegò leggermente la testa di lato, rivolgendogli uno sguardo confuso.
«Ah. così sembro molto maleducato, mi dispiace. Intendevo, mi aspettavo di vedervi con qualcosa di più “tradizionale”. Qualcosa della vostra terra natale, ecco.»
«Questo lo è, in realtà. Sono abiti disegnati e regolamentati dallo stato giapponese.»
«Davvero? Un momento, voi non siete parte dell’esercito, vero?» chiese, assottigliando lo sguardo per cercare qualche mostrina che indicasse eventuali gradi.
Kiku scosse prontamente la testa.
«Per gli standard occidentali, io sarei un “nobile” in quanto a status. Scegliendo di vivere in Francia, ho scelto di servire il mio Paese in altro modo… possiamo dire che faccio le veci di un diplomatico, anche se il mio scopo è apprendere.»
La mente di Alfred ci mise alcuni istanti per comprendere la portata di ciò che aveva appena sentito, allibito dalle nuove informazioni.
«Non immaginavo minimamente.»
«Ha così tanta importanza?»
Questa volta fu il turno di Alfred di scuotere la testa. «Non fraintendetemi, sono sorpreso, ma non vi avrei trattato diversamente da qualsiasi altra mia conoscenza.»
 
L’hotel Continental era già gremito di persone quando Alfred e Kiku arrivarono, tanto da nascondere quasi completamente sotto un vociare chiassoso la gradevole musica da sala che la banda stava suonando.
Alfred si guardò attorno, scoprendo di conoscere buona parte degli invitati, almeno per fama. Banchieri, politici, imprenditori e molte altre figure di spicco si trovavano in quella sala. Molti di loro erano suoi rivali, molti altri nella sua stessa situazione finanziaria. Per quel che ne sapeva, i soldi erano una valida ragione per rubare una gemma preziosa.
Si avvicinò a un cameriere e prese due flûte dal vassoio che molto cortesemente gli porse.
«Mio caro amico, temo di dovervi lasciare per un po'. Ho degli affari da discutere con alcuni gentiluomini prominenti» disse a Kiku, porgendogli uno dei due bicchieri.
Kiku annuì reggendo il sottile gambo di vetro tra le dita, senza però mostrare alcun interesse nella bevanda.
 
 
A Kiku generalmente non piacevano le feste, soprattutto quelle occidentali. Non era un abile conversatore e faticava a reggere gli sguardi indiscreti degli invitati, attratti dai suoi lineamenti inusuali.
Si sentiva a tutti gli effetti un pesce fuor d’acqua ma, data la presenza di Alfred, sperava di riuscire a trovarsi un po’ più a suo agio. Dovette impegnarsi per nascondere la sua delusione quando gli disse che l’avrebbe lasciato a sé stesso.
Si guardò attorno, leggermente spaesato, deciso a concentrarsi sul suo compito per quella serata per non farsi divorare dal disagio crescente. Con suo grande rammarico, scoprì che la maggior parte dei presenti parlava inglese, lingua a lui del tutto sconosciuta. Fece un respiro profondo e, nonostante la barriera linguistica, aguzzò le orecchie, per captare e discernere voci e suoni che lo circondavano. In fondo, non era diverso dal trovarsi in mezzo a una foresta in primavera, quando la natura si risveglia e gli animali tornano ad emettere i loro versi incomprensibili; nemmeno in quel caso riusciva a comprendere cosa dicessero.
“Usa gli occhi per leggere il tuo avversario” gli diceva suo padre, durante i lunghi pomeriggi di allenamento “ma usa le orecchie per percepire l’invisibile”.
 
«Avete visto, c’è perfino quel Jones.»
Kiku sentì due gentiluomini parlare non lontano da lì, in francese per sua fortuna.
«Il Jones di cui mi avete parlato tempo fa? Quello della Jones Railways?»
«Proprio lui. Ha un bel coraggio, nevvero? È proprio disperato.»
«Ma dite che lo sia davvero?»
«Secondo i calcoli dei miei collaboratori chiuderà tutto entro la fine dell’anno, fidatevi. Perché uno come lui dovrebbe essere qui se non per elemosinare aiuto, uh?»
«Chi l’avrebbe mai detto… Suo padre era un uomo così per bene. Che vergogna.»
 
La prima reazione di Kiku fu quella di posare la mano sull’elsa della lama assicurata al suo fianco. Lui stesso rimase stupito del sangue che gli ribolliva nelle vene, dell’ira che lo aveva investito mentre ascoltava quelle parole. Alla fine, non lo fece; sentì invece la vergogna accartocciargli il petto mentre realizzava che non era merito del suo saldo autocontrollo, ma colpa della sua infima determinazione, della sua codardia. In fondo, lo stesso era accaduto quando suo padre aveva lasciato la loro casa per unirsi alla ribellione, e non aveva trovato il coraggio né di fermarlo, né di seguirlo. Fu l’ultima volta che lo vide vivo.
Bevve un sorso dal bicchiere di cristallo, sperando quasi che il liquido dorato facesse svanire i suoi pensieri cupi come tutti erano soliti dire. Rimase molto deluso quando non fu così.
Guardò Alfred, mentre parlava amabilmente con delle persone ben vestite. Non erano interessate a lui, lo capì dal linguaggio del corpo, mentre Alfred lo era fin troppo.
È disperato.
Bevve un altro sorso, mentre un pensiero fastidioso si fece strada nella sua mente. Dopotutto, le persone sono disposte a tutto pur di sopravvivere. Conosceva Alfred da appena una settimana, come poteva essere certo di ciò che albergava nel suo cuore? L’onore, si sa, è raro quanto le gemme preziose.
Se fosse qui per rubare quella gemma preziosa?
Bevve un altro sorso, dandosi dello sciocco. L’Alfred che aveva conosciuto era una persona giusta e di buon cuore. Passare l’ultima settimana con lui gli aveva dato la certezza che fosse così. Non avrebbe mai compiuto un atto tanto ignobile.
E se avesse avuto un secondo fine?
Bevve un altro sorso, dandosi ancora una volta dello sciocco. Non poteva sapere la sua identità. Alfred era stato sincero quando gli aveva detto che l’avrebbe trattato allo stesso modo, pur conoscendo le sue origini.
Lo era davvero?
Con un ultimo, lungo, sorso svuotò completamente il bicchiere del suo contenuto. Voleva far smettere quei pensieri che si accavallavano fastidiosamente nella sua testa, era l’unico motivo per cui aveva bevuto del vino. A lui nemmeno piaceva, il vino. Eppure, non solo la sua mente non si zittì, ma ottenne pure un fastidioso appesantimento della testa. Fermò un cameriere di passaggio con un vassoio di tartine e ne prese una, che mangiucchiò con poco interesse. Gli era anche stato detto di mangiare del cibo mentre consumava alcol, per non sentirne gli effetti; sperava che almeno quella diceria fosse vera.
Decise dunque di rimanere in disparte vicino a una finestra, ad osservare la situazione, sebbene il suo sguardo inesorabilmente finisse sempre per posarsi su Alfred.
Poche ore dopo, un giovane militare russo catturò l’attenzione della folla, intavolando un discorso che non comprese.
 
 
Alfred stava chiacchierando amabilmente con un banchiere e la sua giovane, spocchiosa figlia. La odiava, ma non era nella posizione di poter decidere come comportarsi, non mentre cercava di carpire al padre la sua situazione finanziaria; era di vitale importanza sapere chi tra quegli ospiti era abbastanza disperato da commettere una rapina. Aveva conversato a lungo con molti invitati e ormai stava andando per esclusione.
Dal discorso del consigliere russo, però, i suoi occhi avevano iniziato a saettare tra la folla che circondava la teca chiusa. Non era esattamente facile intavolare una discussione e osservare l’ambiente circostante, ma ad essere sinceri, se la stava cavando piuttosto bene, almeno secondo la sua opinione.
 
Accadde tutto molto in fretta, più di quanto in realtà Alfred si aspettasse. Le luci si spensero all’improvviso, lasciando l’intero piano nell’oscurità. Subito dopo, i vetri che coprivano le finestre del salone esplosero, tutti in una volta, scatenando definitivamente il panico. Gli invitati iniziarono a urlare e a gettarsi a terra, spaventati.
Alfred aveva tenuto per tutto il tempo la mano destra sulla sua fidata colt e mai aveva staccato gli occhi dalla porta principale. Chiaramente quello era un diversivo in piena regola, il modo che il ladro aveva escogitato per uscire dalla sala a crimine compiuto.
La sua intuizione era esatta: vide una sagoma uscire dalla porta, nell’esatto istante in cui le grida erano iniziate. Sparò un colpo, ma non riuscì a mirare come voleva a causa degli spintoni che continuava a ricevere dalle persone attorno a sé, colpendo malamente la cornice della porta.
Si fece strada tra la folla, cercando invano di raggiungere l’uscita, quando sentì qualcosa di sottile e affilato premergli sulla gola. La luce tornò ad illuminare la stanza.
«Fermati. Sei stato tu, vero?»
Riconobbe la voce del suo caro amico Kiku vicino al suo orecchio, alle sue spalle; il tono secco e privo di emozione, però,  gli fece venire un brivido lungo la schiena. In quel momento, ebbe sinceramente paura.
«Cosa? Che stai dicendo?»
«La gemma preziosa è stata rubata. Sei stato tu vero?»
«No! Ho visto il ladro!»
Tre guardie armate si avvicinarono, forse intuendo l’accaduto. Una di loro fece cenno a Kiku di abbassare l’arma e un’altra iniziò a perquisirlo.
«C’è un errore, signore!» disse Alfred disperato a una di loro, questa volta in inglese «Ho visto qualcuno uscire dalla porta mentre tutti gridavano! Per questo ho sparato. Il vostro ladro è già fuori!»
Fortunatamente, quegli uomini non erano degli sciocchi; alle parole di Alfred, alcuni di loro scattarono immediatamente, precipitandosi fuori dal salone. Alfred tirò un sospiro di sollievo.
«È pulito.»
A perquisizione completata, le guardie li lasciarono, presi da più urgenti doveri. Alfred si voltò verso il suo amico.
«Kiku! Stai bene? Si può sapere che diavolo-»
«Devo prendere il ladro» lo interruppe, precipitandosi immediatamente fuori dal salone.
Alfred imprecò a denti stretti e lo seguì. Non dubitava che Kiku fosse in grado di difendersi, glielo aveva appena dimostrato. Tuttavia, non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione afflitta e lo sguardo disperato che gli aveva rivolto, forse perfino inconsapevolmente. Doveva trovare il ladro, certo, ma prima ancora voleva accertarsi che il giovane giapponese non facesse qualcosa di sciocco.
 
 
Dal quinto piano dell’hotel Continental, Ivan osservava le strade di Philadelphia, gremite di guardie e agenti di polizia. Erano passate diverse ore dal furto e, per l’occasione, aveva radunato i suoi sottoposti nel salottino della sua suit. Dava loro le spalle, ma riusciva a vedere chiaramente le loro facce terrorizzate nel riflesso del vetro.
«C’è qualcosa che mi volete dire?»
Eduard lanciò un’occhiata preoccupata prima a Tolys, poi a Raivis, prima di prendere la parola.
«Abbiamo impiegato il denaro per creare “qualcosa di divertente”, come ci avete chiesto, Gospodìn
«È stata un’idea di Natalia!» intervenne Raivis.
«Non osare, stupido bifolco! Eravate tutti d’accordo con me, quando l’ho proposto» strillò la giovane, gonfiando il petto indignata.
«Oh? Volete anche spiegarmi che fine ha fatto l’opale, dunque?»
Ivan sorrideva, ma non era per niente felice. I quattro ammutolirono all’improvviso, terrorizzati dalla reazione che sarebbe inevitabilmente seguita. Fu Tolys a trovare un inaspettato coraggio e a prendere la parola.
«Se permettete… vi spiego la situazione, Gospodìn
«Sarà meglio per tutti voi.»
Tolys cercò di riassumere il più possibile, sperando di non peggiorare ulteriormente l’umore di Ivan. A racconto terminato, quest’ultimo si girò verso di loro.
«Quindi… domani incontreremo il vincitore di questa messa in scena, da
«Esatto.»
Ivan si accomodò su una poltroncina e sorrise.
«Ammetto che sembra divertente, eheh. Avete fatto un ottimo lavoro! Sono sinceramente stupito.»
I quattro tirarono finalmente un sospiro di sollievo.



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Note: Eccoci qua finalmente! Dopo una lunga (o quasi) attesa, il capitolo è uscito. Che dire... è successo! Ma per i dettagli sull'accaduto, dovrete aspettare il prossimo capitolo eheh. Piccolo dettaglio sugli abiti di Kiku: il colore dei fiori appuntati definivano il grado nobiliare dell'utilizzatore (basato a sua volta sulla ricchezza della famiglia). Il rosa è il colore riservato ai "conti"! Quindi... Nobiltà medio-alta(?). Insomma, è ricco. Grazie per essere arrivati fin qui con la lettura! Fatemi sapere cosa ne pensate^^
   
 
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