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Autore: Albascura_    18/03/2023    3 recensioni
[AtsuHina - post canon - exes to lovers]
Atsumu lo sapeva perfettamente, ma quella consapevolezza non gli avrebbe certo impedito di guardare il suo futuro errore madornale dritto negli occhi, stringergli la mano e invitarlo nella sua vita con un educatissimo “accomodati pure!”, accompagnato anche da un profondo inchino.
Ed era proprio questo che stava succedendo, e la metafora non si discostava neanche tanto dalla realtà.
Il suo futuro errore lo conosceva bene, infatti. Aveva un nome e un cognome e una matassa inestricabile di capelli rossi.
[Back and Forth: 3^ parte]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Black Jackals, Kiyoomi Sakusa, Koutaro Bokuto, Shouyou Hinata
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Back and forth'
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Tutto il tempo che vuoi

 
Era una buona idea?
NO. 

Atsumu lo sapeva? SI. Lo sapeva perfettamente anche da solo, per cui non capiva che bisogno ci fosse di continuare a ripeterglielo. Evidentemente quegli stronzi dei suoi amici ci godevano a rigirare il coltello nella piaga e a ribadire l’ovvio, ovvero quanto fosse un irrimediabile idiota.
Atsumu lo sapeva, lo sapeva perfettamente, ma questa consapevolezza non gli avrebbe certo impedito di guardare il suo futuro errore madornale dritto negli occhi, stringergli la mano e invitarlo nella sua vita con un educatissimo “accomodati pure!”, accompagnato anche da un profondo inchino.

Ed era proprio questo che stava succedendo, e la metafora non si discostava neanche tanto dalla realtà.

Il suo futuro errore lo conosceva bene, infatti. Aveva un nome e un cognome e una matassa inestricabile di capelli rossi.

Ed era qualcuno a cui, semplicemente, Atsumu non era in grado di dire no.

Per questo quando Shouyou Hinata l’aveva chiamato (attendendo molto premurosamente l’ora adatta per non disturbarlo considerando il fuso orario) per dirgli che sarebbe tornato in Giappone, lui aveva risposto solo con un entusiasta “è fantastico!”, e quando gli aveva chiesto un po’ insicuro se poteva appoggiarsi da lui, aveva risposto “tutto il tempo che vuoi!” senza neanche lasciare a se stesso il tempo di pensare a quanto fosse una pessima, pessima idea l’offrire alloggio al proprio ex fidanzato. E non un ex qualunque, ma l’ex per eccellenza, quello per cui nelle notti particolarmente fredde ancora piangeva fino ad addormentarsi.

Ecco, questa era l’entità del danno che Atsumu Miya, 32 anni, stava deliberatamente per infliggere a se stesso. E con un certo preoccupante entusiasmo.

«Non lo so Tsum Tsum…» Bokuto sospirò grattandosi la testa, «Io adoro Shou-kun, lo sai. Ma mi sembra ieri che l’abbiamo salutato all’aeroporto, e quella volta ti abbiamo dovuto raccogliere col cucchiaino. Lo so che hai voglia di rivederlo, ce l’abbiamo tutti. Ma farlo vivere qui…»

Atsumu roteò gli occhi al cielo e incrociò le braccia al petto. Cominciava ad averne piene le palle di queste spedizioni allo scopo di farlo rinsavire.

«Non fare l’ipocrita. Se Akaashi ti avesse chiesto la stessa cosa non avresti esitato un solo secondo a dirgli di sì!»

«E invece no, non l’avrei fatto.»

«Solo perché stai con Kuroo ora! Se fossi da solo, invece…»

«No, non l’avrei fatto comunque, e non per Kuroo ma per qualcosa di molto più importante: l’amor proprio.»

Atsumu sbuffò sonoramente. Ma cosa gli toccava sentire. Era così difficile da capire che tirarsi indietro non era un’opzione? Che nonostante gli anni passati, per una sola briciola di Shouyou avrebbe gettato alle ortiche letteralmente qualsiasi cosa?

Quello che lo lusingava più di qualsiasi altra cosa era che tra tutte le persone che Shouyou avrebbe potuto chiamare, aveva scelto per primo lui. Non Kenma, il suo sponsor e amico di infanzia, con tanto di villino e pieno di camere per gli ospiti, non Kageyama, il suo eterno rivale ed eterna questione irrisolta, ne tantomeno Yachi o Yamaguchi, tra i suoi migliori amici nella capitale. No, aveva chiamato Atsumu, il suo ex fidanzato. E gli aveva chiesto di stare da lui, nell’appartamento che per due anni avevano condiviso. 

Oggettivamente, come diavolo avrebbe potuto Atsumu dire di no?

«Atsumu, noi lo diciamo per te. Siamo preoccupati. Non vogliamo che ti illuda di nuovo.»

«Frena! Non dirlo, non è giusto. Shouyou non mi ha mai illuso. Non mi ha promesso nulla che non abbia mantenuto. Il resto è tutta farina del mio sacco.»

«Bokuto-san, lascia perdere.» Sakusa prese la parola per la prima volta di quel pomeriggio. Ormai il suo sopracciglio si era alzato talmente tanto che era svanito sotto i riccioli scuri, e questo poteva solo voler dire che non ne poteva più delle sue stronzate. «Ci sta sotto peggio che otto anni fa, è inutile insistere.»
 
Atsumu li cacciò fuori dal suo appartamento a calci nel sedere. Non aveva tempo da perdere ad ascoltare quei due stronzi senza un minimo di empatia. Aveva delle pulizie approfondite da fare e una casa da riordinare! Aveva solo una settimana di tempo per prepararsi all’arrivo di Shouyou, e non poteva sprecare tempo in sciocchi ripensamenti o pare mentali.
 


… pare mentali in cui ovviamente Atsumu si gettò a capofitto. 
Man mano che i giorni passavano, le ore di veglia erano diventate un palcoscenico su cui si susseguivano tutti i possibili scenari del loro incontro. Atsumu non riusciva a pensare ad altro: durante gli allenamenti si domandava se avrebbe potuto alzare di nuovo per Shouyou; durante i pasti si chiedeva se avrebbe cucinato per lui qualche specialità brasiliana o se avesse preferito fosse Atsumu a preparargli il tamage kake gohan, come erano soliti fare tanti anni prima; se si sarebbe accontentato del divano che gli aveva preparato con coperte e cuscini o se avesse preferito stendere il futon nella sua stanza, accanto al suo letto e anzi, magari… Atsumu cercava di scacciare via quei pensieri intrusivi ma quelli continuavano a tornare più subdoli e prepotenti di prima. 
 

Era inutile che cercasse di rammentare a se stesso com’era andata la prima volta, perchè il suo stupido cervello tendeva a riporgli in loop tutti i momenti belli - meravigliosi, perchè belli era un eufemismo - che avevano trascorso insieme, e sorvolava completamente su quelli brutti, e soprattutto su com’era andata a finire. Atsumu quasi non se lo ricordava. Aveva solo dei flash di quel periodo, e aveva il dubbio che derivassero dai racconti che gli avevano fatto gli altri più che da vere memorie, un po’ come fossero dei falsi ricordi. La partenza di Shouyou e i mesi successivi erano come pagine bianche, totalmente vuote. Quasi come se quel periodo non lo avesse proprio vissuto, come se non fosse stato reale.  Sapeva che non era andata così, ma se il suo subconscio aveva deciso di farne tabula rasa Atsumu aveva deciso di rispettarlo e non indagare oltre. Certe cose era meglio non ricordarle.
 
Bisognava concentrarsi sul futuro, non sul passato. E il suo futuro si stava avvicinando a 800 km/h a bordo di un volo di linea. 
 
 

 
L’intera squadra lo fissava con un certo malcelato biasimo. Atsumu, da due giorni a quella parte, camminava letteralmente ad un metro dal suolo. 

Hinata era arrivato. 

Aveva deciso di dormire sul divano, alla fine, ma per Atsumu andava bene lo stesso. Già trovarselo in cucina di prima mattina, più spettinato del solito e con una tazza di caffè in mano, gli aveva dato un senso di deja-vu che per poco non l’aveva fatto svenire. Era stupendo. Atsumu non riusciva ad immaginare un modo migliore di iniziare la giornata (o forse si, ovvero svegliarsi con Shouyou tra le braccia ma quello era uno di quei pensieri parassitari su cui cercava di non soffermarsi). 

I suoi compagni di squadra non riuscivano ad essere felici per lui, a viversela alla leggera, proprio no; nessuno, al contrario del diretto interessato, aveva dimenticato quello che era successo otto anni prima, e anche i nuovi membri della squadra erano stati istruiti a dovere. Tutti loro non pensavano ad altro che a prepararsi ad attutire l’impatto quando Atsumu sarebbe, inevitabilmente, caduto. Di nuovo.

Atsumu non la pensava affatto così. Certo, Shouyou non aveva detto niente di esplicito riguardo le sue intenzioni, però era a casa sua, dormiva sul suo divano e i suoi capelli profumavano del suo shampoo al cocco. Avrà pur dovuto significare qualcosa!
 
 
 

In tutti quegli anni, Shouyou non aveva perso un grammo della sua personalità vivace e frizzante. La sua fronte si arricciava di più quando sorrideva, ora, e le lentiggini intorno ai suoi occhi tendevano a sparire dietro piccole e delicate piegoline. Ma a parte quei minuscoli, incantevoli cambiamenti, Shouyou era lo stesso di sempre. 

Atsumu lo guardò agitare la cannuccia nel suo tumbler e gli sembrò che non fosse passato un solo giorno da quando quella, una serata al bar in compagnia della squadra, era la loro realtà quotidiana. Se si impegnava abbastanza, poteva quasi fare finta che non se ne fosse mai andato, che gli ultimi otto anni li avessero passati così, a fare le solite cose ma insieme, e quindi meglio.

Perché la vita con Shouyou era automaticamente un’ottava più alta e due toni più brillante, anche una ciotola di riso in sua compagnia aveva un altro sapore. Era una specie di superpotere, il suo, e una maledizione per chi vi entrava in contatto, perché una volta incontrato Shouyou, tutto il resto diventava improvvisamente scialbo e noioso. Atsumu sapeva di non essere il solo vittima di quell’incantesimo, ne avrebbe potuti citare altri quattro o cinque senza neanche stare su a pensarci. Chissà se Shouyou l’aveva capito, che effetto aveva sulle persone…
 
 

Si stavano godendo la serata, andava tutto bene finché Kyoomi non aveva deciso, con l’espressione più fredda e severa di cui era capace, di rovinare la serata a tutti. Aveva posato il suo drink sul tavolo e con finta indifferenza si era voltato verso Shouyou, pronto a sganciare la bomba.
«Allora Hinata-kun, hai già deciso quanto ti fermerai?»
 
Atsumu si sentì gelare. Shouyou stava da lui già da tre giorni e nonostante avessero trascorso quasi ogni minuto insieme e avessero parlato fino ad avere entrambi la gola secca, quella domanda non aveva ancora avuto il coraggio di fargliela.

Shouyou si agitò inquieto sullo sgabello e ridacchiò nervosamente. Gli lanciò un’occhiata esitante, quasi timorosa. Durò solo un istante ma Atsumu non se la perse, ed era bastata per annodargli lo stomaco e fargli risalire per la gola il sapore acido dell’alcool. 

«Non ho ancora deciso, no.» rispose drizzando la schiena, «Ho diverse offerte per le mani, diciamo che posso permettermi di scegliere in quale squadra terminare la mia carriera.»

«Ma è fantastico Shou-kun! Con i successi che ti sei guadagnato sono sicuro che-» Bokuto cercò di inserirsi nella conversazione, ma Kiyoomi aveva deciso di non arrendersi.

«Tua madre sta ancora a Miyagi, no? Perchè non sei tornato a stare da lei?»

Atsumu sgranò gli occhi e lanciò a Kiyoomi uno sguardo assassino mentre scandiva molto chiaramente un muto - ma che cazzo? - a cui quello stronzo rispose con una scrollata di spalle. «Ce lo stiamo chiedendo tutti in fondo, no?»

«Perché non vedevo l’ora di rivedervi tutti, ragazzi!»

«E dovevi rivederci proprio stando a casa di-»

«OH! Si è fatto molto tardi, non credi Sakusa-san?» Bokuto saltò letteralmente giù dallo sgabello e afferrò Kiyoomi per un braccio. «E’ proprio ora di rincasare. Vieni, ti accompagno a ritirare il cappotto. è stato un piacere vederti piccoletto, rifacciamolo il prima possibile! A domani Atsumu! Ciao!» 
Gli altri membri della squadra guardarono Sakusa venire trascinato via con un’espressione contrariata.

Con Inunaki che fischiò stiracchiando le braccia, «E’ stato davvero imbarazzante. Mi sa che è ora di andare» la serata si concluse mestamente.
 
 
Il viaggio in macchina fino a casa era stato intriso di tensione. Atsumu stringeva il volante con una forza esagerata, mordendosi l’interno delle guance per non parlare, e Shouyou guardava fuori dal finestrino, insolitamente silenzioso.

Che avessero bisogno di parlare di quello che era successo al bar, e di parlare proprio in generale, era chiaro ad entrambi. E il fatto che nessuno dei due riuscisse ad iniziare la conversazione, però, faceva contorcere lo stomaco di Atsumu dall’ansia.

Alla fine fu Shouyou a rompere il silenzio. Incrociò le braccia al petto e si girò verso di lui con un’espressione imbronciata oggettivamente adorabile.

«Da quando Sakusa-san è diventato così stronzo?»

Atsumu si lasciò sfuggire una risata nervosa, «Forse non te n’eri mai accorto, ma lo è sempre stato.»

«Si, ma non verso di me! In modo così plateale soprattutto. Dimmi un po’ Atsumu-san… Tra di voi c’è qualcosa?»

«Eeeh? Ma come ti viene in mente?»

«E’ evidente che non apprezza il mio ritorno, soprattutto se ci sei di mezzo tu…» 

«Naah, è solo in modalità amico iperprotettivo.»

«Ah, è così?»

«Vedi Shouyou… Lui e Bokuto mi sono stati molto vicini quando… Quando sono stato male.»

«Quando sono partito?»

«Già… Semplicemente Sakusa non riesce ad essere altrettanto rilassato a riguardo, come invece fa Koutaro. Omi si sta rivelando un tipo piuttosto rancoroso, eheh.»

«Non posso biasimarlo.» convenne Shouyou stringendosi nelle spalle. «Dal suo punto di vista sono solo il bastardo che ti ha lasciato senza pensarci due volte e che ora pretende di tornare nella tua vita come se niente fosse, piombandoti in casa da un giorno all’altro» Shouyou si arruffò i capelli con un gesto nervoso. «Argh, non so nemmeno io a cosa diavolo stavo pensando.»

Atsumu si sentiva girare la testa. Mise la freccia e accostò a lato della strada. Strofinò le mani sulle cosce per asciugare il sudore che le aveva ricoperte e trasse un profondo respiro per calmarsi. Per quanto gli facesse comodo vivere in quel limbo, Atsumu si rendeva conto che non sarebbe potuto durare. Aveva bisogno di sapere la verità. Si voltò verso Shouyou con gli occhi sgranati.

«Dobbiamo parlare.»

Shouyou lo fissò con un’espressione tormentata, torturandosi le maniche della giacca come fosse ancora un ragazzino.

«Perchè sei tornato?»

«Voglio chiudere la mia carriera qui in Giappone, dove tutto è iniziato.»

«Ok. E perchè sei voluto venire a stare da me?»

«Volevo vedere come te la stavi passando e… Volevo vedere se eri cambiato. Se mi avevi perdonato. Se a mancarmi eri veramente tu o solo il ricordo che in questi anni ho conservato di te.»

Atsumu sentiva il proprio battito cardiaco rimbombargli furiosamente nelle orecchie. Shouyou sembrava così indifeso mentre rivelava senza filtri ciò che veramente provava, così egoisticamente onesto, così brutalmente sincero. Aveva paura di vedere dove si sarebbe concluso quel discorso, ma doveva sapere. Doveva assolutamente sapere.

Atsumu trattenne il respiro. «E?»

«E non sei cambiato. E mi sei mancato così tanto! Vorrei che potessi perdonarmi e vorrei che ci dessimo una seconda possibilità. Se puoi, se vuoi.»
 
Atsumu scosse la testa. «Shouyou, non devo perdonarti nulla. Non ti biasimo per aver scelto la carriera al posto della nostra storia. Non ti avrei mai chiesto il contrario. Ma non mentirò, non posso guardarti negli occhi e dirti che non ha fatto male, perchè mi ha fottutamente distrutto. Vorrei poterti dire che è tutto passato, che sono pronto a fidarmi di nuovo ma… Shouyou, Kiyoomi ha ragione. Non sai quanto mi costa ammetterlo, ma non posso passarci un’altra volta. Non posso. Non penso ne uscirei intero.»
 
Gli occhi di Shouyou si riempirono di lacrime. Tirò su col naso e si sporse per afferrargli una mano e stringerla tra le sue.
 
«Mi dispiace tanto, Atsumu. Non posso dirti che se tornassi indietro farei le cose diversamente perchè non sarebbe vero, avevo bisogno di partire. Dovevo farlo. Ma questo posso dirtelo, con assoluta e totale certezza. L’unica cosa che mi pento di aver dovuto lasciare indietro sei tu. Per questo sono tornato solo ora, ora che so che non dovrò mai più farlo. Stavolta, se me lo permetterai, se lo vorrai, staremo insieme e sarà la carriera a piegarsi a noi e non il contrario. Non sarai mai più una vittima collaterale della mia ambizione, te lo prometto.»
 
«E’ uno scherzo?» Atsumu si accorse di star piangendo solo quando la voce gli uscì interrotta dai singhiozzi. «Perchè se mi stai prendendo in giro giuro che ti prendo a calci.»
 
Shouyou rise tra le lacrime. «Non è uno scherzo Atsumu-san. Se mi darai il permesso, vorrei amarti ancora.»
 
Atsumu si asciugò le guance con il dorso della mano, e rispose con la voce che tremava per l’emozione. «Niente data di scadenza, stavolta?»

Shouyou scosse la testa energicamente, gli occhi che brillavano. «Niente data di scadenza. E’ un si? Possiamo riprovarci? Posso rimanere da te?»

Atsumu allungò una mano verso il suo viso, immergendola in quella morbida matassa di capelli rossi che aveva amato fin dal primo momento. La appoggiò alla base del suo collo e lo attirò più vicino, finché i loro visi non furono ad un soffio di distanza.

Le lentiggini bagnate di Shouyou spiccavano sulle sue gote arrossate, gli occhi lucidi e brillanti, le labbra piegate in un piccolo sorriso tremante di attesa.

«Tutto il tempo che vuoi.» disse Atsumu prima di unire le loro labbra. 
   
 
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