Libri > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: Fiore di Giada    20/03/2023    0 recensioni
[[Sulle lagune/Giovanni Verga]]
Tratto dal romanzo "Sulle lagune", scritto da un Verga ventenne. Romanzo a mio parere bellino.
Ho focalizzato la mia attenzione sul personaggio di Collini, a cui ho dato un nome, ossia Riccardo. (Verga, mi spieghi perché i due amanti hanno un nome, questo poveretto no?)
Comunque, Riccardo assiste all'impiccagione di giovani patrioti e sente il peso dello sconforto. L'amicizia potrà aiutarlo?
P.S.: la "tempesta del dubbio" di Mazzini non è una mia invenzione, ma è realtà storica e si riferisce ad un periodo di profonda crisi attraversata dal grande patriota genovese, a seguito dei fallimenti dei suoi piani insurrezionali, negli anni 1833-1834. Se non ricordo male, perse anche un amico, Ruffini.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cupo, Riccardo Collini entrò nella camera.
Con un sospiro, si lasciò cadere sul letto e rimase immobile, gli occhi castani fissi sul soffitto, umidi di lacrime.
Si era ripetuto un infame, crudele rito della burocrazia austriaca.
Altri giovani e valorosi patrioti erano stati impiccati per avere espresso il loro favore per l’idea dell’Italia unita.
Si strinse le braccia attorno al petto, cercando di frenare i singhiozzi convulsi, mentre le lacrime tracimavano sulle sue guance. Tra i condannati, aveva riconosciuto diversi suoi compagni di scuola.
Nei suoi primi anni, con quei ragazzi, aveva condiviso avventure e pensieri.
E ora di loro restavano corpi privi di vita.
− Quanto durerà tutto questo? – si chiese, il cuore oppresso dall’angoscia. Anche egli era favorevole all’unione dell’Italia e non aveva esitato a diffondere articoli infuocati contro il governo austriaco.
Nessuno conosceva l’autore di quei fogli incendiari.
Strinse le lunghe gambe contro il petto, poi si coprì la bocca con la mano, cercando di placare un conato di vomito. Le sue capacità letterarie erano riconosciute, ma niente si era smosso.
Tutto sembrava fermo, come pietrificato dallo sguardo da una implacabile Medusa.
− Papà… Come riesci a proseguire una simile battaglia? – si chiese. Suo padre Tito, artigiano sublime e fervente liberale, era per lui un fulgido esempio di coraggio e d’onestà.
Aveva perduto tanti amici e compagni nella sua azione, ma tale dolore non lo aveva allontanato dal suo sogno di libertà.
Nemmeno l’ombra opprimente del carcere politico aveva spento la sua anima ardente.
Lui, spesso, si sentiva perso in un mare di dubbi, che mai lo abbandonavano.
Si sentiva indegno d’essere il figlio dell’eroico Tito Collini.
Ma non riusciva ad allontanare dalla sua mente la visione di quei corpi straziati, che ondeggiavano al soffio del vento.
 
La porta, ad un tratto, si aprì ed entrò Stefano.
L’ufficiale ungherese, per alcuni istanti, fissò la figura imponente di Riccardo e un sospiro sconsolato fluì dalle sue labbra. Solo uno spettacolo poteva abbattere l’indomita fibra del suo amico e compagno di lotta.
Gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla. Tante domande premevano sulle sue labbra, ma non gli sembrava giusto obbligare il giovane veneziano a parlare.
Riccardo, che pure era amante dei divertimenti, non amava parlare delle sue sofferenze.
Questo suo pudore glielo aveva reso caro, quasi fosse un fratello.
Le loro etnie, così differenti, in quell’aspetto caratteriale trovavano un insospettato punto d’unione.
Scosse la testa. Però, per lui, era penoso vederlo in quello stato di prostrazione.
Voleva offrirgli un conforto concreto, ma non sapeva che cosa fare.
 
− Li ho visti. Li conoscevo quasi tutti. Erano miei amici, ai tempi della scuola. – confessò ad un tratto il giovane.
Stefano sbarrò gli occhi, sorpreso. Con poche, tristi parole il suo amico veneto gli aveva rivelato la verità.
E lui aveva avvertito il senso d’impotenza e d’odio che Riccardo, in quei duri momenti, aveva provato.
Il desiderio di salvarli si scontrava con la crudele necessità di non farsi riconoscere dalle autorità austriache, sempre presenti.
Ma la ragione, per quanto chiara, non poteva dare conforto al suo cuore sanguinante.
− Mio padre… Mio padre ha perso tanti compagni, come me… Eppure, non ha mai mostrato alcun cedimento. Nemmeno la prospettiva del carcere politico ha mai instillato in lui il dubbio. E’ per me un esempio di onestà e di intransigente adesione alla causa. Anche se le nostre idee sono diverse, credimi, io lo rispetto molto. – continuò.
− E ha avuto un figlio altrettanto generoso. – osservò l’ufficiale ungherese.
A quelle affettuose parole, il corpo dell’italiano si irrigidì e un flebile singhiozzo risuonò sulle sue labbra. La sincerità delle parole di Stefano acuiva il suo senso di pena.
Si sentiva indegno di tale stima.
− No… Non sono degno di mio padre… Quando ho visto i corpi dei miei compagni, ho sentito il mio cuore dilaniato dal dubbio… Mi sono chiesto il senso di questa lotta e ho avuto paura della risposta. – confessò. Finalmente, aveva schiuso il suo cuore all’affetto e alla comprensione del suo amico ungherese.
Quella pena, pur non essendosi allontanata, si era attenuata.
Il magiaro posò le mani sulle spalle di Riccardo e, con un movimento deciso, lo girò.
Gli occhi castani di Riccardo si specchiarono nelle iridi cerulee di Stefano, che, sfiorate dai raggi lunari, parevano screziate d’argento. In quel momento, il viso del suo amico era una maschera imperscrutabile, quasi statuaria.
Era ben diverso dal ragazzo partecipe e affettuoso di poco prima.
Quei suoi meravigliosi occhi cerulei sembrava volessero leggergli l’anima.
− Anche Mazzini ha attraversato la tempesta del dubbio. Eppure, non si è arreso e continua a combattere per il suo paese. – cominciò.
Si interruppe, poi appoggiò la mano destra sul petto di Riccardo.
Perplesso, l’italiano aggrottò le sopracciglia e fissò sul magiaro uno sguardo interrogativo.
− Fai quello che ho fatto io. – lo incoraggiò.
Riccardo, per alcuni istanti, esitò, poi lo imitò.
− Senti il mio cuore? – chiese Stefano, pacato.
Con un cenno indeciso della testa, Riccardo annuì.
− Tutti noi abbiamo un cuore. Io, tu, perfino Mazzini. Non possiamo impedirgli di amare e di soffrire per le persone a noi care. Ma noi non dobbiamo farci condizionare dalla sofferenza. La libertà deve essere la guida del nostro cuore. Mi intendi, amico mio? Fino alla fine, per la libertà e contro lo straniero. −concluse Stefano, gli occhi lucidi d’eccitazione. Non avrebbe permesso a Riccardo di perdere la sua forza.
Avevano bisogno di giovani come lui per raggiungere il loro scopo.
Riccardo si appoggiò al petto di Stefano, un lieve sorriso sulle labbra
− Hai ragione, amico mio. Per la patria… Fino alla fine. −
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Fiore di Giada