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Autore: Noskdresser    22/03/2023    0 recensioni
La storia riprende gli eventi di FMA narrati attraverso gli occhi di un giovane caporale con dei sentimenti contrastanti nei confronti del colonnello Roy Mustang
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 7: Le due facce della luna.

 

La luna crescente rischiarava il cielo, con una luce tenue che non permetteva di ammirare tutti i dettagli architettonici dell’enorme villa principale della famiglia Armstrong.

Eravamo appena rientrati dalla fiera dell’arte, il tempo di prepararci e andammo subito a letto, sia perché eravamo un po’ stanchi, sia perché con Keith non esisteva una giornata che non fosse movimentata.

Io però, non riuscivo a chiudere occhio.

Mi rigiravo nel letto in continuazione ma ogni posizione era scomoda. Il ventre iniziava a farmi male e il fiato si faceva corto. Stufo, mi alzai.

 

Ripensavo al colonnello e prima che me ne rendessi conto feci come per prendere una sigaretta, per poi realizzare di non poter fumare negli interni della villa. La finestra era enorme e non mi andava di aprirla solo per una sigaretta, quindi uscii dalla mia camera. Gli anditi erano bui. Camminai per un po’ e raggiunsi il giardino degli Armstrong. Delle intricate composizioni floreali facevano da contorno a una grossa fontana ornata di statue marmoree. Quando i miei piedi fecero contatto col marmo freddo, ebbi un piccolo brivido. Ero scalzo, con dei pantaloncini da pigiama e una canottiera. Non il massimo per quella nottata gelida. Era come se il gelo stesso fosse venuto a farmi visita, e forse la mia deduzione non era troppo lontana dalla realtà.

 

Mi accesi una sigaretta, l’istante dopo mi ritrovai a schivare un fendente di spada che arrivò dal buio, il fusto della sigaretta si tagliò in due. Con dei movimenti rapidi mi misi dall’altra parte della fontana nel caso il mio aggressore fosse disposto di armi da fuoco, usandola come barriera. Purtroppo non avevo nessun arma con me. In ogni caso la protezione di Keith era prioritaria.

Nemmeno il tempo di radunare i miei pensieri che il mio nemico si avventò su di me con un affondo letale, che evitai rotolando di lato.

 

La sua spada si conficco nel pavimento in marmo, e illuminata da quella tenue luce lunare la riconobbi. Olivier Mira Armstrong, la sorella maggiore di Keith e Alex Armstrong.

 

“Buoni riflessi. Dovevo aspettarmelo se sei riuscito a infiltrarti qui.”

“Generale Armstrong.” Salutai, era pur sempre una mia superiore.

“Credo ci sia un malinteso! Attualmente sono la scorta assegnata al suo fratellino minore, l’alchimista di carta. Sono qui unicamente in questa veste. Mi perdoni per le condizioni sub-ottimali in cui mi trova. Il signorino ha voluto così, e ho rispettato la sua volontà.”

 

La donna dai lunghi capelli biondi ripose la sua spada nel fodero, e se ne andò dandomi le spalle.

 

“Senz’altro la disciplina non ti manca… devo riconoscerlo a Mustang.”

 

Sparì nel buio da cui era venuta. Tirai un lungo sospiro di sollievo. La temutissima Olivier Armstrong, conosciuta anche come la muraglia di Briggs. Protegge Amestris dal nord e il suo operato è rinomato per la sua efficienza e freddezza.

 

“Ah già avrei dovuto avvisarti, Olivier sta con noi per qualche giorno, ma dovrebbe già partire domani.”

La voce di Keith mi sorprese alle spalle, spaventandomi.

 

“Da quanto stavi guardando?!”

“In realtà ti ho seguito fin da quando sei uscito dalla tua camera.”

“E non potevi...fermare tua sorella?”

“Mhh… così però non avrei avuto un test delle tue abilità.”

 

Lo guardai con un’espressione sconcertata. Quella famiglia era assurda.

“Comunque…”

Keith prese posto con me sulla fontana.

Rispetto a me, indossava un’elegante vestaglia da notte color porpora.

 

“Non riesci a dormire? Potrebbe essere un problema.”

“Lo so. Mi dispiace. Non dovessi eseguire correttamente le mie funzioni, ti prego di sostituirmi immediatamente.”

Lui mi guardò alzando un sopracciglio. Quindi gli risposi “Che c’è?”

“Parli sempre di “funzionare” e “sostituire” come se fossi una specie di bambola.”

“Sono termini che mi vengono facili da usare per intendere ciò che penso...è così strano?”

“Mh…”

Keith ridacchiò

“Un po’. Ma mai strano quanto il tono informale che stai usando con me in questo momento.”

Appena realizzai che intendeva, tornai subito a dargli del lei.

“Mi perdoni, ero ancora su di nervi per la situazione con vostra sorella.”

Quello roteo gli occhi e sospirò.

“Non la intendevo come una cosa negativa. Senti… che ne dici se stanotte lasciamo da parte appellativi, registri formali, gradi e tutte ste robe?”

Ci guardammo in silenzio, poi lui aggiunse.

 

“Non è un ordine.”

 

La luna ha due facce, una non la si vede mai.

Keith, l’alchimista di stato, l’alchimista di carta, l’artista, il minore degli Armstrong.

E Keith. Un ragazzo un po’ solo, che non ha alcun amico della sua età.

 

Solo allora capii. Fin dal primo istante in cui ci incontrammo, quel ragazzo stava disperatamente cercando di essere mio amico, a modo suo.

 

“Sì. È un’idea carina, Keith.”

 

Quello sorrise.

 

“Aaallora… fiato corto, batticuore, impossibilità di mantenere contatto visivo. Tutti sintomi della sindrome Mustang!”

Fui come tramortito da un fulmine, ma cercai di stare al gioco

“...centrato in pieno.”

 

Keith rimase sorpreso.

“Assurdo, ti piace davvero?”

 

In quel giardino tornò a regnare un silenzio in cui l’acqua della fontana scorreva indisturbata.

Con le guance arrossate e un espressione sofferente, risposi.

 

“No. Lo odio.”

   
 
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