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Autore: Noskdresser    28/03/2023    0 recensioni
La storia riprende gli eventi di FMA narrati attraverso gli occhi di un giovane caporale con dei sentimenti contrastanti nei confronti del colonnello Roy Mustang
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 9: Presagio

Il ragazzo correva in un corridoio senza luce col cuore in gola. Nemmeno il tempo di voltarsi per controllare se il suo inseguitore gli stesse alle calcagna. Purtroppo per lui, quel corridoio non avrebbe mai avuto fine.

L’infinita oscurità venne scacciata via da una scintilla di fuoco che rimbalzava da parete a parete, vincendo il ragazzo in velocità e colpendo le sue gambe, riducendole rapidamente in carbone con una violenta fiammata. Il giovane guardava le sue gambe con orrore e urlava, ma nessun suono fuoriuscì dalla sua bocca. Gli arti inferiori carbonizzati si frantumarono e lo fecero cadere a terra, sulle ginocchia, mettendo fine al suo breve tentativo di fuga.

Dei passi approcciarono il ragazzo da davanti, una voce maschile gli fece alzare lo sguardo, rivelando il volto del suo assalitore.

“E così è questo che celavi nelle profondità del tuo cuore, caporale?”

La figura del colonnello Roy Mustang torreggiava quella di Nero a terra. L’uomo, con un espressione di forte disgusto, si sistemò i guanti con i quali eseguiva la sua alchimia di fuoco.

“Pensare che la tua mente possa generare pensieri così deviati e malsani. Evidentemente ho sbagliato qualcosa con te. Anzi. Avrei dovuto lasciarti bruciare insieme alla tua vecchia dimora. Ma forse ho ancora la possibilità di rimediare al mio errore.”

Con un secco schiocco di dita, un’altra scintilla fu indirizzata verso il giovane, generando un’esplosione di voraci fiammate che ne consumavano il corpo. Mentre i liquidi e i grassi del ragazzo evaporavano, il giovane allungò una mano verso Roy, in un gesto di pietà. Questo con un altro rapido schiocco di dita, travolse il ragazzo con un vortice di fuoco. La mano che cercava di raggiungerlo si indurì e si ruppe insieme all’intero braccio. Ciò che ora restava di Nero era un frammentato cumulo di cenere e tessuti carbonizzati vagamente antropomorfi. L’intero insieme crollò su se stesso, ma in quale modo, era ancora vivo. I suoi occhi osservavano il colonnello dal pavimento, dilaniati dall’agonia. Furono intercettati da uno sguardo freddo e impassibile.

“Mi piange il cuore nel vedere il tuo corpo ardersi cadere a pezzi. Ma aver lasciato i tuoi bellissimi occhi intoccati è una magra consolazione. Addio, Nero.”

 

Mi svegliai di colpo. Respiravo affannosamente e mi asciugai il sudore con le lenzuola. Realizzai di aver avuto un incubo. Rimasi scombussolato e incapace di riprendere sonno. Inoltre, ormai era giorno.

Per via della conversazione che ebbi con Keith la notte precedente, andammo entrambi a letto all’alba. Sostanzialmente avevo dormito per tre ore e basta.

Non ero il tipo di persona da rimuginare sui sogni o attribuirgli chissà quale significato nascosto, ma la mia mente non poté che viaggiare di fantasia e collegarlo a ciò che mi disse Keith.

Lasciar andare il colonnello.

Solo pensarlo mi sembrava un’assurdità. Provai a immaginarmi il dopo, e non vedevo nulla.

Mi alzai dal letto, sciacquai la faccia e poi misi l’uniforme.

Io e il colonnello stavamo vivendo un brutto periodo, ma lo avremmo superato. Il mio posto era al suo fianco, e quella era la mia unica certezza.

 

Una volta uscito dalla stanza aspettavo davanti la porta, con le mani tenute dietro la schiena.

Appena Keith mi incrociò, mi salutò.

“Che espressione seria. Certo, mai seria quanto le tue occhiaie. Vuoi un po’ di correttore?”

“Non c’è bisogno. A meno che non esigiate nuovamente che mi presenti nel modo che più vi aggrada.”

Keith assunse un’espressione delusa.

“Come vuoi. In ogni caso partiamo tra dieci minuti, raggiungici in macchina. Faremo colazione fuori.”

 

Fu una giornata piuttosto tranquilla. Keith era spossato dagli eventi della nottata precedente, quindi era meno energico del solito e optò per una routine più semplice. Tuttavia, non parlammo molto tra di noi. Non c’era altro da dire.

Senza che ce ne rendessimo conto, il sole stava già tramontando.

Camminavamo in un vicoletto che conduceva a una libreria poco frequentata ma alla quale Keith faceva spesso visita. Era un grande fan della raccolta di libri che i custodi selezionavano e per questo gli dava tutto il suo supporto.

Quel giorno però, Keith non avrebbe comprato nessun libro. Una figura alta e dalla carnagione scura camminava verso di noi dalla fine del vicolo. Le sue caratteristiche più prominenti erano un intricato tatuaggio sul suo braccio destro, e una grossa cicatrice a forma di X sulla faccia che gli donava il nome con cui era conosciuto dall’esercito: Scar.

“Finalmente ho trovato anche te, alchimista di carta. Porgi le tue ultime preghiere a Ishvala.”

I suoi occhi erano del colore del sangue, così come il suo odore. Porsi un braccio davanti a Keith, come per tenerlo indietro.

“Signorina Guinevere, torni in macchina con Keith e segnali la presenza di Scar qui!”

Keith estrasse il suo ventaglio, per nulla intimidito dall’ishvaliano e andò poco più avanti di me.

“Niente affatto, io resto.”

“Keith!”

“Come alchimista di stato, è mio dovere difendere le persone di Amestris da-”

Il ragazzo non fece in tempo a terminare, fui costretto a prenderlo dal dietro della camicia tirandolo di peso, in modo che Scar, già scagliatosi contro di lui, afferrasse l’aria. Il nemico aveva la velocità e l’istinto omicida di una tigre, subito dopo estrassi una revolver e gli sparai contro, evitò i colpi ma almeno aumentai lo spazio tra di noi. Keith cadde a terra. Scar aveva la capacità di distruggere qualsiasi cosa toccasse con la mano destra, se avessi reagito in ritardo, Keith sarebbe morto.

Scar mi guardò con indifferenza, si schioccò le dita e si preparò al suo prossimo attacco.

“Non ho nulla contro di te, ma chiunque difenda gli alchimisti di stato è un mio nemico.”

“Buono a sapersi, perché non ho alcuna intenzione di esserti amico!”

Esclamai e poi gli sparai vari colpi. Ognuno di essi indirizzato a un punto vitale, Scar doveva essersi reso conto del mio status di tiratore scelto, perché si era focalizzato sull’evitarmi ed e i suoi assalti iniziavano a mancare di aggressività.

“Hai una bella mira, ma cosa farai una volta finiti i proiettili?”

Risposi alla sua provocazione con un sorriso impavido. Poi mi rivolsi al mio protetto.

“Keith, sei il suo obbiettivo. Se rimani qui non riuscirò a sconfiggerlo.”

Lo sguardo di Keith barcollava nel vuoto. Aveva poco tempo per riflettere a sangue freddo ma infine accettò che le condizioni per uscirne vivi entrambi erano più alte seguendo le mie istruzioni.

L’alchimista di carta si rialzò da terra e mi guardò sul punto di piangere.

 

“Se muori, non ti perdonerò mai.”

 

Scappò via. Scar ne approfittò e si avventò su di lui come un’aquila in picchiata, mano destra in avanti, colmo di intenzione omicida. Ma fu in quel momento che abbassò la guardia, e lo colpii di striscio nel braccio con un proiettile, fermandolo.

In quel vicolo eravamo rimasti solo noi due. Mi soffermai a osservare gli occhi rossi del superstite di Ishval.

In essi bruciava un rancore che non potevo comprendere. I miei sensi si aguzzarono e nella mia mente si ripetevano le seguenti frasi:

Non importa. Non farti domande. Non avere ripensamenti. Non esitare.

Per il bene di Keith. Per il bene del Colonnello Mustang.

Quell’uomo doveva morire.

Buttai la revolver a terra, tra me e lui.

“Io ti avevo avvisato.”

Si lanciò su di me veloce come una saetta, mandando in avanti la sua mano della distruzione, pronto ad uccidermi.

 

Schivai la mano. Un millimetro più a destra e le interiora della mia faccia sarebbero state poltiglia. Gli afferrai il braccio in una presa salda come la morsa di un serpente, con uno sgambetto la forza e velocità che usò per venirmi contro furono usate contro di lui, permettendomi di atterrarlo con violenza, immobilizzandolo. Facevo acuta attenzione a non toccare la sua mano, ancora intrisa del suo potere distruttivo.

 

“Ora Scar, fammi il piacere di morire!”

 

   
 
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