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Autore: dirkfelpy89    29/03/2023    0 recensioni
1998 - il il Canada–France–Hawaii Telescope osserva per la prima volta, dalla terra, il satellite di un asteroide: 45 - Eugenia. In cerca di ispirazione per dare un nome a quel piccolo satellite, a Lucienne, una ricercatrice, viene chiesto di portare il diario di sua nonna, contenente, tra tante cose, la triste storia di Eugenio Napoleone, l'unico figlio dell'ultimo imperatore francese Napoleone III.
Questa è la storia dei suoi ultimi anni.
"Un piccolo asteroide che orbita intorno a 45 Eugenia… non è possibile," sussurrò Lucienne, osservando il quaderno e cercando ancora una volta di ricacciare indietro le lacrime. "Le Petit Prince."
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Napoleonico, Età vittoriana/Inghilterra
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Capitolo 7, Ragione e Fiammetta



Ottobre 1877

"Le elezioni del 1877 si sono concluse e finalmente possiamo annunciarvi che il nuovo primo ministro, uscito vincitore da questa disfida elettorale, è Jules Dufaure, in rappresentanza della vasta alleanza repubblicana di Centro-Sinistra.
Più di cinque milioni di aventi diritto si sono recati alle urne per favorire questa Alleanza che promette di far virare la Francia verso un futuro decisamente Repubblicano.
Lo stesso non si può dire dei Monarchici, i quali comunque hanno ricevuto circa 850.000 voti ma che alla fine formeranno un gruppo battagliero, certo, ma ben poco numeroso e determinante per le sorti della Repubblica.

Il Partito del Plebiscito, non ce lo siamo dimenticati, rappresentanti i fautori dell'Impero e sostenuti da Rouher e dal principe Napoleone, in esilio in Inghilterra, hanno mostrato di aver retto il colpo e il brutto risultato delle elezioni dell'anno passato.
Hanno ricevuto infatti più di un milione di voti e 104 deputati, un numero sicuramente importante e una base sulla quale Rouher potrà lavorare.
Quel che è certo è che gli elettori i quali speravano nel ritorno dell'Impero e dei Bonapartisti al potere hanno dovuto ridimensionare le loro aspettative. Una buona base di partenza quei 104 deputati, ma chiaramente non abbastanza per stravolgere le sorti del Parlamento."


Luigi Eugenio alzò gli occhi dal giornale spiegazzato, il quale gli era arrivato direttamente dalla Francia per via traverse, e sospirò.
Aveva già letto numerose analisi del voto ma quella rappresentava forse la più veritiera.
Il risultato ottenuto alle elezioni era andato al di là di ogni aspettativa.
L'opera del suo fidato Rouher era stata meticolosa, aveva dovuto lavorare in un campo minato, cercando di mettere insieme un partito diviso e sfilacciato, ma avevano ottenuto un risultato sicuramente interessante.
No, non si aspettava certo la vittoria, dato che erano usciti con le ossa rotte dalle elezioni legislative dell'anno precedente, quel centinaio di deputati non avrebbe potuto prendere in mano la vita politica della Repubblica, ma era un buon punto di partenza. I francesi dovevano sapere che potevano contare su un'alternativa e quella alternativa era forte, viva e attiva.

Da una parte la Repubblica, vecchia, già fallimentare in passato, stretta tra biechi giochi di potere e incapace di prendere decisioni in tempi stretti. Il passato
Dall'altra l'impero: volitivo, attento alla esigenze del popolo, efficiente e con lui, un giovane capace e intelligente, al comando. Il futuro.

"Ne deduco che le cose siano andate bene."
Vittorio de Vitis, il padrone di casa, chiese, sorseggiando il suo caffè mentre anche lui dava un'occhiata a un giornale della sua città.
Firenze. La splendida, decadente, medievaleggiante Firenze.
Quel lungo viaggio in Italia era stata un'idea di sua madre. Tutti i giovani rampolli si prendevano un anno di pace per viaggiare in Europa a riscoprire l'età classica, lui non poteva essere da meno e perciò, accompagnata da Eugenia, aveva già visitato Roma, Milano e quella, Firenze, rappresentava l'ultima tappa del suo piccolo Grand Tour.
I de Vitis avevano fatto carriera ai tempi del primo Napoleone, nell'esercito sabaudo, per quel motivo Vittorio aveva deciso di ospitare volentieri la vecchia Imperatrice e il figlio, nella sua grande villa vicino ai bellissimi Giardini di Boboli.

"Bene, sì, ma…"
L'ingresso sulla terrazza della secondogenita dei De Vitis, Fiammetta, bloccò la risposta del Principe.
La veste elegante che metteva in mostra allo stesso tempo un décolleté florido, i lunghi capelli ricci che si perdevano fino alla vita minuta, gli occhi azzurri che riuscivano a scavargli l'anima.
Per Luigi Eugenio quella ragazza aveva rappresentato una delle attrazioni più interessanti e affascinanti dell'Italia intera.
L'unica che riuscisse a distrarlo dai suoi propositi, la prima che fosse riuscito a fargli capire la bellezza della passione tra due giovani.

Si riscosse, scuotendo la testa.
"Scusate… sì, Il risultato è stato buono. Non abbiamo vinto ma comunque siamo uno dei gruppi parlamentari più numerosi," disse, rivolto al padrone di casa. “E se il fronte Repubblicano crollasse, saremo pronti.”
"Bene, bene," sorrise l'uomo. Anche Fiammetta dischiuse le sue labbra per sorridere e Luigi fece molta fatica a mantenere l'attenzione su Vittorio, il quale nel frattempo aveva chiesto: "avete avuto notizie da vostra madre?"
Il principe terminò di bere il suo tè e rispose, pronto: "so che stamattina aveva fissato un incontro con il re."
"E dopo questo incontro dove vi recherete? Eugenia mi ha riferito che entro breve avete intenzione di partire da Firenze."
"Di già?" Si intromise Fiammetta, l'espressione di colpo contrita.

Firenze, l'Italia, il Gran Tour. Tutte esperienze che lo avevano fatto crescere e maturare come persona e come uomo.
Aveva amato viaggiare insieme alla madre e aver visto posti così incredibili ma allo stesso tempo, da alcune settimane, era in preda a un'eccitazione, un’ansia, che non riusciva a comprendere.
L'amore di Fiammetta… la passione, o quello che era, aveva contribuito a dargli un motivo in più per restare ma sentiva che l'Italia non era più il posto giusto per lui.
Aveva esplorato e visto tutto quello che era possibile, era tempo di tornare in Inghilterra e riprendere da dove aveva lasciato: le elezioni e la pianificazione del futuro nel Partito dei Plebiscito.
Ma era davvero quello che voleva?
Dopo aver viaggiato così a lungo, e ampliato enormemente gli orizzonti, tornare a casa e ricominciare a pianificare noiose strategie politiche non era una prospettiva propriamente allettante. Voleva di più ma non sapeva cosa.
Anelava paesaggi diversi ma non sapeva bene quali.

Si accorse per l'ennesima volta, quella mattina, di essere entrato in un altro dei suoi silenzi pensierosi e perciò, a fatica, si riscosse e rispose, balbettando leggermente.
"S… sì, ho trascorso qui in Italia, nella vostra bellissima nazione, già più tempo di quanto non mi fossi prefissato all'inizio. Penso proprio che sia ora che torni in Inghilterra… c'è un partito da guidare," sorrise, cercando di alleggerire la tensione. Fiammetta, che nel frattempo aveva perso gran parte del suo solito colorito, chinò il capo e riprese a mangiare, senza aggiungere nulla, mentre il padre annuì.
"Un pensiero molto maturo, per un principe così giovane," esclamò Vittorio.
Luigi lo ringraziò con un cenno del capo.
Quell'uomo decisamente lo sopravvalutava: si sentiva tutto, in quel momento, tranne che maturo.

/ / / / / / /



La mattinata trascorse lenta e sonnacchiosa, il principe rimase sulla terrazza e scrisse diverse lettere indirizzate ai quadri del Partito del Plebiscito.
Ora più che mai era necessario programmare l'attività partitica, smontare pezzo per pezzo la retorica Repubblicana.

Quando le ore undici fecero capolino, però, Luigi Eugenio aveva fatto ben pochi progressi, la sua mente troppo distratta.
Sua madre sarebbe tornata solo nel primo pomeriggio, Vittorio sicuramente stava dipingendo nel solaio…
Quasi senza avere controllo sul proprio corpo, il principe si alzò e si diresse all'interno della Villa, più precisamente al primo piano.

La porta della camera di Fiammetta era aperta. Ormai erano riusciti a sviluppare una sorta di linguaggio non verbale: quando lei si trovava in camera ma la porta era serrata voleva dire che non desiderava essere disturbata, quando era socchiusa, come in quel caso, allora rappresentava un invito non scritto a visitarla.
Ma questa volta esitò.
Si sentiva uno sciocco: aveva mille cose da preparare in vista del suo ritorno in Inghilterra e lui a che cosa pensava? A una ragazza che non avrebbe mai più visto.
"Voi uomini siete tutti uguali, ragionate esclusivamente con quella cosa che avete in mezzo alle gambe. Proprio come il mio vecchio marito," le aveva detto Fiammetta, dopo la loro prima notte insieme.

Era stato tutto fin troppo facile: lui era un ragazzo alla scoperta del proprio corpo, lei una giovane vedova desiderosa di protezione e di calore.
Ma ora no, quella volta avrebbe dovuto essere freddo e lucido. Non c'era un futuro per loro, non aveva senso continuare quella storia.
Sospirando, spostò la porta ed entrò.

Fiammetta lo stava aspettando: era ovvio, aveva sciolto i lunghi capelli e, seduta sul letto, non sussultò quando la porta si aprì.
"Principe…" sussurrò.
Luigi chiuse la porta e si avvicinò alla ragazza, insicuro di come iniziare quella conversazione. Non ci fu bisogno perché l'altra parlò per prima.
"E così, entro pochissimo tempo ve ne andrete."
"Sì, sono venuto infatti per dirvi…"
Dio, com'era difficile dire addio.
"Per dirmi che ve ne andrete? Per dirmi che non mi porterete con voi? Per dirmi che sono stata solo un giocattolo che adesso non vi serve più e quindi mi lasciate qui, da sola, con mio padre? Non c'era bisogno di venire qui di persona, lo avevo già capito da sola."
Se avesse urlato, o pianto, l'avrebbe capita e forse sarebbe riuscito a sopportarlo ma vedendola ferma, il tono di voce basso ma duro, ecco quell'atteggiamento scompaginò completamente le difese del Principe.

Lentamente, senza dire una parola, il ragazzo si mise a sedere sul letto, proprio accanto a Fiammetta la quale non si ritrasse. Un punto a favore?
"No, sono venuto a dire che mi dispiace," sussurrò, prendendo le mani dell'altra tra le sue.
Erano gelide e ancora una volta non si ritrasse a quel contatto ma anzi puntò i suoi grandi occhi su di lui.
"Questo non cambia il fatto che te ne andrai e ben presto dimenticherai tutto questo, " rispose l'altra, scuotendo la testa.
"Fiammetta, non mi rendi giustizia se pensi che mi dimenticherò immediatamente il tuo volto, le tue mani, il tuo corpo e la tua voce."
L'altra sorrise, beffarda.
"Non ti preoccupare, capisco che il tempo cancellerà quello che proviamo adesso. Tra qualche anno non rimarrà più niente di questa illusione e capiremo che eravamo solo un ragazzo che scopre sé stesso e una ragazza troppo giovane per essere vedova e alla ricerca troppo disperata di un po' di calore umano," rispose Fiammetta.
"Forse è vero, e allora indugiamo un'ultima volta in questa illusione," sussurrò Luigi.

E poi si baciarono e l'altra non si ritrasse.
Fu un bacio lungo, diverso da tutti gli altri che si erano scambiati nelle settimane precedenti, di nascosto, ricco di cose non dette.
E poi si spogliarono e rimasero nudi, i vestiti per terra, senza alcun valore, solo di intralcio..
Poi si sdraiarono sul letto e indugiarono per l'ultima volta nella loro passione. Fu un amore lento, struggente, appassionato e rabbioso
Due volte Fiammetta raggiunse il piacere e in entrambe le occasioni non si trattenne dall'urlare e dal far sentire al padre quanto disperata e potente fosse la loro unione.
Sentendo quei gemiti Luigi rinnovò il suo ardore e le spinte, sempre più veloci e profonde.
"Veni, principe, vieni per me," esalò la ragazza all’orecchio dell’altro, cingendo i fianchi del ragazzo con le gambe. Le sue unghie gli graffiavano la schiena ma non se ne curò minimamente.
Al suono di quelle parole e al contatto così ravvicinato e profondo tra i due corpi sudati, Luigi non poté trattenersi oltre.

Venne, e a quel punto i due, ansanti ma soddisfatti, rimasero nudi, sdraiati, una accanto all'altra, le mani giunte. Non c’era niente da dire o fare, tranne bearsi di quella pace dei sensi. Lentamente si addormentarono insieme, stanchi ma felici, un'ultima volta.

/ / / / / / /



"Quel Vittorio Emanuele è davvero uno zoticone senza precedenti. Ha la fama di un gran tombeur de famme ma non ci vedo proprio niente di interessante, o anche solo leggermente appetibile, in quel mascalzone!"
Sua madre era tornata da poco, eppure non aveva ancora placato la sua ira verso il re d'Italia.
Il figlio la stava ascoltando, non riuscendo del tutto a trattenere un piccolo sorriso sotto i baffi.
"Sulla sua orrenda scrivania aveva numerose foto di reali. Nessuna di tuo padre, eppure è soprattutto grazie a lui che quei pecorai sono riusciti a formare la loro Nazione!"

Doveva intervenire se non voleva sorbirsi un'intera ora di improperi rivolti al sovrano.
"Mio padre li ha aiutati molto, eppure si opponeva alla conquista di Roma e all'unità d'Italia," disse.
"E ha fatto bene, visto quanto sono poco riconoscenti verso di noi. L'avevo detto che non ci si può fidare degli italiani, che sono inaffidabili, ma tuo padre non ha voluto darmi ascolto."
Eugenia si mise a sedere su una poltrona, esausta, e solo allora parve accorgersi del trambusto che c'era nella camera del figlio.
"Hai deciso di tornare in Francia? Altrimenti non mi spiego questo subbuglio," chiese.
"Sì, madre, ormai sento di aver concluso il mio viaggio. Devo tornare a Camden House e parlare con i capi del partito," rispose il principe. “É stata una bellissima esperienza… ma per me è ora di tornare in Inghilterra.”

"Sta bene, io ho intenzione di rimanere ancora qualche giorno e poi proseguirò verso la Spagna. Voglio andare a visitare mia madre e i pochi membri della mia famiglia che vivono ancora là," disse la donna.
"Mi sono già congedato da Vittorio, domattina farà chiamare una carrozza."
"Ti sei congedato anche dalla figlia?"
La domanda della madre prese completamente Luigi di sorpresa, tanto che arrossì visibilmente. La madre si alzò dalla poltrona, scuotendo il capo.
"Sento il suo profumo dozzinale lontano un miglio e tu ne sei pieno. È un olfatto, il mio, che ho imparato a sviluppare grazie a tuo padre, quando tornava al palazzo ero subito in grado di capire se si era trattenuto con qualcuna delle sue amichette," disse, il tono basso e duro. "Che Dio l'abbia in gloria, non gliene do una colpa, ad alcuni uomini una donna sola non basta e il rapporto che aveva con me le altre potevano solo sognarlo."
"Madre, io…" balbettò il principe. Non aveva proprio voglia di parlare della sua vita amorosa davanti alla madre ma quest'ultima continuò, imperterrita.
"Sei giovane, è naturale che tu voglia… sperimentare, la cosa importante però è che queste signorine non ti distraggano dalla missione che hai di fronte a te. La Francia si aspetta grandi cose, non sprecare il tuo talento tra le lenzuola di queste…"
La donna tacque e, dopo un rapido segno della croce, si voltò, avviandosi verso l'uscita.

Il Principe rimase in silenzio, la testa china. Odiava ammetterlo ma sua madre aveva ragione: era stato uno sciocco, un debole, quella relazione peccaminosa l'aveva distratto, in quelle settimane, dal suo vero compito.
Aveva dimenticato il suo divino dovere.
E forse, se avesse potuto scambiare il suo ruolo con quello di un altro, sposare e passare la sua vita a fare l'amore con Fiammetta, lo avrebbe fatto.

Scosse la testa, stringendo i pugni. No, così tante persone credevano in lui, non poteva deluderle in quel modo. Non poteva rifugiarsi all’interno della villa, c’era un mondo, fuori, che lo reclamava.
Per un istante, davanti ai suoi occhi, baluginò l'immagine di Beatrice e si sentì ancora più in colpa. Doveva decisamente andarsene via da quella città.

/ / / / / / /



La mattina seguente, Luigi Eugenio ringraziò uno per uno Vittorio e tutta la servitù per l'ospitalità, promettendo all'uomo di tornare a trovarlo in futuro.
Di Fiammetta neppure un segno. Era costipata, non si sentiva bene, sussurrò il padrone di casa, ma il Principe sapeva bene le reali motivazioni perché, in fondo, forse, erano anche le sue.
Se l'avesse vista avrebbe trovato la forza per andarsene via così facilmente?

Non ebbe mai la risposta a questo quesito. Dopo un rapido abbraccio alla madre, terminò di caricare le valigie e poi montò sopra la carrozza che lo avrebbe portato a Genova e poi da lì, in nave, verso l'Inghilterra.
Mentre, sollevando una nube di terriccio e polvere, la carrozza si avviava lentamente verso la strada principale, Luigi Eugenio ebbe la possibilità, per l'ultima volta, di osservare da lontano la villa e sentire il cuore un po' più leggero e pesante allo stesso tempo.

Non sapeva, allora, che non avrebbe più rivisto quella villa, Firenze, o Fiammetta.
Che quella sarebbe stata la sua prima e ultima travagliata storia d'amore.

/ / / / / / /



Del periodo trascorso dal principe in Italia sappiamo ben poco, sappiamo solo che ha abitato a Firenze ma sia Fiammetta che Vittorio sono personaggi di mia immaginazione.
Ho voluto donare a Luigi Eugenio un momento per sentirsi davvero vivo, ragazzo innamorato di un amore che non può avere un futuro. Un amore che non potrà sfociare in niente, come tanti ne abbiamo visti nel corso della storia. Sì, sempre quella puntina di angst, ma del resto il povero principe non ha avuto una vita molto fortunata..

  
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