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Autore: Nazuhi    06/04/2023    0 recensioni
Isaac non dorme da giorni a causa di un incubo ricorrente. Un incubo fatto di ghiaccio e tentacoli di oscurità che lo trascinano nelle profondità di un odio che non ha mai smesso di bruciare. Ha provato a resistere, ma adesso è stanco e l'unica cosa che vuole fare è lasciarsi andare e abbandonare anche quella piccola felicità che ha trovato tra le braccia di Sorrento. Il compagno, tuttavia, non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare senza provare a combattere.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kraken Isaac, Siren Sorrento
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Incubi di ghiaccio e odio

Isaac distolse lo sguardo dal suo riflesso nello specchio e contò i suoi respiri.

Uno.

Non sono sotto il ghiaccio.

Due.

Io non sto affogando.

Tre.

Esalò un respiro e il suo cuore rallentò. Una fitta dolorosa gli serrò il petto, poi scomparve e il mondo intorno a lui smise di soffocarlo e tornò alle sue dimensioni naturali. Respirò di nuovo, l'aria fresca entrò nei suoi polmoni e li riempì. Un altro respiro e la paura si ritirò. Era come un polpo con lunghi tentacoli neri che lo trascinavano nell'acqua ghiacciata.

Un braccio gli circondò i fianchi. «Di nuovo l'incubo?»

Isaac si voltò verso Sorrento e annuì, poi si lavò il viso sudato. L'acqua fresca portò via gli ultimi resti del sogno, ma non poté fare lo stesso con quella orribile cicatrice. Quanto la odiava...

Si asciugò il viso con un asciugamano e finalmente si girò a fronteggiare Sorrento, sperando che la sua espressione non fosse troppo turbata; non poteva sopportare il pensiero di preoccuparlo.

«Stai bene?» Sorrento gli sfiorò la guancia. «Sei pallido».

Isaac sospirò. Ovviamente se ne sarebbe accorto; non era affatto uno sciocco e lo conosceva fin troppo bene.

«Sto bene, più o meno, non preoccuparti.»

Sorrento gli sorrise, ma sembrò finto. «Forse puoi parlarmi di questo incubo.»

Scosse la testa. «No, è meglio se non lo sai. E non riesco nemmeno a ricordarmelo.»

Un'altra bugia. Lo stava ingannando di nuovo e fingeva che tutto stesse andando bene quando non andava bene per nulla.

Sorrento aprì le labbra ma non disse nient'altro. Abbassò lo sguardo e annuì. «Allora vieni a letto?»

Isaac lo osservò per qualche secondo: la camicia gli cadeva larga sulle spalle, i capelli arricciati sulla nuca erano umidi per il sudore della notte. Sentì solo una pugnalata al petto. Forse la passione dei primi tempi si era spenta, forse quel polpo di oscurità che si nascondeva nel suo cuore lo stava trascinando sempre più lontano dall'unica persona che poteva amare. Stava cadendo di nuovo in quegli abissi di rabbia e di odio in cui si era crogiolato anni prima, al tempo della guerra contro Atena, ma questa volta non era solo: stava trascinando con sé anche Sorrento. Che uomo infelice era diventato.

Aggrappato a quei pensieri, lo raggiunse a letto e si costrinse a fingere ancora una volta che la loro relazione non stesse naufragando.

«Forse dovremmo parlare.» Fu Sorrento ad avere il coraggio di fare quel passo in avanti.

«Su cosa?»

«Su di noi. Su di te.» Lo guardò. «Ti stai allontanando di nuovo, lo sento, e voglio fare qualcosa per impedirlo.»

Isaac sospirò e gli voltò le spalle. «Sto bene, era solo un brutto sogno.»

«Allora perché non vuoi dirmelo?»

«Non è niente di che.»

«Non sto scherzando.» La sua voce tremò. «Hai avuto incubi per settimane, non sarà importante per te, ma per me lo è eccome.»

«Sono solo dei sogni, Sorrento.»

«Sogni che ti stanno allontanando da me!»

Isaac si voltò a guardarlo stupito: era la prima volta che lo sentiva alzare la voce. «Qual è il tuo problema?"

Sorrento si tirò a sedere. «Il mio problema è che il ragazzo che amo mi tiene a distanza e voglio sapere perché.»

Isaac si accigliò. «È solo la tua impressione.»

«Isaac!»

Gli diede le spalle. «Non volevi dormire?»

«Voglio parlare.»

«Facciamo domani, va bene?»

Sorrento lo afferrò per la spalla e lo girò verso di lui. «Invece parliamo adesso.»

I suoi occhi bruciavano di rabbia e determinazione; due sentimenti che si scontravano con la calma che aveva adornato le sue parole. Anche se continuava a parlare con pacatezza, si vedeva che era furioso, e Isaac si sentì di nuovo in colpa. Non voleva farlo preoccupare, ma non voleva nemmeno turbarlo. Voleva solo che quegli incubi lo lasciassero in pace, riposare tra le sue braccia ed essere cullato dalla sua musica. Poter riavvolgere il tempo e tornare a prima che il loro rapporto si incrinasse.

Ma non poteva farlo.

«Non ne voglio parlare. Scusami.»

«Pensavo che ti fidassi di me.» Ora, nelle sue iridi, la determinazione era evaporata, lasciandosi dietro solo rabbia e una profonda delusione.

«Forse ti sei sempre sbagliato.» Isaac lo allontanò con il braccio, si alzò dal letto e inghiottì un brivido di freddo. «Forse avresti dovuto innamorarti di qualcun altro migliore di me.»

Sorrento lo fissò sorpreso, poi abbassò gli occhi e la sua espressione fu nascosta dalle ombre della notte. «Sei un bastardo a dirmi una cosa così crudele.»

Isaac ignorò il senso di colpa che stava scavando nel petto e distolse lo sguardo. Odiava farlo soffrire, ma era la cosa migliore per entrambi. Tenere gli altri lontani da lui era sempre stata la cosa migliore da fare. Era stato uno sciocco a credere di poter soffocare la rabbia che lo aveva sempre animato sotto il calore degli abbracci e dei baci di Sorrento. L'amore non cambia le persone, e nel profondo della sua anima, lui ha continuato ad essere lo stesso stronzo che ha preso a calci un bambino e ha cercato di uccidere il suo migliore amico.

Scosse la testa e lasciò la stanza. Sorrento non lo seguì, ma se lo aspettava. Quella era la loro ultima discussione, qualunque filo li avesse uniti fino a quel momento si era rotto per sempre. E forse Sorrento aveva ragione; era cattivo, perciò non meritava la sua dolcezza.

Vagò per i corridoi neri del palazzo di Atlantide, un'ombra tra le ombre più scure delle colonne e degli arazzi. Dalle finestre, proveniva un bagliore latteo debole, probabilmente il riflesso della luna che penetrava sotto la superficie del mare, e il lento sciabordio del mare echeggiava nel silenzio. Anni fa avrebbe odiato quel suono, troppo simile a quello delle onde contro la calotta di ghiaccio che lo aveva quasi fatto annegare, ma ora non provava nulla. Era vuoto, stanco e impaziente. E forse anche un po' triste per aver distrutto qualcosa che lo aveva fatto stare di nuovo bene. Era davvero stupido ed era incapace persino di aggrapparsi all'uomo che amava. E si chiese cosa era successo al vecchio Isaac, a quel bambino che credeva che anche la persona peggiore e più violenta potesse essere buona e che tutti meritassero un po' di amore.

«Immagino sia annegato sotto il ghiaccio», mormorò, più al silenzio che lo circonda che a se stesso. O forse era morto sotto i pugni di suo padre e lui si era sempre aggrappato a un fantasma che non esisteva più da molto tempo.

«Isaac...» Sorrento era dietro di lui. «Per favore, possiamo parlare?»

«Non ho nulla da dirti. Mi dispiace.» Isaac fece per superarlo, ma il compagno lo fermò delicatamente per un braccio.

«Per favore. Non mi piace vederti soffrire così.»

«Forse dovresti abituartici. Non è bene che ti preoccupi per qualcuno come me.»

Sorrento sospirò, lasciò andare il suo braccio e lo abbracciò stretto.

«Sei crudele», mormorò. «Sei crudele a pensare che possa smettere di amarti solo perché lo ordini.» Gli mise una mano sulla nuca. «E sei uno stupido a pensare che possa lasciarti solo perché hai fatto uno stupido incubo.»

«È per il tuo bene.»

«E l'hai deciso da solo senza chiedermelo, vero?» Sorrento lo guardò. «Puoi fidarti di me e raccontarmi qualunque cosa ti stia facendo soffrire. Sono un buon ascoltatore e sono qui anche per farti sentire meglio.»

Gli accarezzò la guancia solcata dalla cicatrice e Isaac trattenne un brivido. Gli piaceva quel contatto, sentire le sue dita morbide e delicate che sfioravano la sua pelle lacerata. Lo faceva sentire amato e apprezzato, e un po' meno mostruoso di quando si guardava allo specchio. Forse lo amava per questo: perché Sorrento aveva sempre visto oltre la sua rabbia e il suo odio ed era riuscito a toccare le note profonde e vere della sua anima. E poi, come un buon direttore d'orchestra, le aveva tirate fuori, una per una, e aveva tessuto una melodia d'amore, silenzio e sospiri.

«Non voglio che ti preoccupi», mormorò, nel vano tentativo di sfuggire di nuovo a quell'inquisizione.

Sorrento distese le labbra in un dolce sorriso. «Lo so, Engel. Ma se te ne vai in quel modo mi preoccupo ancora di più.»

Isaac distolse lo sguardo. Non poteva resistere se gli parlava in tedesco. Per molte persone, era una lingua rude e aspra, ma su quella bocca diventava qualcosa di una dolcezza unica. Una sinfonia morbida che aveva fatto sciogliere il suo cuore.

Fece un respiro profondo e decise che forse era il momento di dirgli tutto. Forse, in quel modo, anche il peso che gli gravava sul petto e gli dava l'impressione di essere sul punto di soffocare si sarebbe alleggerito un po'.

«Ho sognato l'incidente in Siberia. Hyoga si era tuffato, ma era nei guai, quindi io cercavo di salvarlo, ma a momenti annegavo. E c'era ghiaccio dappertutto, sopra e sotto di me. Mi schiacciava e mi impediva di muovermi». Si fermò e cercò di controllare il tremito nella voce. «E poi c'era acqua che entrava nei miei polmoni, ed era viscida e densa come l'olio.»

Sorrento lo abbracciò di nuovo e gli accarezzò la testa. «E poi?»

"E poi affogavo." Isaac appoggiò la fronte sulla spalla e inalò l'odore della sua pelle - note di agrumi e sudore. «Ma non morivo. Semplicemente continuavo ad annegare, ancora e ancora e ancora, e Hyoga mi fissava da oltre quel muro di ghiaccio e acqua e rideva divertito per aver finalmente ucciso il suo rivale.»

Il silenzio scivolò tra di loro e si protrasse per qualche secondo.

«Cosa ti spaventa di più di tutto questo?» chiese Sorrento, mentre continuava ad accarezzarlo. «L'annegamento o la reazione di Hyoga?»

«Nessuno dei due.» Isaac si fece piccolo nel suo abbraccio. «È l'odio che provo subito dopo che mi spaventa, soprattutto perché mi accompagna anche quando sono sveglio. Odio me stesso, odio lui per quello che è successo, e temo di poter iniziare ad odiare te solo perché sei al mio fianco. Ma non voglio odiare nessuno, sono stanco di tutto questo risentimento. Temo che questa rabbia e questo odio mi consumeranno di nuovo e finirò per farti del male. Non voglio perderti, ma non voglio nemmeno ferirti.»

«Quindi è per questo che vuoi lasciarmi." Sorrento sospirò e gli diede un bacio sui capelli sudati. «Va tutto bene. Non sono arrabbiato, sono solo preoccupato.»

Isaac lo abbracciò con tutta la sua forza e inalò ancora una volta l'odore che gli aveva rapito il cuore. «Mi dispiace, sono solo una persona tossica e la nostra relazione è incasinata.»

Sorrento lo guardò. «Non è assolutamente vero. Sei una persona complicata, ma io so come sei davvero sotto tutte queste mura che hai eretto per proteggerti dagli altri.» Gli accarezzò di nuovo la cicatrice. «Perché non lasci che ti aiuti? Non puoi abbattere queste mura da solo, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti a togliere un mattone alla volta. Mi hai già permesso di vedere lati di te che hai sempre tenuto nascosti, posso aiutarti a gestire questa rabbia e questo odio.»

«Sei davvero-»

«Un fidanzato fantastico, vero?»

Isaac soppresse una risata. «Sì. Ma soprattutto, sei un uomo migliore di me. Forse non ti merito così tanto.»

Sorrento scosse la testa e lo baciò sulle labbra. «Anche tu sei una brava persona, Isaac, fidati. Dentro di te c'è un bambino buono e perduto, che sta solo aspettando che qualcuno gli illumini la strada di casa. Insieme, possiamo aiutarlo.»

«Ne sei proprio sicuro?»

«Ti fidi di me?»

Isaac annuì e Sorrento sorrise. Intrecciarono le dita delle loro mani.

«Allora non hai nulla di cui preoccuparti. Riporteremo a casa quel bambino spaventato. Insieme.»

Era una promessa che anche Isaac poteva mantenere. Perché Sorrento non l'avrebbe mai abbandonato, adesso ne era certo. Insieme, potevano sconfiggere il polpo nero che lo stava trascinando di nuovo negli abissi e salvare la sua anima.

Insieme.

  
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