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Autore: Risa_chan    08/04/2023    2 recensioni
[Questa storia partecipa alla Challenge Bingo spring del gruppo fb "Non solo Sherolock #fuorichalenge]
Certi amori non si dimenticano, rimangono scolpiti dentro, e ciclicamente ritornano nei pensieri. Basta poco: chiacchiere con l’amico di sempre, una parola in un libro, un volto di uno sconosciuto che gli somiglia, un incontro casuale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ringrazio infinitamente @Bombybomey e @ClauAlbertini per i preziosi consigli.

FANDOM: Haikyuu!!
TITOLO: La lunga strada che mi porta a te
PERSONAGGI: Ushijima Wakatoshi, Oikawa Tōru
PROMNT: @Amalia frontali
se non ci fosse questa rete di mezzo...
Incontrarsi per caso vent'anni dopo
senza radici, senza lacrime
AVVERTIMENTI: metto le mani avanti, possibile OOC ma la mia volontà era di mantenere in IC i personaggi.

 

 

 Capitolo uno

 
 

Wakatoshi entrò nell’enorme loft in perfetto orario.  Lasciò il cappotto al cameriere ed entrò nel salone dove si teneva il ricevimento.
“Eccoti, Ushijima-san!” Kuroo Tetsuro lo salutò con il suo solito fare suadente; aveva i movimenti sinuosi di un gatto che aveva avvistato la sua preda, calmo e seducente si avvicinò sorridendo: “Benvenuto.”
“Grazie, come stai, Kuroo-san?” chiese cortese, Wakatoshi alzò lo sguardo sulla sala per trovare un argomento di conversazione, quando due spalle attirarono la sua attenzione.
“Lo sapevi?”
“Cosa?” Kuroo seguì il suo sguardo e il suo sorriso si allargò. “Intendi Oikawa-san; beh no, è stata una sorpresa anche per me. A quanto pare ha accettato di allenare i Tachibana Red Falcons all’ultimo minuto.”
Non gli importava granché il motivo. Rivederlo aveva risvegliato in lui tutto ciò che faticosamente aveva cercato di cancellare.
Certi amori non si dimenticano, rimangono scolpiti dentro, e ciclicamente ritornano nei pensieri. Basta poco: chiacchiere con l’amico di sempre, una parola in un libro, un volto di uno sconosciuto che gli somiglia, un incontro casuale.
Ushijima Wakatoshi era fermo nel tempo, incatenato ad un amore senza speranza.  Quando Oikawa Tōru si voltò verso di loro, gli sembrò di essere ancora un giovane illuso sperando di ricevere anche una briciola di quello che provava, ma invece era stato trattato come se fosse un rifiuto. Nonostante ciò, continuava ad amarlo come il primo giorno.
“Ushiwaka, che piacere rivederti!”
Il tempo era stato clemente con lui; conservava intatto il suo naturale fascino e le rughe d’espressione intorno ai suoi occhi caldi gli donavano un aria più matura.
“Non vedo l’ora di vedere i miei red falcons sconfiggere i tuoi razzi verdi, ah, ah, ah!”
“Noto con piacere che non sei cambiato affatto, Tōru.”
In quel momento Tsukishima Kei si avvicinò, “Tetsuro, puoi venire un attimo?”
“C’è qualche problema?”
Tsukishima si sistemò gli occhiali sul naso. “Il presidente vuole presentarti all’ente di beneficienza per cui stai organizzando il torneo.”
“Scusateci,” disse Kuroo rivolto a loro, suo marito, invece, fece un leggero inchino prima di seguirlo verso l’altra parte della stanza.
La Japan Volleyball Association aveva organizzato un piccolo torneo di beneficenza con le squadre della divisione uno, e Kuroo era il principale promotore. Il party di quella sera era uno dei tanti appuntamenti che rientravano nel programma per l’organizzazione.
“Ci sono tutti quelli che contano, non è così?” Tōru chiamò un cameriere e prese due calici uno per sé e uno lo offrì a lui.”  Wakatoshi alzò appena il calice prima di bere. “E’ importante anche curare le relazioni, questo Kuroo-san lo sa bene.”
Oikawa annuì: “Lo so, è un vecchio gattaccio furbo.” Il tono usato era di sincera ammirazione per quello che faceva in nome dell’amore per la pallavolo. Né Wakatoshi né Tōru potevano vantare un rapporto di amicizia oltre a quello professionale, eppure sapevano quanto Kuroo fosse leale, e legato alle sue amicizie, ma era anche capace di creare connessioni quando c’era di mezzo il semplice interesse.
 
“Sei tornato in Giappone, alla fine.” Era una semplice affermazione senza nessun tipo di allusione o significato nascosto, fatta per lo più per evitare un silenzio imbarazzante.
“Se per questo anche tu,” ridacchiò, osservava il salone pigramente senza un reale interesse per le persone e i loro discorsi, “da quando hai smesso di giocare in Polonia, intendo.”
“Non è la stessa cosa, tu hai lasciato tutto, cambiato nazionalità, è molto di più di giocare un periodo in un paese straniero.”
Oikawa alzò un sopracciglio: “Ti stai preoccupando per me?”
“Sì.” Wakatoshi era lapidario sempre, per questo rimase interdetto dalla sorpresa dell’altro. Tōru arrossì e distolse lo sguardo. “Non ho più radici, non ho più neanche lacrime.”
“Stai dicendo che riesci a lasciarti ogni cosa alle spalle senza soffrirne?” 
Oikawa si sistemò una ciocca castana dietro l’orecchio. “È più semplice, sì.”
La risata gli scaturì dal basso ventre con tale naturalezza che sorprese anche Wakatoshi. L’abilità di mentire a se stesso pur di lasciare agli altri l’immagine di forza e imbattibilità, era ancora sopraffina. Se avesse voluto avrebbe potuto continuare ad indossare quella maschera perfetta nascondendo le ferite davanti a tutti, tranne che a lui.
“È una balla.”
Tōru sembrò molto contrariato, lo fissò con il suo tipico broncio adorabile. “Non sai tutto di me, Wakatoshi.”
 “Ne so abbastanza, tu non vivi distaccato, ti affezioni a cose e persone, per te lasciarle andare è sempre doloroso,” svuotò il bicchiere e lo lasciò sopra un tavolino, “e non fare quell’espressione.”
“E perché mai?”
“Mi viene voglia di baciarti.”
“Ah? e al tuo dottorino non pensi?” lo sbeffeggiò Tōru.
“Kenjiro ed io ci siamo lasciati.”
La reazione di Oikawa fu quanto mai strana: l’espressione del viso si indurì dalla rabbia trattenuta, come se quello fosse stato un torto fatto alla sua persona.
“Cos’è successo?” chiese sommesso ma la sua testa era da un’altra parte.
La conversazione non aveva nessun senso: Oikawa non aveva nessuna ragione di essere geloso e nessuna ragione per essere dispiaciuto per lui. Aveva preso la sua decisione anni prima lasciandolo senza diritto di replica.
Kuroo interruppe il chiacchiericcio invitandoli ad avvicinarsi al tavolo per la cena. “Signori, accomodatevi, i posti sono assegnati.”
“Non ha funzionato,” rispose Ushijima; si sistemò la cravatta, e andò a sedersi al suo posto.
 
 
***
 
 
Gli occhi di Toruu continuavano a saltare dal suo piatto al volto di Ushijima; voleva riprendere la conversazione che la cena aveva bruscamente interrotto. Wakatoshi sedeva troppo lontano e comunque non avrebbero potuto parlare con tutte quelle orecchie indiscrete.
Mentre cercava una scusa per poter avvicinarlo di nuovo, si limitava osservarlo, mentre, completamente a suo agio ascoltava le chiacchiere di Uto-san, il presidente della Azuma Pharmacy Green Rockets la squadra che, l’ex capitano della Shiratorizawa, allenava ormai da circa dieci anni.
Erano passati vent’anni dagli Allstar 2022, quando la sua bellissima favola era cominciata. Se non ci fosse stata quella rete di mezzo, avrebbe potuto avere la storia che tutti sognano, come quella di tanti suoi amici, invece aveva preferito dar retta a quella sua insana voglia di rivalsa, dimostrare il suo valore a chi poi?  Ushijima non aveva fatto altro che lodarlo, Kageyama lo aveva sempre visto come un modello a cui ispirarsi, Iwa-chan e la sua squadra credevano in lui cecamente. Soltanto Oikawa non vedeva se stesso: eppure lo aveva compreso alla fine che il talento sbocciava in tante forme diverse in un tempo impossibile da stabilire.
 Era stato l’orgoglio a fregarlo.
Nonostante fosse diventato un giocatore professionista di alto livello e avesse mostrato il suo fulgore al mondo, ancora quel tarlo lo infastidiva, lo spingeva ad essere odioso con l’unico uomo che lo amava incondizionatamente. Aveva reso gli anni della loro relazione un inferno, tra la distanza e il suo brutto carattere; alla fine, si era fatto da parte, aveva scelto il silenzio sperando che Wakatoshi potesse essere felice come non era stato con lui. Tuttavia, quel suo sacrificio non era servito a niente.
“Dottorino da quattro soldi, ti odio.”
“Come dici Oikawa-san?”
Tōru aveva parlato ad alta voce senza accorgersene: Tsukishima lo stava guardando beffardo.  Non aveva voglia di raccontare i fatti suoi, perciò, mentì: “da quanto tempo non ci vediamo? dal matrimonio di Takeru e Nastu?”
Tsukishima, doveva ammettere, era bravo a fingere di aver creduto ad Oikawa e di non aver sentito la vera frase che aveva pronunciato.
“No, al compleanno di Hinata sei anni fa” rispose quello tranquillo.
“Ah, è vero! è stata una gran bella festa.”
Tsukishima tagliò un pezzo di carne, portò il boccone alla bocca e masticò lentamente. “All’epoca allenavi una squadra sconosciuta scozzese, mi pare di ricordare.”
“Ricordi bene,” disse sorridendo, “è stata una bella esperienza.”
Dopo il suo ritiro dal palcoscenico mondiale, aveva fatto di tutto per non ritornare in Giappone.  Aveva viaggiato parecchio, sud America, stati uniti, Europa, accettando un incarico dietro l’altro. Preferiva allenare squadre poco famose, basse in classifica per lavorare sodo per portarle a vincere il campionato oppure alzare il loro ranking. Poi, ottenuto l’obbiettivo, firmava il contratto con un’altra società.
Quando Shoyo lo aveva invitato alla sua festa, ne aveva approfittato per fare una bella vacanza per stare un po’ con i suoi.   Aveva pianificato ogni ora, ogni minuto di tutta la sua permanenza a Miyagi per impedirsi di correre a cercare Wakatoshi, pur di non rovinare il suo sacrificio. Doveva scoprirne di più.
“Invece, cosa si dice da queste parti?”  L’uomo lo fissò perplesso e Tōru fu più diretto: “qualche storiella divertente, novità piccanti…”
“Ti sembro uno che s’interessa ai pettegolezzi?” chiese Tsukishima incredulo.
“Non proprio… ma anche tu conoscerai qualche cosa dei presenti…”
“Ascolta Oikawa-san,” cominciò il quattrocchi spazientito, “sappiamo benissimo cosa t’interessa sapere, e sinceramente, visto che potresti andare a chiedere al diretto interessato, evita giri di parole.”
Colpito e affondato.
Oikawa alzò le mani in segno di resa. “Da quando Ushijima ha divorziato?”
“Tre anni fa, il motivo non lo so. Ushijima per ora è single.”
Aveva tutte le informazioni necessarie per agire, non si sarebbe fermato davanti a niente.
 
 
 
***
 
 
 
Ushijima fece scattare la serratura del auto con il semplice tocco della sua mano, aprì la portiera della sua auto. Tōru lo aveva seguito, ma si accorse di lui soltanto quando parlò: “te ne vai di già?”
Wakatoshi si raddrizzò. “Domani devo alzarmi presto e…” Tōru finì la frase al posto suo: “e non ami le feste.”  Si mise una mano sul collo, imbarazzato: “scusa, stavi parlando tu.”
“Non è un problema,” disse, “è vero non amo questo tipo di feste.”
“Cioè?”
“Le feste per intessere relazioni d’interesse commerciale. Sono indispensabili, ma preferisco presenziare quanto basta per non fare brutta figura.”  Tōru annuì comprensivo: “per il bene delle società ci vuole anche un buon marketing.”
Cadde un silenzio innaturale, non avevano nulla da dirsi ma nessuno dei due si convinceva a salutare ed andarsene. Alla fine, Wakatoshi chiese: “volevi dirmi qualcosa?”
Era più una speranza mai morta.
“Perché ti sei lasciato con Shirabu?” Chiese a bruciapelo Oikawa, alzò un dito per impedirgli di parlare, “sì non ha funzionato, ma cosa di preciso?”
“Perché ha tanta importanza?”
“Perché volevo vederti ridere.”  Le labbra tremavano, gli occhi erano accesi da una luce rabbiosa, il viso segnato delicatamente dagli anni sembrava ancora più bello. “Il tempo per stare insieme era sempre troppo poco, non ti bastava mai, ed io troppo concentrato sulla carriera per darti retta, ero così preso da me stesso nella speranza di eguagliarti e finalmente superarti…”
Oikawa fece una pausa, chiuse gli occhi, li riaprì. “Speravo davvero che tu potessi cominciare una nuova vita come la volevi, quella che non potevo darti io.”
“Quella che non hai voluto darmi,” lo corresse Wakatoshi. Chiuse la portiera dell’auto, e si appoggiò con una spalla all’automobile.  “Dopo il tuo ritiro avresti potuto tornare a vivere in Giappone; avremmo potuto scegliere un alternativa che avrebbe permesso di vivere insieme ma tu hai deciso per entrambi, troncando di netto la nostra relazione.”
Non aveva mai voluto legare Tōru a sé impedendogli di fare la carriera che voleva, costringerlo a tornare a casa quando ancora giocava. Vivere lontani era difficile, non poteva negarlo ma per amore suo aveva tenuto duro. Quando davanti a loro si era aperta la prospettiva di poter vivere sotto lo stesso cielo, Tōru era fuggito.
“Non sono un tipo facile, l’hai sempre saputo,” obbiettò Tōru, per una volta Wakatoshi non gli permise di vincere quella battaglia: “è la cosa che amo più di te, non cercare scuse inesistenti.”
Tōru rimase zitto, poi annuì meccanicamente. “Hai ragione.”
Wakatoshi rimase sorpreso dalla sua ammissione: si era aspettato di dover lottare molto di più per far valere le sue ragioni.
“Mentre tu volevi il passaggio successivo, io non ero pronto a mettere su famiglia; avere una casa, magari un cane da portare a passeggio, dividere i compiti in casa, passare le sere davanti alla tv, o fare cene per amici e parenti. Mi sembrava una sconfitta. Tutto girava intorno a te, e mi faceva sentire debole.” Tōru si avvicinò, le mani nelle tasche dei pantaloni, più deciso che mai. Continuò: “Per questo ti ho lasciato; non eri felice e non potevo sopportarlo. Ho preferito vederti con un altro.”
E Kenjiro era pronto a prendere il suo posto, non completamente; non avrebbe mai potuto essere ciò che era Tōru, ma era serio e posato, con i suoi stessi interessi e gli stessi progetti.  Era stato facile costruire il loro mondo, ma altrettanto facile era stato chiudere la porta ed andare avanti.
“Dunque vuoi sapere perché il mio matrimonio è finito.” Oikawa fece cenno di sì con la testa, Ushijima lo accontentò. “Non mentirò; sono stato felice con lui, ma le cose non vanno sempre come pianificato. Ci siamo allontanati un po’alla volta e alla fine la separazione è stata l’unica scelta da fare.”
“Bene” disse Oikawa. Gli afferrò la cravatta di seta e lo attirò a se in un bacio rovente. “Visto che il dottorino non è riuscito a tenerti con se, ti riconquisterò.”  Lo lasciò la presa sulla stoffa; con un cenno lo salutò e tornò alla festa.
   
 
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