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Autore: Melisanna    10/04/2023    1 recensioni
– Non vale la pena.
– Che vuol dire “non vale la pena”?! – La voce era già alterata. Che fastidio, quel tizio.
– È solo un club scolastico.
– Ah, che spreco! – Kuroo ora sembrava veramente irritato – Perché tutto quel talento a uno come te che non sa cosa farsene?
Kei si limitò a stringersi nelle spalle.
Genere: Commedia, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta in occasione del #SaintLuciasday2022 sulla pagina facebook Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO

Uno spreco


 
Autore: Marta Biagini
Parola Chiave: Che spreco
Fandom: Haikyuu
NDA: Allìepoca ero molto indietro sia con il manga che con l’anime, per ciò leggetela come una What if?

 
La veloce l’aveva colto di sorpresa. D’altronde la difesa non era il suo punto forte.

Non era riuscito ad abbassarsi a sufficienza sulle gambe e aveva completamente sbagliato il piano di rimbalzo. La palla gli era schizzata dritta in faccia e si era ritrovato con il naso sanguinante e gli occhiali rovinati. Aveva perso una delle lenti e le stanghette era tutte storte.

Si era dovuto ritirare in panchina e, appena la partita si era conclusa con l’ennesima sconfitta, se n’era andato in bagno a sciacquarsi il viso.

Mentre cercava di sincerarsi delle condizioni della sua faccia la palla gli aveva schiacciato la montatura contro il viso, lasciandogli un brutto segno violaceo sotto l’occhio dei passi l’avvertirono dell’arrivo di qualcun’altro.

Si voltò istintivamente in quella direzione, ma, senza occhiali, il nuovo venuto era poco più di una macchia confusa nei colori del Nekoma.

Riconobbe Kuroo, solo quando cominciò a parlare – Dovresti metterti le lenti a contatto per giocare.

Ecco che ricominciava a fargli la predica – Mi danno fastidio. Ho gli occhi sensibili.

– Anche So, ma le mette lo stesso! Ce ne sono un sacco di tipi, hai provato quelle nuove, super-morbide? Vuoi non trovarne uno che ti vada bene? Basta perdere un po’ di tempo a cercarle!

Non poteva farsi i fatti suoi per una volta? Perché ce l’avevano tutti con lui?

– Non vale la pena.

– Che vuol dire “non vale la pena”?! – La voce era già alterata. Che fastidio, quel tizio.

– È solo un club scolastico.

– Ah, che spreco! – Kuroo ora sembrava veramente irritato – Perché tutto quel talento a uno come te che non sa cosa farsene?

Kei si limitò a stringersi nelle spalle.

 
Uscì dalla sala operatoria sbattendo le palpebre. La nebbia, che aveva sempre avvolto il mondo da che ne avesse memoria, era scomparsa, sostituita da una feroce limpidezza che rendeva la realtà più reale.

Gli occhi gli dolevano alla luce bianca dei neon e la testa gli pulsava e c’era come una grana che si frapponeva fra lui e tutto il resto.

Quando Kuroo gli si fece incontro, premette con un dito la base del naso, in un gesto istintivo, per schiarirsi la vista. Non funzionò e non trovare la familiare presenza degli occhiali fu ancora più estraniante.

– Come va? – chiese l’altro, un’ombra di preoccupazione nella voce.

– Ci vedo – era decisamente un eufemismo, fino a pochi minuti prima vederci aveva avuto tutt’altro significato per lui. – Mi dà fastidio la luce.

Kuroo gli allungò un paio di occhiali da sole, di quelli fascianti, specchiati – Tieni, metti questi.

Il sollievo fu immediato. – Dove li hai presi?

– Li usavo per andare a sciare. Ho pensato che ti avrebbero fatto comodo.

Annuì – Mh. Va meglio.

Seguì Kuroo lungo i corridoi bianchi e fuori dall’ospedale, lieto di essersi già occupato di tutta la burocrazia, perché, mentre l’effetto dell’anestetico svaniva, il fastidio pungente che provava alle cornee era andato peggiorando e non vedeva l’ora di tornare a casa e prendersi un Oki. Gli sembrava di avere le palpebre foderate di cartavetrata.

– Grazie di essere venuto a prendermi. Mio fratello si era offerto, ma mi seccava farlo venire fino a Tokyo.

– Figurati. Sali in macchina.

Tsukishima si accomodò nella piccolo monovolume e fissò un punto davanti a sé. Muovere gli occhi era doloroso.

Kuroo girò la chiave e innestò la retromarcia – Ne è valsa la pena, almeno?

– Chiedimelo di nuovo quando non mi sentirò come se stessero piantando degli aghi negli occhi.

– È così doloroso? Pensavo fosse un’operazione di routine ormai.

– Mh. Ho gli occhi sensibili.

Uscirono lentamente dal parcheggio. Riusciva a vedere tutto, fino alle montagne azzurrine, gli alberi, le case, persino i segnali stradali. Kuroo gli sfiorò un braccio –  Mi spiace, ho insistito io. Mi pareva una buona idea.

– Lo era, non ne potevo più degli occhiali e delle lenti. In campo sono una tassa.

Il paesaggio continuava a scorrere davanti a lui, in un flusso di inarrestabile meraviglia. Tsukishima non distolse lo sguardo – Pensi ancora che sia uno spreco?

Ai margini del suo campo visivo, Kuroo si voltò a guardarlo confuso – Di che stai parlando?

– Una volta hai detto che era uno spreco che tutto quel talento fosse capitato a uno come me.

– Io avrei detto una cosa del genere? Tu, talento? Quando mai!

Gli angoli della bocca di Tsukishima si piegarono all’insù – Ne ero certo. Chissà cosa mi ricordavo.

– Mi fermo qualche giorno da te. Così te ne stai a letto e non pensi a niente, ok?

– Mh, mh.

– Devi rimetterti in tempo per l’inizio della League. Quest’anno sarà particolarmente agguerrita. Hai visto il nuovo opposto dei Red Cats? Schiaccia da sopra il muro, fa paura. Dovremo darci da fare se…

Tsukishima chiuse gli occhi, nella gradevole penombra degli occhiali, le parole di Kuroo un sottofondo costante.

Smise di ascoltarlo.

Non smise di sorridere.
  
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